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Autore: _Lady Cassiopeia_    22/05/2018    3 recensioni
La vita di Rin era quanto di più simile ci fosse ai fiori di ciliegio: bellissima e fragile, destinata a sfiorire in pochissimo tempo.
Da quando Sesshomaru aveva rischiato di perderla per sempre, quel pensiero non l'abbandonava mai.
Rin sarebbe morta.
Così come, probabilmente più di un secolo prima, era morta Vibeke.
Chissà come stava Daiki, il Grande Sovrano delle Terre dell'Est e quanto di più simile Sesshomaru avesse avuto ad un fratello.
Si può superare la morte della propria compagna umana?
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Rin, Sesshoumaru, Un po' tutti | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Incredibile come i nostri desideri possano spingerci a oltrepassare ogni nostro limite, permettendoci di compiere gesta estramamente grandiose o orrendamente vili.

-Rin.-




Il grande corpo di Naraku stava cominciando a cedere probabilmente sotto i colpi combinati dei due Inuyokai e del gruppo di Inuyasha, ma Rin poteva tranquillamente ammettere di non avere più paura.

La stretta allo stomaco e la voglia di vomitare erano completamente spariti nel preciso istante in cui, aprendo gli occhi, aveva avvertito sulla guancia la dolce carezza della mano artigliata di Sesshomaru.

Ora tutto andrà per il meglio.

Poco distante da lei volava la Regina Vibeke stesa sulla groppa del proprio cavallo alato e perfettamente guarita dagli enormi squarci, ma ancora debole da non riuscire a star seduta.

Aveva seriamente temuto il peggio per l'occidentale. Vibeke rimaneva umana nonostante fosse eternamente legata a Daiki e Rin era abbastanza sicura che nessuno avesse mai testato fino a che punto l'eternità della Regina si potesse spingere.

A voler essere sincera, la bambina aveva seriamente creduto che la bionda sarebbe morta.

Vederla sveglia e sana, seppur distesa ed esausta, le riempiva il cuore di gioia.

Le voglio bene.

Non smetteva mai di restare sorpresa da quell'umana tanto diversa da lei, non poteva fare a meno di ammirarla: la sua famiglia le aveva voltato le spalle e l'aveva maledetta, ma lei ne era uscita più bella e forte di prima.

Sperava di cuore di poterla trattenere, almeno un po', nella sua vita per poterla conoscere meglio.

L'ennesimo lembo di corpo di Naraku si staccò e cadde verso di loro, Vibeke ne sarebbe stata schiacciata se Sesshomaru non avesse usato la sua Bakusaiga.

Rin sorrise, quel demone bianco aveva il cuore più bello che avesse mai visto.

Guardò la Regina e sospirò, pareva nuovamente prossima a svenire e il suo colorito già candido stava via via assumendo sempre più una sfumatura malsana.

Poverina è esausta.

Avrebbe voluto fare qualcosa, poterla aiutare in un qualche modo, ma sapeva che c'era ben poco da fare.

Quando sarà finito tutto accenderemo un grande fuoco per tenerla al caldo e l'aiuterò a lavarsi i capelli, così potrà dormire meglio. E se vorrà, io e Jaken andremo a caccia per lei.

-Come state, Regina Vibeke?-

L'altra si sforzò inutilmente di sorridere ma le sue labbra si piegarono in una smorfia poco rassicurante. -Alla fine starò bene, ne sono certa. Tuttavia, finchè il miasma di Naraku continuerà a distruggere il paesaggio esterno, la sofferenza della natura sarà anche la mia.-

Sente il dolore della natura?

Aveva senso, a ben pensarci.

-C'è qualcosa che possiamo fare per aiutarla?-

Sentì la braccia di Kohaku stringerla appena nel tentativo di bloccare il suo eccessivo sbilanciamento verso la bionda, Rin gli sorrise appena e tornò a concentrarsi sulla Regina, la quale le sorrise appena prima di chiudere gli occhi e accasciarsi.

Daiki le era accanto e la teneva sotto controllo, ma pareva essere consapevole di non poter far nulla per aiutare la compagna se non uccidere definitivamente Naraku.

Sesshomaru continuava con la sua magnifica Bakusaiga a far strada a tutti, sgretolando con i suoi fendenti ogni possibilità di rigenerazione del corpo in cui si trovavano.

Era maestoso e tronfio, bello come nessun altro.

Il demone bianco puntò per un solo istante le iridi d'oro su di lei e Rin non riuscì a trattenersi dal sorridergli nonostante indossasse la maschera anti-miasma di Sango.

Il demone maggiore parve intuire la piega delle sue labbra e per un solo istante a Rin parve di vederlo sorriderle di rimando. Sgranò gli occhi, meravigliata.

