Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
Ricorda la storia  |      
Autore: Siranne    26/05/2018    5 recensioni
“Merda!”, urlò Hanji e per poco non gli andò storto il tè, “Sono le due!”
Levi tossicchiò un paio di volte, “Che cazzo urli?”
“Era il tuo compleanno due ore fa”, disse con un tono di voce più basso.
In effetti gli era parso strano che quella stupida non si fosse presentata ad urlargli in faccia buon compleanno e a dargli qualche stronzata come regalo. Ma da quando aveva catturato quei giganti, era diventato ormai difficile anche solo vederla in giro.
“Scusami, mi era completamente sfuggito.”
“La cosa importante è che non ti sfugga il fatto che devi lavarti, quattrocchi.”
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hanji Zoe, Levi Ackerman, Moblit Berner, Petra Ral
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Tè nero
 

Hanji stava scrivendo dei documenti importanti riguardo i risultati dei suoi esperimenti sui primi titani catturati dal Corpo di Ricerca dopo tanti anni.
“Caposquadra!”
Aveva fatto soffrire quei due poveri cuccioli, ma ne era valsa la pena perché aveva fatto delle scoperte interess-.
“Ma che fai?!”
Moblit le aveva lanciato una palla di carta in testa, distraendola dalle sue riflessioni.
“La sto chiamando da mezz’ora!”
“Non è una scusa per lanciare cartacce al tuo diretto superiore” e sottolineò diretto superiore perché a volte pareva dimenticarsene. Stava pensando di ritirargliela dritta in fronte, ma prima che potesse farlo si accorse che c’era qualcuno con lui.
“Ah, Petra! Cosa posso fare per te?”
La ragazza si portò una ciocca dietro l’orecchio, ma rispose Moblit al posto suo, “È venuta a bussare alla sua porta sette volte oggi e lei non si è mai degnata di aprire. Così mi ha cercato, era preoccupata che le fosse successo qualcosa!”
Hanji rivolse un sorrisone alla ragazza, “Ma no, Petra! Ero solo impegnata col mio lavoro.”
“E mi spiace disturbarla Hanji-san…” Petra cercò di avvicinarsi alla sua scrivania, schivando i vari libri e oggetti sparsi per terra. Al Capitano sarebbe venuto un infarto se avesse visto quella stanza, “A dire il vero non volevo parlare di niente di particolarmente importante.”
“No, puoi parlarle”, disse Moblit con tono deciso, “Le farà bene sentire qualcosa che non sia collegato ai giganti.”
“Oggi sei particolarmente intraprendente, o sbaglio, Moblit?” disse Hanji.
“No, sono particolarmente stressato.”
“Oh, andiamo, non fare il drammatico”, Hanji si alzò e gli diede una pacca sulla spalla, “per farti felice ascolterò Petra, ma in cambio mi aiuterai con quelle carte.”
“Perché in cambio? Può ordinarmelo.”
“Come sei noioso a volte… volevo comportarmi come una brava leader che apprezza lo sforzo dei suoi collaboratori e cerca di costruire un ambiente di lavoro piacevole e appagante.”
Moblit la fissò per qualche istante, “È meglio che stia zitto.”
“Già”, disse Hanji e ritornò alla sua scrivania, “Quale è questa cosa poco importante di cui volevi parlarmi, Petra?”
Petra compativa il povero Moblit, d’altronde nemmeno lei aveva un superiore con cui era facile relazionarsi. Le venivano i brividi al pensiero delle sue sessioni di pulizia. In quei momenti pensava che forse non sarebbe stato poi così male quantificare la soglia del dolore dei giganti, invece che la soglia del dolore della sua schiena quando spazzava i pavimenti.
“Tra poco è il compleanno del Capitano e pensavamo di fargli un regalo, ma non abbiamo molte idee. Visto che lei lo conosce da molti anni magari potrebbe darci uno spunto.”
