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Autore: Old Fashioned    06/05/2018    16 recensioni
Seconda Guerra del Golfo. Clement Boyle e Andrej Vaughan sono due marines e si trovano in Iraq. Vaughan decide di approfittare della libera uscita per andare a comprare dei regali per i suoi, ma preso dall'entusiasmo si infila per sbaglio in un posto che non avrebbe dovuto vedere. Lui e Boyle, il suo inseparabile amico, finiscono per trovarsi prigionieri dei terroristi, con davanti una prospettiva tutt'altro che rosea. Riusciranno a evitare ciò che li aspetta?
Avviso il potenziale lettore che la storia contiene linguaggio volgare.
Prima classificata al contest "Sette colori per sette peccati" indetto da missredlights sul forum di EFP.
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao cari/e!
Eccoci alla fine di questa movimentata avventura tra le sabbie e i talebani. Ringrazio tutti coloro che mi hanno seguito fin qui, e in particolare chi è stato così gentile da lasciarmi un parere, ovvero Enchalott, John Spangler, mystery_koopa, Saelde_und_Ehre, Syila, Nina Ninetta, fiore di girasole, innominetuo e New Storytellers.





Parte terza

Orange si massaggiò la schiena, indolenzita dall’ennesima botta, poi puntò la torcia verso il buio della galleria che si apriva davanti a loro. Scrutò per un po’ quelle misteriose profondità, quindi con un’alzata di spalle borbottò: “Non ci resta che andare avanti, direi.”
L’altro si erse in tutta la sua altezza, arrivando a sfiorare pericolosamente le pietre della volta. Si guardò intorno aggrottando le sopracciglia, poi ringhiò: “La fai facile, tu: andiamo avanti.” Diede un calcio a un sasso, spedendolo a parecchi metri di distanza. “Andiamo avanti, dove?”
Orange emise un teatrale sospiro e rispose: “Dove ci porterà il destino, caro compagno di mille avventure.”
Clem si sedette con precauzione su un mucchio di pietre, poi disse: “Piantala di fare l’idiota, Andrej.”
L’altro ignorò la minacciosa calma del suo tono di voce. Si spolverò sommariamente l’uniforme e chiese: “Scusa, chi è che ha buttato una granata all’imboccatura del tunnel?”
Non avevamo altra scelta.”
Ok, quindi adesso muoviamoci. Da qualche parte porterà, questa galleria.” Fece una pausa, poi soggiunse: “Magari è quella di Miss Tette e ci porta dritti in città.”
Si mise a camminare con aria svagata, facendo dondolare la torcia qua e là.
Clem rimase ostentatamente seduto.
L’altro fece una ventina di metri, poi si fermò, si voltò e puntò il fascio di luce nella sua direzione. “Beh?” chiese.
Fanculo.”
Vaughan emise un sospiro. “Cos’è, una delle tue solite incazzature maori? Sbraita piano, però: non vorrei che ci sentissero e capissero che non siamo crepati.”
Io avrò le incazzature maori,” ringhiò l’altro di rimando, “ma tu non riesci a capire quando è il caso di smettere di fare l’idiota.”
Orange annuì grave. “Va bene,” rispose. “Io vado avanti. Tu segui la luce quando sei a posto. Ricordati solo di non fare troppo casino, ok?”
Cosa vorresti dire,” replicò Boyle, “che non sono capace di controllarmi come chiunque altro?”
L’altro lasciò passare qualche secondo, poi rispose: “È inutile che tenti di farmi incazzare, Clem. Lo sai come sono fatto.” Alzò le spalle e prese ad allontanarsi lungo il tunnel con andatura molleggiata, canticchiando: “In every life we have some trouble, when you worry you make it bouble. Don’t worry, be happy...”
Boyle emise un sospiro che sembrava lo sfiato di un capodoglio, e a bassa voce disse: “Uno di questi giorni lo strozzo...” Poi si alzò e si dispose a seguirlo, sebbene a debita distanza.

Senti un po’, ma ti chiamano Agent Orange perché sei un agente segreto?”