Non era stato di certo un sorriso pieno, di quelli che solitamente gli dedicava lei con tutti i denti in mostra e le fossette ben incise, non sarebbe stato da Sesshomaru lasciarsi andare in quel modo. Era stato piuttosto un leggero rilassamento di tutto il volto, come se per qualche istante fossero stati seduti in una radura e non nel mezzo di uno scontro.

Tuttò andrà per il meglio, alla fine.

Nel profondo delle iridi d'oro del Grande Demone Cane che l'aveva accolta sotto la sua protezione, Rin aveva notato la presenza di sentimenti così violenti e intensi che il solo pensarci la metteva in allerta.

Non riesci più a nasconderli.

Nel profondo del suo cuore di bambina, Rin sapeva.

La morte di Naraku avrebbe portato cambiamenti nelle vite di tutti quelli che lo stavano combattendo e Rin sapeva che quei cambiamenti avrebbero investito anche la sua esistenza.

E non potrò ribellarmi.

Il fragore dell'ennesimo ammasso di carne che collassava su sé stesso la ridestò dai suoi pensieri: tutto attorno a loro il corpo del ragno era colto da spasmi violentissimi e Sesshomaru e Daiki non parevano intenzionati a smettere di danneggiarlo.

Ormai, è la fine.

Dopo l'ennesimo fendente del Sovrano delle Terre dell'Est, finalmente arrivarono dinnanzi al loro nemico e Rin sorrise quando sentì Kohaku sospirare sollevato: Inuyasha era già arrivato e Kagome, Sango e Miroku stavano bene.

-Eccovi qui, tutti insieme.-

Rin lo guardò bene e per la prima volta provò disgusto per quello che era, per cosa rappresentava.

Il lato oscuro dell'umanità.

Così concentrato sul proprio egoismo da aver perso sé stesso.

Vibeke aveva riaperto gli occhi e per la prima volta da quando il suo fattore rigenerante era entrato in funzione pareva essere vigile e pronta a lottare, se necessario.

Nessuno dei presenti riuscì a fare molto prima che Naraku e la sfera diventassero una cosa sola.

E adesso?

Rin era stata sicura che dinnanzi al nemico, sarebbero bastati un paio di colpi di Sesshomaru per porre fine allo scontro.

Che la Sfera dei Quattro Spiriti fosse così cattiva, la bambina non avrebbe mai potuto immaginarlo.

Naraku cambiò completamente aspetto, abbandonando qualunque caratteristica lo avesse reso simile ad un demone o ad un umano: era orrendo con capelli argentei, occhi rossi e un corpo spigoloso e marrone, a Rin pareva fatto di legno.

Arrivò presto anche il miasma, concentrato in ammassi violacei velocissimi.

Sesshomaru e Daiki non permisero a nessuno di questi di oltrepassare la loro persona, ma Rin comprese quanto questo veleno fosse diverso da quello precedente.

È più forte persino di quello che aveva avvolto e sciolto le carni della Regina Vibeke.

Fortunatamente indossava la maschera di Sango, eppure questa pareva non aver effetto alcuno: Rin percepiva il gusto amaro di quel gas sulle labbra e i suoi polmoni erano ormai colmi del suo odore acre.

Sesshomaru si avvicinò loro.

Non separiamoci.

-Jaken..-

Non separiamoci.

-Dite, Padron Sesshomaru.-

Per favore, non separiamoci.

-Uscite di qui.-

Rin sospirò per nulla felice della scelta dello Inuyokai ma non osò dire nulla, l'occhiata attenta di Sesshomaru non le permise di farlo.

So che lo fai per me, eppure..

Jaken aveva aspettato quel comando di Sesshomaru fin da quando aveva deciso di entrare, lo sapevano tutti, quindi la bambina non riuscì a stupirsi della velocità con cui il piccolo demone eseguì.

Lei si voltò a guardare nuovamente Sesshomaru e sorrise nel vedere che gli occhi di lui non l'avevano abbandonata neanche per un istante.

-Fate attenzione Signor Sesshomaru.-

Il cavallo alato di Vibeke li affiancò velocemente e Rin pensò che quella fosse infondo la scelta migliore.



Aveva cominciato a seguire il demone bianco appena questi, dopo averle salvato la vita, aveva ripreso il suo cammino senza mai voltarsi indietro.

Aveva imparato dal piccolo servitore che si portava appresso (e che inizialmente aveva chiesto di farsi chiamare Rispettabile Jaken) che il demone bianco era il Principe Ereditario delle Terre dell'Ovest e che portava un nome da guerriero.

Sesshomaru.