Petra e gli altri ne avevano parlato per un paio di giorni. Eld era convinto che dovessero regalargli qualcosa che servisse a pulire. Gunther non approvava l’idea e diceva che dovevano andare su qualcosa che potesse piacergli a parte le pulizie, ovviamente. Oluo pensava ad una sciarpa, -aveva trovato un negozio niente male che ne vendeva di tutti i tipi-, ma a Petra parve stupido regalargli qualcosa che lui già aveva in quantità (un cassetto del suo comò era pieno di queste sue sciarpette bianche). Potevano comprargliene una di un altro colore o un altro modello, ma se non gli piaceva? Propose invece qualcosa che avesse a che fare col tè, la sua altra grande passione oltre alle pulizie.
“Un regalo per Levi?” Hanji si grattò il mento, “Senza dubbio pare un’impresa difficile questa.”
 
*** 

Quel nano arrivato da poco nell’esercito non attirava poi tante simpatie. Nemmeno ad Hanji. E questo già voleva dire quanto intrattabile quel tipo potesse essere.
Comunque, nonostante fosse simpatico quanto un ago infilato in un dito, Hanji non poteva non provare una punta di pena per lui.
Il poveretto era entrato nell’Armata in modo alquanto rocambolesco e per motivi non proprio nobilissimi. Era in definitiva un ladruncolo, anche un po’ fesso, visto che sperava di dare un futuro migliore a sé e ai suoi amici entrando nel Corpo di Ricerca, e chiunque sa che “futuro” e “Corpo di Ricerca” spesso sono due concetti che non vanno troppo d’accordo. E purtroppo i suoi amici lo avevano imparato a loro spese.
Nonostante tutto però, Levi decise di restare nel Corpo, per motivi che Hanji non riusciva a comprendere all’inizio.
Fosse stata nei suoi panni, avrebbe avuto più di un motivo per andarsene e per odiare Erwin. Per qualche tempo pensò anche che fosse rimasto per meditare vendetta contro di lui.
“Non credo sia il tipo che sappia progettare una vendetta a lungo termine.”
“Come fai a saperlo, Erwin?”
“Lo so perché ho già avuto modo di vedere come agisce, Hanji. Se avesse voluto farmi secco poteva farlo durante la spedizione in cui sono morti i suoi compagni. Poteva dire che ero finito in pasto ai giganti, nessuno avrebbe sospettato nulla. Ci ha provato, a dire il vero, ma alla fine ha capito che le sue energie potevano essere sfruttate in altro modo” Erwin le rivolse uno dei suoi sorrisi “sono felice che tu ti preoccupi per la mia incolumità, ma credimi, Levi è molto più semplice di quello che sembra.”
“Semplice?”
Non le sembrava semplice un tizio che non aveva uno straccio di rispetto per la gerarchia. Non che lei fosse un soldato modello in questo, anzi a volte anche lei andava fuori dalle righe. Ma la gerarchia era gerarchia e bisognava seguirne le regole.
Lui invece era arrivato da poco, non aveva nemmeno seguito l’allenamento ufficiale per entrare nell’esercito, ma già si permetteva di chiamare i suoi superiori solo con il loro nome, senza la dovuta cortesia. E la punta massima di maleducazione la riservava a lei, solo perché un paio di volte si era arrischiata a cercare di coinvolgere quel nano, che stava sempre seduto solo come un’anima in pena.
Una volta gli aveva chiesto di pranzare con lei, un’altra di allenarsi insieme, un’altra ancora aveva cercato di farci quattro chiacchiere. Ma niente, era più chiuso e rigido delle Mura che li circondavano e apriva bocca solo per farle capire quanto fosse poco gradita la sua presenza. Ogni volta rincasava da quei confronti con una sequenza di insulti e parolacce.
Stava sempre a dire che lei non era abbastanza pulita, che aveva dei capelli di merda, che i vestiti erano sporchi di merda, che aveva un aspetto di merda. Insomma ai suoi occhi era una merda.
