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Autore: Iria    14/05/2018    2 recensioni
[Tony Stark/Stephen Strange; IronStrange – Hanahaki Byou]
Il formicolio alla gola era diventato parte di una routine quasi monotona: era con lui per la maggior parte del tempo, grattando e facendolo tossire più del dovuto. In un primo momento, Tony aveva creduto di potersi abituare, di eliminare quel fastidio semplicemente riponendolo in un angolo polveroso della propria coscienza, ma più lo ignorava, più il suo torace bruciava; quindi si era semplicemente rassegnato a convivere con quella stretta al collo.
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Doctor Stephen Strange, Tony Stark/Iron Man
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Notre Dame Des Fleurs – and her hypnotic gaze
 
“It seemed to last for hours 
It seemed to last for days 
This lady of the flowers 
And her hypnotic gaze”.

[Lady Of The Flower – Placebo]
 
Tony Stark non sapeva di preciso quando quella storia avesse avuto inizio.
Forse, qualcosa era scattato nel momento in cui aveva rivisto Stephen al suo fianco nel caos della battaglia e attraverso il sangue delle ferite, o magari anche prima, nell’istante in cui aveva creduto che fosse stato lo Stregone a schiaffeggiargli il sedere, quella volta nel Sanctum.
Era anche possibile che fosse accaduto parecchio tempo dopo, il giorno in cui si era deciso ad andare a trovarlo per ringraziarlo e lo aveva colto immerso nella lettura, gli occhi azzurri concentrati e il suo profilo affilato e meraviglioso contro la luce che filtrava dalla finestra.
I primi veri sintomi, comunque, cominciarono a mostrarsi una mattina, diversi mesi dopo che Pepper lo aveva ormai lasciato – come biasimarla..? – e un’amicizia fatta di piccoli favori e piacevoli silenzi aveva iniziato ad instaurarsi fra lui e Strange.
Il formicolio alla gola era diventato parte di una routine quasi monotona: era con lui per la maggior parte del tempo, grattando e facendolo tossire più del dovuto. In un primo momento, Tony aveva creduto di potersi abituare, di eliminare quel fastidio semplicemente riponendolo in un angolo polveroso della propria coscienza, ma più lo ignorava, più il suo torace bruciava; quindi si era semplicemente rassegnato a convivere con quella stretta al collo.
Pungeva.
Alle volte quasi lo dilaniava dall'interno, ma Tony, testardo, si costringeva ad inghiottire la saliva e quel qualcosa di pastoso che, negli ultimi tempi, sentiva in bocca assieme al sangue.
 
Comunque, Stark aveva almeno compreso come tutto fosse iniziato.
Strange era un uomo estremamente affascinante.
Aveva un intelletto vivo, manteneva il ritmo delle sue battute e sorrideva di rado – ma quando accadeva, tutto il suo viso mutava, e dal fondo dei suoi occhi Tony riusciva a scorgere una scintilla di energia vivace e accattivante.
Pratico e analitico, era una carta vincente, un asso da sfruttare al momento più opportuno – una tentazione da esiliare dal proprio cuore e da tenere a distanza di sicurezza.
Non avrebbe funzionato.
Non funzionava mai.
Come avrebbe potuto essere diverso, in quel caso?
Quindi, Tony aveva deciso di incontrare il Dottore il meno possibile, solo se strettamente necessario e di lasciare almeno un paio di metri tra di loro se fossero stati assieme nella stessa stanza.
Di conseguenza, quando lo trovò a levitare nella sua cucina, una tazza fumante in mano, dovette fare ricorso a tutto il proprio autocontrollo per non gridare.
“Che diavolo?!” Esclamò, rimandando i buoni propositi a momenti più sereni e meno traumatici.
Stephen non rispose subito.
Era tranquillo, con un libro aperto a galleggiargli davanti agli occhi, intento in uno studio quasi vorace.
“Buongiorno, Tony. Tè?”
Stark non aveva del tè in casa. Non lo aveva mai avuto.
Odiava il tè.
Perché Strange gli stava offrendo del tè?
“Buongiorno.”
Pausa.
Un respiro.
"Che diavolo ci fai qui?"
Il tomo a mezz’aria si chiuse con un tonfo sordo, e Stephen lo lasciò sparire in un portale, riportando lo sguardo su Tony.
“Mi dispiace per l'intrusione. Se non fosse stata un’emergenza, avrei avvisato… noterai, comunque, che non ho scassinato nulla.”
“Il che è anche peggio. Fottuti portali magici.”
Tony si mosse verso il frigorifero. Aveva bisogno di acqua, di molta acqua, perché era appena esploso un incendio nella sua gola.
“E se fossi stato nudo, Doc?”
“Ah, dimmi di più.”
“Divertente, estremamente spiritoso. Ma non è questo il punto...”
“Oh, ti prego, era un buon punto.”
“... Ad Hogwarts non insegnano cosa sia la privacy?”
Silenzio.
Strange restò ad osservarlo con un mezzo sorriso e Tony lo odiò profondamente – in realtà fece ricorso ad ogni possibile scusa pur di non guardare in sua direzione: un piatto sporco, una scatola di pizza da buttare, un bicchiere da rimettere a posto.
Patetico.
Ignorò la fitta al torace che per un attimo gli tolse il respiro, ingoiando un attacco di tosse e un nodo di bile amaro.
“Comunque.”
Stark si voltò per fronteggiare lo Stregone che, in piedi, aveva posato la tazza sul tavolo e stava aspettando.
Anche tutta quella sua considerazione era qualcosa che Tony non riusciva a tollerare. Strange rispettava i suoi tempi: lo guardava, comprendeva, e gli lasciava il giusto spazio per assimilare ogni notizia.
Lo odiava – no, per nulla.
“Di che emergenza si tratta?”
 
