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Autore: telesette    26/05/2018    0 recensioni
[Piedone -Saga di Steno-]
Napoli, un rinomato ristorante, un party di canaglie e malavitosi, un ospite imprevisto. Una piccola storia in ricordo della morte di Carlo Pedersoli, alias Bud Spencer.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'ultima scazzottata... o no?

Il Palazzo Petroni, rinomato ristorante sul lungomare di Napoli, era noto  sia per la sua classe e sia per la raffinatezza in fatto di pietanze tipicamente partenopee ed ogni sera dell’anno faceva il pienone non solo tra i turisti buongustai d’oltreoceano in visita alla città partenopea, ma anche tra quelli locali che, spesso e di buon grado, si fermavano la sera a cenare.

Ma vi fu una sera che sebbene per molti  sarebbe potuta essere  del tutto ordinaria, grazie ad un occhio più   attento  forse di un frequentatore più assiduo ,si sarebbe capito che il clima era più festoso del solito.

All’entrata del porticato del ristorante si poteva osservare un congruo numero di macchine nere, sportive, dal valore di almeno 6 zeri se non più e cosa non tanto strana era che non vi fosse  anima viva che si trovasse a passare di lì.

Infatti la presenza di tizi ingrugniti e baldanzosi che erano sparsi  al centro e ai lati del parcheggio dove si trovavano queste auto, con  fondine ben in vista facevano allontanare in altre direzioni sia le persone e sia i loro sguardi indiscreti e curiosi.

Un appuntato appena uscito dalla scuola di polizia era fermo sul ciglio del marciapiede all’opposto della strada. Era lì comandato per assicurare che fosse tutto in regola anche se, ad onore del vero,  in cuor suo, ben sapeva che  quella precauzione fosse del tutto superflua dato che la paura era più efficace di qualsiasi ordinanza emessa dalla legge.

Il giovane sbadigliò sonoramente e osservò l’orologio da polso, erano le una e un quarto, quando un vecchietto  con i capelli bianchi e gli occhiali spessi,  con un vistoso panciotto consunto a passo lento e curvo sotto il peso dei suoi anni, si accostò  lentamente a lui.

-Serata tranquilla, eh?- La voce stanca raggiunse a malapena le orecchie del giovane.

-Prego?- L’appuntato si voltò ma senza muoversi di un millimetro, per non venire meno al suo dovere.

Vedendo l’anziano che gli sorrideva con quei denti giallognoli, si pentì di avergli rivolto la parola. Si sa che gli anziani hanno sempre bisogno di parlare con qualcuno e spesso ripetono le stesse cose che, di solito, infastidiscono i giovani.

-Mi ricordo che quando avevo la tua  età, non ci si annoiava mai! Neppure in questura!- Gli occhi del vecchietto si illuminarono.

“Questura? Che starà dicendo?” Il giovane questa volta sentì bene, ma poi presuppose che l’anziano stesse vaneggiando per l’età.

-Già, ero brigadiere…  brigadiere…- Si fermò a metà frase, come cercando di ricordarsi qualcosa.

-Oh, giovane mica sapete il mio nome? Devo essermene dimenticato.- L’ingenuità  e la spontaneità  del signore fece sciogliere il cuore al poliziotto, facendogli pensare che di certo gli anziani di fronte alla propria profonda inconsapevolezza degli anni ormai trascorsi, del proprio stato (mentale) non se ne curano proprio.

-E come faccio a saperlo?- Il ragazzo tornò ad osservare l’altro lato, assicurandosi di non essersi perso niente inerente il suo appostamento.

-Oh non importa… ricordo benissimo, invece, il commissariato Porto.- Alzò la mano come per esultare e nel contempo alzò anche la schiena di scatto. Con le ovvie conseguenze dell’azione appena fatta.

-Oh no!- L’appuntato intervenne subito per sorreggere l’anziano prima di una rovinosa caduta.

Nel frattempo, per la cronaca, nel ristorante non c’era una sola faccia onesta ad eccezion fatta per il proprietario e gli inservienti, gente perbene.

I commensali erano la peggior feccia che si potesse ritrovare a camminar sulla faccia della terra. Erano tutti noti ai casellari giudiziari della polizia di Napoli e anche di New York, gente della peggior specie , che sebbene noti per i loro crimini contro la società e l’onesto vivere civile, erano anche nella lista dei cosiddetti “intoccabili”, per le loro conoscenze altolocate e per la loro forte vocazione alla corruzione.

