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Autore: AdhoMu    17/05/2018    7 recensioni
[Eloise Midgen/Cormac McLaggen]
Metà commedia romantica, metà commedia degli equivoci dedicata a tutti coloro che sanno “vedere oltre” ed innamorarsi della persona più impensabile.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Cormac McLaggen, Katie Bell, Leanne, Oliver Wood/Baston
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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3. Terzo (ed ultimo) Atto.
 
Monday you can fall apart
Tuesday Wednesday break my heart
Oh, Thursday doesn't even start
It's Friday I'm in love

The Cure
 
Il giorno dopo, com'era prevedibile, ebbe luogo una litigata epica.
Katie Bell, dinnanzi a cotanta inspiegabile stupidità (la sera prima le era toccato raccogliere i cocci di un'inconsolabile Eloise), era talmente fuori di sé che quasi lo cruciò; ma lui, testardo come uno degli arieti  magici delle Shetland che il clan dei McLaggen allevava da secoli, continuò ad assillarla a oltranza, tentando in tutti i modi di farsi rivelare il segreto della ragazza misteriosa. Alla fine, esasperata, lei esplose e si mise a urlargli contro, in piena Sala Grande:
«Sei proprio un coglione McLaggen! Mi hai rotto! Se ti azzardi a scocciarmi di nuovo, te lo giuro sul kilt da cerimonia di mio fratello Carbry, chiamo Oliver e gli dico di farti un culo così!»
Con Leanne, non ci aveva neanche provato. Sapeva di non esserle mai andato a genio e di certo, se avesse tentato di metterla alle strette,  le cose si sarebbero messe male: da quanto gli risultava, anche lei usciva con un tizio grande, grosso e particolarmente irritabile.
McLaggen non riusciva a darsi pace. L'aveva cercata in lungo e in largo, consultando febbrilmente il suo inutile schedario (che, in un pomeriggio memorabile, all'apice dello sconforto e dell'ira, aveva scaraventato ringhiando nel camino della Sala Comune) e facendo quasi impazzire tutte le ragazze dotate di fisico curvilineo, capelli lisci ed una statura al di sotto del metro e sessantacinque. Negli ultimi giorni di scuola, finì ripetutamente schiaffeggiato ed affatturato. Giunse ai M.A.G.O che era ormai un grande e biondo straccio sfilacciato, ma riuscì comunque a diplomarsi dignitosamente perché, al di lá delle apparenze, era sempre stato un alunno dal rendimento più che dignitoso.
Nonostante tutti i suoi sforzi, però, non l'aveva trovata. La fanciulla misteriosa sembrava svanita nel nulla; non sapeva, il nostro irrequieto scozzesone, che Eloise non aveva bisogno di un Mantello dell’Invisibilità per passare inosservata e che, il più delle volte, colei che si affannava a cercare con tanta concitazione si trovava, in realtà, ad una distanza di pochissimi passi.
E non sospettava che proprio l'invisibilità di Eloise, che l'aveva tenuta al riparo da quegli atteggiamenti irritanti che lui adottava con le ragazze quando voleva dare il peggio di sé, le aveva permesso di osservarlo liberamente nel corso degli anni rivelandole il suo lato migliore e portandola così, a poco a poco, ad innamorarsi di lui.