Quindi, ricapitolando.
Satan, la figlia del Diavolo, aveva sottratto a Strange una potente reliquia e lo Stregone era stato molto vago sul come. Certo, aveva accennato a una dimensione sogno e al fatto che il suo ego onirico fosse stato colto di sorpresa e impreparato nella vulnerabilità del momento, ma poi aveva preferito divagare e descrivere le conseguenze che l’uso del potere mistico della Corona di Spine rubata avrebbe potuto avere sulla loro realtà. Allora, ben sapendo che Satan avesse messo in conto anche Tony Stark nel suo piccolo progetto per un perfetto business della dannazione, Strange gli aveva chiesto quel minuscolo e innocuo favore.
Ti vuole come attrazione principale.
Sii un diversivo.
Un'esca.
Devo recuperare quella reliquia, Tony, prima che Satan, col suo potere, porti l'Inferno in terra.
Stark si chiese allora se fosse finalmente arrivato il momento di pentirsi di essere in perenne debito con Stephen.


(“Ehi, Doc... ma è la Sua corona?”
“Cambierebbe qualcosa se lo sapessi?”
“... no. In effetti, no.”)


E allora eccolo, l’invincibile Iron Man, a tuffarsi dritto nell’abisso con Strange – Strange che non aveva la minima idea di essere il suo piccolo e personale tormento, la causa di quelle spine che gli stavano lentamente bucando i polmoni.
 
Quello fu il giorno in cui Stark capì di avere delle eccelse ed impressionanti doti repressive.
Restò al fianco di Strange per tutto il tempo, e non per un attimo cedette al dolore che, all’apparenza, era stimolato dalla vicinanza dello Stregone.
 
(“Evita quel fuoco, Stark! È vivo.”
 
Se la cavò per un pelo: le fiamme nere già avevano iniziato a divorare l’armatura.
 
“Dammi la mano!”
 
Gli sfiorò le dita.
 
“Gli tengo le fauci spalancate, tu spara!”
 
L’ultima volta che aveva visto Harry Potter, Fluffy se lo ricordava appena più carino. Sì, senza occhi rossi e bava acida.
 
“Dammi la mano.”
 
Si ritrovò a stringere solo un guanto giallo di Strange, e vide gli occhi azzurri dell’altro riempirsi di terrore.
 
Danse Macabre è un incantesimo di Risurrezione spaventoso. Se non recuperiamo la Corona, sulla terra dovremo vedercela con una parata di zombie.”
 
Cercò di evitare di pensare ai My Chemical Romance. Di che anno era Welcome to The Black Parade? 2006?
 
“Non pensare a me e prendi la reliquia!”
 
Certo che no, Doc Ass.
Ti riporto indietro con me.
Non ti lascerò sparire ancora.
 
“TONY! Dammi la mano… ORA!”)
 
Quando rotolarono nell’ingresso del Sanctum, Tony non lasciò andare la mano di Strange – lo Stregone tremava, tremava maledettamente ed era gelido. Nella testa di Stark, invece, tutte le orribili immagini di quanto vissuto fino a un attimo prima turbinarono tanto velocemente da fargli male e da sparire, stordendolo e nauseandolo.
Iniziò a tossire, in cerca d’aria.
“Strange… Stephen.”
C’era del sangue, gocce rosse sul pavimento e sugli abiti del Dottore.
Dio.
Dio, Strange era ferito e non se lo sarebbe mai perdonato.
“Tony, guardami!”
Non riusciva a mettere a fuoco il viso, né gli occhi azzurri dello Stregone, così belli e profondi – perfetto mare in cui annegare dolcemente.
“… Strange… stai… bene?”
Tony si portò una mano al collo. Se avesse potuto, avrebbe scavato sin sotto la pelle con le unghie, pur di liberarsi da quel bruciore, dalla pressione attorno alla gola che non lo lasciava respirare.
C’erano petali rossi tutt’attorno, e sangue nella sua bocca – era disgustoso, incomprensibile, faceva male da morire.
Per un attimo, quando riuscì a respirare di nuovo normalmente, poté distinguere il viso di Stephen, e vide la paura tingere il suo sguardo – impotenza, fragilità. Percepì le mani dell’altro tenergli il viso, e le dita deboli e tremanti contro la pelle.
Riprese a tossire.
Petali di narcisi gialli tinti di rosso.
Poi, tutto si spense.
 