Nessuno poteva eguagliare la sua forza, nessuno osava guardarlo direttamente negli occhi preferendo chinare rispettosamente il capo in sua presenza ed avere la vita salva.

Rin sapeva di aver già infranto la maggior parte delle regole di comportamento richieste di fronte ad un Principe Demone, ma il suo essere un cucciolo di ningen probabilmente la salvava da qualunque possibile punizione.

Avevano iniziato a camminare che il sole era alto nel cielo e oramai le prime stelle stavano cominciando a spuntare timide quando Padron Sesshomaru aveva arrestato la sua camminata.

-Jaken, procurale del cibo.-

Il piccolo demone verde aveva annuito, anche se contrariato, ed era sparito a cercarle del cibo dopo aver acceso un piccolo falò (-per tenere al caldo il cucciolo ningen- si era giustificato Jaken).

Sesshomaru allora aveva puntato le sue iridi dorate su lei e Rin, nonostante le mille raccomandazioni, non riuscì ad abbassare lo sguardo, troppo affascinata dalla creatura che aveva dinnanzi.

-Quale è il tuo nome?-

Aveva allora sentito un leggero sfarfallio alla gola mentre il cuore scoppiava di felicità, irradiando tutto il suo corpo di caldo affetto.

Non era più riuscita a parlare da quanto aveva visto la sua intera famiglia venir uccisa, ma non poteva tacere dinnanzi una creatura simile.

-Rin.-

Il primo tentativo uscì basso e roco, lei stessa faticò a comprendere cosa avesse appena detto.

Si schiarì la gola e puntò lo sguardo dritto in quello del demone.

-Rin, il mio nome è Rin.-

Lui l'aveva guardata senza dire nulla, la bambina allora prese coraggio.

-Il Vostro nome?-

-Mi pare tu lo sappia.-

Rin ridacchiò. -Avete ragione, ma vorrei che ci presentassimo personalmente.-

L'immortale l'aveva studiata per qualche istante, poi si era voltato verso il fuoco che scoppiettava poco distante.

-Sesshomaru.-

Non aveva usato titoli, nel presentarsi a lei.




-Signor Sesshomaru, è davvero così strano per un Demone portarsi dietro una bambina umana?-

C'era innocenza nella sua domanda, sul serio.

Conosceva il punto di vista dei ningen perchè lei stessa lo era e più volte aveva ascoltato le vecchie del suo villaggio d'origine raccontare di come fossero perfidi i demoni.

Mescolarsi coi demoni, secondo la società umana, significava macchiarsi irrimediabilmente.

Erano trascorse già tre stagioni da quando avevano iniziato a camminare assieme e Rin si era accorta di potersi permettere confidenze che nessun altro avrebbe potuto avere.

Lei si era sempre impegnata a non infastidirlo imparando a cacciare, pescare e a non fare domande sulle sue azioni; Sesshomaru l'aveva ricambiata con un nuovo kimono, protezione assoluta e cedendole Ah-Un.

Il dono più gradito? Quando il tramonto si colorava dei colori più belli, il giovane demone le permetteva di camminargli accanto e ogni tanto rispondeva alle sue curiosità.

Lui la guardò in quel preciso istante, incuriosito dalla domanda.

-Intendo dire, gli umani condannano la cosa. Ma nella società dei Demoni, è davvero terribile?-

Jaken era allora intervenuto, rimproverandola per la stupidità della domanda e sottolineando il fatto che era praticamente incomprensibile il perchè una creatura immortale dovesse perdere tempo con qualcuno che si sarebbe consumato in un battito di ciglia.

Non era cattivo, il piccolo kappa, semplicemente non conosceva la delicatezza richiesta per trattare con un cucciolo.

Sesshomaru allora aveva messo a tacere il suo servitore con un'occhiata e poi aveva posato una mano sul capo di Rin.

-Ha davvero importanza?-

Rin allora aveva sorriso, negando con il capo.

Se a loro andava bene così, perchè preoccuparsi degli altri?



La nausea era ormai insopportabile e il sangue sembrava bollirle, tanto era il dolore che percepiva fisicamente.

Aveva accettato di uscire dal corpo del ragno perchè sapeva che sarebbe solo stata un peso per la battaglia e non voleva dar a Naraku altri vantaggi su di lei, inoltre necessitava di ripristinare il naturale equilibrio del paesaggio se voleva recuperare le forze e la lucidità.

Aprì gli occhi nel preciso istante in cui avvertì l'aria nei polmoni diventare fresca e pulita, poi puntò lo sguardo verso il paesaggio circostante e quasi ebbe un mancamento tanto era diventato tutto irriconoscibile.

Desolazione assumeva un nuovo significato a partire da quel giorno, si disse Vibeke.