Spacciatori, usurai, protettori, azzeccagarbugli e galoppini vari erano seduti ad un grande tavolo inutile dire colmo di ogni ben di Dio.

Si sentiva di tutto: Parolacce, piani per delinquere ,  crimine organizzato, riorganizzazione e suggellamenti di alleanze per il controllo del territorio e chi più ne ha più ne metta.

A un certo punto… un distinto signore dai capelli colmi di gelatina e di colore di un nero corvino, con tanto di toscano in bocca, picchiettò sul tavolo per attirare l’attenzione dei suoi colleghi.

-Signori, vi ringrazio molto per aver onorato l’impegno preso tempo fa di partecipare a questo lieto evento e ringrazio anche la spontanea disponibilità del proprietario di questo magnifico ristorante (nonché mio maggior necessitante di protezione), per averci riservato non solo i tavoli ma addirittura tutta la sala per la buona riuscita di questa serata….- Risate e consensi si sollevarono insieme ai bicchieri di vino pregiato mentre dall’altra parte della sala, il proprietario emise un  flebile sospiro rassegnato.

-Ma non dimentichiamo perché siamo qui! Dopo anni di trattative e di operazioni sfumate per colpa della polizia, abbiamo finalmente  il controllo totale dello spaccio di droga sintetica e il risultato potete ammirarlo al centro della tavola.- Il capotavola allora indicò con un gesto della mano il gigantesco pacco regalo che torreggiava sul tavolo.

Il pacco, forse grazie ad un congegno meccanico , si aprì di scatto, mostrando senza alcun dubbio per un occhio esperto sicuramente,  duecento  chili di droga sintetica  già confezionate e pronta ad essere venduta e smerciata tra i vari ceti sociali con un  valore complessivo di cinque forse sei miliardi di dollari.

Tutti applaudirono festanti. Il capo della malavita  gonfiò il petto d’orgoglio assorbendo quel suono degli applausi  come una pianta assorbe i raggi del sole per trarne la forza per crescere e svilupparsi.

-Beh, si può dire che finalmente  siete riusciti a far  funzionare le cose come si deve dopo tanto tempo.- Tutti ammutolirono all’udire questo suono di voce.

A parlare era un uomo dall’altra parte del tavolo, un uomo dai capelli biondi e gli occhi nascosti da un paio di occhiali da sole scuri.

Gli altri iniziarono a parlottare tra loro. Il tizio che aveva aperto bocca era il capo dei capi di New York.

Una vena pulsò sotto la gelatina del capotavola che faticò non poco a non urlare improperi nella sua direzione.

-Ho sentito dire che è solo grazie al tempo che una delle più pericolose minacce alla nostra organizzazione ha smesso di pestarci i piedi.- Piccole risatine echeggiarono per la sala.

-Senti, tu sei di New York, vero? Chi è quello?- Uno dei galoppini locali si rivolse a bassa voce al suo vicino di tavola.

-Beh, è il figlio del precedente capo, è appena entrato nel giro.- L’uomo alzò gli occhi al cielo e aggiunse: -Un viziato di prima categoria.-

Il capo della malavita di Napoli e dintorni ponderava in cuor suo se gonfiare quella faccia di schiaffi che si ritrovava quello sbarbato.

D’istinto si passò la mano sulla testa. Un dolore improvviso costrinse l’uomo a risedersi.

Portava ancora, sebbene nascosto tra i capelli, il segno doloroso che gli aveva “regalato” quel commissario…

-Signori, oggi noi festeggiamo un altro evento speciale!- Il capo, quindi  senza più dedicare attenzione al giovane, alzò il suo bicchiere.

-Noi tutti ricordiamo bene chi ci ha dato rogne più di chiunque altro.- La voce si fece calma e misurata, come se parlasse in confessionale.

-A Napoli c’è la camorra, è vero. E’ nata come esigenza per aiutare i disgraziati che non riescono a mangiare e abbandonati al tempo stesso anche dallo Stato.- Ogni napoletano divenne serio e attento alle parole del boss, come un figlio ascolta le parole del padre. Le risate furono sostituite da un reverenziale silenzio.