Tony si risvegliò ore, o forse anche giorni dopo. Era tutto piuttosto confuso, ma quando aprì gli occhi, la prima cosa che vide fu Strange alla finestra, lo sguardo puntato sulla città, e poi due scudi di energia a galleggiare sul suo torace nudo.
Aveva ancora il sapore del sangue fra le labbra, e quella sensazione lancinante non smetteva di pungergli i polmoni.
Hanahaki byou, malattia Hanahaki. Allo stadio finale. Congratulazioni, Stark.”
La voce dello Stregone giunse monocorde, quasi aspra.
Tony, in tutta risposta, si azzardò a sollevarsi sui gomiti, lanciandogli un’occhiata disorientata.
“Prego..?”
Woah, da quando la sua voce era così roca?
Sospirando, Strange si mosse verso il letto e, inavvertitamente, Tony tossì, ritrovandosi in grembo degli schizzi di sangue e qualche fiore.
Narcisi gialli. Ancora.
Vide un sorriso amaro disegnare le labbra di Strange, prima che con alcuni movimenti delle mani inspessisse e intensificasse i dischi di energia sopra di lui.
Il Dottore spese la successiva mezz’ora a spiegare cosa diavolo fosse quella malattia, anche se Tony riuscì ad afferrare ben poco – solo che, be’, come sempre se l’era andata a cercare.
In breve: quella roba aveva una matrice magica. Un parassita metafisico ghiotto di sentimenti indesiderati e di incertezze piantava i suoi mefitici semi nei polmoni di poveri e ignari disgraziati, condannandoli a morire lentamente, soffocati dai fiori di emozioni mai espresse.
Una degna fine da codardi.
“Quindi… sto morendo?”
Era tranquillo. Era pronto.
Anche se avrebbe sentito la mancanza di quegli occhi azzurri.
“Io posso guarirti, Tony.”
“Ma? C’è sempre un ma.”
Strange non lo guardava – ti prego, no, non togliermi quest’ultima gioia.
“Dimenticherai la persona che… ti ha fatto questo.”
Ahah, no.
“No.”
Tony non intendeva accettare quella condizione, perché farlo avrebbe significato svelarsi e poi perdere tutto ciò che lo legava allo Stregone: i piccoli favori, le cene improvvisate e trascorse a punzecchiarsi; le partite a scacchi e il loro primo incontro, la scintilla preziosa nello sguardo dell’altro quando gli strappava un sorriso.
Perdere tutto, per riprendere una vita miserevole e senza quella masochistica e calda stretta al cuore.
“No.” Ripeté, e vide Strange chiudere un pugno a fatica, rassegnato alla scelta.
Lo odiava così tanto ­– continuava ad offrirgli comprensione e accettazione, e Tony non ne meritava neanche un po’.
“Permettimi, allora… di assisterti. Di alleviare il dolore.”
Stark lo fissò sorpreso per un lungo istante a quella proposta. Fu anche tentato di dire qualcosa di particolarmente pungente, ma poi dovette desistere ad un nuovo attacco di tosse.
Rise amaramente, ripulendosi dal sangue alle labbra col dorso della mano.
“Non potrei chiedere un medico migliore per questo compito, Stephen.”
 