Aveva sempre pensato che morte e distruzione fossero quelli che lei aveva lasciato nel castello dei Wedel-Saacht, ma ora che aveva davanti agli occhi quello di cui era stato capace Naraku, Vibeke si trovò a dover ricalibrare il suo metro di paragone.

L'erba era sparita in tutta la vallata, gli alberi erano appassiti e alcuni si erano addirittura accartocciati su sé stessi, i piccoli animaletti che non erano riusciti a fuggire giacevano a terra e di loro era rimasto appena qualche osso.

Il terreno stesso aveva assunto un colore grigio impensabile, segno di un'infertilità che senza il suo intervento non sarebbe stata curabile.

Sentiva il dolore comprimerle il capo e la nausea pareva aumentare sempre più mentre la natura sfigurata urlava senza sosta una richiesta d'aiuto.

L'enorme ammasso di carni e veleno si stava spostando ed ogni lembo di corpo che si staccava precipitava a terra solidificandosi e diventando un blocco di miasma puro.

Se il gas all'interno del corpo era stato terribile, quello che Naraku aveva emanato all'esterno sembrava essere ancor peggiore.

Vibeke sgranò gli occhi sorpresa quando i massi velenosi cominciarono a colpire terreni coltivati, spaventando gli umani di un piccolo villaggio.

Non vorrà davvero..

Naraku voleva distruggere Musashi, ormai il suo piano pareva evidente.

Vibeke non poteva capire il motivo di quella scelta, ma non poteva far altro che provare con tutte le sue forze a salvare il salvabile visto che tutti i combattenti più forti si trovavano ancora all'interno del corpo e non potevano sapere quale folle indea avesse il mezzodemone.

Tocca a me.

Guardò Rin e fece segnò a Jaken di alzarsi maggiormente in volo, certa che presto il miasma sarebbe fuoriuscito anche da dove si trovavano loro.

Prese un grosso respiro, si accertò di avere Eien con sé e poi chiese a Kin di portarla a terra.

Il cavallo parve capire immediatamente le sue intenzioni perchè scese in picchiata e, dopo averla lasciata a terra, si diresse verso la sacerdotessa umana del villaggio e attivò la sua aura, proteggendo tutti gli umani che lo circondarono.

-Regina Vibeke, è pericoloso! Venite via!-

Non prestò attenzione a Rin, in quel preciso istante non poteva.

Piantò Eien a terra in modo da poter godere della sua protezione, poi si concentrò e alzò le mani al cielo.

Per gli umani presenti fu come assistere ad un miracolo: Vibeke cominciò a far rinascere ogni pianta sacrificata dalla cattiveria umana e così erba, alberi e colture spuntarono inizialmente timidi dal terreno e poi crebbero più alti e floridi che mai.

La vista di Vibeke si stabilizzò, il capo smise di pulsare e finalmente le tornarono la forza e la determinatezza di cui tanto necessitava.

Non posso distruggerti ma posso rovinare il tuo piano, Naraku.

Le liane di cui si serviva solitamente partirono da lontano, dai fianchi dei monti circostanti il villaggio; Vibeke stessa diede loro la forza di crescere e allungarsi ed inspessirsi per provare poi a circondare il corpo del ragno.

Sapeva che al solo contatto con il corpo le liane sarebbero rinsecchite quindi per ognuna di esse che cresceva, ve n'era già una che spuntava nuova e pronta a sostituirla.

A noi due, mezzodemone.

La prima serie di liane si alzò e andò a circondare il ragno, riuscendo per pochi istanti a fermarne l'avanzata; Vibeke sperava di poterne far ricrescere le punte mozzate dal miasma ma il gas pareva sgretolarle fin dalle radici.

Stava usando tutte le sue forze e nonostante l'aver sistemato la maggioranza del paesaggio le avesse dato nuove forze, il costante cadere di blocchi di miasma stava distruggendo tutto di nuovo.

Presto il corpo cadrà.

Strinse i denti e piantò saldamente i piedi a terra, poi alzò nuovamente le mani e centinaia di liane braccarono il ragno.

Tra poco usciranno anche gli altri, devo solo tener duro un altro poco.



Il millenario palazzo dei Wedel-Saacht stava crollando completamente avvolto dalle fiamme.

I padroni di quel magnifico edificio avevano perso la vita ben prima che il palazzo fosse arso dalle fiamme e la consapevolezza che di loro non sarebbe rimasto nulla le allietava l'anima.

Vibeke Ulykke dei Wedel-Saacht stava seduta sul pendio di una collina poco lontana ed ammirava estasiata la sua opera migliore.

Erano morti tutti.

Aveva vinto.

