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Autore: musike    09/05/2018    0 recensioni
Dal prologo:
“Io non conosco molte storie...” iniziai prendendola tra le braccia e sistemandola vicino a me. Il suo sguardo e le sue orecchie si fecero attente e vigili, pronte a captare qualsiasi parola uscisse dalla mia vecchia bocca. “però forse questa è quella che cerchi. Ti racconterò la storia di più persone, quelle persone che molti hanno dimenticato... che a modo loro si sono ribellate a quello che stava succedendo intorno a loro. Ti narrerò le loro storie, quelle storie che nessuno -e quando dico nessuno, intendo proprio nessuno- conosce, ma che solo pochi sanno. Tutti conoscono la storia principale della ribellione, ma quella loro è rimasta nel buio perché sempre inascoltata. Quindi... Sai mantenere un segreto?”
La piccola annuì vigorosamente, portandosi le mani al petto, simbolo di giuramento eterno. Sapevo che lo avrebbe mantenuto, ma era troppo buffo vederla così.
“Bene,” iniziai sorridente e prendendo fiato. “allora mettiti comoda e ascolta bene quello che sto per raccontarti. Perché questa è la storia dei Ribelli Dimenticati.”
Genere: Angst, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Cinna, Effie Trinket, Faccia di Volpe, Mags, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Terza storia:

ANCHE IL LUPO SOLITARIO

CONOSCE IL VALORE DELLA PIETÁ.


Thresh era un ragazzo di poche parole, odiava perdersi in chiacchiere inutili. Tanto sapeva perfettamente che nessuno lo avrebbe ascoltato, nessuno lo avrebbe mai guardato senza un bricio di paura impressa nello sguardo. Lui era sempre stato molto alto per la sua età, la sua figura si imponeva su quella degli altri sovrastando chiunque con la sua mole, con la sua sola presenza faceva scappare tutti i bambini che gli erano attorno.
Avevano paura, loro, di quel ragazzo troppo cresciuto per la sua età da essere scambiato per un adulto.

Thresh faceva paura a tutti, anche ai grandi. Ogni volta gli veniva affidato il lavoro più duro e lui lo faceva, senza battere ciglio e senza fiatare. Grossi pesi avevano portato le sue spalle, molte volte si era chinato a raccogliere quello che la terra generava spaccandosi giorno dopo giorno la schiena... ma mai una volta si era lamentato. Aveva imparato da tempo a non parlare. Le parole non servono quando la paura e il senso di inadeguatezza ti accompagnano ogni giorno della tua vita.

Perché sì, Thresh si sentiva inadeguato, incompreso dai suoi stessi compagni. 

Thresh era solo... e lui ne era consapevole.

Non lo diceva a nessuno, ma lui soffriva per questo. 

Stava male per questo.

Thresh non era cattivo, anzi dentro era buono come il pane, dolce come una zolletta di zucchero. Avrebbe tanto voluto avere dei fratelli da accudire, da tenere a bada, ma lui non aveva nessuno se non sua nonna che faticava pure ad alzarsi dal letto, non riusciva a compiere i gesti più semplici. Ma nonostante tutto le voleva bene. Era l’unica che non l’aveva mai allontanato e aveva avuto paura di lui. Era l’unica che lo amava per quello che era e Thresh gli era grato di questo.

Nessuno pianse quando Thresh venne estratto. Nessuno versò una lacrima per quel ragazzo che probabilmente non sarebbe più tornato indietro nella sua casa. Tutti rimasero silenziosi quando, dopo che il suo nome riecheggiò per tutta la piazza, si diresse con passo deciso verso il palco dove la morte lo attendeva.

Il ragazzo non versò una lacrima quando il suo destino venne deciso da una mano di velluto che aveva estratto un foglietto di carta. Non pianse quando strinse la mano, piccola e gracile in confronto alla sua, dell’altro tributo, una ragazzina dagl’occhi dorati di appena dodici anni.

Thresh non pianse, ma rimase zitto anche se dentro stava morendo... perché lui non voleva morire, non voleva uccidere.

E questo fu solo l’inizio.

