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Autore: Kat Logan    22/05/2018    10 recensioni
Makoto ripulì il banco del bar dalla sabbia e dall’ appiccicume di qualche Margarita finito lì sopra per colpa di qualche bevitore distratto. Ne aveva piene le orecchie di storie e confessioni che la gente le faceva con i piedi affondati nella sabbia fine di Malibù. Chi credeva che fare la barista fosse un lavoro semplice, si sbagliava. Lei era il confessore dei peccati più bollenti di tutta la costa e nel suo tempio sacro ogni peccato veniva perdonato con un cocktail.
«Adesso ve la racconto io una storia davvero stramba».
Avrebbe dovuto starsene zitta, ma qualcosa in lei era scattato come una molla e da confidente silenzioso, Makoto, divenne oracolo senza peli sulla lingua.
«C’è un pompiere che rischia di bruciarsi per amore e convive con un’aspirante star della musica. Un artificiere incosciente, arrogante e pieno di sé. E poi c’è lei, con lo sguardo che nasconde una ferita profonda perché per la seconda volta nella vita ha fallito in qualcosa…».
«E poi?». Usagi la interruppe presa dell’entusiasmo. «Gli altri personaggi di quest’avventura chi sono?».
Makoto sospirò, portandosi lo strofinaccio sulla spalla.
«Un timido genio, una baby sitter fuori controllo e una stupida barista…»
Genere: Azione, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena, Minako/Marta, Un po' tutti, Yaten | Coppie: Haruka/Michiru, Mamoru/Usagi
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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Autore: Kat Logan

I personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.

Foto: l'immagine appartiene all'artista Junfender

 





Just Be My Ocean


“But here I am, next to you 
The skies so blue in Malibu 
Next to you in Malibu 
Next to you”.

 
Malibu – Miley Cyrus
 
 
 
 

Il vento portava con sé l’odore pungente della salsedine in quella mattina soleggiata.
Per un momento chiuse gli occhi, nonostante dovesse guardare dove mettere i piedi per assaggiare meglio il sapore del Pacifico; leggermente salato sulle sue labbra.
Respirò a fondo, riaprendo le perle blu incastonate sotto alle lunghe ciglia chiare, ritrovandosi a guardare nuovamente il serpentone di terra brulla snodarsi proprio al di sopra della costa.
 
Malibu, dove le montagne incontrano il mare.
 
Nulla poteva descriverla meglio di quello slogan che appariva quasi un mantra sulla bocca di tutti i suoi abitanti.
La zazzera bionda, spettinata dalla velocità e dalla brezza marittima, rimbalzò ancora una volta nell’aria.
Haruka continuò a correre lungo il Trancas Canyon ascoltando solamente lo scroscio delle onde sotto di lei scandito dal suo battito accelerato.
Le parve quasi di tornare nuovamente bambina a quando giocava a nascondino nelle grandi pianure del Kansas in mezzo a distese dorate di grano. Correva in quel nulla lungo chilometri, apriva le braccia tentando di catturare il vento tra le dita e si ritrovava tra le mani manciate di spighe a pungerle le dita.
 
«Ha-ru-ka».
 
Improvvisamente i ricordi si diradarono come nebbia e Haruka si ritrovò a rallentare il passo senza  combattere contro se stessa per trattenere uno sbuffo di disappunto.
 