-Ma con il trascorrere degli anni, la camorra è diventata una macchina assassina, senza onore e rispetto, prima uccidevamo solo chi c’era da uccidere, senza coinvolgere gli innocenti. Ora non si fa distinzione, chi ci intralcia dev’essere fermato…- Gli uomini si guardavano tra loro.  Anche il proprietario, timidamente, si avvicinò di più per ascoltare meglio, quell’occasione era più unica che rara.

-Allora a quei tempi, le strade erano piene di sangue e senza controllo. La gente aveva paura anche solo ad uscire e gli affari erano allo sbando. Fu allora che, al commissariato Porto si presentò un giovane commissario: un omone dalla barba insipida e chiunque lo abbia visto in quel momento ha percepito e percepirà poi, un aura di rispetto e timore non comuni nei suoi confronti. Non conosco la sua storia ne le  ragioni per le quali divenne commissario, ma quello che so è che aveva le idee ben chiare su come dovessero funzionare le cose e lo faceva non usando le parole.- Fece una piccola pausa per bere il suo bicchiere di vino bianco.

In quella pausa tutti  gli uomini del boss si tastarono le guance e la fronte, ricordando fin troppo bene le possenti mani del commissario che, come fulmini, scendevano sulle loro teste con il fragore di un tuono.

Quella mossa era ben conosciuta come il “pugno a martello” tra coloro che lo avevano sperimentato e trattenuti per settimane in ospedale al reparto prognosi riservata.

-Quel commissario provava un vero e profondo odio non tanto per la malavita in generale o per il semplice fatto di essere affiliati a essa, ma odiava, invece chi ne faceva abuso.- Con questa frase i commensali abbassarono lo sguardo, come se provassero una profonda vergogna.

Anche se nessuno lo avrebbe ammesso, era grazie al commissario se molti di  quei ragazzi non erano finiti in galera o addirittura uccisi in assurde rivalse contro la polizia. Perché ognuno di loro, ognuno di quei  giovani di Napoli erano uniti come se fossero una grande famiglia che, nel momento del bisogno, si fondeva insieme e si riconosceva in un sol uomo e quell’uomo era Piedone.

Una risata fragorosa seguita da altre si levò però dal fondo della sala, provocando un grande sbigottimento sia al proprietario del locale che al “capoparanza”.

-Che bel discorso, ha mai pensato di provare ad entrare in Parlamento?- A parlare era stato il biondo che traeva la sua forza perché sostenuto dai suoi connazionali d’oltreoceano.

Il boss cercò di ribattere a tale sfrontatezza ma la rabbia era tanta che non riuscendo  a riflettere lucidamente, optò per un silenzio che fu travisato come un assenso.

-Se ho ben compreso, questo commissario vi sta così tanto a cuore che avete aspettato che andasse in pensione per poter finalmente farvi belli di fronte agli altri.- Un sorrisetto da saputello si delineò sul viso del giovane.

E a quel punto alzò il braccio indicando una fotografia che il proprietario del locale conservava in bella vista sulla parete alle spalle del boss e che non avrebbe voluto rimuovere nemmeno sotto minaccia.

Il proprietario si allontanò rapido destreggiandosi tra i tavoli e raggiunse  il retro dove erano allocate le cucine.

Era chiaro per il pover uomo che forse  il boss gliela avrebbe fatta pagare molto cara.

Infatti, in quel locale qualche anno prima si era festeggiato la pensione del commissario Piedone e per  ironia della sorte, lì erano presenti in quel preciso momento tutti i peggiori criminali che il commissario stesso aveva messo in riga.

-Dannazione, ero stato ben chiaro con quello stupido!- Tuonò furioso il boss di Napoli.

“Addio Piedone” così riportava la striscia blu sopra la foto.

Prima che potesse chiamare uno dei suoi per convincere una volte per tutte lo spaurito proprietario del locale a rimuovere la foto e tutto, il giovane newyorkese lo fermò con un gesto della mano.

-Ho un idea migliore, perché non festeggiamo anche noi la sua dipartita?- Dicendo questo alzò il bicchiere e tracannò tutto il vino.

Gli altri, spinti dal suo esempio di gioventù arrogante e menefreghista, levarono anche loro i bicchieri in alto.

Finirono di mangiare e al momento del dolce proposero anche un gioco di tiro con le freccette e ovviamente il bersaglio era la foto appesa alla parete.

Il capo si alzò dal tavolo con un nuovo sigaro tra le labbra per evitare di essere infilzato per sbaglio dai suoi stessi uomini.