 
*

L'anno scolastico era finito e, con esso, il loro soggiorno ad Hogwarts, durato sette lunghi ed irripetibili anni.
Gli studenti del settimo anno, nonostante la comprensibile nostalgia, avrebbero potuto essere lieti ed eccitati all'idea della nuova vita che li aspettava ma, purtroppo, la tragica morte del professor Silente aveva ammantato di tenebra e di cattivi presagi la conclusione del loro iter scolastico, gettando ombre incerte sul futuro di tutti.
Per questo e per altro, il cuore di Cormac McLaggen era pesante come un macigno in quel quel pomeriggio di pioggia; l'Espresso di Hogwarts stava per arrivare a Londra e anche per lui, ben presto, le cose sarebbero inesorabilmente cambiate.
Su al Nord lo aspettavano il suo clan e le loro greggi di pecore Shetland dal Vello Magico; tutte cose che normalmente adorava ma che, in quel momento, non gli procuravano alcuna gioia.Neanche il pensiero delle sagre estive di paese ,durante le quali si era sempre divertito ad importunare le ragazze babbane, riuscì a rallegrarlo un minimo. Il treno decelerò. Il ragazzo si alzò dal sedile e si diresse a passi pesanti verso il corridoio.
Non aveva la minima voglia di spendersi in inutili convenevoli con gli ormai ex-compagni, e poi voleva sgattaiolare via dalla banchina prima di imbattersi in Oliver Baston, che qualche settimana prima gli aveva fatto pervenire una Strillettera talmente inferocita da lasciarlo atterrito.
Nonostante la pioggia scrosciante, all'interno dell'Espresso di Hogwarts faceva molto caldo. McLaggen stava passando davanti allo scompartimento nel quale Katie sedeva con alcune delle loro compagne quando, all'improvviso, udì qualcuno che diceva:
«Per Morgana, che caldo, ragazze».
Quel suono, dolce e gioviale, lo fece sobbalzare. Forse, in altre circostanze, non ci avrebbe fatto caso, ma il connubio di quella voce con il rumore della pioggia gli ricordò immediatamente quella della ragazza misteriosa con cui si era incontrato nel bagno dei Prefetti, che lui aveva sempre associato allo sciabordìo dell'acqua.
Il ragazzo si fermò davanti alla porta di vetroper dare un'occhiata fugace; ciò che vide lo lasciò di stucco. Eloise Midgen, una sua compagna di classe piuttosto carina ma così riservata da risultare praticamente invisibile (francamente, lui, la questione dell'acne non la ricordava affatto) si era tirata su i capelli con una mano e si faceva vento con la bacchetta, dalla quale faceva uscire un un minuscolo e rinfrescante vortice d'aria.
McLaggen sbattè le palpebre per vedere meglio: non credeva ai suoi occhi. Un piccolo orecchino d'argento con un inserto ovale di corallo le adornava l'orecchio delicato.
L'avrebbe riconosciuto fra mille: era il gioiello-gemello di quello che lui aveva rinvenuto sul bordo della piscina e che, da quella notte in poi, aveva rimirato e rigirato fra le dita innumerevoli volte.
Mentre la guardava a bocca aperta, con il viso e le mani schiacciate contro al vetro, ebbe l'impressione che la testa gli si riempisse di un delicato suono di cornamuse. Ma chissà, avrebbero potuto anche essere i freni del treno che, piano piano, si arrestava di fianco alla banchina del binario 9 e 3/4. Non lo sapeva. Proprio in quel momento, comunque, la ragazza alzò gli occhi e lo vide.
Dalla sua espressione, McLaggen capì che lei aveva capito che lui aveva capito. E difatti, allarmata, Eloise saltò in piedi, fece ricadere i capelli e urlò un Evanesco!, facendo sparire la maniglia della porta proprio un secondo prima che lui riuscisse ad allungare la mano per afferrarla e girarla.
Subito dopo la ragazza si smaterializzò sulla banchina, appellò il baule e scomparve fra la folla, lasciandolo là a battere il pugno contro il vetro dello scompartimento.

