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Autore: Persej Combe    11/05/2018    3 recensioni
Volevo soltanto sapere come stai, se nel frattempo sei riuscita ad alzarti dal letto. Che te ne pare di Kanto? Spero che le cose laggiù da quel Bill vadano bene.
Non mi ricordo, con quale Pokémon avevi detto che si era fuso? ...Ah, sì, ecco. Un Clefairy. Beh, se è così allora immagino che andrete d’accordo...

[Aetherskullshipping]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Guzman, Iridio, Plumeria, Samina
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Videogioco
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Io sono il boss del Team Skull e non ho paura di niente...
Eppure, quella donna... quella donna mi fa paura!
 
 
 
 
 
C a p i t o l o   1 :  D o v e   e r a v a m o   r i m a s t i
 
 
 
 
 
  «Sono salita fin qui perché ero preoccupata per voi e cosa trovo? Il Pokémon leggendario!».
  Hapi è appena giunta insieme a Mudsdale sulla cima dell’Altare Lunare. Con un rapido scatto la ragazza salta giù dalla groppa del cavallo per poter andare incontro agli altri due. La biondina in particolare sembra molto scossa, ma ciò non tange affatto Guzman in alcun modo al momento, e neppure lo sfiora minimamente il più misero briciolo d’apprensione per la salute dei marmocchi. Se ne sta fermo e imbambolato con una paura sottile nel cuore – la sente pulsare con forza ad ogni singolo battito – mentre si sofferma con sguardo assente sulla figura grande e celestiale di Lunala che li ha appena tratti in salvo da quel buco di buio e di inferno.
  Dunque è stato per questo che ha lottato tutto quel tempo, sta pensando. Di certo non avrebbe mai detto che dentro quella fastidiosissima palletta fluttuante e stridula si celasse un Pokémon tanto forte, in grado di evocare il portale per l’Ultramondo. Era stato scettico fino all’ultimo momento, nonostante gli ordini impartiti.
  Beh, com’è che si dice in questi casi? La corazza non fa il Pokémon... o una cosa del genere. Sì, ecco, comunque chi se ne importa.
  All’improvviso sente un brivido viscido lungo la schiena: la testa gira, è di nuovo in balia di quelle assurde visioni, i Nihilego lo accerchiano, lui prova a rincorrerli ed essi, parassiti, allungano i tentacoli nel tentativo di sfiorarlo e poi lo toccano e lo vincono, uno di loro lo stringe e la sua pelle è vetro, è ghiaccio, così Guzman si guarda, in qualche modo si guarda senza vedersi perché è tutto buio e il suo corpo non risponde all’impulso di fuggire, non risponde, non risponde, e in una maniera terribile trema senza muoversi. Manca l’aria. C’è qualcosa nel cervello che punge, un dolore terrificante. E intanto gli pare di addormentarsi. Poi di colpo un taglio, un grido di spasimo risuona violento dalla sua bocca, si sente cadere. Accasciato a terra ansima come un dannato, il corpo ancora pesante tentenna, prova appena a socchiudere gli occhi.
  «Golisopod... Cazzo, amico, vattene... Quelli ti sbriciolano...» cerca di dire, ma la sua voce è rotta, un mugolio senza senso.
 Poi sono arrivati Sun e la figlia di Samina. Non ricorda, o meglio sa, ma non vuole ricordare quello che è successo nel frattempo, dopo che il Pokémon Blindato l’ha protetto e portato in un luogo sicuro e lui è rimasto per tanto tempo rannicchiato da una parte a cercare di riprendersi, di ritrovare il controllo di sé, a rendersi conto del fatto che, anche solo per pochi secondi, Guzman non era più stato Guzman.
 Proprio in quel momento, Lunala china la testa e incontra il suo sguardo smarrito. In qualche modo, esso pare percepire tutto quello che sta scorrendo un’altra volta davanti ai suoi occhi. Guzman, a quel punto, pensa di essergli immensamente grato e che però non saprebbe come ringraziarlo. Forse, riflette un po’ distrattamente, potrebbe cominciare con il chiedergli scusa per come i suoi l’hanno maltrattato per catturarlo. Ah, sciocchezze: il grande Guzman non si scusa mai, e non basterà neppure un Pokémon delle leggende a fargli cambiare idea! E nonostante questo, Lunala – o piuttosto Nebulino? – sorride ancora.
  «Per non parlare di quel bislacco buco nel cielo… Comunque, sono contenta che siate sani e salvi! Ehi, spilungone! Occupati della signora! È piuttosto pallida, ma non sembra ferita».
  «Eh? Ah! S-sì, certo... subito!».
  Soltanto allora Guzman si ridesta dai propri pensieri, e soltanto allora si accorge del corpo sottile e fragile di Samina steso sulla pietra. Gli scappa un’imprecazione che si affretta subito a mascherare alle orecchie dei bambini, poi si china accanto a lei, la guarda, la rivolta in modo che le sia più semplice respirare, passa una mano sul suo viso a scostarle via i capelli e poi la guarda di nuovo. Sospira amaramente.
