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Autore: Bunny17    14/05/2018    5 recensioni
“Aspirava il fumo di quella sigaretta, con aria scocciata, le dita che massaggiavano la fronte contratta per quella rabbia che si era portata dietro per tutta la serata. Quando Kaede, la sua dolcissima madre adottiva, la portava a cena a casa di amici, lei si innervosiva.”
One shot leggera e romantica, dai toni -come sempre nelle mie fan fiction- insolenti.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rin, Sesshoumaru | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Aspirava il fumo di quella sigaretta, con aria scocciata, le dita che massaggiavano la fronte contratta per quella rabbia che si era portata dietro per tutta la serata. Quando Kaede, la sua dolcissima madre adottiva, la portava a cena a casa di amici, lei si innervosiva. Facevano quella rimpatriata quasi tutti i mesi e lei e i figli degli altri dovevano subire quella serata nonostante volessero uscire per qualche festa o semplicemente per fare due passi in città. Non poteva nascondere mica di essere molto amica al figlio di Inu No Taisho, il demone più antico e più ricco al mondo, insieme agli altri che ormai rappresentavano per lei una vera famiglia. Ma proprio perché erano la sua compagnia e i suoi amici di sempre, rimanere a casa era per loro come tentare un suicidio. Precisamente per lei, per Rin, che odiava stare a casa, perché le ricordava troppe cose che aveva ormai sperato di aver blindato nella sua giovane mente, già ricca di dolori che una ragazza qualunque, non avrebbe dovuto affrontare. Spense la sigaretta nel posacenere, con i piedi sul balcone che ormai era diventata per lei una seconda casa, quella villa dalle dimensioni esorbitanti che ospitava quell’enorme marmaglia di persone. Kagome e Sango al suo fianco parlavano sempre del solito, ormai si erano fidanzate e questo proprio non lo mandava giù. Forse per questo che Rin si sentiva ormai insofferente in quel luogo così grande, che nonostante ciò le faceva sentire un groppo alla gola manco soffrisse di claustrofobia. La verità era che i suoi amici si erano fidanzati e lei era rimasta da sola. Nemmeno il tempo di realizzarlo che Inuyasha si sedette accanto a lei e si trascinò sulle gambe Kagome, causandole un risolino. Patetico.

“Inuyasha, ci sono tutti dentro!”

“Perché non lo sanno che siamo fidanzati?”

Rin alzò il sopracciglio pericolosamente ma preferì il silenzio, per il tono di voce di Inuyasha che spesso era altamente arrogante e irritante. Uno schiaffo sonoro di Miroku partì sul sedere di Sango che iniziò a sbraitare contro di lui. Questo era troppo. Iniziò a giocare con il piercing sulla lingua, spostandolo continuamente e iniziando a guardare quelle unghie lunghe e laccate di rosso, le dita impreziosite da anelli grandi e luccicanti. Pensò che il tatuaggio che si fosse fatta sul dito qualche anno prima era diventato troppo sbiadito. 

“Rin a cosa stai pensando?”

Kagome la fece tornare con i piedi per terra, rivolgendole poi l’attenzione.

“Mi annoio, quando finisce questa cena?”.

Lo disse lamentandosi, d’altronde nonostante fosse una persona totalmente semplice, era anche estremamente capricciosa. Andava all’ultimo anno di liceo -sempre promossa con il massimo dei voti- e aiutava Kaede con il suo lavoro, la casa era curata anche da lei e sapeva cucinare, lavare, stirare, più perfetta di lei, chi poteva esserci? Eppure dall’apparenza tutto sembrava tranne che fosse una brava ragazza, appariva più che altro come una bulletta che in realtà non avrebbe fatto mai male ad una mosca. Era la vita ad averla fatta diventare così. Non credeva a più niente e quell’aria da menefreghista era invece smentita dal profondo affetto che nutriva per quelle persone presenti in quella stanza.

“Non ne parliamo, l’unica cosa positiva è il cibo spropositato.”