Non aveva mai legato con alcuno nei suoi diciotto anni di vita, tutti avevano paura di lui perfino i grandi se potevano lo evitavano. Aveva imparato a non fidarsi e ad non appoggiarsi a nessuno, a percorre la sua strada nonostante tutte le avversità che gli si paravano davanti. Aveva imparato a sopravvivere, ad andare avanti nonostante tutto.

Eppure quella piccola ragazzina di lui non aveva paura. 

Quello scricciolo dagl’occhi dorati sembrava essere immune al suo cipiglio severo, al suo volto inespressivo, al suo silenzio ostinato. Non si faceva problemi a chiederli come stesse o cosa pensasse, cosa faceva nel distretto perché lei non l’aveva mai visto oppure come passasse le sue giornate. E se lui non parlava ecco che lo faceva lei, con un tono dolce, quasi materno e amichevole come se lo conoscesse da sempre. Come se ci avesse parlato ogni giorno e gli fosse stata accanto. Sempre.

Quella ragazzina non si rendeva conto di essere riuscita a scalfire quella corazza che con tanta fatica si era costruito intorno. Era come uno scudo che lo proteggeva dai mali esterni, dalla paura stessa della gente, dai loro sguardi colmi solo di terrore e di odio.

Piano piano anche Thresh si affezionò inevitabilmente a quella ragazzina dalla pelle scura come la sua e dagl’occhi dorati, sentiva che avevano molto in comune loro due... così diversi eppure così simili, accumunati da uno stesso destino, dallo stesso colo della pelle, ma dallo sguardo differente... uno nero, come l’oblio, l’altro luminoso come la scintilla della speranza.

Entrambi vivevano nella povertà, entrambi erano stati mietuti dalla mano di velluto della morte per partecipare a quegli stupidi e insensati giochi. Entrambi sarebbero voluti tornare a casa in quello preciso istante, chi per riabbracciare i propri fratelli e sorelle chi per ritornare dal quella vecchietta che gli voleva bene.

Inevitabilmente Thresh si legò a quella piccola creaturina che non aveva paura di lui.

Era buffo a pensarci... Il lupo solitario che si era affezionato al piccolo uccellino.

Probabilmente nessuno ci avrebbe creduto nemmeno se l’avesse visto... eppure era così. Per una volta il ragazzo di cui tutti avevano tanta paura non sarebbe stato più solo, non sarebbe stato più dimenticato.

Ma, si sa, nei giochi la felicità dura fino ad un certo punto perché poi la triste realtà torna a bussare insistentemente alle porte del cuore e si presenta ancora più chiara e dolorosa di prima.

Perché nei giochi non c’è spazio per la felicità... per l’umanità, o forse no.

Per ogni colpo di cannone che sentiva, il cuore di Thresh perdeva un battito e si ritrovava così, ogni sera, a scrutare con i suoi occhi neri il cielo nella speranza di non vedere il volto della sua piccola compagna. Aveva deciso di staccarsi da lei, di starsene per conto suo come faceva sempre. Non voleva affezionarsi troppo, ma ormai quello che era successo non si poteva cambiare. In soli tre giorni il suo cuore e il suo affetto erano per quella bambina dagl’occhi dorati e dal sorriso luminoso. In soli tre giorni il lupo tanto temuto era stato ammansito dal canto del piccolo uccellino. In soli tre giorni Thresh aveva capito che non era più solo.
Poi però un giorno il colpo di cannone risuonò anche per lo scricciolo dagl’occhi dorati che portò via per sempre il suo spirito. La mano di velluto aveva deciso e gli occhi della piccola Rue si chiusero per sempre, in un sonno eterno che mai avrà fine.Quando il volto della piccola ragazzina apparve luminoso nel cielo notturno  il cuore di Thresh si ruppe in mille pezzi, come quando un piccolo cristallo quando cade a terra.

E per la prima volta Thresh pianse. Per la prima volta delle piccole gocce salate solcavano il suo viso scuro e nel suo volto, quasi sempre inespressivo, si poteva scorgere una nota di dolore. 

Di smarrimento.