Vaughan smise di camminare e si voltò verso il compagno. “Come ti viene in mente una cazzata simile?”
Clem alzò le spalle. “Di solito, i veri agenti segreti sono quelli di cui lo diresti meno.”
Ah, grazie tante.”
Allora, è così?”
Non hai vinto, ritenta.”
Uhm, dovevo immaginarlo,” brontolò Boyle, quindi riprese a camminare.
Stavano procedendo ormai da un tempo imprecisato in un tunnel silenzioso, dal pavimento di terra battuta, con la volta a botte. La struttura, che doveva essere antichissima, era stata consolidata un po’ alla meglio in alcuni punti con dei blocchi di calcestruzzo da edilizia. Ogni tanto si sentiva uno sgocciolio, e un’infiltrazione d’acqua scorreva lungo la parete in una traccia verdastra. Disperatamente assetato, Orange provò a raccoglierne un po’ nel cavo di una mano e a berla, ma il sapore risultò disgustoso.
Chissà dove siamo?” si chiese. Sputacchiò qualcosa che gli era rimasto in bocca durante il tentativo di assaggio e aggiunse: “Quest’acqua fa proprio schifo.”
Come i fotticapre.”
Alla faccia di Miss Tette, stavolta sono d’accordo con te. Lo sai cosa volevano farci?”
No, cosa?”
Orange raccontò la faccenda del tacchino.
Quegli stronzi!” sbraitò Clem scandalizzato. “Perché cazzo non me l’hai detto quando eravamo là?”
Sì, figurati. Come se non ti conoscessi: poi scatenavi l’inferno.”
Certo che lo scatenavo! Quegli schifosi! Quei bastardi! Ci volevano svuotare per il culo e riempire di C4, ma ti rendi conto?”
Orange alzò le spalle. “Don’t worry, be happy...” ricominciò a canticchiare.
Andarono avanti un altro po’, ognuno assorto nei propri pensieri.
A un certo punto, la luce della torcia cominciò a ingiallirsi. “Mi sa che tra un po’ finiamo al buio,” buttò lì Vaughan, come se non fosse poi un gran problema.
Boyle osservò la torcia e in tono risentito disse: “Merda, ci mancava anche questa.” Aggrottò le sopracciglia, poi proseguì: “Questa non ha le batterie, è una di quelle che si ricaricano con la corrente.”
E quindi?”
Quindi è meglio che la spegni e ci teniamo un po’ di riserva di luce per i momenti critici, perché durerà ancora dieci minuti al massimo.”
Uhm.” Orange spense la torcia, e i due si trovarono immersi in tenebre picee. “E adesso come facciamo?” chiese poi
Dal buio giunse la voce di Clem: “Strisciamo lungo la parete e accendiamo la torcia solo ogni tanto, per controllare dove stiamo andando.”
Tanto non rischieremo di sbagliare strada, direi.”
Ricominciarono a camminare, e andarono avanti per un tempo imprecisato. Dopo un po’, Orange disse: “Clem?”
Davanti a lui, la voce del compagno rispose: “Sì?”
Ci sono due spermatozoi nel culo di un frocio, e uno dice all’altro: ma come cazzo si fa a trovare un ovulo in mezzo a tutta questa merda?”
Seguì qualche secondo di silenzio, poi Boyle chiese: “Ma ti sembra il momento di metterti a raccontare barzellette idiote?”
Era per sdrammatizzare.”
Sei sempre il solito cretino.”
Per tutta risposta, Orange cominciò a canticchiare:“In every life we have some trouble, when you worry you make it bouble. Don’t worry, be happy...”
Notò che l’aria si era fatta vagamente umida, e si sentiva uno strano odore come di limo.
E basta con...” cominciò Clem, ma un attimo dopo si interruppe e urlò: “Cazzo!”
Ci fu dapprima un breve e frenetico tramestio, poi, molto più in giù, il rumore di qualcosa di pesante che cadeva in acqua.
Clem!” urlò Vaughan angosciato. “Clem, dove sei?”
Gli rispose un intenso sciabordare.
Clem!”
Porca puttana!” giunse dal basso.
Stai bene? Sei ferito?”