 
*

«Kitty».
«Dimmi, Oliver».
«Se non glielo dici tu, sarò costretto a farlo io».
«Ma non possiamo...»
«Katie, io-non-lo-sopporto-più! Se va avanti così ancora per un giorno, io non rispondo di me!»
Katie sospirò. Dopo tanti anni di attesa lei e Oliver, finalmente, abitavano insieme. Ma, paradossalmente, non avevano avuto un solo istante di pace. McLaggen era riuscito a scovarla nelle campagne dello Wiltshire (dove si trovava la casa in cui lei ora viveva con Oliver) e la tormentava da giorni, fermamente deciso a farsi rivelare dove si trovasse Eloise.
Il ragazzo aveva piantato una tenda in giardino e si rifiutava di muoversi. Neanche Oliver era riuscito a sloggiarlo, né con le buone, né con le cattive. Il Portiere del Puddlemere United aveva ormai raggiunto il limite della sopportazione, e lei non sapeva più cosa fare. Stringendosi nelle spalle, si avviò verso l'amico d'infanzia, stringendo in mano un bicchiere d'acqua.
Lui l'aspettava seduto in terra, tutto raffazzonato, con la barba lunga di una settimana.
«Smettila di insistere, Cormac. Non te lo posso dire» gli disse, scuotendo il capo.
«Tu non puoi capire, Bell».
«Capisco solo una cosa: devi levare le tende e smetterla di rompere le scatole!»
«Katie, io... quando l'ho vista e riconosciuta, ho sentito il suono delle cornamuse. Non sto scherzando».
Tale rivelazione parve colpirla come un fulmine a ciel sereno. La ragazza spalancò gli occhi e, per la prima volta, lo guardò seriamente.
«Le cornamuse?» balbettò, emozionata ed immediatamente addolcita. Anche lei le aveva sentite suonare, quando aveva conosciuto Oliver.  E pertanto sapeva che, per uno scozzese verace come McLaggen, ciò poteva significare una sola cosa.
«Ma questo cambia tutto!»
Si udì ridacchiare e poi la voce profonda di Oliver Baston che esclamava, non senza un certo sollievo:
«Oh, ma che meraviglia! Quindi ora glielo possiamo dire, Katie cara, che la Midgen abita a Radyr, nella zona suburbana di Cardiff?!»
«Oliver!»
Ci volle solo una frazione di secondo. 
L'aria immobile e arroventata della campagna di Amesbury risuonò del secco e caratteristico crack di qualcuno che si smaterializzava.