Ormai si era arresa. D’altronde non poteva andare d’accordo con tutti. Doveva pur trovare prima o poi l’antipatico di turno.
Peccato che l’antipatico di turno dovesse essere il soldato più strabiliante che si sia mai visto!
 
Dopo qualche tempo, si rese conto che forse Erwin aveva un po’ di ragione. Non sembrava volersi vendicare, anzi sembrava nutrire per lui una qualche distorta forma di rispetto. Rispetto cieco e assoluto, farcito con qualche insulto, ma comunque rispetto. Seguiva alla lettera tutte le indicazioni di Erwin, anche quelle più folli e suicide, senza metterle mai in discussione. Beh, a volte borbottava qualcosa, ma ad Hanji non erano mai sembrate critiche vere e proprie.
Se Erwin diceva che qualcosa era giusto da fare, allora anche Levi lo pensava e non aveva bisogno di spiegazioni o motivi. Erwin era di per sé un motivo più che valido.
Questo suo atteggiamento le dava ai nervi: Hanji era la donna delle domande, anche quelle che nessuno si arrischiava a porsi. Non prendeva mai nulla come oro colato e pensava fosse sempre necessario capire le cose e farsi una propria opinione. Per questo quando Erwin le spiegava i suoi piani, potevano passare ore a discuterne, mentre con Levi bastavano poche battute.
 
I mesi passavano, ma il loro rapporto sembrava non migliorare.
Tutto sommato adesso almeno si degnava di rivolgerle la parola.
“Hai la faccia di una stitica seduta sul cesso.”
Se ne uscì così un giorno, facendole quasi venire un mezzo infarto perché era concentrata sui documenti riguardanti la prossima missione. Quasi quasi preferiva quando non le parlava.
“Come?”
Lui non si dilungò in spiegazioni e lei riprese a controllare il piano di Erwin, cioè di Shadis. Beh, il piano di Erwin approvato dal Comandante.
“Cos’è che non ti convince, quattrocchi?”
“Stai parlando molto oggi.”
“Tu invece non stai parlando affatto.”
Hanji sospirò, decise di dirgli la verità, “Mi sembra un piano suicida questo. Tipico di Erwin.”
Lui era appoggiato allo stipite della porta, le mani affondate nelle tasche, lo sguardo socchiuso.
“Se lui pensa che sia un buon piano ci sarà un motivo.”
Ad Hanji venne il dubbio che Erwin glielo avesse mandato per convincerla. Ci vedeva Erwin a fare questi giochetti, ma non sapeva se Levi ci sarebbe stato o meno.
“Ti fidi di lui, eh?”
Levi la guardò senza nessuna particolare emozione.
“Sì”, rispose asciutto, come se fosse ovvio. Come se gli avesse chiesto se il cielo è blu o se i giganti mangiano le persone.
Hanji riprese a guardare le carte. E cosa ci poteva fare? Se Shadis dava l’ok, era inutile stare a scervellarsi. Quello era il piano, trovare alternative non era più possibile.
“Tu no?”
Quella domanda la colse di sorpresa perché era arrivata dopo un lungo silenzio. Hanji pensava se ne fosse andato.
“Io… sì, credo”, si corresse, “non quanto te, mi sa.”
Erwin era intelligente, un abile stratega. Ma non era certo onnipotente. Finora gli era andata bene, ma la prossima volta?
Non parlarono più per quella giornata.
Quando Hanji tornò nella sua stanza, le scivolò un occhio sullo specchio, spesso ignorato, che aveva su un comò. Vide una donna con le sopracciglia aggrottate, lo sguardo concentrato e le labbra strette in una linea. Il volto di chi si stava sforzando di fare qualcosa di impossibile. Come una stitica sul cesso. Quella sera perse una mezz’ora buona a vedere il suo riflesso che se la rideva per quella sciocchezza. Hanji non poteva negare che il suo senso dell’umorismo non era niente male.
 
Il piano di Erwin si rivelò alla fine geniale e Hanji si ripromise di avere più fiducia nel suo compagno in futuro.