Ho perso le armi, mi sono rimaste solo le granate.”
Ma tu stai bene?”
Fammi luce.”
Orange accese la torcia: la galleria si interrompeva sul bordo di quella che sembrava un’enorme cisterna, con un altissimo soffitto a volta sostenuto da colonne. Lateralmente c’era uno stretto camminamento che sembrava percorrerne il perimetro, ma la scarsa illuminazione permetteva di vederne solo la prima parte. Il resto si perdeva nelle tenebre.
La voce di Clem lo richiamò alla realtà contingente: “Devo trovare un modo di risalire!”
Orange illuminò l’acqua, che era perfettamente trasparente, e dava l’idea di essere anche piuttosto profonda. Colse sul fondo della cisterna la presenza di un antico pavimento, con disegni di creature acquatiche. Il fascio di luce si rifletteva mandando tremolanti riflessi su tutto il soffitto.
Orange, ti dai una mossa?”
Mi sembra di vedere una scala, là in fondo.” Vaughan puntò l’ormai fioco fascio della torcia verso una fila di gradini che dal livello dell’acqua portava verso l’alto.
Boyle la raggiunse a nuoto. “È gelata,” sbuffò.
Sì può bere?”
Avevo una sete che avrei bevuto anche la trielina. Ne ho approfittato.”
Allora scendo anch’io.”
Vuoi farti una nuotata?”
Devo bere, quindi vedi di non pisciarci dentro prima di uscire, per favore.”
Troppo tardi.”
Il solito stronzo.”
Vaughan aggirò con cautela la cisterna. Il passaggio era stretto, e in alcuni punti c’erano stati dei cedimenti strutturali, cosa che lo rendeva ancora meno praticabile. “Ma farci un parapetto no, vero?” brontolò, strisciando cauto con la schiena contro il muro.
Clem frattanto stava uscendo dall’acqua. “Vaffanculo,” ringhiò. “Posto di merda, gente di merda, guerra di merda. Cazzo!”
La voce andava alzandosi di tono.
Porca puttana! Io non ci volevo nemmeno venire, in questo cazzo di paese pieno di sabbia. Vaffanculo!” L’ultima imprecazione si riverberò sulle volte del soffitto in migliaia di echi.
Vaughan aspettò che si fosse ristabilito il silenzio, poi gli chiese: “E che ci fai qui, allora?”
Clem nel frattempo era riuscito a raggiungere il livello del tunnel. Si scrollò come un cane, si strizzò la maglietta e rispose: “Se tu non mi dici perché ti chiamano Agent Orange, io non ti dico perché sono qui.”
L’altro fece una risatina. “Spiacente, amico.”
Lo sai che sei uno stronzo, Orange?”
La torcia si spense.
Oh, no!” si lamentò Vaughan. Azionò due o tre volte l’interruttore, ma non successe niente.
È andata,” disse Clem.
Dopo quel breve intermezzo di luce, le tenebre sembravano ancora più opprimenti. Orange si mise carponi per coprire il percorso che lo separava dalla scala della cisterna, poi scese adagio, un gradino per volta, tastando davanti a sé per capire se era già arrivato all’acqua oppure no. Momentaneamente privo della vista, aveva ormai tutti gli altri sensi letteralmente impazziti: sentiva ogni fruscio, percepiva ogni odore. Coglieva la diversa consistenza delle pietre del tunnel, che dovevano essere di arenaria, e dei gradini, che invece erano di marmo. “Chissà cos’era questo posto,” disse poi, quasi tra sé e sé. Raccolse un po’ d’acqua nel cavo delle mani e la assaggiò. “Sembra buona,” disse.
Dall’alto, Clem rispose: “Magari siamo entrati nelle fogne della città.”
Orange, che per bere più in fretta si era messo carponi e stava sorbendo l’acqua direttamente come uno gnu nei documentari sul Serengeti, si immobilizzò e disse: “Sta’ zitto.”
Che c’è, ti sei schifato?”
No, sta’ zitto. Non senti niente?”
Dall’alto non giunse risposta, segno che anche Clem si era messo in ascolto. “Cosa dovrei sentire?” chiese il marine dopo un po’.
