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Autore: Neko    19/05/2018    4 recensioni
Si ritrovò in un posto oscuro. Un buio così pesante da poterlo quasi toccare. Si sentiva accapponare la pelle. Si abbracciò come a cercare conforto e chiamò a gran voce i nomi delle persone che amava. Nessuna voce rispose però al suo richiamo.
Tutto continuava a essere avvolto dall’oscurità. Poi dei lamenti si alzarono nell’aria, interrompendo quel silenzio innaturale che la circondava, ma che rimpiangeva nel sentire quei gemiti di disperazione e di dolore… Si svegliò di soprassalto, con la fronte ricoperta di sudore e una tremenda sensazione di angoscia.
Genere: Avventura, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Regina Mills, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti.

Sono tornata con una specie di seguito della mia prima ff su OUAT “The savior’s life”.

Buona lettura!!!

 

 

Capitolo 1

 

Si ritrovò in un posto oscuro. Un buio così pesante da poterlo quasi toccare.  Si sentiva accapponare la pelle. Si abbracciò come a cercare conforto e chiamò a gran voce i nomi delle persone che amava. Nessuna voce rispose però al suo richiamo.

Tutto continuava a essere avvolto dall’oscurità. Poi dei lamenti si alzarono nell’aria, interrompendo quel silenzio innaturale che la circondava, ma che rimpiangeva nel sentire quei gemiti di disperazione e di dolore. Sentì improvvisamente tremare il terreno sotto di e diverse voragini  si aprirono, dentro le quali del magma incandescente, gorgogliava e illuminava l’ambiente circostante.

Si paralizzò allo scenario che videro i suoi occhi. Il cielo di un rosso intenso, tanto  da sembrare sangue e una cittadina totalmente rasa al suolo, dove, tra le macerie, poteva intravvedere oggetti di vita quotidiana come a indicarle che quella distruzione era avvenuta da poco. Vide delle figure nere uscire fuori dai detriti, che arrancando, avanzavano lentamente verso di lei. Sbucavano da ogni angolo e pian piano che si avvicinavano, poteva vedere i loro corpi martoriati e i loro volti sfigurati. Fece automaticamente diversi passi indietro per allontanarsi da quelle persone irriconoscibili, che tentavano di afferrarla, finchè, non inciampò in quello che riconobbe come il cartello stradale di Storybrooke.

 

 

Si svegliò di soprassalto, con la fronte ricoperta di sudore e una tremenda sensazione di angoscia. Si guardò intorno spaesata per un primo momento e dovette cercare di calmare il suo battito cardiaco e il suo respiro affannoso, per riprendere pieno possesso di sé stessa. Quel sogno era talmente reale che le sembrava ancora di percepire il tocco di quelle persone. Si prese quasi un infarto quando effettivamente sentì il tocco di qualcuno. Sospirò di sollievo quando, facendo mente locale, si accorse che Killian, rigirandosi nel letto, aveva allungato il braccio per abbracciarla in vita. Fortunatamente non l’aveva svegliato, così evitando un interrogatorio su quanto sognato. Da quando avevano sconfitto l’oscurità ed era nata la loro bambina, non le era più successo di fare incubi di quella portata o di avere visioni.

Erano passati sei anni da quel giorno, sei anni che Emma poteva definire perfetti. Certo, non erano mancati i soliti problemi da sceriffo e familiari, le discussioni con Killian e gli incidenti magici della bambina, ma erano bazzecole se paragonate ai nemici che le capitava di affrontare in quanto salvatrice.

Portò una mano al petto, rendendosi conto che il cuore era tornato regolare, ma non i suoi nervi. Erano ancora a fior di pelle, tanto che quando sentì la porta scricchiolare, si mise in allerta.

“Mamma!”

Emma si tranquillizzò nuovamente quando sentì la vocina della sua bambina. La vide avvicinarsi al letto e strofinarsi gli occhi.

“Ho fatto un brutto sogno!” disse la piccola cercando l’abbraccio della madre, che non tardò ad arrivare. Emma la strinse a sé e le diede un bacio sulla testa.

Le fece spazio in mezzo a lei e Killian e le domandò cosa avesse sognato.

“Non me lo ricordo. Ma non mi piace la sensazione che mi ha lasciato. Ho paura a dormire da sola!” disse la piccola, guardando la madre con i suoi occhi uguali a quelli di Killian, che avevano il potere di sciogliere Emma.

Lei e Killian avevano concordato di non darle l’abitudine di farla dormire con loro, ma decise che per quella notte potevano fare uno strappo alla regola. Inoltre anche lei sentiva il bisogno di averla vicina, per cercare di dimenticare quanto appena visto in sogno.

 

Passò diverso tempo, ma Emma non riuscì a riprendere sonno. Quelle immagini continuavano a venirle in mente e appena provava a chiudere gli occhi, vedeva quelle mani allungarsi verso di lei per afferrarla.

Esasperata guardò la sveglia. Mancavano pochi minuti alle sei e sebbene mancasse ancora parecchio prima di recarsi al lavoro,  si alzò, facendo attenzione a non svegliare la piccola e Killian.