Quanto la snervava Inuyasha? A volte sembrava un bambino ma ciò che la innervosiva di più, erano le continue risate tra gli adulti. Cosa si fossero potuti dire di così divertente? ‘Sai, Inu ieri mi è capitato un parto gemellare. Solo che poi sono nati tre bambini!’ Risate. Ma perché? Rin non se lo spiegava, ma in fondo si rendeva conto di quanto in realtà erano tutti in completa armonia, gli uni con gli altri. Anche lei non aveva problemi a mostrare il suo bene apertamente, ormai trattava tutti con confidenza tranne due persone, precisamente Kagura e Sesshomaru. Fortunatamente stavano seduti insieme agli adulti, altrimenti avrebbe dato di matto in quella calda sera d’estate. Sì per l’amore del cielo, Rin avrebbe fatto sicuramente un pensierino su Sesshomaru, come qualsiasi donna con un po’ di sanità mentale, non poteva di certo offendere la sua innegabile bellezza, ma avrebbe offeso tutto il resto. Ecco perché poco lo sopportava, lei era pienamente a conoscenza di essere peggio di lui caratterialmente e dopo i primi litigi avevano stabilito un patto tacito secondo cui si sarebbero evitati fino alla fine del mondo. Kagura, poi. Una vipera fatta a demone, bellissima per carità, ma Rin non l’aveva mai perdonata da quando lei la offese per non avere genitori meravigliosi come i suoi. Con il tempo si sarebbe scusata giustificando il tutto con ‘eravamo solo bambine’ ma lei l’aveva odiata e la odiava ancora. Cercò di essere concentrata su ciò che stessero dicendo, accorgendosi appena dell’uscita di scena di Sango e Miroku. Solito, appiccicati e fissati con il sesso continuamente, rendendola ancora di più stufa di quella serata.

“Kagome, ma ti ho fatto vedere la mia nuova collezione di videogame?”

Rin si mise una mano sulla fronte, chiedendosi a quanto probabilmente risalisse una scusa del genere, forse il 1960.

“Inuyasha, videogame? Andate a fare sesso, prima che vi prendo a calci nel sedere. Possibilmente una sveltina, considerando che dovrei giustificare l’assenza di quelle persone che chiamo ‘amici’.”

Non che lei dispiacesse, sia chiaro. Era felice per averli scoperti così uniti, inizialmente si preoccupavano per lei ma oggettivamente non aveva mai avuto problemi ad uscire con loro nonostante fosse rimasta l’unica a non essere fidanzata. Dopotutto aveva tanti altri amici, a scuola era popolare e non aveva nessun bisogno di essere gelosa o tantomeno infelice per i suoi amici, che a quanto poteva vedere, si amavano tantissimo. Non poté negare però quanto fossero fortunati ad innamorarsi tra di loro, nonostante la profonda amicizia che li legava dall’infanzia. Fu per questo che il suo tono non fu né derisorio, né provocatorio. Kagome le posò un bacio sulla guancia, vergognata come non mai, mentre la lasciavano su quel terrazzino silenzioso come il cielo. Ed era proprio quella visione che impegnava la sua mente, mentre accendeva un’altra sigaretta e alzava gli occhi al cielo. Si rilassò, stendendo le gambe sul balcone, nude e sottili. Sapeva di essere bella, ma anche molto diversa con quell’aspetto abbastanza particolare e ribelle. I capelli neri e lunghi legati in un’alta coda, quella maglia scollata che stretta era infilata dentro ad un pantaloncino molto corto, che le lasciava le gambe scoperte. Gli accessori, il piercing e quei tre unici piccoli tatuaggi che possedeva, erano solo segno di quella trasgressione che tutti alla sua età avevano ormai superato. Incoerente quanto il suo abbigliamento, sempre molto alla moda e fine, ma altrettanto accompagnato da giacche di pelle e da note sportive. Aspirava il fumo in silenzio, rilassandosi, prima di sentire il passo dell’unico uomo che odiava al mondo e che aveva imparato a riconoscere immediatamente. Lo vide sedersi accanto a lei e mettere tra le dita una sigaretta, per fortuna la vipera non era con lui altrimenti avrebbe dato di matto come al solito e forse anche peggio, considerando i risvolti della serata. Lo spiò con la coda dell’occhio, Sesshomaru era il suo opposto da come era vestito, con quel completo grigio e quella coda bassa che legava i suoi capelli lisci e ordinati, quel fascino da uomo perfetto d’affari e tutt’un pezzo che avrebbe conquistato chiunque. 

“Ragazzina, dammi l’accendino.”

Il suo tono piatto e composto, che non fece trapelare una dannata emozione, la rese agitata, ma non lo mostrò.

“Altrimenti? Che fai? Mi uccidi con le tue unghia velenose?”

Rise sguaiatamente Rin, d’altronde litigavano come cane e gatto continuamente. Sesshomaru, probabilmente abituato, non si scompose quando si avvicinò a lei e si fermò a pochi centimetri dal suo volto, spostando il busto dalla sua sedia. La fissò negli occhi, sapendo perfettamente di suscitare una confusione in Rin, che coraggiosa resse lo sguardo con tutta la forza di volontà che possedeva. Vide poi Sesshomaru prendere l’accendino accanto a lei e ritornare composto sulla sedia, accendendosi con un’eleganza innata la sua sigaretta. Breve passatempo per quella vita secolare, che al demone ormai, andava troppo stretta.

