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Autore: Kira Eyler    05/05/2018    6 recensioni
[Seconda persona]
Se esiste qualcosa di cui difficilmente puoi liberarti, quella cosa è il senso di colpa. Potrai provare a gettarti alle spalle le conseguenze e a mettere da parte i problemi, ma il senso di colpa prima o poi vorrà sconfiggerti; e a quel punto, sarai in grado di reagire? Riuscirai a capire qual è la realtà che stai vivendo?
"[...] C’è chi ha paura delle tenebre perché non può vedere i mostri che vi si nascondono e quindi, non può difendersi; altri, invece, hanno paura della tanta luce perché i mostri li possono guardare dritti negli occhi.
Ah, lo specchio segreto nasconde così tanti demoni... [...]
[...] Quale mostro hai risvegliato, Soo’?[...]"
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'ἄπειρον '
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Avvertimento iniziale per chi segue la mia storia "Ningyō":
Da come avrete potuto intuire, sì, in questa storia sono presenti quei "famosi" personaggi ahahah! Il motivo che mi ha spinto a pubblicarla come storia a parte, è perché non segue il filo logico della raccolta e sarebbe stata completamente fuori luogo. Forse potreste intuire cose che nell'altra storia ancora non ho "mostrato"... quindi, attenzione.
A tutti gli altri: ci sono delle spiegazioni/note a fine racconto! :3 Buona lettura, spero non sia così orribile xP

Eko

C’è luce e silenzio.
Tanta, tanta luce, ma stai in guardia
C’è chi ha paura delle tenebre perché non può vedere i mostri che vi si nascondono e quindi, non può difendersi; altri, invece, hanno paura della tanta luce perché i mostri li possono guardare dritti negli occhi.
Ah, lo specchio segreto nasconde così tanti demoni...
Stai seduta su un gradino impolverato della scala a sbalzo, ti arricci una ciocca corvina per scaricare l’ansia e la tensione. Lo sai che qualcosa potrebbe succedere, te lo senti, ed è una situazione che ti fa venire un forte mal di pancia.
Ad un tratto la lampadina si spegne, per riaccendersi un secondo dopo.
E’ lì che capisci che quello che temevi sta davvero per avverarsi.
Ti alzi di scatto dalla rampa di scale e guardi la porta davanti a te, una delle tante che conducono alle stanze maledette della fabbrica abbandonata; “Horror House”, la chiama lui, perché l’odore del sangue e dei cadaveri pare impregnato nelle pareti.
Improvvisamente quella porta si spalanca. Sussulti, poi sgrani gli occhi ambrati quando vedi qualcuno cadere a terra, o forse è “qualcosa”. La massa informe, nera e semi-liquida si alza a fatica e tu lo scruti, piena di terrore: adesso sembra aver assunto una forma quasi umana e si sta come sciogliendo.
Gocce scure colano da determinate zone del corpo e scivolano giù, come se fosse acqua color pece.
Dopo qualche secondo passato a fissarti, l’uomo nero inizia a correre verso di te, ti spintona facendoti cadere e poi continua quella corsa verso chissà dove. Il tuo braccio è sporco di quel liquido caldo e trattieni, non sai come, un conato di vomito.
-Prendilo, prendilo!- grida Lui.
Ti rimetti in piedi e inizi a correre, insegui il mostro. Corri più veloce che puoi, senza fermarti, senza perderlo di vista: non sai perché lo fai, d’altra parte non vuoi e non ne hai bisogno. Fai per fermarti, ma i fili rossastri si stringono intorno ai polsi e al collo e ti costringono a continuare quella caccia, tirandoti a forza verso la creatura.
-E’ colpa sua, sua! Non sarebbe successo niente di ciò che ci è accaduto, se non fosse...-
Non senti la fine della frase.
Scatti in avanti, fai un balzo, acceleri il passo per essere più rapida: quelle parole non sono state altro che uno sprint per te, un motivo per prenderlo, un motivo per ucciderlo. Riesci così ad arrivare a poca distanza dal mostro, ma quello svolta a destra e sei costretta a fermarti.
A sinistra, vai a sinistra.
Segui la Sua voce, spietata anche quella volta. Imbocchi una scala a pioli alla fine del corridoio e veloce sali i gradini; stai per cadere, ma il filo intorno al collo si stringe e non ti lascia scivolare nel baratro. Gemi di dolore, riesci a recuperare l’equilibrio e a raggiungere la sala buia.
I polmoni ti bruciano, vorresti strappare quei fili.
Le gambe ti fanno male, vorresti strappare quei fili.
Vorresti strappare quei fili?
-Maledetto burattino...-
Aumenti la velocità del passo ancora una volta, anche se inizi ad essere stanca di correre. Senti un respiro caldo sul collo, stringi i denti e ti sforzi di andare avanti, mentre adesso loro ti umiliano e iniziano a ridere di te
-... smettila di provarci...-
Ridono sempre più forte. Vuoi dimostrare che puoi farcela, che puoi prenderlo.
Vuoi dimostrare che riuscirai a proteggerLo.
Non puoi, invece. Non sei mai riuscita a proteggerlo.
Stringi i pugni, ora vedi la botola aperta e la luce che emana.
Applaudono.
Sorridi.
Tutto intorno a te si è fatto nero, quasi non distingui il pavimento dalle pareti. Salti nella botola e cadi a terra, in piedi; a sorreggerti ci sono sempre i fedeli e robusti fili, con loro non potrai mai cadere e con loro non potrai mai perderti.
Il mostro è davanti a un vicolo cieco e tu gli sei davanti. Ti guarda, spalanca la bocca in modo innaturale e ringhia ferocemente. Hai paura, ma non controlli il tuo corpo e fai un passo in avanti.
Ti ordini mentalmente di fermarti, ma non lo fai.
Quella Cosa, adesso di una strana forma ovale con occhi e bocca rossi, apre le fauci e mostra i denti appuntiti. Rabbrividisci alla vista dei lunghi canini, tuttavia continui a camminare verso di lui.
-E’ colpa sua, solo sua.-
Ti lanci su di lui, lo stringi forte tra le braccia nel tentativo di farlo scoppiare. E’ come abbracciare una gelatina calda, ma nonostante tu sia disgustata, sorridi.
Stringi, stringi, stringi, lui si dimena, si agita, ringhia, prova a morderti e lo fa, ti azzanna il braccio. Soffochi un gemito, allarghi il sorriso quando vedi i suoi canini spezzarsi e cadere al suolo.
-Souru, continua, continua!-
Ride, ti senti amata. Il mostro si libera dalla tua presa, emette un acuto lamento che per poco non ti rompe i timpani; le risate riecheggiano tutt’intorno.
Nuovamente gli salti addosso, gli fai spalancare la bocca a forza e tiri, tiri, per fargliela aprire ancor di più.
-Continua così!-
La vittima si dimena, lancia un grido quasi umano, senti la sua mandibola bloccata e continui ad allargargli l’apertura delle fauci.
-Sei bravissima!-
Ci metti tutte le tue forze per riuscire, definitivamente, a dividergli in due la testa. La mandibola si stacca dalla mascella, la parte superiore la lanci al suolo e il resto lo lasci cadere. Ridi e non smetti.
Ridi.
Ridi.
Ridi ancora.
Applaudono tutti.
Ridi.