Qualche giorno dopo, invece, si ritrovò a svolgere una ben più semplice missione. Era andata con Mike a fare degli acquisti per l’Armata, cibo più che altro, ma Hanji voleva cogliere l’occasione per comprare qualche attrezzo per il laboratorio che faticosamente si stava costruendo.
Mike stava ordinando due casse di pesche e nel frattempo Hanji si avvicinò ad un negozio di spezie.
Le venne in mente che poteva comprarsi del caffè perché era da qualche giorno che l’aveva ormai finito.
Entrò nel negozio, ma la sua attenzione fu attirata da qualcos’altro.
Vide una cofanetto nero in ceramica, molto particolare. La proprietaria le spiegò che serviva per conservare il tè. Hanji non ne era una grande amante, non che lo odiasse, ma era più una persona da caffè.
“È l’ultima, le prossime purtroppo ci arriveranno nei primi giorni di gennaio.”
“Tra non molto, quindi.”
Poi si ricordò. Non capì da dove le venne quell’intuizione, forse per il tè o chissà per cos’altro, ma stranamente ricordò che il 25 dicembre era la data di nascita di Levi. Perché ricordava la data di nascita di quel cretino quando a mala pena ricordava il suo di compleanno?
E quindi ora cosa fare? Hanji di solito era più che felice di festeggiare i compleanni degli altri, quando se ne ricordava. Le piaceva fare un piccolo regalo per far capire al festeggiato che era felice di lavorare con lui, che stava facendo un ottimo lavoro e in generale si felicitava in modo implicito per il fatto che fosse sopravvissuto un altro anno nel Corpo di Ricerca.
Ma Levi… probabilmente era il tipo a cui non piacevano certe cose. Già se lo vedeva schifato a ricevere un regalo da lei.
“È tè nero” disse la proprietaria, aprendo il cofanetto per mostrarle alcune foglie.
“Uhm? Perché esiste di altri colori?”
Per lei il tè era tè e basta. Un’acquetta marroncina in una tazza. Ora che ci pensava forse aveva sentito blaterare Levi qualcosa riguardo i vari tipi di tè.
“Sì, esiste il tè rosso, il verde, il bianco, il giallo…”
“Davvero?” Hanji ridacchiò “Non avrei mai detto che ce ne fossero così tanti tipi.”
Levi sembrava tornare più umano solo quando aveva una tazza di tè in mano. L’aveva visto un paio di volte mentre se ne preparava uno e, più che un tizio che si preparava una bevanda, pareva un sacerdote che stesse officiando un rito.
“Secondo lei potrebbe andare bene come regalo di compleanno?”
“Oh, sì, certo!” gli occhi della signora brillarono “questo è un tè eccellente, di prima classe! E il suo contenitore è molto elegante come vede!”
“Non lo metto in dubbio, ma…” era davvero sicura di voler spendere dei soldi per quell’antipatico? Le servivano per altre cose quei soldi. Poteva metterli da parte per quel microscopio che aveva adocchiato nel negozio lì accanto, ad esempio.
“Se ama il tè, non c’è niente di meglio.”
Che amasse il tè non c’era dubbio, ma forse odiava chi glielo stava per regalare.
“Sono convita che il suo ragazzo ne sarà felice!”
Hanji la guardò confusa.
“Chi?”
“Il suo ragazzo.”
“Ragazzo? No, ma che ha capito”, e cosa doveva dire? Di sicuro non era un amico. Un collega? “È per un’amica!” le sfuggì, sperando di risolvere in fretta il malinteso.
La signora rise, “Dicono tutte così.”
“No, guardi è davvero una ami-”, la signora continuava a scuotere la testa, “senta mi dia questo tè e facciamo la finita.”