«Vai ancora troppo veloce» sentenziò l’amica col fiato tanto grosso da renderle difficile il comprendere la frase. Ma suo malgrado, Haruka, l’aveva già sentita tante di quelle volte da saperla a memoria.
«Non posso farci niente!» ribatté per poi sfoggiare un sorriso tronfio sul viso.
«E dire che dovresti essere in forma» punzecchiò ancora una volta la compagna nell’ego.
«Gentile» rispose la ragazza dai lunghi capelli mori affiancandosi a lei.
«Credo di preferirti quando sei tutta smorfie e grugniti» puntualizzò tenendo i palmi serrati in due pugni all’altezza dei fianchi.
«In realtà vi lamentate tutti sempre. Sia che parli, sia che non lo faccia. Dovete decidervi» puntualizzò la bionda.
«Questo è perché hai poco tatto in ogni occasione».
«E questo è il motivo per cui tu continui a non avere fiato» controbatté un’ultima volta.
Rei corrugò le sopracciglia in una smorfia confusa.
«Più baggianate dici, meno riuscirai a starmi dietro!».
Haruka era così. Doveva sempre metterci il punto. Decidere lei quando una conversazione era degna di arrivare al suo termine o meno.
Rei soffocò il suo spirito polemico per quieto vivere o non sarebbero arrivate vive alla fine del loro allenamento.
Un doppio bip le fece arrestare all’unisono.
Le suole delle scarpe fecero alzare la polvere giallastra del terriccio arido.
Un momento di stasi in cui le iridi blu si tuffarono nei pozzi scuri dell’altra.
Rei trovò l’amica bella anche in quel momento, con la pelle ambrata dal sole e le gote rosse per lo sforzo fisico.
«È il mio o il tuo?» chiese Haruka spezzando il silenzio e la magica contemplazione della mora.
Un altro doppio bip riecheggiò e questa volta Haruka fu certa provenisse dai suoi pantaloncini.
 
Rei tirò fuori il suo cercapersone e l’amica la seguì a ruota.
 
«Incendio a Brentwood» commentò Rei.
«Bomba al Beach Inn» sentenziò Haruka.
«Ci vediamo sta sera?» chiese frettolosamente Rei asciugandosi col dorso della mano la fronte coperta da lunghi ciuffi corvini e pronta a fare retro front.
«Solito posto».
 
Più che una promessa ogni volta era un rito scaramantico quello.
 
 

 
*** 
 
 
«Oh, finalmente sei qui».
Haruka si sentiva soffocare nella divisa da artificiere con l’estate alle porte.
«Teoricamente non ero in servizio» borbottò irritata e provata da tutta quella fretta che le era stata messa addosso dal proprio cerca persone.
«Siamo a corto di personale».
Dan fece spallucce, era un tipo tanto rilassato anche nei momenti di maggiore adrenalina da farle saltare i nervi.
«E poi si agisce sempre in due. Hanno chiamato me, non potevi startene in panciolle».
Haruka sbarrò gli occhi. «Ero ad allenarmi, non sul divano!» sbottò, per poi venire zittita dal classico gesto che faceva lui con la mano quando non ne voleva sapere delle sue lamentele.
Lei contò fino a cinque o ci sarebbe stato un omicidio per mano sua.
«Ciabella?» chiese Dan con fare rilassato, indicando il furgone della SWAT alle sue spalle con lo sportello aperto e una scatola bianca in bella vista poggiata sul sedile del passeggero.
«Fai sul serio?».
«Hey, sono donuts con ripieno doppio. Non scialbi dolcetti gluten free».
Haruka non era il tipo da perdersi in chiacchere, mentre lui lo avrebbe fatto fino a sera se solo qualcuno fosse stato ad ascoltarlo senza obbiettare.
«Entriamo o no?» domandò impaziente lei, avvertendo il formicolio alle dita dei polpastrelli tipico dell’essere sempre sul filo del rasoio.
Dan la fissò e Haruka in risposta arricciò il naso.
Non sopportava quando lo faceva, odiava quando qualcuno la fissava in silenzio e lei dentro stava scalpitando per entrare in azione.
Dan stese le labbra in un sorriso e le mollò una vigorosa pacca sulla spalla.
«Era un falso allarme!».
Le palpebre della bionda sbatterono più volte e il suo tic nervoso al naso sembrò peggiorare precipitosamente.
«Era solo uno stupido trolley abbandonato nell’atrio dell’hotel, ed è salito il panico a tutti dopo quella volta che…». Le labbra di Dan si mossero ancora qualche secondo, ma smisero di proferire parola poiché riconobbe l’istinto omicida negli occhi di Haruka. Forse aveva esagerato, ma l’espressione che assumeva lei ogni volta dopo uno stupido scherzo era impagabile.
«Mi stai dicendo…che nel mio giorno libero…» il caldo la stava trasformando in una belva assassina. «Mi hai fatto correre fin qui e non c’è niente che abbia lontanamente voglia di saltare per aria?!».
«A parte tu, niente di niente!».
«Quanto sei stronzo» commentò lei, togliendosi con stizza il casco nero dalla testa e mollandogli uno spintone.
Dan rise di gusto. ricevendo in risposta un altro paio di spinte da parte di Haruka che parve placarsi solamente per slacciarsi la divisa alla base del collo per evitare di soffocarci dentro.
«Su, calmati». Dan tirò su la manica e guardò il display digitale dell’orologio da polso «sei proprio in tempo per vederla».
«Di che diavolo stai parlando?» domandò con fare disperato Haruka che in quell’esatto momento avrebbe pagato oro per starsene in spiaggia a fare surf o a sorseggiarsi una bibita ghiacciata in santa pace.
«Dio, a volte sei proprio fuori dal mondo. Ancora nel desolante Kansas…».
Dan si guadagnò una gomitata al fianco e richiamò all’attenzione il loro collega.
«Hey, Ray! le ciambelle. Comincia lo spettacolo».
Ray, un ammasso di muscoli e tatuaggi, li raggiunse con la sua camminata ciondolante da montagna umana e aprì la famigerata scatola sotto ai loro nasi.
A loro si unirono anche altri due ragazzi della squadra anticrimine e si misero ad aspettare a braccia conserte fissando la porta della struttura a fianco l’hotel.
Era una piccola botique con una vetrina fitta di abiti da donna tutti pizzi e merletti.
Roba elegante e ricercata. Haruka la catalogò così nel suo pensiero.
Dan prelevò con fare distratto uno dei dolci cominciando a gustarselo lentamente e l’amica cominciò a battere il piede sull’asfalto con fare insofferente.
Non amava le attese né perdere tempo prezioso per un nonnulla.
 
