Salve a tutti.
Sono tornata con una
specie di seguito della mia prima ff su OUAT “The savior’s life”.
Buona lettura!!!
Capitolo 1
Si
ritrovò in un posto oscuro. Un buio così pesante da poterlo quasi toccare. Si sentiva accapponare la pelle. Si abbracciò
come a cercare conforto e chiamò a gran voce i nomi delle persone che amava.
Nessuna voce rispose però al suo richiamo.
Tutto
continuava a essere avvolto dall’oscurità. Poi dei lamenti si alzarono
nell’aria, interrompendo quel silenzio innaturale che la circondava, ma che
rimpiangeva nel sentire quei gemiti di disperazione e di dolore. Sentì
improvvisamente tremare il terreno sotto di sè e
diverse voragini si aprirono, dentro le
quali del magma incandescente, gorgogliava e illuminava l’ambiente circostante.
Si
paralizzò allo scenario che videro i suoi occhi. Il cielo di un rosso intenso,
tanto da sembrare sangue e una cittadina
totalmente rasa al suolo, dove, tra le macerie, poteva intravvedere oggetti di
vita quotidiana come a indicarle che quella distruzione era avvenuta da poco.
Vide delle figure nere uscire fuori dai detriti, che arrancando, avanzavano
lentamente verso di lei. Sbucavano da ogni angolo e pian piano che si
avvicinavano, poteva vedere i loro corpi martoriati e i loro volti sfigurati.
Fece automaticamente diversi passi indietro per allontanarsi da quelle persone
irriconoscibili, che tentavano di afferrarla, finchè,
non inciampò in quello che riconobbe come il cartello stradale di Storybrooke.
Si svegliò di soprassalto, con la fronte
ricoperta di sudore e una tremenda sensazione di angoscia. Si guardò intorno
spaesata per un primo momento e dovette cercare di calmare il suo battito
cardiaco e il suo respiro affannoso, per riprendere pieno possesso di sé
stessa. Quel sogno era talmente reale che le sembrava ancora di percepire il
tocco di quelle persone. Si prese quasi un infarto quando effettivamente sentì
il tocco di qualcuno. Sospirò di sollievo quando, facendo mente locale, si
accorse che Killian, rigirandosi nel letto, aveva
allungato il braccio per abbracciarla in vita. Fortunatamente non l’aveva
svegliato, così evitando un interrogatorio su quanto sognato. Da quando avevano
sconfitto l’oscurità ed era nata la loro bambina, non le era più successo di
fare incubi di quella portata o di avere visioni.
Erano passati sei anni da quel giorno, sei anni
che Emma poteva definire perfetti. Certo, non erano mancati i soliti problemi
da sceriffo e familiari, le discussioni con Killian e
gli incidenti magici della bambina, ma erano bazzecole se paragonate ai nemici
che le capitava di affrontare in quanto salvatrice.
Portò una mano al petto, rendendosi conto che
il cuore era tornato regolare, ma non i suoi nervi. Erano ancora a fior di
pelle, tanto che quando sentì la porta scricchiolare, si mise in allerta.
“Mamma!”
Emma si tranquillizzò nuovamente quando sentì
la vocina della sua bambina. La vide avvicinarsi al letto e strofinarsi gli
occhi.
“Ho fatto un brutto sogno!” disse la piccola
cercando l’abbraccio della madre, che non tardò ad arrivare. Emma la strinse a
sé e le diede un bacio sulla testa.
Le fece spazio in mezzo a lei e Killian e le domandò cosa avesse sognato.
“Non me lo ricordo. Ma non mi piace la
sensazione che mi ha lasciato. Ho paura a dormire da sola!” disse la piccola,
guardando la madre con i suoi occhi uguali a quelli di Killian,
che avevano il potere di sciogliere Emma.
Lei e Killian avevano
concordato di non darle l’abitudine di farla dormire con loro, ma decise che
per quella notte potevano fare uno strappo alla regola. Inoltre anche lei
sentiva il bisogno di averla vicina, per cercare di dimenticare quanto appena
visto in sogno.
Passò diverso tempo, ma Emma non riuscì a
riprendere sonno. Quelle immagini continuavano a venirle in mente e appena
provava a chiudere gli occhi, vedeva quelle mani allungarsi verso di lei per
afferrarla.
Esasperata guardò la sveglia. Mancavano pochi
minuti alle sei e sebbene mancasse ancora parecchio prima di recarsi al
lavoro, si alzò, facendo attenzione a
non svegliare la piccola e Killian.
Scese le scale della sua abitazione e si recò
in cucina. Vide che nel lavello vi erano ancora i piatti della sera precedente
da fare. Era il turno di Killian di lavarli, ma la
sera prima era tornato tardi, per una serata tra uomini con Robin e David e lei
era troppo stanca per farli. Decise che non sarebbe morto nessuno se per una
volta, i piatti si sarebbero lavati il giorno successivo.