*

«Non dimenticare che il signor Hollein ti aspetta domattina alle otto per provvedere al trasferimento».
«Sì, papà. Stavo giusto per andare a sistemare le mie cose».
«D'accordo. Io vado, allora».
«Va bene. Buon lavoro, papà».
«Buonanotte, tesoro».
Eloise lo guardò sparire nel camino e si diresse verso la sua stanza, attraversando il piccolo appartamento nel quale viveva da sola con suo padre.
Da molti anni, il signor Midgen lavorava come portiere notturno al Grand Hotel Georgiano di Londra, il più lussuoso di tutta Diagon Alley. Era sempre stato un impiegato modello, riconosciuto per la sua professionalità ed estremamente rispettato. Il signor Hollein, il direttore, era stato ben lieto di accontentarlo quando lui gli aveva chiesto un lavoro per la figlia appena diplomata; aveva subito fissato un colloquio con la ragazza, che l'aveva assolutamente entusiasmato. Discreta e di bell'aspetto, Eloise era una giovane strega che sembrava avere il dono di saper capire al volo quello di cui le persone avevano bisogno, senza che ad esse fosse necessario chiedere. Una dote decisamente eccezionale per una perfetta addetta alla reception.
Il giorno dopo, quindi, la ragazza sarebbe entrata in servizio nella filiale che il Georgiano aveva appena aperto a Cape Town, in Sudafrica.
Un po' le dispiaceva, perché a lei sarebbe piaciuto continuare a studiare e specializzarsi in Cura delle Creature Magiche. Purtroppo, però, suo padre non non aveva denaro sufficiente per pagarle gli studi di Veterimagica.
“Pazienza” si disse. 
Non poteva permettersi di rimanere con le mani in mano; suo padre aveva fatto grandi sacrifici per allevarla da solo dopo la scomparsa della moglie. Rassegnata, cominciò a sistemare le sue cose, facendole levitare ordinatamente fino al baule, che solo pochi giorni prima aveva svuotato dei suoi oggetti della scuola.
Mentre si affaccendava a ripiegare gli abiti con dei precisi colpi di bacchetta, fece partire la radiolina sulla quale aveva caricato le canzoni dei Cure, un gruppo musicale babbano che piaceva molto a sua cugina Maganò.
La musica invase l'aria. Il cantante parlava delle sue pene d'amore del venerdì sera ed ed Eloise, sorridendo con un po' di tristezza, realizzò che quel giorno era proprio venerdì.
“Mi piacerebbe proprio riuscire a pensare a quel cretino un solo giorno su sette” si disse, sbuffando. Ma non c’era niente da fare. Cormac McLaggen era sempre nei suoi pensieri, che fosse lunedì, martedì, domenica o qualsiasi altro giorno della settimana.
Fra una traccia e l'altra, comunque, le parve di udire una scampanellata.
Una vera e propria gragnuola di scampanellate, per dire la verità.
Eloise si diresse verso la porta e, quando l'aprì,  si ritrovò davanti il signor Baggins, il portinaio babbano del suo condominio.
«Signorina Midgen» la investì immediatamente quello gesticolando, visibilmente alterato. «C'è giù in cortile un pazzo con una cornamusa; dice di essere amico suo. La prego, lo faccia smettere. Sta tenendo sveglio tutto il caseggiato e pare non abbia alcuna intenzione di andarsene».
Eloise sbattè le palpebre.
«Co... cornamusa?!» domandò, un po' spiazzata.
Ma subito dopo, istantaneamente raggiunta da uno speranzoso sospetto, piantò in asso il signor Baggins e corse sul balcone col cuore che le galoppava nel petto.
Non appena si affacciò, lo vide. 
Cormac McLaggen, in piedi in mezzo al cortile acciottolato, guardava verso l'alto e suonava la cornamusa. Si era vestito di tutto punto, con la camicia bianca ed un’elegante giacca grigia di lana cotta. Le prodigiose ginocchia spuntavano da sotto l'orlo di quello che aveva tutta l'aria di essere il suo kilt migliore, di lana leggera a quadretti verdi e azzurri. Si era pettinato con cura i riccioli biondi e aveva anche fatto crescere un po' la barba.
Era davvero meraviglioso, pensò Eloise, sinceramente sorpresa e assolutamente emozionata. Nessuno le aveva mai fatto una serenata prima di allora, men che meno con una cornamusa.
Non appena l'avvistò, lui le sorrise e fece comparire uno striscione giallo canarino con un colpo di bacchetta; sopra c'era scritto: “ESCI COM ME ELOISE MIDGEN!” e sotto, in piccolo; “Ti prego!”
Eloise era rimasta a bocca aperta. «McLaggen, ma... che cosa stai facendo?» esclamò, incapace di dire altro.
«Ti sto invitando ad uscire con me! » rispose lui, con aria ovvia. 
«Ma... oh, razza di scottish indiscreto... Vieni su, sbrigati. Stai dando spettacolo! » gli ulrò dietro lei, a disagio. I vicini avevano cominciato ad occhieggiare dalle finestre. Sparì dal balcone e si affrettò a raggiungere il pianerottolo dove, dopo pochi secondi, lui si materializzò alle spalle del povero portinaio, rischiando di fargli venire un infarto. 