Il discorso fatto poco prima era già stato completamente dimenticato e accantonato dalla mente di quei “giovinastri irrispettosi” come sono soliti dire gli anziani.

Il giovane biondo prese una delle freccette dal piatto di ceramica portato lì per l’occasione e rigirandosela tra le dita disse:- a Chi becca il naso vanno  1000 punti! A chi becca la capocciona solo 100 punti!- Tra le risate dei malavitosi lanciò con incredibile precisione la freccia.

Fu solo per un attimo, un attimo sfuggente che tutti avrebbero ricordato per sempre. Una tavola di legno intercettò la freccia che si conficcò all’interno.

-Uhmmm…- Un grugnito annoiato annunciò la presenza di un estraneo all’interno della sala riservata.

Erano passati diversi anni ma era perfettamente riconoscibile nel suo sguardo corrucciato e indagatore, una barba nera con diverse stirature di grigio non nascondeva le labbra che erano chiuse con una leggera pressione per autocontrollarsi.

Le bocche di tutti erano semi aperte e nessuno riusciva a formulare una sola frase.

-Cavoli, c’è la madama!- Uno di loro scattò d’istinto verso l’uscita.

-Fermi! Siete ammattiti? Non può più fare niente!- Il boss ripristinò l’ordine con la sua voce tonante.

La figura dell’ex commissario sovrastava tutti con facilità.

Rizzo anzi Piedone li squadrò dal primo all’ultimo.

-Ero venuto qui per passare un po’ di tempo con il mio amico cuoco e mangiare una spaghettata prima di andare a dormire.- Si passò le mani sui fianchi larghi, evidentemente seccato di dover rimandare i suoi piani.

-Da quando… da quando tempo sei qui?- Il boss si accese il sigaro.

Piedone non rispose ma camminò a grandi falcate e in breve fu faccia a faccia con il suo vecchio nemico.

-Ad ogni modo, questa è una festa privata… sei pregato di andartene.- Il boss sorrise biecamente, per una volta tanto la legge era dalla sua parte e Rizzo non avrebbe potuto alzare un dito su di lui, pena sia l’aggressione che la violazione di un luogo privato.

-Uhmmm… curioso, questa festa era dedicata a me… Sono il festeggiato, giusto?- Piedone, con una calma serafica sfilò il sigaro dalle labbra del boss e lo spense con le proprie mani.

- Commissario, attento - intimò il boss. - Guarda che possiamo farti passa' nu guaio grosso assai...-

- Io pure!!!- Ciò detto, Rizzo assestò una precisa sventola da 600 libbre, come minimo, scuotendo il boss come se questi fosse stato appena intontito da un terremoto sotto le scarpe.

Subito gli altri fecero per mettere mano alle fondine ma, prima che potessero estrarre i loro gingilli, Rizzo mise mano ad una delle lunghe e pesanti tavolate e gliela scaraventò contro, disarmandoli. A quel punto, facendosi avanti con tirapugni, mazze e spranghe di ferro, i cocciuti malavitosi si strinsero attorno all'ex poliziotto, convinti di farne semolino per vecchi napoletani sdentati...

Poveri loro!

Bloccando due calci in contemporanea, con l'ausilio dei soli gomiti, Rizzo strinse la presa sulle caviglie e capovolse in aria i malcapitati come due ruote da criceto. Un altro fece per buttarglisi addosso, a testa bassa, ma ottenne solo di ritrovarsi "incastrato", senza neanche capire come, dentro la porta a vetri della cucina che Piedone gli sbatté in faccia con precisione millimetrica.

- Ecco, hai rotto tutta la porta - mormorò l'ex commissario, scrollando di dosso qualche coccio dalle spalle del povero gangster intontito. - E se "bussa", prima di entrare!-

Come a sottolineare tale concetto, lo aiutò a districarsi dalla porta con un uppercut micidiale che lo spedì gambe all'aria nell'impianto-centrifuga della lavanderia accanto.

- Avanti - disse distrattamente il lavandaio, avviando l'apparecchiatura.

-Uh, maronna mia...- Come il lavandaio si accorse dell'uomo nella centrifuga, questa aveva già cominciato il... lavaggio.

Frattanto, nel locale, la rissa infuriava come una tempesta di sabbia nel Ghibli. Sberle e cazzotti volavano da tutte le parti, assieme a: dentiere, improperi, lamenti, tavoli, sedie e lamentose raccomandazioni per l'anima a San Gennaro.