Scese le scale della sua abitazione e si recò in cucina. Vide che nel lavello vi erano ancora i piatti della sera precedente da fare. Era il turno di Killian di lavarli, ma la sera prima era tornato tardi, per una serata tra uomini con Robin e David e lei era troppo stanca per farli. Decise che non sarebbe morto nessuno se per una volta, i piatti si sarebbero lavati il giorno successivo.

Dato che doveva far passare il tempo, si mise a fare diverse faccende di casa, tra cui preparare il pranzo al sacco per Alice e la colazione per l’intera famiglia.

La tavola era apparecchiata  con tanto cibo pronto a soddisfare l’appetito di un esercito, ma Emma era talmente assorda dai suoi pensieri che non si accorse di aver esagerato. Ci pensò Killian, cingendole la vita da dietro a farglielo notare.

“Love, non ti sembra di aver esagerato? La colazione è importante per far cominciare bene la giornata ad un pirata, ma…troppo lo farà solo andare a fondo più facilmente!” disse dandole poi un casto bacio sulla guancia.

Emma solo allora si accorse di quanto aveva preparato e sospirando disse “Ero assorta nei miei pensieri!”

“Cosa ti preoccupa love?” chiese Killian.

“perché ci deve essere per forza qualcosa che mi preoccupa?” domandò  e Killian le indicò semplicemente la tavola per farle capire il perché lo pensasse .

Non voleva dirgli del sogno. Era probabile che fosse un caso isolato e parlarne avrebbe  fatto solo preoccupare l’uomo inutilmente.

“Stavo pensando al discorso fatto qualche sera fa!” disse  abbassando la testa. Era solo una mezza bugia, infondo anche quella faccenda la infastidiva.

Swan, come ti ho detto non basta prendere una decisione per farlo accadere…ci vuole il suo tempo. Ci stiamo provando da quasi un anno, è vero, ma se deve capitare, capiterà!”  disse Killian.

“Lo so, ma…” disse Emma, ma l’uomo le posò un dito sulla bocca e guardandola negli occhi le disse “Non pensarci troppo, quando meno te lo aspetti accadrà. Tanto ormai è tardi perché possa essere il regalo di Natale o compleanno di Alice!”

Emma annuì e sorrise facendo cadere lì l’argomento.

Dei passi veloci, fecero comprendere alla coppia che il piccolo terremoto che aveva riempito la loro vita, era sveglia. Killian si sentì abbracciare da dietro, mentre abbracciava Emma, e una piccola vocina disse “La mamma è mia, papà!”

“Ah si? E il papà di chi è?” chiese Killian, girandosi e prendendo in braccio la bambina, la quale mettendogli le braccia al collo rispose “Sei mio anche tu!” disse, strappando un sorriso sia a Emma che a Killian.

“Dimmi un po’ principessa, cosa ci facevi nel nostro letto?” Chiese l’uomo.

“Avevo paura a dormire da sola. Ho fatto un brutto sogno, di quelli brutti brutti!” disse la piccola, facendo una smorfia.

“Lo sai? Anch’io ho fatto un brutto sogno. Ho sognato che la balena di Pinocchio, aveva divorato la Jolly Roger. Fortunatamente mi sono svegliato, perché non avevo la più pallida idea di come riprendermela!” disse Killian, facendo ridere la bambina.

La vita di Emma era ormai invasa da quelle scenette di cui non si sarebbe mai stancata. Sorrise a vedere la complicità che c’era tra Killian e sua figlia, ma vedendoli così sereni, una brutta sensazione si impossessò di lei. Era talmente assorta nei suoi pensieri, che non si accorse della voce di Killian che la chiamava ripetutamente fino a quando l’uomo non le toccò il braccio.

“Love, il tuo parlofono sta suonando!”

Finalmente anche lei sentì la suoneria e sebbene non fece in tempo a rispondere, seppe dire dalla melodia, chi la stesse cercando.

 

Mezz’oretta dopo Emma accompagnò Alice a scuola. Erano quasi all’entrata quando la prima si sentì chiamare da una vocina.

Vide una bambina dai capelli castani tagliati a caschetto e dagli occhi marroni, della stessa età della figlia, correrle incontro e gettarsi tra le sue braccia.

Conosceva molto bene quella bambina, l’aveva praticamente vista nascere, sebbene non come sua madre aveva visto nascere Alice.

“Buongiorno Roni, sempre piena di energia, dove è tua madre?” le chiese la donna, prima di vedere anche lei.

“Regina!” la chiamò.

“Emma!” disse il sindaco di Storybrooke, seccata. “Lo sai? Il cellulare è fatto perchè si risponda, non per lasciarlo come soprammobile su di un comodino!”

“Scusa Regina, non ho fatto in tempo a rispondere e non ti ho richiamato per il semplice fatto che ci saremo viste poco dopo. Cosa c’era di tanto importante da non poter aspettare?” chiese la salvatrice.

“Non qui. Te ne parlerò quando saremo sole!” disse spostando il suo guardo su Roni, facendole comprendere che qualsiasi cosa volesse dirle, riguardava lei.

 

 

  
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