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Autore: Nahash    06/05/2018    2 recensioni
Dietro il suono delle bombe, lo scoppio dei ricordi: un bambino troppo piccolo per responsabilità troppo grandi, il dolore della guerra, l'amicizia ferita, l'amore disilluso, il corpo vuoto e solo accanto all'affetto più puro del mondo.
[Slice of life|spin-off da "la ballata dei petali caduti"| Character: Ludwig Dubois]
Genere: Angst, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Disclaimer: La storia che vi apprestate a leggere è di proprietà della rispettiva autrice, così come i personaggi in essa contenuti, fatta eccezione per quelli citati che fanno parte della trascorso storico e della cultura popolare.Ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti è puramente casuale, non voluto e senza alcuno scopo di lucro.I personaggi presenti nella narrazione sono fittizi e per lo più maggiorenni. Ciò che li riguarda nella trama non violerà il contenuto del regolamento di EFP.

Note: Come promesso ecco il secondo capitolo! Aggiornato in una settimana come stabilito. Spero che il primo capitolo vi sia piaciuto, come spero che questo secondo possa appassionarvi allo stesso modo! Come sempre non esistate se avete voglia di scrivere un commento, bello o brutto è sempre bene accetto.
 

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Era più o meno alle cinque del mattino in cui di solito rientrava, nonché l'unico momento in cui riusciva a prendere sonno.

Si era steso, dopo essersi tolto i vestiti di dosso e si era messo sotto le coperte; non ci aveva messo molto ad addormentarsi, solo qualche istante, il tempo di girarsi su un fianco, chiudere gli occhi, ricordare la serata appena trascorsa e lasciarsi andare. Tuttavia si rigirava e rigirava costantemente dentro quel letto perché il sonno sembrava essere decisamente agitato, a causa di un brutto sogno, un sogno talmente brutto da sembrare reale che fu in grado di farlo tirare a sedere sul letto ansante, con il panico che gli aveva attanagliato la gola in una morsa. Sembrava aver dormito ore e invece non erano passati che pochi minuti ─ forse venti, forse trenta, non avrebbe saputo dirlo.

Il cuore gli batteva all'impazzata, gli correva nel petto come un cavallo imbizzarrito. Cercava di fare respiri profondi, ma sembrava che non sarebbe riuscito a calmarsi con niente.

«Calma, Ludwig, cerca di stare calmo! É stato solo un brutto sogno...» cercava di tranquillizzarsi, di ripristinare il respiro e il battito cardiaco, ma niente. Cominciò a girargli la testa come se il sogno stesse proseguendo da sveglio, come se gli fosse appena accaduto tutto quello che aveva visto. «Devo calmarmi... cosa mi sta succedendo?» Strinse le lenzuola nelle mani serrandole in due pugni, era agitato e nervoso. Altre volte gli era sembrato di sentirsi oppresso, di sentire un peso sul petto dopo le estenuanti chiacchiere ingiuste di suo padre, ma non così, quelle sensazioni erano quasi mortali.

Se non si sarebbe alzato da quel letto, però, prima o poi si sarebbe scomodato suo padre in persona per andare a vedere che cosa stesse mai combinato, quale fosse la causa del suo ritardo.

Poggiò i piedi a terra e, cominciando a camminare iniziò a fare dei respiri profondi . Raggiunse il bagno, laddove, come si consueto , trovò ad accoglierlo la vasca preparata dalla servitù. Si immerse nell'acquae si lasciò cullare per qualche istante. Questa ebbe su di lui quasi un effetto calmante.

«Era troppo reale per essere soltanto un sogno, devo vederci più chiaramente...» Duglutì. Aveva la brutta abitudine di riflettere ad alta voce, forse era un vizio che aveva assunto per combattere i pensieri che si affollavano nella sua testa, le preoccupazioni e tutte le ansie che si accumulavano e si annidavano sulla sua schiena. Gi era venuta la brillante idea di parlare con suo padre, di chiedere a lui se quanto aveva appena visto in sogno fosse accaduto oppure no. Tuttavia era quasi certo del tempo che avrebbe sprecato, dell'incomprensione che l'altro avrebbe mostrato nei suoi confronti; eppure doveva essere sicuro al cento per cento che quanto sognato non fosse successo. Qualora invece fosse accaduto veramente avrebbe sperato con tutte le sue forze di dimenticarlo ancora una volta.