Cosa diavolo stanno aspettando tutti quanti?
 
La risposta al suo pensiero non tardò ad arrivare.
Bastò attendere l’aprirsi della porta in verde salvia del negozietto accompagnato dal tintinnio del campanellino appeso all’entrata.
Lunghe onde acqua marina ricadevano sulle spalle scoperte di una giovane nascosta dietro ad un paio di occhiali da sole alla moda.
Un brusio da trogloditi si levò tutto attorno ad Haruka che come il resto della ciurma non staccò gli occhi di dosso alla figura poco lontana da loro.
«Ti presento tacco dodici» le sussurrò Dan all’orecchio.
«E voi idioti, nel vostro tempo libero, vi radunate qui a fare gli stalker?» chiese Haruka con fare superiore.
Tacco dodici era senza dubbio una bella ragazza, ma a Malibu ce n’erano a bizzeffe o quanto meno è quello che si disse Haruka interiormente per convincersi di non essere uguale a tutti quei decerebrati di cui si contornava.
«Ci ha rifiutati uno ad uno» commentò Ray.
La situazione era peggiore del previsto ne convenne Haruka.
«Crediamo sia una star» disse uno dei ragazzetti che si erano uniti alla visione in diretta del corpo perfetto.
«E tu Dan?» indagò Haruka, «ci hai provato?».
«Non ancora» fu Ray a rispondere per lui. «Doveva farlo oggi».
«E cos’è ti senti sotto pressione?». Haruka sfoderò un sorrisetto provocatorio, abbandonando mollemente un braccio sulle spalle dell’amico.
«Ma quale pressione…» commentò lui con ancora il boccone in bocca.
La sconosciuta caricò le borse sui sedili posteriori dell’auto e si sedette al posto di guida.
 
«Guarda e impara».
 