Non lo so. Mi è venuto in mente quando mi sono chinato per bere. Ho pensato alle pecore, e poi ai fottipecore...”
Fotticapre,” lo corresse dall’alto Boyle.
Insomma, quelli. Siamo scappati dopo aver visto il loro laboratorio e tutto quanto. Possibile che nessuno ci stia venendo a prendere?”
Il tunnel è crollato, prima che possano passarci di nuovo ci vorranno delle ore.”
Certo, da quella parte. Ma dall’altra?”
Seguì un lungo silenzio, segno che anche Clem stava ponderando la sinistra eventualità. “Cazzo,” commentò alla fine.
Orange, che nel frattempo aveva finito di bere, ritornò su con cautela e chiese: “Dove sei?”
Qui, amico.”
Vaughan percepì nel buio il lieve sbatacchiare metallico delle granate che l’altro era riuscito a conservare appese al collo. Colse anche un vago residuo di quel dopobarba che l’altro si ostinava ad applicarsi in quantità generosissime nonostante sapesse a suo parere di piscio di gatto.
Allungò le mani e incontrò il suo fisico poderoso. “Beh, che facciamo?” chiese Boyle. Si fece indietro e disse: “E tocca poco, tu. Cosa sei, frocio?”
Manteniamo il silenzio, che ne dici?”
Ma senti questo,” protestò Clem risentito. “Chi è che non stai mai zitto, racconta le barzellette cretine e canta?”
Va bene, va bene. Lo facevo per te, comunque.”
Per me?”
Per intrattenerti.”
Ringrazia che è buio e non vedi la mia faccia.”
Non ringrazierò mai abbastanza per un dono del genere.”
Ehi, come sarebbe a dire?”
La domanda rimase ad aleggiare nelle tenebre.

I due ripresero la marcia. Clem, che camminava davanti, si muoveva lento, rigorosamente contro la parete. Memore dell’esperienza precedente, questa volta tastava col piede prima di ogni passo, col risultato che procedeva molto più adagio.
Senti niente?” sussurrò dopo un po’ Orange.
Si fermò a orecchie tese. Il silenzio era così perfetto che riusciva a sentire i battiti del proprio cuore pulsargli nelle orecchie. Poi iniziò a percepire qualcosa. Un fruscio lontano, forse l’eco flebile di una voce.
Ragionò rapidamente: le uniche armi che aveva a disposizione erano delle granate a frammentazione M67. E le sue mani, ovviamente. Con quelle doveva far fuori i fotticapre, uscire dal tunnel, aprirsi la strada fino a Camp Courage e soprattutto evitare che Orange si cacciasse nei guai, cosa che sicuramente era più difficile delle altre tre messe insieme.
Si voltò verso il compagno. Non lo vedeva, ovviamente, ma poteva immaginarne l’espressione svagata, come di un turista che si sta godendo un bellissimo viaggio nell’Oriente misterioso. Gli vennero in mente tutte le barzellette che raccontavano sulle bionde svampite, e si chiese se funzionassero anche per gli uomini. Non che Orange fosse proprio biondo biondo, più che altro dava un po’ sul rosso, ma la testa, soprattutto all’interno, era quella.
O forse era solo un atteggiamento. Una tattica. Per quanto sembrasse spesso su un altro pianeta, conoscendolo si capiva che in realtà non era affatto così.
Rallentò, si appiattì ulteriormente contro la parete. Abituato al buio completo, aveva l’impressione che le tenebre non fossero più fitte come prima. Strinse gli occhi. Riusciva a cogliere qualche vago elemento di quello che lo circondava o era solo un’impressione?
Poi comparve sul soffitto il pennello di luce di una torcia. L’apparizione fu così improvvisa che quasi lo fece sussultare. Sentì l’adrenalina entragli in circolo, e allungò una mano a toccare Orange, come per ricordargli che non era il momento di fare una cazzata delle sue.
Cercò di elaborare un piano. Cosa c’era di là? Quanta gente? Con che armi? Si acquattò e rimase in ascolto.
Il tunnel faceva una specie di curva a gomito, e oltre quella si sentivano delle voci. Staccò una granata.