 
Il 25 dicembre Hanji rimase chiusa nel suo laboratorio per gran parte della giornata. Non era un comportamento strano da parte sua, tutti sapevano che quando stava a fare i suoi studi, lei poteva perdere la cognizione del tempo e sparire per ore e ore dalla circolazione. Ma la verità era che impiegò solo metà di quel tempo per i suoi esperimenti, il resto era un disperato tentativo per capire se la faccenda del tè fosse una cosa buona o meno.
Aveva lo strano presentimento di aver dimenticato di fare qualcosa, ma decise di ignorarlo per risolvere la più pressante questione del regalo di Levi.
Con un sospiro sì rassegnò. Ormai aveva speso i soldi e, per prendere quel benedetto tè, aveva rinunciato al suo amato caffè e quindi tanto valeva darglielo. Se la insultava non sarebbe stato poi così drammatico, lo faceva sempre, cosa sarebbe cambiato ora?
Si alzò dalla sua scrivania, prese il tè e aprì la porta del suo laboratorio. Fortuna (o sfortuna) volle che Levi stesse passando proprio in quel momento. Lui aveva appena svoltato l’angolo e Hanji lo rincorse.
“Levi!” gridò.
Levi nemmeno si voltò.
“No”, disse col suo solito tono.
“Ma come no? Non ho detto nulla!”
“Non ti aiuto con i tuoi esperimenti.”
“Ma chi ha parlato di esperimenti?” Hanji gli corse dietro “Fermati!”
Finalmente si decise a dargli un briciolo della sua attenzione.
“Cosa vuoi?”
Le venne voglia di spaccargli quella cosa in testa, ma invece stese il braccio decisa, facendogli vedere cosa aveva in mano, “Buon compleanno”, disse, come se gli avesse appena rivolto il peggiore insulto.
Levi rimase qualche istante a contemplare il cofanetto nero.
“Cosa sarebbe?”
“È il tuo compleanno”, gli spiegò, “E di solito ai compleanni si fanno i regali. Ti è chiaro questo o devo fare un disegnino?”
Levi la fissò, aggrottando le sopracciglia.
“Pensi che io sia un coglione?”
“Sì,” le scappò e si aspettò la sua solita occhiataccia, o il suo solito insulto. Le arrivò solo l’insulto.
“Sei tu la cogliona”, prese il cofanetto e l’aprì, “Invece di perdere tempo con queste stronzate pensa ad allenarti per evitare di essere divorata dai giganti.”
“Io mi alleno tutti i giorni!”
“O pensa ad impegnati di più con le stronzate che chiami esperimenti.”
Ah, eccolo che ricominciava.
“Non sono str-”
Un momento. Aveva appena detto di impegnarsi con i suoi esperimenti, o si sbagliava? Le stava forse dicendo a modo suo che in fondo, ma molto in fondo, lui pensava che fossero importanti?
“Beh, non ci ho mica messo quattro mesi a prendere quella cosa. A dire il vero l’ho visto per caso l’altro giorno quando sono andata con Mike a…”
“È il mio preferito.”
“… ordinare i rifornimenti di… che hai detto?”
“Che il tè nero è il mio preferito.”
Levi stava guardando le foglie con attenzione.
“Ah, davvero?” Hanji rimase per qualche secondo confusa. Non era preparata a questa sua reazione, “Ti piace quindi?”
“Quattrocchi di merda ti ho appena detto che è il mio preferito.”
Gli era piaciuto. Forse c’era una piccola possibilità di migliorare il loro rapporto.
“Ah, bene”, Hanji ridacchiò grattandosi la testa, “bene… bene.”
Piombò un silenzio tombale che ad Hanji parve piuttosto imbarazzante. Ma quella poteva essere la sua occasione, vedeva una breccia nelle mura.
“Pensavo…”, Hanji lo guardò con un sorriso incerto.
“Cosa?”
Gli si avvicinò di qualche passo.
“Pensavo che mi odiassi in un certo senso.”
Levi aggrottò le sopracciglia.
“Perché?”
“Perché ti comporti…”, come uno stronzo, ma non lo disse, “Non mi odi quindi?”