“Bravo, finalmente hai capito che tra me e te non sei tu quello a dare ordini.”

Sesshomaru la guardò con interesse, quella mocciosetta lo sfidava probabilmente da quando era soltanto un cucciolo di uomo. La trovava odiosa e antipatica, per non parlare del fatto che fosse un’umana. Condivideva con lei però l’odio di quelle stupide rimpatriate, subendosi tutte quegli estranei tutti i mesi in casa propria e quella Kagura che provava ogni volta ad entrare nel suo letto. Non ci era mai riuscita d’altronde, in nessuno dei secoli che fosse vissuto. La rispettava come demone ma non la trovava alla sua altezza, non lo stimolava, non tollerava quando le persone lo compiacevano per timore ed era per questo che riusciva ad andare d’accordo soltanto con suo padre. L’unico che tra l’altro nella sua vita era e riusciva a sfidarlo, insieme a quella ragazzina che continuava a fumare a cosce aperte, non rendendosi conto di quanto fosse ingenuamente provocante. Era appena maggiorenne, questo lo ricordava bene data la sua festa recente in un locale in voga, come ricordava bene tutto ciò che le riguardasse. Un po’ per interesse ben celato negli anni, un po’ perché suo padre era totalmente affezionato a lei, per il suo essere in realtà gentile e dolce. Nei fatti però si mostrava arrogante e presuntuosa, proprio come lui, ma forse era proprio questa sfaccettatura a catturargli l’attenzione, restando però ogni volta impassibile, anche quando l’aveva vista crescere e formare quelle curve che aveva ben evidenziato quella sera, insieme a quel taglio di occhi all’insù che anche in quel momento lo stavano fissando.

“Sei soltanto una sciocca ragazzina, cresci e poi ne riparliamo. Anzi no, non sarai mai degna di considerazione.”

Rin si innervosì, ma mantenne la calma, cercando di imitare il carattere freddo e schivo del demone, che invece l’aveva soltanto infiammata.

“Scusa, non ho sentito bene, ripeti.”

Forse era infantile ancora rispetto a lui, ma non si sarebbe mai fatta mettere i piedi in testa da nessuno. Il suo tono era ingenuo, quasi come se non avesse davvero capito.

“Ho detto che non sarai mai degna di considerazione.”

Sorrise di risposta, guardandolo con occhi luccicanti.

“Ecco, vedi chi comanda? Hai ripetuto senza pensarci due volte, se non l’avessi capito, il mio era un ordine.”

Ed era vero, l’avrebbe fatta comandare volentieri Sesshomaru, pur di accontentarla. Spalancò leggermente gli occhi, stupendosi di quanto quella ragazzina riuscisse a metterlo in difficoltà dopo tutti quei secoli di esistenza. A Rin piacque molto la sua reazione, l’aveva notato il leggero sussulto di Sesshomaru e nonostante la guardasse con astio, percepiva in lui una sconfitta che per lei profumava di vittoria. Vide il profilo del volto del demone spostarsi di fronte e fumare quella sigaretta che per Rin sembrava e sperava fosse infinita. 

“Che c’è Sesshomaru, hai lasciato il tuo cagnolino dentro?”

Non rispose, tipico di lui. Rin si alzò di scatto e si mise sulle sue ginocchia a gambe aperte, stringendole poi dietro lo schienale della sedia. Gli circondò il collo con le braccia, per la prima volta nella sua vita l’aveva toccato, in maniera sconsiderata e altamente rischiosa.

“Ragazzina, cosa cerchi di fare? Vuoi morire?”

“No, voglio che mi consideri.”

Lo guardò intensamente, scoprendolo ancora più bello di ciò che ricordava. Lo odiava era vero, ma forse perché lo aveva sempre in fondo desiderato. Forse da quando quello stesso giorno, l’aveva difesa dalle ingiurie di Kagura sui suoi genitori. Se la prese così tanto con lei lanciandole uno sguardo così agghiacciante che non l’aveva scordato più, dato il silenzio degli altri che invece avrebbero dovuto proteggerla da veri amici. Con il passare degli anni si affibbiò la colpa di non essersi difesa da sola, ma poi aveva capito che era soltanto una bambina e che la morte dei genitori, improvvisa e recente, l’avevano sballottata in un mondo che non somigliava per niente alle favole lette dal padre prima di andare a dormire. L’inveire di Sesshomaru era un episodio che aveva stampato a caratteri cubitali nel suo cuore e nella sua mente per sempre. L’unico a non considerarla, in mezzo ai suoi attuali amici, era stato in realtà il solo a farle pesare meno quella verità che le aveva schiacciato il petto e che l’aveva stracciato l’anima in mille pezzettini. Quel gesto che l’avrebbe potuti unire, li aveva poi soltanto allontanati di più e forse era giusto così. Sesshomaru odiava gli umani e lei odiava soffrire, in più lui era un uomo rispetto a lei. A questa consapevolezza il cuore iniziò a batterle nel petto furiosamente, soprattutto quando Sesshomaru non l’aveva scostata da se, contraccambiando lo sguardo con quegli occhi oro che lei riusciva a malapena ad interpretare. 