  «Ma guardati, come ti sei ridotta», dice sottovoce, come se non gli bastasse fissare lui solo quella pelle bianca e livida, rimarcando ancora l’unica azione che in quel momento è in grado di compiere.
  La prende tra le braccia e la solleva, Samina è una piuma, la stringe un poco al petto come se avesse paura che da un momento all’altro possa sfuggirle via per il più piccolo sbuffo di vento. Il Mudsdale di Hapi si avvicina, con un cenno del muso gli indica la sella.
  «Ah. Grazie, amico», mormora appena, poi immediatamente la sua attenzione si sposta ancora e unicamente su Samina. La adagia con delicatezza sulla groppa, poi monta anche lui e torna a cingerla piano, lasciando che la sua testa possa poggiare contro l’incavo fra il collo e la spalla. Ogni volta che il suo respiro si allunga sullo scollo della canotta, Guzman riesce a percepire un po’ del suo profumo avvolgerlo qualche istante. La accarezza con esitazione sulle braccia, perché è così fredda, come quelle Ultracreature, e la culla, una bambina.
  È imbarazzante quanto in quel frangente paia per davvero una bambina, troppo bella ed esile.
  Guzman ricorda perfettamente l’incauto errore che ha commesso la prima volta in cui si sono rivolti la parola.
  Era successo in una delle rare notti in cui il cielo a Poh decide di offrire una tregua, così che una volta tanto oltre le nuvole si possano vedere le stelle. Lui si era appena acceso una sigaretta, poggiato contro le mura al di fuori della città, che non voleva dare il cattivo esempio agli altri riuniti nella villa, e con lo sguardo puntato in alto le stava osservando in silenzio, ripensando alla sua misera vita di Capitano fallito e alla rivalità passata con quel belloccio di Kukui, che al contrario nel frattempo era riuscito ad approdare a un porto stabile e sicuro e si era persino da poco sposato con una donna, doveva ammetterlo, proprio niente male. Ma poi un ghigno aveva brillato malignamente su quel suo brutto muso, perché presto il Team Skull avrebbe piegato in due l’intera Alola sotto la sua forza e a quel punto Guzman avrebbe avuto modo di riscattarsi di ogni affronto subito nel corso degli anni. Finalmente la gente avrebbe riconosciuto la sua vera potenza, e l’avrebbe temuto e odiato come era giusto che fosse per l’uomo invincibile che era: la distruzione fatta persona.
  «Signor Guzman».
  Nel sentirsi chiamare, aveva girato un poco la testa. Allora, con la coda dell’occhio e la vista annebbiata dal fumo, aveva scoperto questa ragazza meravigliosa, fin troppo carina e composta per un posto come quello in cui erano.
  «Yo».
  No, decisamente non era di lì: quello sguardo perplesso era stato anche troppo evidente.
  Dopo un paio di tiri alla sigaretta, le aveva sorriso.
  «Di’ un po’, non ti sarai mica persa?».
  «Come?».
  «A me non me ne frega niente, ma non mi sorprenderebbe affatto se per caso qualcun altro qui intorno provasse a rubarti quel brillocco là che hai addosso. Io ti ho avvisata. È pericoloso, quaggiù».
  «Ah, lei intende questo?» aveva detto portandosi le mani al petto ad accarezzare la pietra ricamata sopra l’abito bianco «Che facciano pure, posso permettermene tanti altri. Ma lei non dovrebbe sottovalutare in questo modo le mie capacità. Perché io, al contrario, ho molto a cuore le sue».
  «Ma davvero?».
  Ah! Se soltanto non avesse avuto l’ardire di usare quel tono ironico...
  D’improvviso era sembrato come se ella avesse perduto la pazienza. Con due rapidi passi l’aveva raggiunto, i loro corpi si erano scontrati con forza e Guzman si era ritrovato con le spalle al muro. Allungando le dita sul suo viso la ragazza gli aveva sfilato via la sigaretta dalle labbra e una volta gettatala a terra l’aveva pestata sotto il tacco della scarpa con impeto quasi furente. Egli aveva appena fatto in tempo a scorgere la boccuccia contratta e il sopracciglio sottile piegato sopra l’unico occhio scoperto dalla frangia, che lui stesso aveva perso le staffe, perché fin troppe gliene erano capitate che lo vezzeggiassero così, come scaltre piccole Purrloin, dissimulando con dolci parole l’età che candidamente non dicevano di avere.
  «Oh, ma che diavolo vuoi?!» aveva esclamato, fuori di sé «Senti, pischella, io lo so che di uomini belli e forti come il grande Guzman non se ne trovano neppure dovessi setacciare tutta quanta Alola, ma faresti meglio a cercarti qualcun altro più giovane, perché io per te sono troppo vecchio! E comunque, mettiti in testa che non voglio problemi con le minorenni, chiaro?».