Avrebbe portato con sé in eterno il ricordo di come suo padre avesse sgranato gli occhi quando si era accorto di essere prossimo alla morte.

Ghignò soddisfatta.

Sapeva che i ricordi non sarebbero cambiati, ma aver cancellato per sempre la propria casata dalle terre del nord la rendeva estramente euforica.

Tutto sarebbe stato più facile ora, anche la guarigione della propria anima.

-Spero di non disturbare le tue preghiere.-

Vibeke si era voltata stupita verso suo marito, poi aveva puntato nuovamente gli occhi sul grande incendio.

-Non ho alcun motivo per pregare. Non mi pento di quello che ho fatto.-

-Non è peccato, uccidere?-

Vibeke sorrise appena e annuì, ma non disse altro.

Aveva atteso quella rivincita da tutta una vita e l'euforia del momento la rendeva incapace di pensare a quanto il suo gesto fosse cristianamente punibile.

Bruciare all'inferno, dopo quello che aveva fatto, sarebbe stato un piacere a cui non si sarebbe sottratta neanche in punto di morte.

Daiki sospirò e poi puntò lo sguardo verso il castello a sua volta. -Avresti potuto avvisarmi, ti avrei accompagnata.-

Lei annuì, poi allungò una mano e strinse quella di suo marito.

-Lo so, ma questa era la mia battaglia. Dovevo farlo da sola.-

Il demone annuì e le si sedette accanto.

Stettero seduti sul pendio di quella collina tutta la notte con gli occhi fissi su quel fuoco, segno di distruzione e di rinascita, ma abbracciati. Uniti.




Fu come essere colpiti da un fulmine, tanto fu violento lo scossone che lo colpì al cuore dopo aver visto i suoi occhi verdi.

Era possibile per un demone innamorarsi a prima vista di una creatura che probabilmente non avrebbe superato la notte e di cui non sapeva nulla?

Doveva salvarla.

L'aveva presa tra le braccia nel preciso istante in cui era svenuta, sopraffatta dalla perdita di sangue e dal veleno.

Chi aveva osato ridurre una simile bellezza in quelle condizioni?

Aveva disinfettato le ferite e le aveva trattate con erbe medicinali demoniache ma Daiki sapeva di doverla portare assolutamente a corte.

Non conosceva la sua identità, ma non voleva rischiare di affidarsi ad un curatore locale incapace quando a corte avrebbe potuto godere dei migliori trattamenti.

Considerando la quantità di sangue sulle vesti, Daiki comprese di non avere molto tempo a disposizione quindi la prese tra le braccia e volò via, sotto forma di sfera di energia, arrivando in pochissimo tempo presso il magnifico Castello dei Sovrani dell'Est.

Suo padre, Re Akihito, gli si sedette accanto mentre i servitori di palazzo cercavano in tutti i modi di salvare quella sfortunata mortale.

-Viene da molto lontano, quella ningen.-

Lui annuì.

-Avresti potuto dirmelo, non ti avrei diseredato.-

Guardò suo padre negli occhi e ridacchiò sprezzante. -Non ti ho nascosto nulla, non so neppure il suo nome. Eppure..-

Si portò una mano al petto ed il padre parve capire immediatamente la situazione, tant'è che posò una mano sulla sua spalla e gli rimase accanto per tutta la notte.



Daiki uscì dal corpo di Naraku accanto a Sesshomaru, certo che ormai non vi fosse più nulla da fare.

Ora è una battaglia tra anime, tocca alla sacerdotessa porre fine alla storia.

Ripose la spada nel fodero e sospirò esausto ma quando si voltò a guardare lo scempio che era il corpo del ragno, maledisse sua moglie e cominciò a cercarla freneticamente.

Nonostante apparisse come una demone, la sua anima era rimasta colma di sentimenti umani e la predisposizione a mettersi nei guai era un tratto assolutamente ningen.

Infondo, l'amava anche per quello.

Nonostante tutto quello che hai subito, trovi sempre il coraggio per difendere gli innocenti.

La trovò frapposta tra il villaggio umano e il corpo in decadenza, con le braccia alzate al cielo ed intenta a governare una quantità infinita di vegetali per cercare di evitare il disastro.

Daiki la fissò ammaliato: con i capelli scompigliati e sporchi, le vesti occidentali colme di sangue nero e la pelle lucente di sudore era una visione al dir poco sublime.

Gli occhi poi, brillanti e determinati, erano quanto di più bello avesse mai visto.

Adorava Vibeke in qualunque sua forma e apprezzava la regalità che mostrava nel muoversi elegante e silenziosa a palazzo, ma era sul campo di battaglia che ella dava il meglio di sé e diventava la creatura degna di venerazione che era.