Tre giovani bulletti, mettendo mano a coltelli lunghi una dozzina di centimetri, fecero per infilzare Rizzo all'addome. Improvvisamente squillò il telefono e, facendo loro segno di aspettare, l'ex commissario prese la cornetta e rispose.

- Pronto? No... Oddìo no, ma come è successo? Sì, è qui aspetta, te lo passo!- Con gli occhi sgranati, quasi avesse appena appreso di una incredibile tragedia, Rizzo passò la cornetta ad uno dei bulletti armati di coltello, il quale lo fissò con stupore e incredulità assieme.

- E' per me?- Per tutta risposta, Rizzo sradicò l'apparecchio, con tutta l'intelaiatura appresso, e ribaltò i tre fessacchiotti come birilli.

Dopodiché si tappò la narice col dito e si accostò al ricevitore in falsetto: - L'utente da lei chiamato non è al momento raggiungibile, la preghiamo di riprovare più tardi... BIP !!!-

Successivamente, dall’esterno, i gangster che facevano la guardia alle auto sentirono un fortissimo suono di vetri rotti seguiti dal volo acrobatico con capocciata diretta sul cofano di una Lamborghini da parte di uno dei sicari all’interno della sala.

-Compare! Che è successo?- Gli altri lo raggiunsero cercando di farlo scendere dal cofano ammaccato.

-Andate lì dentro!- Con mugoli e lamenti, il povero disgraziato si poggiò sulla portiera dalla macchina.

Gli uomini che erano con lui, chiedendosi cosa fosse accaduto, raggiunsero i compari all’interno della sala.

Fu solo una questione di minuti che seguirono la stessa sorte del primo.

Rizzo ben poco aveva tollerato quella intrusione.

Uno dei sicari provò a colpirlo con una sediata alle spalle del commissario. La sedia si ruppe come se fosse di cartapesta.

Un grugno arrabbiato si delineò sulle labbra del commissario che fissò il piccolino.

Egli, sbigottito, non riusciva a proferir verbo che una fortissima sberla lo scaraventò contro il mobile dei vini pregiati.

Altri due, ancora, si gettarono a testa bassa cercando almeno di smuoverlo dal pavimento furono bloccati dalla mani di Rizzo che non solo non si smosse di un centimetro ma li spinse indietro fino a farli cadere contro un altro mobile contenente le posate e i piatti da cucina.

Il combattimento si prolungava per molto, quindi i sicari rimasti decisero di accerchiarlo buttandosi dall’alto dei tavoli e cercare di schiacciarlo sotto il loro peso, sembrò funzionare ma poco dopo un grugnito di sforzo rese vano il loro tentativo, Rizzo allargò le braccia facendosi largo e gettando i criminali ogni dove.

Ad un tratto, avendo urtato con la schiena il pannello della centralina elettrica, Rizzo ebbe un'idea per chiudere la questione nel più breve tempo possibile.

Subito abbassò la leva, gettando la stanza nel buio più completo, e un attimo dopo il suono di una “cazzottatrice” umana a piena potenza riecheggiò nell'aria come se si fosse incantata sul tasto "on"...

Quando Rizzo riattivò la corrente, nel locale non c'era più un solo uomo in piedi. Il newyorkese dondolava svenuto sul lampadario a sei bracci appena lanciato con un fortissimo schiaffo a palmo aperto.

 Una volta finito era seduto al tavolo e con le mani a sorreggere il viso e osservava  quell’enorme pila di droga sintetica, il suo sguardo era triste ma sempre più furioso. In uno scatto d’ira tirò un pugno alla pila e la droga si riversò sul pavimento.

Piedone sospirò piano, non aveva senso prendersela con quella massa bianca, aveva già fatto il suo dovere. In fin dei conti le cose sono cose finché l’uomo non ci mette lo zampino e allora si che possono essere pericolose.

E Piedone lo sapeva bene. Si alzò dal tavolo e avvolse tutta la droga nella smisurata tovaglia bianca e se la caricò sulle spalle.

Il suo sguardo si posò sulla foto e lo striscione, gli si accese una lampadina…

Sorrise soddisfatto per il lavoro fatto e con calma si allontanò dal luogo. In lontananza si udivano le sirene della polizia che era stata avvisata dal giovane appuntato fuori dall’edificio dopo aver visto che gli uomini fuori erano entrati esagitati all’interno del ristorante.