  Avrebbe continuato ancora con un altro paio di appunti, ma la risata di lei lo aveva interrotto, e lui si era bloccato ad ascoltarla, tanto era armoniosa e aggraziata. Non si era opposto, stavolta, quando per zittirlo gli aveva posato l’indice e il medio sopra le labbra.
  «Come sei buffo...» aveva sussurrato, visibilmente divertita, ma con fare gentile, come una madre che rimbeccasse il proprio pargolo «Io ho più di quarant’anni, sai?».
  ...Guzman!!! Che diamine combini?!
  Di fronte a quella rivelazione, per qualche secondo era rimasto basito. Assurdo! Quasi si era pentito di averle gridato in faccia così.
  Dopo l’imbarazzo iniziale, però, lentamente aveva cominciato ad affiorare un sentimento che forse non aveva mai conosciuto con la stessa intensità con cui lo stava provando in quel momento. Aveva riflettuto un’altra volta sulle parole che gli aveva rivolto e quando aveva riportato alla mente la serietà con cui aveva confessato di avere a cuore le sue capacità, per un attimo aveva sentito come una sorta di commozione: perché quelle non erano, come aveva creduto, le solite ottuse adulazioni delle ragazzine che gli correvano dietro nella speranza di ottenere almeno un bacio, che lui si rifiutava sempre di concedere.
  Certo, avrebbe avuto ragione di dubitare di quell’età che aveva appena dichiarato con tanta fermezza e, avrebbe azzardato, anche sottile compiacimento, poiché era fin troppo avanzata per un viso e un corpo come quelli che aveva davanti. Eppure, guardandola meglio, ad un tratto aveva avuto la certezza che si trattava della verità, o almeno che ciò poteva essere plausibile. I suoi occhi si erano fatti grandi nel riconoscerla, perché mai gli era balenato in mente il pensiero di quella donna: uno spettro di cui sapeva l’esistenza, ma di cui aveva sempre fatto finta di nulla.
  ...Però, accidenti, le avrebbe dato veramente sedici o diciassette anni! Al massimo venti, forse, ma non di più – e nel caso non ci sarebbe stato comunque. Questa avrebbe proprio dovuto raccontarla a Plumeria: già si stava immaginando lei e tutte le altre farfalline del Team Skull pronte a sfruttarlo per carpire il suo segreto di bellezza – ecco, no, allora magari non avrebbe dovuto farlo.
  Vedendo che si era calmato, la ragazza, o meglio, la donna, aveva allontanato le dita dalla sua bocca, facendo scorrere la mano lungo la guancia, una carezza, affinché potesse trattenere il suo viso di fronte al proprio ed essere certa della sua attenzione.
  «Beh. Te li tieni bene», era stato tutto quello che Guzman era riuscito a dire.
  «Adesso, vuoi starmi a sentire?» aveva domandato allora lei con delicatezza.
  «Aspetta, prima c’è ancora una cosa che vorrei chiederti. Tu sei la madre di quella piccola pulce di Iridio, non è così?».
  Non appena aveva pronunciato quel nome, l’espressione di lei era mutata terribilmente. Guzman aveva temuto che l’avrebbe aggredito un’altra volta, ma poi aveva notato che ella si stava trattenendo. Con uno scatto contenuto di rabbia, infatti, si era tirata indietro a poggiarsi con la schiena al muro accanto a lui.
  «Quell’ingrato... Sì, è mio figlio. Sono passati due anni da quando se n’è andato. Prima gli offro tutto il mio amore e poi, come se niente fosse, se ne va via rubandomi ciò che ho di più prezioso».
  «Ah, io non sopporto chi non ha rispetto dei propri genitori. Però, sai, tutti i ragazzini scappano di casa. È un’esperienza che tocca fare, una volta nella vita».
  «Certo. Se solo non si fossero decisi a farlo entrambi i miei figli nello stesso momento».
  Dopodiché era rimasta in silenzio per diversi minuti. Guzman l’aveva guardata.
  «Mi dispiace», aveva detto.
  Ma lei scuoteva la testa.
  «Non ha importanza», aveva replicato prontamente, «Dopotutto, se non fosse stato per quello scapestrato di mio figlio, non sarei mai riuscita ad arrivare a te. Almeno a qualcosa mi è ancora utile, a quanto pare».
  Egli l’aveva osservata ancora e non aveva potuto fare a meno di domandarsi se veramente le fosse importato così tanto di lui come sembrava, non capendone il motivo. Doveva interpretare le sue ultime parole come un ulteriore segno della sua benevolenza? O stava per caso cadendo in qualche sporco tranello?
  «Posso sapere il tuo nome?» le aveva dovuto chiedere quindi, perché ormai la cosa stava cominciando a diventare sempre più seria e delicata, e aveva tremendamente bisogno di dare un senso a quella donna che così misteriosamente era apparsa nel mezzo della notte insieme alle stelle nel cielo di Poh.
  Lei quindi si era mossa di qualche passo, di nuovo si era fermata davanti a lui, e poi, finalmente, aveva parlato:
  «Io sono Samina, direttrice dell’Æther Foundation. E sono qui, Guzman, perché avrei un affare da proporti».
 