Vuoi farci fare la fine dei topi?” gli sussurrò all’orecchio Orange, che probabilmente lo aveva sentito maneggiare l’ordigno.
Hai altre idee?”
Aspettiamo un attimo, no? Diamo un’occhiata.”
Ma certo, e intanto quelli ci aprono il culo.”
Non sanno nemmeno che siamo qui.”
Pensi che siano venuti quaggiù per limonarsi di nascosto?” Senza attendere risposta, tolse la sicura alla granata e la lanciò oltre la curva.
L’ordigno fece un paio di rimbalzi, si udirono delle voci, questa volte alte e in tono concitato, poi ci fu il boato lacerante dello scoppio. Dalla galleria provennero uno sbuffo di polvere e rumore di pietre che crollavano.
Andiamo,” disse conciso Clem. Afferrò il compagno per un braccio e si lanciò in avanti.
Raggiunsero una stanza con una scala che andava verso l’alto. Metà del soffitto era crollata, uno dei muri aveva un grosso buco, oltre il quale si intravedeva un’altra stanza con dentro scaffali carichi di forniture militari. Sul pavimento, in mezzo alle macerie, erano rimasti dei corpi. Boyle li osservò brevemente, poi si chinò a raccogliere un Kalashnikov che giaceva abbandonato accanto a uno di essi, controllò che fosse carico e proseguì.

Vaughan si limitò a seguirlo. Diede a sua volta un’occhiata in giro, individuò un fucile d’assalto AKM e lo raccolse, ma sapeva che quando Clem cominciava ad aprirsi la strada a granate, rimaneva poco spazio per altri interventi.
Seguì il compagno su per la scala. Questi sparò una raffica di mitra, poi buttò un’altra M67. Di nuovo crollarono calcinacci, si udì un rantolo di dolore, poi silenzio.
Una volta su, si guardò intorno: era giorno, tanto per cominciare, e la luce entrava dalle finestre dando corpo all’aria che le esplosioni avevano reso caliginosa. Fuori si vedeva un cortile circondato da edifici di pietra chiara, con decorazioni di maioliche blu, azzurre e verdi che brillavano al sole. “Non mi dire che siamo finiti in una moschea,” disse smarrito, ma prima che Clem potesse rispondergli, cominciarono a riversarsi nel cortile diversi uomini armati.
I due si appiattirono al suolo, poi Boyle azzardò un’occhiata fuori, staccò un’altra granata, la terzultima, dalla sua dotazione e la lanciò. “Ora andiamo,” disse poi. “Dobbiamo trovare l’uscita di questo posto.”
Attraversarono lo spiazzo disseminato di corpi, da uno degli edifici provenne una raffica di mitra che fece rimbalzare loro addosso schegge di pietra del selciato. Clem rispose al fuoco, poi si buttò ansante contro il muro. Si teneva una mano sulla coscia, e un rivolo di sangue gli scorreva tra le dita serrate.
Sei ferito?” chiese Orange.
No, mi si è rotta la bottiglia di ketchup che tenevo in tasca. Ma che cazzo di domande fai?”
Ok, scusa. Fammi vedere.”
Non c’è tempo, dobbiamo andarcene.” Si rialzò con una smorfia di dolore.
Ripresero a correre, si infilarono dentro una porta aperta, attraversarono un androne semibuio e sbucarono in un altro cortile, molto più ampio del precedente, con il fondo di terra battuta. Da un lato di esso erano parcheggiati numerosi veicoli sia civili che militari. C’era addirittura un Humvee americano.
Dall’altro lato c’era un T-72. Clem fece un sorriso soddisfatto e disse: “Prendiamo quello.”
Cosa? Vuoi prendere un carro armato?”
Improvvisare, adattarsi e raggiungere lo scopo. Una volta che siamo lì dentro, sai dove se li possono infilare il loro AK-47 del cazzo?”
Però se per caso hanno un RPG facciamo la fine delle anatre pechinesi.”