“Sei una rottura di coglioni a volte. Spesso. Quasi sempre.”
“Ma non mi odi?”
Levi non era bravo con queste cose. Quando si andava a finire sul sentimentale lui aveva due impulsi: il primo era fuggire, il secondo, se non vi era possibilità di fuga, era nascondersi dietro il suo volto inespressivo e rispondere a monosillabi o con degli insulti.
Ma lei non era qualcuno che si arrendeva facilmente. Le altre persone scappavano via già dopo avere incrociato il suo sguardo. Lei pareva immune, invece. Se oggi non le avesse dato ciò che voleva, lei ci avrebbe riprovato domani e dopodomani ancora, con la stessa insistenza con cui cercava di far funzionare i suoi fottuti esperimenti.
Forse però lei si meritava qualcosa in cambio in quel momento. La verità era che non si aspettava che Hanji si ricordasse del suo compleanno, né che avesse notato che gli piaceva il tè. Sembrava sempre così distratta.
Forse poteva sforzarsi una volta tanto ad essere socievole. Almeno con lei.
Levi tirò un lungo sospiro, “Faccio cagare con le parole, credo.”
Era un problema che aveva con chiunque. Ormai aveva accettato il fatto che la maggior parte dell’umanità non lo capisse affatto, “Mi dispiace se hai avuto questa impressione, quattrocchi di merda.”
Hanji sgranò gli occhi. Ammirava il modo in cui la sua espressione poteva cambiare nel giro di qualche istante.
“Ti dispiace?”, mormorò Hanji.
“Ma sei diventata sorda oltre che cieca, quattrocchi di merda?”
“Non ti ho mai sentito chiedere scusa!”
“Sei una cogliona.”
Hanji si girò e appoggiò la schiena al muro. Aveva chiuso gli occhi e incrociato le braccia. Sembrava immersa in una profonda riflessione. Si sentì un cretino a stare lì in piedi, con il tè in mano a fissarla.
Poi riaprì gli occhi e gli sorrise.
 “Ho capito”, disse Hanji.
“Che sei una cogliona?”
“Ma no. Ho capito”, ripeté, “ti ho capito.”
Levi per una volta aveva uno sguardo diverso dal solito che Hanji non riuscì a classificare.
“Bene”, disse Levi, “Meglio così.”
 “Hanji-san!” la voce di Moblit rimbombò poderosa nel corridoio deserto.
Solo in quel momento ad Hanji passò per la testa che forse poteva sembrare strano che due soldati fossero appartati a parlare da soli a bassa voce, vicini.
Ma Moblit non sembrò avere alcuna reazione particolare quando li raggiunse.
 “Si è dimenticata della riunione! Il comandante e gli altri Capisquadra la stanno aspettando, santo cielo!”
Ecco cosa aveva dimenticato! Dovevano discutere dei risultati della missione!
Moblit stava già facendo dietrofront, “Aspetta dove stai andando!” gli urlò Hanji, “Dobbiamo prendere i documenti!”
“Non li ha con sé?”
Moblit fece uno scatto velocissimo e imboccò il corridoio che portava al suo laboratorio.
“Maledizione”, si rassegnò a seguirlo.
“Hanji”, stava per svoltare l’angolo quando Levi la chiamò, col suo nome. Strano.
“Uhm?” si girò e non poté credere ai suoi occhi.
“Grazie”, e nemmeno alle sue orecchie.
Hanji sentì uno strano calore al centro del petto. Tutto questo andava al di là di ogni previsione. Si ritrovò incredibilmente senza parole.
Levi stava sorridendo. Era un piccolo sorriso, gli angoli delle labbra giusto un po’ all’insù. Se qualcuno che non lo conosceva lo avesse visto in quel momento, non lo avrebbe nemmeno notato.
E dire che per un periodo si era sforzata così tanto a farlo ridere. Se bastava del tè per farlo contento, allora gliene avrebbe comprato delle tonnellate.