Tornato nella sua camera si sbrigò a vestirsi ─ la governante gli aveva steso sul letto i vestiti del giorno. Si specchiò per assicurarsi che fosse ben vestito e che tutto fosse in ordine o suo padre lo avrebbe fatto picchiare anche per questo. Non aveva una buona opinione di suo padre, qualora fosse stato un uomo severo, ma con carattere lo avrebbe rispettato seppur soffrendo, ma la sua debole personalità proprio non la tollerava. Anzi, la considerava quasi un sopruso.

Achill gli voleva insegnare a essere un uomo, ma come poteva un vile, un vigliacco, incapace a picchiare persino suo figlio, insegnare a questi cosa significava a essere uomo? Gli parlava di come si sarebbe dovuto comportare con la sua futura moglie, ipocrisie. Gli diceva che non doveva essere promiscuo e più volte, lo aveva visto entrare con partner che di certo non erano sua madre; sua madre, poveretta, lei si che era una santa donna! Quanto amore aveva da dare. Lo aveva riversato tutto sui suoi figli, ma poi anche lei era venuta a mancare con l'arrivo di Lancelot. Era stato in quel momento che Ludwig si era sentito completamente vuoto, sviscerato di ogni emozione, quando era più piccolo poteva dire di essere triste, ma gli bastava una carezza affettuosa di sua madre o un sorriso a rallegrarlo.  Da quando era morta, invece, si sentiva orfano, totalmente. Ritornava alla realtà dei fatti solo quando suo fratello Natthasol lo pregava di raccontargli una storia.

Accertatosi che fosse tutto in ordine, scese le scale per dirigersi verso la biblioteca grande dove di solito studiava passando le prime ore del mattino.

Sapeva che lo avrebbe trovato lì ─ lo salutava sempre al mattino e poi fortunatamente, almeno per un po', spariva del tutto. Ludwig avrebbe provato a parlare con lui riguardo il suo sogno, il dubbio che potesse essere reale non lo aveva abbandonato un istante.

«Buongiorno, Ludwig. Dormito bene?»

«Affatto, avrò dormito sì e no trenta minuti scarsi»

«Capisco... Devi essere lucido per le lezioni, però.»

«Lo sono, lo sono, ma prima devo chiederti una cosa...»

«Dimmi, mio caro. Non parliamo mai io e te, eppure tra padre e figlio, specie il maggiore, dovrebbe esserci un buon rapporto e un buon dialogo.»

Era in quei momento che Ludwig pensava che suo padre fosse pazzo, a volte le sue parole non rispecchiavano affatto le sue azioni, impossibile da credere, nessuno gli avrebbe creduto se lo avesse raccontato.

«Ho fatto un incubo terribile, ma prima che tu dica qualsiasi cosa, sappi che non voglio lamentarmi di questo, piuttosto di quanto penso a riguardo. Mi è sembrato come se non fosse un sogno, ma come se fosse tornato a galla un ricordo sopito, perché troppo doloroso. Ecco, volevo sapere se quanto ho sognato questa notte è successo davvero, oppure è solo frutto di un sonno troppo agitato dopo aver faticato ad arrivare.»

«Raccontami, ti ascolto.»

«Ho sognato che avevo poco o più che otto anni, non ero in questa casa, mi ero allontanato da questa per uscire con la mamma, probabilmente, ma poi mi sono guardato intorno ed ero in un posto oscuro. Lugubre oserei dire. C'era un odore forte, probabilmente stantio, come se non ci fossero state le finestre e lì ci fosse morto qualcuno...»

«Sei solo all'inizio e già mi sembra raccapricciante.» Achill lo interruppe, disgustato da quello che aveva appena sentito dire, ma poi fece cenno a Ludwig di proseguire così che potesse terminare il suo racconto.

«Sono stato lì per qualche tempo, sentivo lui che diceva che al quinto giorno si sarebbe sbarazzato di me e che mancava poco... Nel sogno sentivo chiaramente la mia preoccupazione, ero in pensiero per la mamma, avevo timore che si preoccupasse e timore che anche tu, papà, potessi pensare di non avere più l'erede con il quale ti stavi impegnando, insomma ero un groviglio di ansie e preoccupazioni. So che provavo dolore, molto dolore, che avevo paura che quest'uomo potesse farmi ancora del male, perché sono certo che me ne avesse già fatto. Poi il vuoto, il sogno prosegue con me che sono tra i boschi, che scappo, che corro e ritrovo la strada di casa... Ed ero triste perché non mi eri venuto a cercare.»