Senza rispondere, Clem corse verso il blindato. Nel frattempo si udirono dei clamori alle loro spalle, e uomini armati si gettarono al loro inseguimento. Raffiche di mitra cominciarono a crepitare furiosamente, le pallottole fischiavano tutt’intorno a loro.
Poi Orange sentì un colpo nella schiena, e sulle prime si chiese stupito come avesse fatto uno degli inseguitori ad arrivare così vicino da potergli sferrare un pugno. Improvvisamente sentì che le gambe lo tenevano male, e prima di essersene reso conto, sentì l’impatto del suolo contro la sua faccia.
Poi successe qualcos’altro, e si trovò a ballonzolare come un sacco di patate a circa due metri da terra. Non sentiva dolore, ma era stanco come se fossero due mesi che non chiudeva occhio. “Clem...” mormorò.
Parlami, Orange. Dimmi qualcosa.”
Ma...” Vaughan cercò di articolare una risposta, nonostante si sentisse la lingua più gonfia che dopo una sbronza di tequila boom-boom e whiskey. “Ma se mi dici sempre che parlo troppo?”
Non ti addormentare!”
E chi dorme…” Poi subentrò un barlume di consapevolezza: “Mi hanno beccato, Clem?”
Non è niente, non ti preoccupare,” fu l’immediata risposta. “Starai bene.”
Ormai il T-72 era vicinissimo.
Clem, mi hanno beccato?”
Ora ce ne andiamo, Orange. Starai bene.”
Ma non sento dolore… perché non sento dolore, se mi hanno beccato?”
Ecco, bravo, parla. Non devi dormire, Andy.”
Il marine si sentì appoggiare su una superficie dura e molto calda. “Ahio,” protestò. “Mi hai scambiato per un hambuger?”
Udì il rumore di qualcosa di pesante che sbatteva, poi una gragnola che gli ricordò della ghiaia tirata contro una lastra di lamiera. “Figli di puttana!” imprecò Clem.
Poi l’ambiente cambiò, e da torrido e luminoso, divenne torrido e semibuio. L’aria aveva un odore di olio e nafta, dappertutto c’erano spigoli che gli si infilavano nelle parti molli. “Dove siamo?” mormorò, ma un poderoso rombo di motore coprì la sua voce.
Stabilì che era meglio dormire, molto meglio. Chiuse gli occhi.

Con fatica, Boyle si ficcò nel posto del pilota, diede il contatto e il motore partì con un ruggito assordante. Non aveva mai guidato un carro armato, ma supponeva non fosse poi molto diverso dal bulldozer di suo zio che guidava da ragazzino. Afferrò le leve che comandavano i cingoli, tolse il freno di stazionamento e diede gas.
Il T-72 si lanciò in avanti, travolgendo qualsiasi cosa si trovasse sul suo percorso. Una jeep cercò di piazzarglisi davanti, ma gli occupanti furono costretti ad abbandonarla in tutta fretta prima che finisse sotto i cingoli del mostro.
Clem diede ancora gas. “Orange, mi senti?” urlò, ma non gli giunse alcuna risposta. “Orange?”
Una raffica crepitò sulla blindatura, udì il rumore di qualcosa che veniva stritolato dai cingoli. Poi si accorse che un uomo armato di RPG si era posizionato a gambe larghe esattamente davanti a lui. “Merda!” imprecò.
L’altro si pose l’arma sulla spalla con ostentata calma, tolse la sicura e chiuse un occhio per prendere la mira. Clem diede gas, il T-72 balzò in avanti sollevando coi cingoli una nube di polvere giallastra. Il marine fissò il terrorista, ed ebbe quasi l’impressione di guardarlo dritto negli occhi, e che anche lui stesse facendo la stessa cosa. Strinse i denti, ignorando la goccia di sudore che gli scendeva lungo la tempia. Si lecco le labbra improvvisamente secche e disse: “D’accordo, figlio di puttana: giochiamo a chi ce l’ha più duro.”
Fissò lo sguardo sull’uomo che stava ancora regolando la mira: sarebbe riuscito a passargli sopra o sarebbe saltato in aria con un missile in faccia?
Adesso sarebbe il momento di raccontare una delle tue barzellette, Orange,” disse, ma l’amico non rispose.