Per la prima volta in tutta la sua vita Thresh si sentì perso, solo come non lo era mai stato e, mentre quelle lacrime dolorose continuavano a scendere, che non volevano fermarsi, il ragazzo giurò vendetta, giurò che avrebbe riscattato la piccola dagl'occhi dorati... perché lei non meritava di morire.

Accecato dalla rabbia il grande lupo ebbe l’occasione di vendicarsi pochi giorni dopo la morte della dolce ragazzina e intanto la sua rabbia cresceva di giorno in giorno, accecandolo completamente. Era in balia di essa e più il tempo passava più essa sedimentava nel cuore di quel ragazzo odiato da tutti, ma che nessuno aveva mai capito fino in fondo, fermandosi solo all’apparenza. Il dolce ragazzo di un tempo aveva totalmente cessato di esistere. Ora esisteva solo la  rabbia... solo l’ira... solamente la vendetta.

Provò soddisfazione quando le sue mani sa abbatterono su corpo della ragazzina che stava sotto di lui, con il terrore negl’occhi. Provò soddisfazione quando la sua vittima esalò l’ultimo respiro e il suo sguardo si fece vuoto. Provò per un istante un senso di potenza quando si rese conto di aver messo fine ad una vita, di aver messo fine all’esistenza di quella ragazza che sicuramente aveva a che fare con la morte della sua piccola Rue. Quella ragazza che non avrebbe riportato in vita Rue.

Si sentì assassino quando il colpo di cannone vibrò nell’aria. Le sue mani erano macchiate e la sua anima marchiata a vita. Era sporco anche se in realtà non aveva nulla. Si girò verso la ragazza ancora in vita, con uno sguardo da pazzo. Dentro di lui imperversava una lotta tra disperazione, voglia di uccidere ancora, ira e rabbia. Si avvicinò minaccioso a lei, ormai quando sali sul treno non puoi più scendere.

Doveva vendicare Rue, era questo il suo scopo.

Lei gli parlò. Gli parlò di Rue, di come si erano trovate e di come si erano alleate. Gli parlò di quel piccolo scricciolo che l’aveva salvata, di come avessero passato la notte abbracciate, di come stavano cercando di mettere fuori gioco gli altri ragazzi distruggendo i viveri.

Non appena le parole della ragazza raggiunsero Thresh ecco che il suo cuore, ormai in mille pezzi, ricominciò a battere, anche se flebilmente. Gli occhi del ragazzo si fecero meno scuri, la sua espressione meno rabbiosa e il suo passo sempre più lento fino a che non si fermò. Mentre la ragazza con la treccia parlava ecco che come per magia la piccola Rue gli apparsi davanti, un po’ sbiadita, con un sorriso in volto e gli occhi dorati che scintillavano.

Thresh si fermò, si arrestò.

E solo allora comprese cosa stesse facendo.

Lasciò andare la ragazza e ognuno andò per le sue strade. Avrebbe potuto ucciderla, avrebbe potuto essere più vicino al tornare a casa. Ma lui non lo fece. Semplicemente non poteva. Era sbagliato, aveva sbagliato e lui aveva capito. Quando tornò al campo di grano continuò ad osservare il cielo, mentre le lacrime risolcavano il suo viso. Thresh aveva avuto pietà di quella ragazza, quella ragazza che come lui non aveva fatto nulla di male... doveva solamente partecipare a quegl’orribili giochi. Thresh si guardò le mani, ma non una goccia di sangue era impressa su esse. Si sentiva sporco e quella notte chiese perdono alle stelle.
Chiese perdono a Rue.

Voleva solo aver protetto quello scricciolo innocente, ma non era riuscito a farlo. Voleva solo tornare a casa il piccolo Thresh, solo riabbracciare chi amava. Riabbracciare colei che era come una sorella, ma che era volata via troppo presto, facendolo riprecipitare nel buio.

Doveva vincere, Thresh. Lo doveva a lei che aveva portato la luce nella sua vita.

Ma, purtroppo, alla fine il colpo di cannone suonò anche per il lupo solitario e, chissà... forse alla fine riuscì a stringere tra le sue braccia ancora una volta quella piccola ghiandaia e a volare via con lei. 

Per sempre.

  
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