Una volta fuori, era quasi l’alba di un nuovo giorno. Il vecchietto era seduto sulla panchina proprio dall’altra parte della strada, era stato lasciato dall’appuntato a riposare mentre quest’ultimo cercava di raggiungere la centralina per chiamare i colleghi.

-Commissà! Siete proprio voi?!- L’anziano si alzò di scatto sull’attenti.

-Ah Caputo! Sei ancora in giro?- Piedone sbuffò ma in cuor suo felice di rivedere il suo fidatissimo secondo.

-Ecco qual era il mio nome!- Caputo si diede una pacca sulla pelata.

Piedone sorrise piano: non era cambiato in tutti questi anni. Era grazie alle premure del suo vice se era ancora sano e addirittura aveva smesso di fumare.

-Commissà, sembra proprio che la pensione non vi abbia fermato.- Caputo osservò la sacca che Piedone portava sulle sue possenti spalle.

-Uhmm… già. Caputo, accompagnami sul lungomare.- Piedone si corrucciò ancora.

Accompagnati dai primi timidi raggi di luce del sole napoletano, i due ex-tutori della legge camminarono fianco a fianco lungo la costa del mare.

-Qua va bene…- Piedone si fermò sulla spiaggia e aprì il sacco, gettando così un tesoro prezioso ma maledetto nel mare.

-La prossima volta, Capù, butti tu la spazzatura.- Rimbeccò Piedone, riavvolgendo la tovaglia alla bell’e meglio e porgendogliela al buon vicequestore.

-Io?- Caputo per poco non soffocò con l’enorme groviglio scombinato di cotone lanciatogli da Piedone.

-E che, io? Riportalo al cuoco!- Piedone sbuffò per la incapacità di Caputo a sbrogliare la matassa in mano.

-Commissà, ma adesso che fate?- Caputo rinunciò a piegare la tovaglia e l’indossò sulle spalle a mò di senatore romano.

Piedone si passò la mano sul viso, se fosse arrivato al ristorante così combinato lo avrebbero preso per pazzo.

-Capù, vado a casa.- Rizzo sbuffò ancora osservando come Caputo cercava di non far scivolare i bordi penzoloni a terra.

Caputo rispose con un saluto militaresco e così facendo la tovaglia gli scivolò dalla spalla per il gesto e cadde sulla sabbia.

-Madonna! Me la faranno pagare!- Caputo goffamente cercò di sventolare la tovaglia ma non riuscendoci si voltò verso Piedone nella speranza di ricevere almeno un piccolo aiuto, ma lui se ne era già andato!

-Al solito! Io nei guai e lui a mangiare!- Caputo borbottò iracondo mentre le onde del mare sembravano farsi beffe del pover’uomo infrangendosi sulla riva.

Nel frattempo al ristorante, i tutori della legge eseguirono un vero e proprio raid di arresti e sequestri, i criminali non ricordavano nemmeno chi li aveva conciati in quella maniera ma di sicuro non avrebbero più alzato la cresta di fronte alla gente comune finché campavano. Il gestore del ristorante non poté non sorridere quando vide lo striscione a terra strappato in due, come per dire: Non sarò mai in pensione, non sarà mai finita allorché avrò respiro!

Il commissario di Napoli, in un discorso al pubblico in seguito alla formazione di un nuovo reparto mobile disse così: L’ultima volta che fu visto in azione  Piedone ci lasciò un grande segno nella lotta contro il crimine organizzato dimostrandoci  che non c’è bisogno di un distintivo per comprovare di amare la giustizia e perseguire la pace civile, e questo reparto è stato creato proprio in suo onore e si chiamerà Piedone, esso sarà formata da tutti quegli uomini e donne che, anche se non hanno una preparazione militare o giuridica, possono contribuire a fornire tutto il supporto necessario alla polizia.

Il commissario Rizzo fu ricordato negli anni a venire e calcò le tavole della gloria a fianco di uomini e donne che lottarono con ogni mezzo contro la malavita e un suo busto fu inaugurato al comune di Napoli.

Ma questo onore che, per chiunque, sarebbe stato motivo di fierezza; per Piedone valeva come un pezzo di carta per parati.

Le sue priorità, al momento della notizia, erano ben altre: Una padella di fagioli con carne e peperoncino offerta gratuitamente dal cuoco del ristorante! 
 
FINE
 
   
 
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