Il missile partì sibilando, Clem si attaccò con tutte le sue forze a una delle due leve dei cingoli, e il carro armato compì una sterzata brutale. Il proiettile passò oltre e andò a impattare contro uno degli edifici, facendolo saltare in aria.
Il marine riprese il controllo del T-72 e lo spinse a tutto gas contro il muro di cinta del cortile, che esplose in un delirio di mattoni, ferri da calcestruzzo e calcinacci. Atterrò su un cumulo di rifiuti, facendo fuggire una frotta di ragazzini cenciosi, poi proseguì sobbalzando, non voleva sapere su che cosa.
Infine si imbatté in un paio di Abrams in assetto di guerra, probabilmente richiamati da tutto il casino che aveva fatto.
Si fermò.
Dall’altoparlante di uno dei due provenne una frase in arabo.
Il marine aggrottò le sopracciglia interdetto, e non fece nulla.
Passarono alcuni secondi, poi la frase si ripeté, in tono più perentorio. I cannoni dei due carri armati brandeggiarono verso di lui.
Per quale cazzo di motivo non parlano una lingua civile?” brontolò. Spense il motore, e all’interno del carro calò un silenzio sinistro e carico di aspettativa. “Orange?” chiamò, ma di nuovo non gli giunse risposta. “Orange, qui rischiamo di essere fatti fuori dai nostri, pensa che fregatura.”
Per la terza volta, echeggiò l’avvertimento in arabo.
A quel punto, Clem perse la pazienza, spalancò il portello e saltò in piedi. “E allora!” sbraitò. “Mi avete scambiato per un fotticammelli?”

§

Sdraiato nel letto dell’ospedale da campo, la gamba fasciata e appoggiata a un paio di cuscini, Clem emise un sospiro soddisfatto, poi allacciò le mani dietro la nuca e disse: “Si dà il caso, Andy, che tu debba al sottoscritto il fatto di poter ancora usare il tuo tablet o qualsiasi altro prodotto della tecnologia umana.”
Un attimo,” grugnì l’altro, sdraiato nel letto accanto.
Che stai facendo?”
Impegnato a digitare freneticamente, Orange non rispose.
Passarono un paio di minuti, poi Clem riprovò: “Certo che sei proprio di compagnia, eh?”
Silenzio.
Quando non ce n’era bisogno, c’era la fiera delle cazzate, non stavi zitto un attimo. Adesso che potresti alleviare la lunga e noiosa degenza del tuo commilitone, non mi guardi neanche. Bell’amico che sei.”
Finalmente l’altro posò il tablet, si voltò verso di lui, e in tono premuroso chiese: “Scusa, stavi parlando?”
Cazzo, Orange, tu devi solo ringraziare che non posso alzarmi.”
Ero distratto,” fu la candida risposta.
Di nuovo calò il silenzio. Clem prelevò una rivista di armi dal cassetto del comodino, la sfogliò lentamente e fece un’orecchia in un paio di pagine, poi la lasciò cadere sulla coperta e disse: “Sai che ti ho salvato il culo, Orange? Avevi un buco nella schiena che a momenti ci si vedeva attraverso.”
L’altro si voltò a fissarlo, con l’aria di non capire come mai stesse tirando fuori l’argomento.
Clem sorrise astuto e gli chiese: “Che ne dici, me la merito un po’ di gratitudine?”
Ancora vagamente incerto, l’altro aggrottò le sopracciglia, poi rispose: “Beh, sì. Certo che sì.”
Il primo annuì soddisfatto. “Allora potresti finalmente dirmi perché ti chiamano Agent Orange, mi sembra un prezzo equo.”
Contrariamente a quanto si aspettava, Vaughan non negò e non cercò di fregarlo con una delle sue solite paraculate. Fece un tentativo di alzare le spalle con fare noncurante, cosa che gli strappò una smorfia di dolore, poi lo avvertì: “Rimarrai delusissimo.”
Correrò il rischio.”
Passò un altro lungo silenzio, come se Orange non riuscisse a decidersi a parlare. Infine si schiarì la gola e gli chiese: “Conosci il cocktail Agent Orange?”