 
  Nel ricordare l’inizio della loro alleanza, Guzman stringe a sé il piccolo corpo di Samina con ancora più foga. Vorrebbe portarla al più presto in un luogo tranquillo, dove possa riposare qualche ora e riprendere le forze. Allora si gira di scatto verso i marmocchi, verso Hapi, soprattutto, e la scruta con un grugno impaziente.
  «Ehi, pischelletta! Non ti hanno insegnato che far aspettare le signore è maleducazione?! Muoviti!».


 
 

 


Ciao a tutti!
Sono un paio di mesi che sto tenendo d'occhio le votazioni per Guzman nella sezione dei personaggi da aggiungere alla lista della sezione, ma alla fine anche se mancano ancora un paio di voti ho deciso di cominciare lo stesso a pubblicare questa storia. [Edit: Dopo qualche giorno dalla pubblicazione di questo capitolo sono riuscita ad inserirlo nell'elenco dei personaggi della storia, grazie mille a quelle due persone che hanno messo gli ultimi voti di cui c'era bisogno!]
Mi è sempre piaciuta un sacco questa coppia, sia per la particolarità del loro rapporto, sia perché ho apprezzato molto i personaggi di Samina e di Guzman singolarmente. Per il momento ho completato soltanto Pokémon Luna, per cui ho deciso di ambientare questa storia in quell'universo. Ho iniziato Ultra Luna da qualche settimana, so che ci sono dei cambiamenti all'interno della trama e non vedo l'ora di scoprirli un po' per volta! Soprattutto, tenendo però a mente che le coppie che piacciono a me solitamente o vengono abbandonate per strada o fanno una brutta fine o comunque non diventano quasi mai canon, stavolta ho visto nella intro della schermata iniziale qualcosa in particolare che mi fa ben sperare per questi due, chissà se sarà proprio così? Per il momento vi chiederei di non farmi spoiler (sia per la coppia sia per il gioco in generale), poi magari con i prossimi aggiornamenti vi avviserò quando sarò arrivata a quel punto o quando avrò finito la trama principale così in caso potremo anche fare dei confronti, che sono sempre interessanti!
Tornando a parlare della storia e di questo primo capitolo, ho pensato di voler rendere la narrazione al presente, cosa che però non sono molto abituata a fare, per cui, pur cercando di seguire la consecutio temporum al meglio che potevo nel passaggio da un fatto presente a uno passato, ci sono comunque alcune cose che non mi suonano bene, non so se però si tratti appunto soltanto di una questione di abitudine o se ci sia effettivamente qualcosa che ho sbagliato. La storia in realtà si concentrerà di più su una serie di ricordi passati, perciò il problema si pone al momento solo qui. Fatemi sapere se trovate qualche errore o se avete delle critiche da fare, in caso revisionerò il capitolo!
Nei giochi ho apprezzato molto il Team Skull come parodia dei precedenti Team malvagi, credo che sia stata un'idea riuscitissima. Qui ero un po' indecisa su che taglio dargli, se mantenermi su un livello comico o se propendere per qualcosa di più serio, alla fine ho deciso di fare qualcosa che stesse nel mezzo. Spero che possa piacervi!
Per quanto riguarda la questione dell'età di Samina, so che magari possa essere sembrata un po' un'esagerazione (la è), ma mi sono chiesta: se Hau, che ha undici anni, pensa che Samina non abbia poi tanti più anni rispetto a lui e al giocatore, quale età dimostra effettivamente questa donna agli occhi di un personaggio Pokémon?
Prima di concludere, volevo dirvi che ho da poco aperto un profilo Instagram per i miei disegni (ho chiuso la pagina Tumblr), se volete potete passare a dare un'occhiata qui! Una volta tanto sto provando ad essere una persona ordinata, chissà per quanto lo manterrò...
Detto questo, chiudo perché ho parlato veramente tanto! Scusatemi se vi ho trattenuto, grazie mille a tutti per essere passati e spero che tutto sommato questo primo inizio vi sia piaciuto!
Al prossimo aggiornamento!
Persej
  
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