“Ci vuole ben altro per avere la mia considerazione.”

Lo baciò Rin. Non si era chiesta perché, lei agiva d’istinto e quelle labbra così vicine alle sue per la prima volta in tutta la sua vita l’avevano fatta desiderare di toccarle con una sconsideratezza di una liceale alla sua prima infatuazione. Probabilmente voleva ringraziarlo, probabilmente aveva ammesso soltanto di avere avuto una cotta per il supereroe che aveva sempre popolato la sua mente durante l’adolescenza, paragonando inconsapevolmente tutti i ragazzi della sua età a lui. Si premere sul suo petto duro e provò per la prima volta felicità, soprattutto quando la lingua del demone incontrò la sua, cercandosi quasi come se lo volessero entrambi da sempre. Rin spostò una mano accarezzandogli la guancia, quei tratti magenta che lo rendevano così diverso da lei, che segnavano la differenza abissale che intercorreva tra loro, ma che in quel momento considerava la cosa più bella che poteva possedere il demone. Si strinse di più a lui, quasi come se non lo reputasse reale, ma Sesshomaru non fece segno di allontanarla e questo la resero eccitata e con il cuore che come una banda suonava un intero repertorio di musica. Si staccò ansante, sorridendo come una bambina che aveva scartato il suo regalo di Natale.

“Posso dire che questa serata non è stata noiosa come le altre.”

“Cosa ne vuoi sapere tu, ragazzina?”

La prese in braccio e la fece sedere sul balcone, mentre la baciava di nuovo famelico e desideroso solo di lei. Lei si lasciava toccare nonostante non avesse nessun tipo di esperienza e si lasciò trasportare dalle mani esperte di Sesshomaru, che la sfioravano con decisione e delicatezza, procurandole dei brividi lungo la schiena. 

“Sesshomaru, entra dentr...”

Rin si aggrappò a Sesshomaru, mentre si sentiva colta in flagrante dall’ultima persona che avrebbe voluto vedere, cercando di dissimulare il suo imbarazzo con uno sguardo arrogante. Sesshomaru non si smosse, guardando Kagura con la coda nell’occhio e aspettando in silenzio i passi di questa allontanarsi sempre di più. Sapeva di averla ferita, ma non gli importava. 

“Sesshomaru, sei uno dei demoni più forti al mondo. Come hai fatto a non sentirla arrivare?”

Lo chiese con ingenuità mentre si ricomponeva, non chiedendosi quale sarebbe stato il destino tra loro due, due anime così diverse e uguali allo stesso tempo. Si dipinse un ghigno grande quanto il mondo sul volto di Sesshomaru, che la superò deridendola. Poi capii da sola, che Sesshomaru l’aveva fatto propositamente per farsi guardare, così gli tirò la manica del completo per poterlo fermare. Alzò il volto per incontrare i suoi occhi prima di affrontarlo per l’ultima volta.

“Volevi farle un dispetto baciandomi, non è così?”

Eccola, Rin. Una bambina troppo cresciuta, che lo guardava con le gote in fiamme e lo sguardo basso, annientata dalla paura di una sua risposta affermativa. Così ingenua ma allo stesso tempo scaltra ed intelligente, così sua. 

“Sciocca bambina. Domani passo io a prenderti a scuola, forse passando del tempo con me inizierai a crescere.”

Rin sorrise di risposta, non aspettandosi minimamente che quelle parole di Sesshomaru, sarebbero state poi concretizzate letteralmente. Non poteva ancora immaginare infatti, nell’alto della sua spensieratezza, che Sesshomaru, in ogni momento della sua vita l’avrebbe resa la donna più felice del mondo. 

 

 

 

 

 

 

Angolo autrice

 

One shot senza pretese, scritta di getto ieri notte. Il capitolo di Ten Immortal Ninjas è quasi pronto e volevo rendervi partecipe di questa piccola idea malsana! Come sempre ho cercato di essere originale, spero vi sia piaciuta. Grazie a tutti per chi spenderà del tempo a leggerla!

   
 
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