Mai sentito.” Poi, dopo una pausa: “Ti chiamano così perché hai inventato quel cocktail?”
L’altro scosse la testa. “No, che schifo. L’Agent Orange è una parte di vodka e due di succo di carota, servito in un tumbler alto con ghiaccio.”
Clem aggrottò le sopracciglia, poi solennemente proferì: “È la cosa più disgustosa che abbia mai sentito.”
L’altro annuì. “Sono d’accordo. Penso che anche bere il vero Agent Orange farebbe meno schifo”
E allora…?”
Eravamo in libera uscita, e non avevamo altro che vodka e succo di carota. Non ci andava di bere la vodka liscia, per cui...” Ci fu un lungo silenzio, poi Vaughan in tono cupo disse: “La sbronza peggiore della mia vita. Quando sono tornato in grado di capire, avevo un tatuaggio sul culo, delle calze da donna come unico indumento, un pitone al collo ed ero in un ascensore di Las Vegas.” Altra pausa. “Solo che avevo cominciato a bere a Parris Island.”
Clem annuì grave. “Capisco.”
E da allora, sono rimasto noto come Agent Orange.”
Sono esperienze che segnano.”
Passò un altro lungo silenzio, rotto solo dal lieve brusio di un televisore nella guardiola degli infermieri, poi Vaughan chiese: “E tu?”
Io, cosa?”
Io ti ho detto il mio segreto, ora tocca a te dirmi il tuo.”
Clem alzò le spalle. “Niente di che, in realtà. Non volevo più avere fra i piedi una certa persona, così sono venuto qui.”
Orange lo fissò scuotendo la testa. “Ma cambiare casa, no?”
Mi sarebbe venuta dietro.” Fece un sorrisetto compiaciuto, poi soggiunse: “Voglio proprio vederla, a seguirmi qui.”
Mentre stavano parlando, entrò un soldato che teneva in mano un pacco postale. “Chi è Andrej Vaughan?” chiese.
Orange sollevò una mano. “Io.”
Un pacco per te.”
Gli fece firmate la ricevuta, gli consegnò l’involto e uscì.
Clem lo fissò incuriosito: sembrava qualcosa di morbido. “Hai comprato dei vestiti?” gli chiese.
Ho fatto acquisti su eBay.” Strappò la busta e ne estrasse un involto più piccolo di carta velina bianca.
Cos’hai comprato?”
L’altro estrasse l’acquisto: un velo di seta nera, con dei disegni viola intenso. “Ho visto che lo vendevano proprio uguale,” disse compiaciuto.
Per un bel po’, Clem rimase semplicemente a fissarlo incapace di proferire parola, infine chiese: “Bastava comprarlo su eBay?”
Beh, sì. Ne vendono un sacco.”
E allora, per quale cazzo di motivo noi siamo andati nel negozio di quel fotticapre bastardo, se in ogni momento avresti potuto comprare il fazzoletto per tua nonna su eBay?”
Serafico, Orange rispose: “Volevo fare un acquisto etnico.”
L’unica cosa che lo salvò, fu probabilmente che Boyle non riusciva ancora a muoversi a causa della ferita alla gamba. Questi però in tono sinistro promise: “Giuro che appena riesco ad alzarmi ti ci annego, in quel cazzo di cocktail con la carota.”
Orange, che nel frattempo si era messo in testa il velo, si girò verso di lui e gli chiese: “Che te ne pare?” Se lo allacciò sotto la gola.
Mi pare che potrei ucciderti, per una cosa del genere.”
Oh, dai. In fondo abbiamo anche reso un servizio allo Zio Sam, non ci possiamo lamentare. Canta con me: In every life we have some trouble, when you worry you make it bouble. Don’t worry, be happy...”
Orange, ti voglio veder annegare in quel cocktail di merda a base di carote!”
Don’t worry, be happy...”
Cazzo!” sbraitò Clement, con un soprammobile da lancio già saldamente in mano, ma di fronte al compagno che cantava Bob Marley con il fazzoletto da nonna russa in testa, nemmeno lui riuscì a rimanere arrabbiato.

   
 
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