*°*
 
Durante gli ultimi giorni rimasti a Tony, Stephen prese una decisione ingiusta ed estremamente egoista. 
Aveva bisogno di sapere.
Di chi è la colpa, Tony?
Esitò a lungo, il tocco leggero delle mani sul viso contratto di dolore dell’uomo morente. Forse, Strange era ancora molto immaturo per il ruolo di Stregone Supremo; e, probabilmente, avrebbe dovuto anche esiliare meglio le proprie emozioni, accettando il semplice e triste corso della vita.
Oh, ma io mi rifiuto.
Dieci sottili fili d’energia dorata si districarono dalla punta delle dita di Stephen, unendosi e posandosi sulle tempie di Tony.
Il Dottore chiuse gli occhi, aspettandosi l’immagine di una donna, magari di Pepper, così forte e stanca di tutte le stupidaggini di Iron Man. Quindi, il suo cuore si fermò quando si vide nella mente di Stark, il proprio profilo stagliato contro la luce di una finestra, intento a leggere e poi a sorridere in direzione dell’altro, una volta notata la sua presenza.
Si liberò da quel momento con fatica – Tony lo aveva conservato in maniera tanto vivida da renderlo del tutto simile ad una dimensione materiale –, e il ritorno alla realtà fu doloroso.
“Avresti dovuto dirmelo, dannato idiota.”  
Stephen tenne il viso di Stark fra due mani, la fronte poggiata sulla sua, e il desiderio di gridare a divorargli la ragione – gridare come un animale ferito e affidare al vuoto la disperazione di essere stato così stupido e di aver rimandato per troppo a lungo l’azzardo di dire “Resta con me”.
Ora è troppo tardi.
Poteva sentire sulla punta delle dita i nodi dei rovi che correvano sotto la pelle del torace di Tony.
Non c’erano più vie di scampo: morte o oblio.
“Non ho altre alternative per salvarti.”
Glie lo soffiò sulle labbra secche e schiuse – sapevano di sangue, un dolce veleno tinto di speranza.
 “Ci vediamo presto.”
 
*°*
 
Tony si risvegliò ore, o forse anche giorni dopo. Era tutto piuttosto confuso, ma quando aprì gli occhi, la prima cosa che vide fu un uomo di bell’aspetto alla finestra, lo sguardo puntato sulla città, e poi due scudi di energia a galleggiare sul suo torace nudo.
Avvertiva un sapore aspro fra le labbra, ma oltre a quel particolare, notò di sentirsi particolarmente in forze – non gli accadeva da secoli, era sorprendente.
“Ben svegliato, signor Stark.”
La voce dello sconosciuto giunse chiara e profonda. Aveva un calore rassicurante, gli trasmetteva un familiare senso di nostalgia, come di un ricordo mai vissuto – déjà-vu.
Vestiti interessanti. Era un mantello, quello..?
“Ah, la ringrazio. E lei sarebbe..?”
“Dottor Stephen Strange, Maestro delle Arti Mistiche e Stregone Supremo.”
“Ci sta tutto sul biglietto da visita?”
“Gli Stregoni non usano biglietti da visita, signor Stark. È sconveniente per la comunità magica… ha mai visto Harry Potter? O Animali Fantastici? I No-Mags impazzirebbero.”
A quello, Tony sollevò entrambe le mani, in segno di resa, non riuscendo a trattenere una risata – ah, faceva un bel po’ male. Doveva averle prese di santa ragione.
Incrociò gli occhi azzurri di Strange, e restò ipnotizzato dalla loro luce – c’era una tristezza appena percettibile, una nebbia di malinconia e solitudine che non riusciva comunque a soffocare la fiamma vivace sullo sfondo.
Allora, Tony seppe di aver messo piede in un territorio pericoloso e affascinante, una trappola ipnotica e inebriante.
“Okay, Grindelwald, mi arrendo.” Disse solo in risposta, mettendosi più comodo.
“Ma saresti almeno disposto a spiegarmi come sia finito qui, mezzo nudo nel letto di un altro uomo?”
Strange si avvicinò di qualche passo, e Tony notò un vaso con dei narcisi su un tavolino: riempivano la stanza col loro profumo intenso e penetrante, e li trovava particolarmente adatti all’aspetto dello Stregone.
“È una lunga storia.” L’uomo scrollò leggermente le spalle, e alzò le mani, eseguendo alcuni complicati movimenti che andarono a rafforzare i dischi sospesi su di lui.
In quel gesto, Tony intravide delle cicatrici perlacee sulla trama della pelle dell’altro, e le trovò interessanti – avrebbe davvero voluto accarezzare le sue dita.
“Avanti, sono in convalescenza, Doc! Ed ho tutto il tempo del mondo.”
Stark non si aspettò di vedere lo Stregone sorridere – non in quel modo, almeno, come se avesse atteso un’eternità solo per gustare tale momento e stringerlo al petto.
Si ritrovò disarmato, in balia del suo sguardo e perso in quella luce incantatrice. Se avesse potuto, avrebbe teso un braccio, per attirarlo a sé e chiedergli cosa diavolo lo tormentasse; però, la voce di Strange ruppe il silenzio e Iron Man impresse a fuoco nella propria memoria quell'
istante, le sue parole e gli occhi splendenti.
“Sì, ora sì… Tony.”
 
*Fine
 
*Note
 
#IronStrangeIntensifies
 
Toccata e fuga.
Quest’idea è esplosa d’improvviso, quindi ho deciso di metterla nero su bianco quanto più velocemente (e decentemente) possibile, prima che sparisse anche l’ispirazione.
Spero sia stata una lettura piacevole!
Alla prossima ~!
Iria
 
 
   
 
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