Determinata. Colma di vita.

Vibeke, battaglia. Forse tuo padre non ha sbagliato a donarti un simile nome.

Atterrò al suo fianco, pronto a prenderla tra le braccia e salvarla nel caso in cui le fossero mancate le forze e poco dopo vennero raggiunti anche da Inuyasha e la sacerdotessa ningen.

-Appena Vi darò il segnale, lasciate andare il corpo e mettetevi in salvo. Ci penseranno le mie frecce.-

Sua moglie aumentò il numero di vegetali cercando di bloccare l'avanzata dell'ammasso di carni per dare tempo a Kagome di individuare il bersaglio da colpire.

Avanti, mocciosa ningen.

-Lasciatelo andare, ora so dove colpire.-

Ogni singola liana si ritirò, sparendo alla loro vista con una velocità inaudita e Vibeke cadde in ginocchio incapace quasi di riprendere fiato.

Daiki si alzò in volo con la bionda tra le braccia e portò con sé anche l'arma che un tempo era stata di sua madre.

-Sei stata stupenda, mia regina.-

La sentì rilassarsi completamente mentre un leggero sorriso soddisfatto le piegava le labbra piene.

-È tutto finito?-

Il demone guardò verso terra mentre la sacerdotessa purificava l'intero ammasso di miasma, ormai collassato a terra.

Le baciò con devozione il capo. -Si, è tutto finito.-

Naraku è morto.



-Quel monaco non capisce nulla, Signor Sesshomaru.-

Il demone aveva guardato la bambina con interesse, spingendola a continuare.

-Intendo dire, io vi seguo perchè lo voglio.-

Sesshomaru annuì appena, consapevole che la bimba dicesse la verità.

-Secondo voi, perchè quel monaco ci teneva tanto a tenere distanti umani e demoni?-

Jaken aveva sbuffato scocciato ed era intervenuto. -Ovviamente perchè voi ningen siete un peso per noi demoni, inoltre il tempo scorre in modo diverso. Quando tu sarai vecchia, il Signor Sesshomaru probabilmente non sarà invecchiato di un anno nell'aspetto.-

Rin aveva allora abbassato il capo. -Signor Sesshomaru, potrò seguirvi anche quando sarò vecchia?-

Il demone bianco anticipò il kappa ed annuì. -Se sarà un tuo desiderio, potrai.-

La bambina aveva sorriso mentre Jaken aveva stampata in volto l'aria più scioccata che avesse mai visto. Lo spedì a prendere Ah-Un per salvarlo dalla sua ira.

-Terrete sempre conto della mia volontà?-

L'aveva guardata dritta negli occhi senza dubbi riguardo alla risposta. -Lo giuro.-

Lei sorrise felice, poi poggiò il mazzo di fiori che teneva in mano davanti ad una piccola pietra che portava il nome di una donna.

-Quando morirò, voi vi dimenticherete di me?-

Lui aveva sgranato gli occhi, colpito dal pensiero che quella bambina presto sarebbe cresciuta, invecchiata e morta.

Non aveva mai collegato la natura ningen di Rin all'idea della morte, ma in quel preciso istante la consapevolezza del poco tempo che avevano a disposizione lo spinse a giurare a sé stesso che avrebbe trovato un modo, qualsiasi modo, per tenerla con sé per l'eternità.

-Non dire sciocchezze.-



Sesshomaru conosceva da sempre quei sentimenti ma ora che sapeva dar loro un nome, gli pareva quasi di viverli più intensamente.

Dolore, timore di perdere qualcuno a cui si tiene.

Perdita.

Era inevitabile e non si sarebbe opposto, ma il solo pensiero di dover lasciare Rin in un villaggio umano gli gelava il petto.

Era la cosa migliore da fare.

La bambina doveva crescere, imparare a fare pace con la sua specie e soprattutto capire quali e quante possibilità la vita le avrebbe donato, oltre a Sesshomaru.

Quando il tempo verrà, sarà lei a decidere.

I festeggiamenti per la morte di Naraku si erano prolungati per quasi tutta la notte, al villaggio di Musashi, nonostante Inuyasha e Kagome fossero spariti nel Meido.

I ningen infondo sono egoisti, ora che sanno di essere salvi non gl'importa d'altro.

Rin, nonostante fosse stata invitata più volte a sedere attorno al grande falò e a mangiare con gli altri bambini, era stata tutto il tempo attaccata alla sua mokomoko e si era nutrita solo quando Vibeke, dopo una bella dormita, le aveva messo sotto il naso un piatto fumante e colmo di carne, riso e pesce.

Aveva riso, cantato e mangiato tanto da scoppiare ma non aveva mai lasciato il suo fianco.