«Non conosco i dettagli della tua storia, Ludwig, ma so che è accaduto. Tu sei scomparso per qualche giorno. Avevo detto a tua madre di non preoccuparsi che saresti tornato prima o poi... Tra l'altro quando ti ho visto arrivare, tu hai cercato di abbracciarmi, e io ti ho abbracciato, ma rammento di averti rimproverato perché ci avevi impiegato troppo tempo e ritrovare la strada di casa ─ eravamo tutti in pensiero.»

Ludwig non riusciva a credere alle sue orecchie, come poteva comportarsi così un padre? Il dolore che aveva in quel momento non avrebbe saputo descriverlo in nessun modo, avrebbe potuto, però, esprimere il tutto con il suo sguardo, quello di un ragazzo abbandonato al suo destino perfino dal suo stesso genitore.

«Non era possibile chiamare la polizia? Magari così io avrei potuto...»

Ludwig venne interrotto subito: «La polizia? Che sciocchezze Ludwig, noi non abbiamo bisogno della polizia, noi siamo i Dubois, sai bene cosa penserebbero no?»

«Cosa avrebbero potuto pensare di un bambino scomparso? Che forse un malvivente lo aveva rapito e si stesse approfittando di lui?»

«No, avrebbero potuto pensare che ce l'eravamo cercata, che ti avevamo dato noi stessi a quell'uomo»

«Ma a che scopo pensare una cosa del genere? Non ha assolutamente senso!»

Con tutta sorpresa di Ludwig, Achill sollevò, tirandoglielo contro, il bastone da passeggio che finì dritto contro la sua spalla. La destra tra l'altro.

«Ti stai forse ribellando? O forse vuoi solo contraddirmi? Ti ho forse insegnato questo io? No, al contrario. Io ti ho insegnato a chinare la testa davanti a me, Ludwig. Sono tuo padre, non osare dirmi quello che ha senso, oppure no, altrimenti conoscerai solo il dolore di questo bastone.»

Ludwig si portò la mano sinistra sulla spalla colpita. Non aveva più parole, non aveva più senso esprimere alcun concetto. Sperava solo di non diventare come lui, di essere un padre migliore un giorno. Quello che realizzò in quel momento fu che suo padre non aveva preso minimamente in considerazione l'ipotesi che lui potesse essere stato rapito e usato da un malvivente in circolazione, che non lo aveva cercato, ma che, anzi, se ne era disinteressato completamente. Non aveva chiamato nessun rinforzo, ma lui a otto anni avrebbe dovuto cavarsela da solo ─ come fece del resto. Spalancò gli occhi il dolore che provava dentro di sé non era niente rispetto al dolore della sua spalla. Voleva solo dimenticare tutto, rispedire tutto nei meandri più remoti della sua mente, altrimenti non avrebbe saputo come andare avanti.

«Ti lascio ai tuoi studi adesso e non voglio più sentire risponderti a quel modo, intesi?» si rivolse a Ludwig ancora una volta perentorio, senza la minima empatia o compassione mostrata nei suoi confronti.

Ludwig si limitò a rispondere con un muto accenno del capo, un'affermazione silente e veloce, sperando che sparisse dalla sua vista il più presto possibile.  Si mise alla scrivania della biblioteca e riprese con gli studi interrotti il giorno prima.

 

A volte si sentiva come una macchina, costretto ad andare avanti a ogni costo, reprimendo i suoi sentimenti, le grida, le lacrime, perché altrimenti suo padre glieli avrebbe fatti ingoiare a suon di bastonate.

«Ludwig, Ludwig...» Una vocina bassa e in cerca di complici distrassi Ludwig dai suoi studi.

Volse lo sguardo verso la porta d'entrata e vide suo fratello Natthasol fare capolino dalla porta; non poteva entrare, suo padre gli aveva proibito di entrare quando suo fratello maggiore stava studiando.

Ludwig, conoscendo le regole, si alzò dalla scrivania e raggiunse suo fratello.

Lo prese in braccio, tirandolo su e Natthasol, prontamente lo abbracciò.

«Cosa devo fare per te questa volta?» domandò Ludwig guardandolo, mentre lo teneva per le braccia. «So che non sei quei solo per i miei abbracci.»

«Ma verrei anche per i tuoi abbracci, solo che non è questo il caso!»

«E sentiamo, quale sarebbe il caso questa volta?»

«Ero con la precettrice... mi stava spiegando storia, l'impero romano...»

«E...»

«E niente, lei è anziana ed è di una noia mortale; allora io, per non addormentarmi, ho pensato alle caramelle e adesso me ne è venuta voglia! Solo che io sono piccino e se mi vede la cuoca mi da le sculacciate. Le caramelle sono nella credenza in alto e tu sei grande e quindi ci arrivi.»