«E quello cos'è?!» domandò Eloise, osservando sconcertata um cespuglio di rose piuttosto malconcio, mentre il signor Baggins si precipitava giù dalle scale. Il povero arbusto aveva le radici a vista e tutta l'aria di essere stato appena sradicato a forza dal giardinetto condominiale.
«È... è per te» borbottò lui, un po' imbarazzato. Il giorno prima aveva comprato cento rose rosse da regalarle, ma aveva avuto la malaugurata idea di lasciarle a prendere aria in veranda e, purtroppo, quel maledetto plesiosauro che viveva nel laghetto dei vicini gliele aveva fatte fuori tutte. Così, senza sapere dove sbattere la testa, aveva dovuto ripiegare su una soluzione d'emergenza.
Eloise fece levitare il cespuglio di rose fino al portaombrelli e lo guardò, senza sapere bene cosa dire.
 «Ehm... posso entrare?» le chiese lui dopo qualche istante.
«Uhm. Va bene». La ragazza si scostò per lasciarlo passare e poi lo condusse in cucina.
Attraverso la porta aperta del corridoio, lui scorse la sua cameretta in mezzo alla quale si trovava il baule aperto.
«Stavi facendo i bagagli?» le chiese, titubante.
«Sì».
«Ah... vai al mare in Cornovaglia?»
«Non proprio. Domani mi trasferirò a Cape Town; ho trovato lavoro alla filiale del Georgiano».
«Cooosa?!  Domani... in Sudafrica?? No!»
«È un'ottima opportunità di lavoro...» osservò lei, tentando di ostentare una certa professionalità.
«Ma tu non puoi trasferirti laggiù!»
«E perché no?!»
«Perché devi uscire con me!»
«Che sciocchezza!» rispose Eloise, abbassando gli occhi. Sapeva che McLaggen era un tipo insistente - l'aveva visto all'opera innumerevoli volte -, ma era strano (e fantastico) vederlo insistere proprio con lei.
Ne sarebbe stata più che felice, se non che la decisione era già stata presa. Fece per girarsi ed uscire dalla cucina, ma lui la fronteggiò.
«Eloise» le disse serio. «Quando sono con te, io sento il suono delle cornamuse».
Lei non sapeva che cosa intendesse dire esattamente, ma capì che doveva trattarsi di qualcosa di importante – una specie di dichiarazione d'amore tutta scozzese - perché,  in men che non si dica, lui si era chinato e l'aveva afferrata per le spalle per baciarla con circospetta delicatezza. Non si trattava di uno di quei soliti baci inopportuni con cui tante volte l'aveva visto importunare le studentesse indignate.
Era dolce e un po'esitante e vagamente... disperato.
Eloise non potè fare a meno di addolcirsi, e poi avvampò al pensiero che Cormac McLaggen volesse davvero uscire com lei, nonostante ormai sapesse che lei... era lei. Lo dimostrava il fatto che l'aveva cercata, aveva tentato di farle una sorpresa romantica e ora la stava baciando, chiedendole di non partire.
Si scostò delicatamente da lui e alzò timidamente gli occhi per guardarlo.
Così alto e biondo, Cormac McLaggen era bello come i protagonisti di quegli sciocchi romanzi rosa che tanto si divertiva a leggere con sua cugina. Cosa avrebbe fatto, in quel momento, l'eroina di una di quelle storie così inverosimili? Solo una cosa, probabilmente.
«Vieni con me» gli sussurrò, dopo un attimo di esitazione nel quale molte decisioni furono prese.
E, intrecciando le dita alle sue, lo condusse  fino alla sua stanza, facendolo sedere sul letto.
«Eloise...io non...» balbettò lui, intimidito.
Lei lo trovò assolutamente adorabile. E definitivamente irresistibile. Nessuna traccia, in quel momento, della fantomatica Spocchia alla McLaggen; nessun segnale della consueta arroganza. Tutta la sua impavida spavalderia sembrava essersi dissipata in una sorta di timorosa agitazione.
«Ti sto dando l'opportunità di convincermi a restare, sciocco» gli sorrise lei, passandogli piano l'indice sulle pieghe del kilt, che ondeggiarono come mosse dall'aria. Poi, gettategli le braccia al collo, lo spinse giù, baciandolo con foga.
“Altro che cornamusa” ebbe appena il tempo di pensare Cormac,  prima di partire per la tangente e farsi travolgere dall'entusiasmo.
Quella, gente, era l'Orchestra Reale di Edimburgo in pompa magna al Grande Concerto di Natale.

Cose da sapere:
1) Dopo quella notte, Eloise e Cormac non si sono più lasciati. Vivono a Stennes, sulle isole Orcadi, in una casa di pietra in bilico sulla scogliera. Insieme, allevano pecore Vello Magico delle Shetland, la cui lana è venduta a peso d'oro nelle più rinomate filande del Mondo Magico.

 
   
 
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