 
 ***
 
Lo schiaffo arriva veloce, ti colpisce la guancia.
Ti zittisci e chiudi per un attimo gli occhi, a causa del colpo improvviso. Mentre ti copri la parte dolorante, ti rendi conto che non ci sono risate, o applausi; ti rendi conto che c’è solo il rumore del tuo respiro affannoso.
Ti guardi intorno: non c’è neanche una zona dipinta di nero. Le pareti sono bianco-sporco, c’è il solito “3042” scritto in rosso e il solito “RA-125” inciso; il pavimento è a scacchi grigio chiaro e bianco. Guardi a terra con la massima attenzione e no, non ci sono canini spezzati.
Sgrani gli occhi.
-Bonjiro...- Lo chiami.
Lo fissi, spaesata e confusa, e aspetti una sua spiegazione.
Lui ti guarda di bieco, lo sai che si trattiene dal picchiarti.
-Stupida.- è la prima cosa che ti dice. Sospiri e lo ascolti proseguire, ancora confusa: -Ti ho detto di inseguirla e bloccarla, non di ucciderla. Ti ho detto mille volte di smetterla, non mi hai ascoltato!-
Hai paura, adesso. Tremi, deglutisci.
Lentamente volti il capo e osservi lo spettacolo inumano al suolo: non c’è alcun mostro, solo una ragazza. Una ragazza con il collo spezzato e con la pelle e le carni delle guance quasi strappate, separate tra loro.
Sei sporca di sangue, ma i fili non ci sono.
Non ci sono mai stati.
Senti un rumore di vetro infranto.
Lo specchio si è rotto.
Indietreggi, scuoti il capo in segno di negazione, il battito del cuore accelera.
Quale mostro hai risvegliato, Soo’?


Note Autrice:
1) “Eko” significa “Eco”, come è facilmente intuibile. Ma che cos’è l’eco? Dando per scontato che non lo sappiate, è la ripetizione di un suono dovuta alla riflessione dell’onda sonora da parte di un ostacolo verso l’ascoltatore. Più l’ostacolo è distante, più distintamente viene avvertito il suono. La protagonista della storia (che molti conoscono come Souru/Sooru, o Ayano) vive un eco: il mostro che cambia forma, le voci che sente, le risate e gli applausi, sono tutti avvenimenti riconducibili a certi eventi della sua vita, che tornano indietro dopo tempo tutte insieme per farla star male. Evito però la lunga spiegazione.
2) Spero che non ci siano errori, o almeno che non ci siano Orrori... E spero anche di aver inserito la storia nella giusta categoria (volevo inserirlo in “Generale”, all’inizio; forse avevo ragione?)... Nel caso avessi sbagliato, consigliatemi una categoria adeguata. Grazie!
3) Per “specchio” non intendo l’oggetto. “Specchio segreto” perché è nascosto nell’animo, nella mente; lo specchio infranto è un'anima infranta.
4) Il mostro nero è il senso di colpa della protagonista verso qualcosa. La frase “Non sei mai riuscita a proteggerlo”, potrebbe far riflettere un po’...
5) Esistono due voci, una in corsivo e una in grassetto. Sì, sono ben distinte.
6) A volte si riferisce a un “lui”, altre volte a un “Lui”; i termini sono stati scritti così per mio volere. Questi due facevano, o fanno, chissà, parte della vita della protagonista e lei riesce a sentirli tramite questa... allucinazione?
7) I fili li ho inseriti per far capire che la ragazza è controllata da qualcuno, agisce contro la sua volontà. Quando la voce in grassetto chiede se vuole strappare i fili, lo fa per schernire; è come se chiedesse: “perché vuoi allontanarti dal mio controllo se, senza di me, ti perderesti nel tuo inferno?”.
8) Prova a uccidere il mostro per liberarsi del senso di colpa. Con le acclamazioni e i complimenti che riceve, crede che stia facendo del giusto e che sia vicina alla vittoria.


 
   
 
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