«Quindi mi stai dicendo che devo infrangere le regole perché tu sei piccolo e io sono grande?»

Natthasol gli schioccò un bacio sulla guancia e poi aggiunse: «Ti guardo le spalle!»

Ludwig sollevò gli occhi al cielo, ma poi appoggiò l'idea malsana di suo fratello. Lo mise giù e insieme si diressero verso la cucina.

«Non dica niente al signor Dubois, d'accordo?»

Entrando nella cucina, la cuoca si mise le mani sui fianchi, si sentì invasa nel suo territorio. Ma poi lasciò passare Ludwig viste le intenzioni.

«Signorino, se gli da le caramelle poi non pranzerà!»

«Oh, non si preoccupi, è in grado di mangiarsi l'intera casa se solo glielo permettessero...»

Natthasol aveva fatto come promesso, gli aveva guardo le spalle, ma non sapeva che Achill lo stava osservando dal corridoio in fondo; così attese di vedere cosa stesse succedendo e vide Ludwig porgere le caramelle al piccolo.

«Sei contento adesso?»

«Sì, un sacco! Grazie Ludwig, sarei proprio perso nella noia senza di te!»

Ludwig rise, suo fratello era proprio una lingua lunga.

Achill, contrariato, si slacciò la cinta dei pantaloni, sfilandola dai passanti e raggiunse i figli con passo svelto e deciso.

Ludwig guardò suo fratello Natthasol, si sentì tradito, ma Natthasol lo guardò dritto negli occhi scuotendo la testa. «Io ho fatto la guardia tutto il tempo!» disse a bassa voce.

Achill tese la cinta e si avvicinò a Ludwig e, prima ancora che potesse parlare, sferrò un colto contro le sue gambe. Ludwig trattenne un grido di dolore, sapendo che se avesse aperto bocca sarebbero arrivate delle altre.

«Papà, papà lascialo stare!» gridò Natthasol afferrandolo per la gamba, ma Achill lo spinse via.

«Non osare intrometterti mentre sto punendo tuo fratello, altrimenti ne do anche a te.» Avvicinò la mano con la quale teneva al cinta verso il viso di Natthasol.

«Non osare toccarlo!» Ludwig si intromise, mai avrebbe lasciato che suo fratello subisse quelle angherie, quelle assurde prese di potere, solo per delle caramelle, solo perché erano sfuggiti al suo controllo.

«Stai zitto, vedrai che ti farò urlare dal dolore! Non osare contraddirmi, Ludwig, non hai nessuna voce in capitolo! Non sei niente e nessuno, né tantomeno tuo fratello è una tua proprietà. Io l'ho messo al mondo e io lo educo! Come ti è saltato in mente di dargli quelle schifezze?»

«In realtà non vuoi che io le dia a lui, perché sono tue non è vero? Come i cioccolatini che ti ha fatto recapitare a casa qualche puttana!»

Achill, furioso, gli sferrò contro qualche colpo di cinta, Ludwig si protesse il viso sollevando le braccia, ma cadde all'indietro sotto i colpi.

«Per rispondere alla tua domanda, Ludwig... Ti faccio picchiare dai servi perché non voglio che mi si sporchino le mani come un sudicio come te. E, a proposito, oggi dirò che sarai tu a pulire tutto, tu a cucinare, tu a occuparti delle latrine, dei bagni. Sarai tu a occuparti di tutto!»

«Lascialo stare, sono stato...»

«Natthasol, stai zitto!» l'ammonì Ludwig, o tutte le percosse prese per difendere suo fratello sarebbero stare vane.

«Sparisci Natthasol, tuo fratello ha da fare.»

Achill scavalcò Ludwig in terra per entrare nella cucina e prendere un grembiule che gli gettò contro.

«Forza, alzati e fai quello che ti ho detto. E domani spero di rivedere mio figlio tornato in sé.» Sfogata la sua rabbia e la sua frustrazione, Achill abbandonò i due a loro stessi.

«Ludwig, mi dispiace tanto, non credevo che sarebbe successo tutto questo...»

Ludwig si sollevò da terra, dicendosi che era meglio cominciare a non badare al dolore se non voleva prenderne altre. «Non è colpa tua, è a lui che non va bene niente. E poi meglio a me che a te, tu devi pensare a studiare e a giocare, d'accordo? Prometti?»

Natthasol annuì con la testa e, mentre si allontanava da suo fratello, si mise a piangere, mordendosi le labbra per non farsi sentire, sentitosi in colpa per quanto successo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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