Dato che doveva far passare il tempo, si mise a
fare diverse faccende di casa, tra cui preparare il pranzo al sacco per Alice e
la colazione per l’intera famiglia.
La tavola era apparecchiata con tanto cibo pronto a soddisfare l’appetito
di un esercito, ma Emma era talmente assorda dai suoi pensieri che non si
accorse di aver esagerato. Ci pensò Killian,
cingendole la vita da dietro a farglielo notare.
“Love, non ti sembra di aver esagerato? La
colazione è importante per far cominciare bene la giornata ad un pirata,
ma…troppo lo farà solo andare a fondo più facilmente!” disse dandole poi un
casto bacio sulla guancia.
Emma solo allora si accorse di quanto aveva
preparato e sospirando disse “Ero assorta nei miei pensieri!”
“Cosa ti preoccupa love?” chiese Killian.
“perché ci deve essere per forza qualcosa che
mi preoccupa?” domandò e Killian le indicò semplicemente la tavola per farle capire
il perché lo pensasse .
Non voleva dirgli del sogno. Era probabile che
fosse un caso isolato e parlarne avrebbe
fatto solo preoccupare l’uomo inutilmente.
“Stavo pensando al discorso fatto qualche sera
fa!” disse abbassando la testa. Era solo
una mezza bugia, infondo anche quella faccenda la infastidiva.
“Swan, come ti ho
detto non basta prendere una decisione per farlo accadere…ci vuole il suo
tempo. Ci stiamo provando da quasi un anno, è vero, ma se deve capitare,
capiterà!” disse Killian.
“Lo so, ma…” disse Emma, ma l’uomo le posò un
dito sulla bocca e guardandola negli occhi le disse “Non pensarci troppo, quando
meno te lo aspetti accadrà. Tanto ormai è tardi perché possa essere il regalo
di Natale o compleanno di Alice!”
Emma annuì e sorrise facendo cadere lì
l’argomento.
Dei passi veloci, fecero comprendere alla
coppia che il piccolo terremoto che aveva riempito la loro vita, era sveglia. Killian si sentì abbracciare da dietro, mentre abbracciava
Emma, e una piccola vocina disse “La mamma è mia, papà!”
“Ah si? E il papà di chi è?” chiese Killian, girandosi e prendendo in braccio la bambina, la
quale mettendogli le braccia al collo rispose “Sei mio anche tu!” disse,
strappando un sorriso sia a Emma che a Killian.
“Dimmi un po’ principessa, cosa ci facevi nel
nostro letto?” Chiese l’uomo.
“Avevo paura a dormire da sola. Ho fatto un
brutto sogno, di quelli brutti brutti!” disse la
piccola, facendo una smorfia.
“Lo sai? Anch’io ho fatto un brutto sogno. Ho
sognato che la balena di Pinocchio, aveva divorato la Jolly Roger.
Fortunatamente mi sono svegliato, perché non avevo la più pallida idea di come
riprendermela!” disse Killian, facendo ridere la
bambina.
La vita di Emma era ormai invasa da quelle
scenette di cui non si sarebbe mai stancata. Sorrise a vedere la complicità che
c’era tra Killian e sua figlia, ma vedendoli così
sereni, una brutta sensazione si impossessò di lei. Era talmente assorta nei
suoi pensieri, che non si accorse della voce di Killian
che la chiamava ripetutamente fino a quando l’uomo non le toccò il braccio.
“Love, il tuo parlofono
sta suonando!”
Finalmente anche lei sentì la suoneria e sebbene
non fece in tempo a rispondere, seppe dire dalla melodia, chi la stesse
cercando.
Mezz’oretta dopo Emma accompagnò Alice a
scuola. Erano quasi all’entrata quando la prima si sentì chiamare da una
vocina.
Vide una bambina dai capelli castani tagliati a
caschetto e dagli occhi marroni, della stessa età della figlia, correrle
incontro e gettarsi tra le sue braccia.
Conosceva molto bene quella bambina, l’aveva
praticamente vista nascere, sebbene non come sua madre aveva visto nascere
Alice.
“Buongiorno Roni,
sempre piena di energia, dove è tua madre?” le chiese la donna, prima di vedere
anche lei.
“Regina!” la chiamò.
“Emma!” disse il sindaco di Storybrooke,
seccata. “Lo sai? Il cellulare è fatto perchè si
risponda, non per lasciarlo come soprammobile su di un comodino!”
“Scusa Regina, non ho fatto in tempo a
rispondere e non ti ho richiamato per il semplice fatto che ci saremo viste
poco dopo. Cosa c’era di tanto importante da non poter aspettare?” chiese la
salvatrice.
“Non qui. Te ne parlerò quando saremo sole!”
disse spostando il suo guardo su Roni, facendole
comprendere che qualsiasi cosa volesse dirle, riguardava lei.