Rin sapeva, non vi erano dubbi.

Aveva faticato a farla entrare nella capanna della vecchia sacerdotessa per farla riposare e quando la sua protetta aveva mostrato le prime gemme di lacrime, Sesshomaru aveva dato la sua parola di principe che al suo risveglio lui sarebbe stato lì, esattamente dove era ora, in piedi con la schiena poggiata alla capanna della Miko.

Puntò lo sguardo al cielo e sospirò, la luna crescente quella notte non era particolarmente attraente.

Ha la stessa forma del Meido di quell'impiastro. Chissà se lui..

Bloccò immediatamente qualunque pensiero avesse cercato di formarsi nella sua testa e ringraziò chiunque avesse deciso di uscire dalla capanna per la distrazione data.

Vibeke..

L'umana sorrise appena e chinò leggermente il capo, in segno di rispetto.

Il demone la osservò con attenzione e notò subito come avesse completamente riacquisito le forze ed un colorito sano; non potè tuttavia impedirsi di alzare un sopracciglio al grezzo kimono che era stata costretta ad indossare.

Vibeke era nata principessa, nel sangue e nell'aspetto, e avrebbe meritato solo gli abiti migliori; vederla indossare un tessuto così modesto era quasi un'onta che avrebbe meritato di essere lavata col sangue.

-Oh, non guardarmi così. Le donne del villaggio si sono adoperate con tutte le loro forze per trovarmi un kimono decente. Manderò loro stoffe pregiate, una volta tornata al palazzo.-

Il demone bianco non disse nulla.

L'umana gli si avvicinò. -Rin si è addormentata e Jaken con lei. Era esausta, povera piccola.-

L'immortale annuì appena, la Regina delle Terre dell'Est sorrise.

-La lascerai qui?-

Lui annuì nuovamente, distogliendo lo sguardo.

-Starà bene, crescerà bene.-

Crescerà lontana da me.

Non aveva voglia di sentire chiacchiere inutili, la scelta era stata fatta e lui sapeva che era la migliore in assoluto ma parlarne, esternare quello che aveva dentro, era qualcosa che era assolutamente incapace di fare.

E non aveva intenzione di cominciare quella sera con una ningen, in un villaggio di ningen.

Decise allora di vertere l'attenzione dell'umana verso il futuro, verso il rito che ella stessa si era impegnata a compiere su di Rin se questa avesse deciso di stargli accanto.

-Il rito. Come funziona?-

Vibeke si coprì velocemente le labbra con una mano, sbadigliando con delicatezza.

-Non è ancora giunto il tempo per parlare di questo ma ti prometto che quando potrò dirti tutto, lo farò. So che non ti è chiaro perchè io mi sia proposta senza remore, ma un giorno tutto sarà ovvio. Fino ad allora, lasciamola crescere serena e felice, senza preoccupazioni inutili. Dovrà scegliere con sincerità e dovrà essere convinta con tutta sé stessa che quella sia l'unica strada per lei percorribile. Strade come quella che ho percorso io ti divorano il cuore se vi è anche solo un accenno di tentennamento.-

Non ha intenzione di dire altro, per il momento. Va bene così, per ora.

La osservò rientrare nella piccola capanna con più dubbi di quanti ne avesse prima.

Cosa dovrà subire?

Che strada dovrà percorrere?

Vale la pena tormentarle il cuore invece di accettare la sua natura ningen?

Sarebbe presto sorta l'alba ma si augurò che il sole ritardasse almeno un po' la sua salita, lasciandolo lì un po' di più, a percepire il respiro sereno della piccola ningen che aveva accolto sotto la sua ala.

Non era mentalmente pronto a dire addio a quel piccolo ammasso di carni mortali, tanto colmo di amore, e gioia, e vitalità da averlo inizialmente stordito e poi deliziato.

Avrebbe ripreso a viaggiare con Jaken e le sue domande troppo curiose, senza più canzoni e filastrocche ad alleggerire la tensione, avrebbe dovuto dire addio anche ai mille e più mazzetti di fiori di campo che la bambina coglieva e gli dedicava, niente più risa genuine a fargli staccare la mente dalle sue strategie militari.

Nessun cucciolo di ningen per cui cacciare o a cui portare qualche frutto dopo una lunga battaglia, nessuna bambina fradicia di neve da avvolgere nella mokomoko dopo i suoi giochi infantili.

La vita, senza Rin, pareva più grigia e triste di quel che ricordava.

Il primo raggio di sole apparve timido, cominciando a scaldare il colore del cielo.

È arrivato il momento.