Haruka si passò una mano tra i capelli e attraversò la strada con gli occhi di tutti puntati addosso.
Camminava sicura di sé, come sempre del resto. Perché Haruka era cosciente che madre natura era stata generosa con lei e nascondere la realtà dei fatti non le avrebbe giovato nulla, perciò tanto valeva essere fiere di sé stesse e coscienziose del fatto che non esisteva nessuna in grado di resistere al suo fascino. E sebbene lei avesse compreso sin dall’adolescenza di essere interessata al gentil sesso, non importava che l’altra parte fosse tale e quale a lei. Se solo fossero esistite realmente delle regole per l’attrazione, Haruka Ten’ō le avrebbe sabotate senza troppo sforzo e piegate a suo vantaggio.
Avvertiva le pupille di tutti quanti i compagni attaccarsi alle sue scapole per non perdersi nemmeno un nano secondo di quella caccia spietata alla gazzella che Malibù sembrava agognare da giorni ma senza successo.
«Hey!» mostrò al dentatura bianca e perfetta in un sorriso degno di uno spot televisivo.
La ragazza aveva appena girato la chiave per accendere il motore, ma a dispetto di chiunque altro non parve interessata a guardarla in viso e perdersi in centottanta centimetri di pura bellezza.
«Qual è l’approccio oggi?» interloquì la giovane dietro agli occhiali scuri prima che Haruka potesse proferire parola.
«Perché ho già sentito quella dell’angelo caduto dal cielo e quella di google, che ammetto, è stata carina».
«Quale sarebbe quella di google?».
Haruka si lasciò distrarre da un’ondata di curiosità e interessarsi funzionava sempre. E’ risaputo che al genere femminile piace parlare, ancor di più se si tratta di sé.
L’altra sospirò senza lasciare andare la presa sul volante. E Haruka in quel tirare il fiato aveva riconosciuto quella che era niente poco di meno che una pacata reazione d’intolleranza verso chi evidentemente l’aveva importunata senza sosta.
«Ti chiami google? Perché hai tutto quello che cerco» recitò per poi inserire la marcia.
Haruka si sforzò di non ridere, ma chiunque l’avesse partorita doveva avere un premio per l’originalità.
«Ora ti sposteresti?» domandò la sconosciuta.
«Solo se mi lasci il numero di telefono».
«Così puoi vantarti con i tuoi amici di essere tu il vincitore, vero?».
 
Touchè. In fin dei conti era per quello che Haruka aveva cominciato. Voleva far vedere che poteva prevaricare senza problemi un gruppo di maschi arrapati ed essere l’alfa del gruppo pur essendo donna.
«Anche oggi è andata male» sentenziò l’altra girando le ruote dell’auto. «Potete riprovare, nella vita non si può mai dire. Ma ora, ti conviene spostarti, o il numero ti servirà solo per farmi contattare dal tuo legale dopo uno spiacevole incidente in cui io ti passo sopra con le ruote della macchina».
Haruka, esterrefatta perché presa letteralmente in contro piede, non poté che ubbidire.
Mai nella vita le era successa una cosa tanto assurda.
Ma Haruka non era un tipo da resa o da tirarsi indietro davanti ad una sfida difficile. Lei disinnescava bombe le difficoltà erano il suo pane quotidiano.
Così, mentre nella sua visuale rimaneva solo la targa di Beverly Hills destinata a scomparire nell’orizzonte, Haruka si ripromise di non mollare.
Nessuno poteva dare un due di picche ad Haruka Ten’ō, nessuno poteva sabotare le regole dell’attrazione tranne lei.
 
 
 

Note dell'autrice:
Hola, a chiunque abbia la pazienza e la voglia di seguire questa storia! Intanto grazie a chi ha avuto il coraggio di leggere questo primo capitoletto.
Nel corso della racconto subentreranno tanti altri nuovi personaggi. Purtroppo nell'elenco dell'introduzione non è possibile inserirne più di cinque, per tanto ho inserito il tag "un pò tutti". Per quanto riguarda l'etichetta OOC, come alcuni sapranno se hanno letto mie storie precedenti, la inserisco quando negli AU credo che possano mutare un pò gli atteggiamenti dei personaggi di Naoko in base a determinate situazioni o alla storia in generale. Se credete sia bene però toglierlo segnalatemelo pure, come sempre accetto consigli e sono contenta di confrontarmi.

Presto sarà presente un titolo per questo primo capitolo al posto di quell'insignificante 1.
   
 
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