Poco dopo una piccola testolina fece capolino dalla spessa tenda che riparava l'uscio della modesta abitazione, gli occhioni assonnati ci misero qualche istante prima di metterlo a fuoco e poi Rin sorrise, rasserenata.

-Avete mantenuto la promessa, buongiorno Signor Sesshomaru.-

-Vieni Rin, dobbiamo parlare.-

Era sveglia, la piccola ningen.

Lo era abbastanza da concedergli di allontanarsi di qualche passo dal villaggio, prima di anticiparlo.

-Volete lasciarmi qui, Sesshomaru?-

No.

-Si.-

Gli occhi della bambina si riempirono immediatamente di lacrime dal profumo acre, più disperate di quelle piante nel corpo di Naraku.

-Avevate promesso di rispettare la mia volontà.-

La cosa giusta non corrisponde a quello che vuoi, un giorno capirai.

Un giorno, se vorrai, ci riuniremo.

-Non sto infrangendo quel giuramento.-

-No?-

La fulminò con lo sguardo, quel tono inquisitorio non gli piacque neanche un po'.

Lei, realizzando lo sbaglio commesso, chiuse gli occhi e lo abbracciò con forza singhiozzando tanto forte da non riuscire quasi a respirare.

-Mi dispiace per come vi ho risposto, Signor Sesshomaru. Ho forse sbagliato qualcosa? Sono diventata un peso?-

Le carezzò appena una guancia, asciungandole un paio di lacrime.

-Voglio solo che tu impari a stare coi tuoi simili, Rin. Non ti sto abbandonando.-

-E se io non volessi?-

Sesshomaru si lasciò scappare un sospiro. -Quello che vuoi e quello che è giusto sono attualmente due cose ben distinte.-

Lei si strinse maggiormente a lui, stringendo tra i pugni il suo kimono e scoppiando in un pianto anche peggiore.

-Non sto rompendo il mio giuramento.-

La bambina a quelle parole sgranò gli occhi e lo fissò stupita. -Sul serio?-

Lui annuì. -Tornerò quando sarai più grande. Imparerai a leggere e a scrivere, imparerai a stare tra gli umani e quando il tempo sarà giusto, sceglierai cosa fare della tua vita.-

Lei sorrise. -Potrò tornare a viaggiare con voi, Sesshomaru?-

Quella è la mia unica speranza.

-Se lo desidererai, si.-

Rin sorrise e si asciugò le lacrime con la manica del kimono. -Verrete a trovarmi, qui al villaggio?-

Distese le labbra, sereno. -Tutte le volte che potrò.-

La bambina lasciò la presa sul suo kimono e lui si rialzò, pronto ad andarsene.

Le diede le spalle a malincuore, ma non poteva avere ripensamenti.

Le necessità di Rin verranno sempre prima delle mie.

Sapeva che la vecchia sacerdotessa l'avrebbe accolta volentieri, aveva dato il compito a Jaken di parlarci e lei si era assunta l'incarico senza problemi, già colma di affetto per quel cucciolo.

-Signor Sesshomaru?-

Voltò appena il capo in direzione della bambina che ora sorrideva, anche se addolorata.

-Potrò seguirvi anche quando sarò vecchia?-

Si lasciò andare ad un sorriso sincero, rivolto solo a lei.

-Se sarà un tuo desiderio, potrai.-

La osservò ridacchiare emozionata.

-Venite a trovarmi presto, Signor Sesshomaru! Mi mancherete.-

Mi mancherai anche tu.

Spiccò il volo con il piccolo kappa attaccato alla mokomoko, sicuro che quella temporanea separazione avrebbe dato frutti stupefacenti.

Aveva un paio di avversari da sistemare e poi sarebbe tornato a corte, pronto a prendere le redini di un regno che gli spettava ma che per troppo tempo aveva lasciato nelle mani di sua madre.

Rin sarebbe cresciuta, sarebbe maturata e avrebbe avuto la libertà che meritava per sviluppare lo spirito.

Sarebbe diventata stupenda.



Non sapevamo cosa ci avrebbe riservato il futuro, ma di una cosa eravamo entrambi indissolubilmente certi: ci saremo rivisti.

E quel pensiero ci bastò.

-Rin-





Eccomi di nuovo, sono tornata!

Come state?

Questo capitolo è stato una faticaccia mostruosa ma ne sono molto soddisfatta.

Pronti a vedere cosa riserverà il futuro ai nostri amati?

Volevo spendere qualche istante a ringraziare tutti quelli che dedicano il loro tempo a leggere questa storia, recensirla e metterla tra le seguite/preferite.

Le vostre parole e la vostra presenza significano così tanto per me, sul serio.

Vi adoro!



Alla prossima!

_Lady Cassiopeia_







  
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