Forse Erwin aveva davvero ragione.
Aveva fatto bene, aveva fatto così bene a prendergli quel tè. E chi se ne importava se non aveva il suo caffè, poteva starci benissimo senza!
“Ah… ehm… prego”, si mise a ridere per scacciare l’imbarazzo. Per cosa si sentiva in imbarazzo, poi?
 “Hanji-san! Ma quali diavolo sono i documenti per questa riunione? Qui è tutto pieno di carte!” urlò Moblit dal suo laboratorio.
“Ti sei appena guadagnato i regali per i prossimi compleanni” disse a Levi, poi andò a raggiungere il suo assistente, “Moblit non toccare nulla, cavolo! Quelle carte sono importantissime!”
Levi la guardò confuso. Avrebbe provato quella sera stessa il tè. Pareva di buona qualità.
 
***
 
 “Perché non gli prendete una tazza o una teiera? O una scopa? O un qualche prodotto per pulire? Anche un libro non sarebbe male… un libro sul tè…”
“Hanji-san, se inizia a sparare mille idee non penso che aiuterà Petra…”
“… o un libro sulla pulizia? Un libro sulla pulizia delle teiere? Esisterà? Beh, comunque non ha grandi pretese.”
Petra la guardò confusa, aveva perso il filo al libro sul tè.
“Se non gli dovesse piacere? Ah, non vorrei che considerasse infantili fare regali e festeggiare i compleanni”, disse Petra. Probabilmente prima di pensare ad un regalo era meglio capire se lui lo volesse un regalo.
“No, non li reputa infantili”, disse Hanji, sistemandosi gli occhiali “Levi sembra un uomo impossibile e inavvicinabile, ma è molto più semplice di quello che sembra.”
“Cosa intende dire?”
Hanji ormai aveva accettato con rassegnazione questo suo compito. Toccava sempre a lei spiegare alle altre persone i comportamenti bizzarri di Levi, o le sue frasi criptiche, o i suoi silenzi, o i suoi sguardi assassini. Prima o poi avrebbe preteso un salario per questo lavoro.
“Anche se vi insulta non vuol dire che vi odia, il suo senso dell’umorismo è piuttosto particolare ed è sempre relativo agli escrementi; in effetti bisogna avere un certo stomaco per averci a che fare. E gli farà piacere sapere che voi pensiate a quelle che definirà stronzate e anche se vi dirà che sarebbe stato meglio se aveste fatto cose più importanti, beh, non gli credete.” 
Petra la ascoltava con attenzione.
“Per questo dico che è una persona semplice. Una volta che si impara il suo modo di esprimersi, diventa un libro aperto e capisci che dietro una merda può nascondersi il suo affetto per te.”
Ed era la verità. Ormai Hanji poteva dire di capire molto meglio il nano, piuttosto che Mike o Erwin, nonostante li conosca entrambi da più tempo.
Petra parve riflettere sulle sue parole.
“So che il Capitano in fondo è una persona gentile.”
“Molto in fondo” mormorò Moblit.
“In fondissimo”, disse Hanji, ridendo, “ma di solito più conosci le persone, più trovi dei difetti, no? Invece con lui è il contrario: più passa il tempo e più mi ritrovo a pensare che quel nano sia migliore di tutti noi.”
 “Forse ha ragione”, Petra sorrise, “Lo terrò a mente, Hanji-san”, fece un cenno col capo a mo’ di saluto, “Mi spiace per averle fatto perdere tempo.”
Moblit l’accompagnò alla porta.
“È una brava ragazza”, disse Hanji appena Moblit richiuse la porta.
Forse la dolcezza di Petra era esattamente ciò di cui aveva bisogno quel nano per sciogliersi un po’. Hanji era felice che avesse trovato dei sottoposti che lo ammiravano e che ci tenevano a lui.
“Sì, Hanji-san. Sembra molto presa dal suo lavoro.”
“A me sembra molto più presa dal suo Capitano” Hanji fece l’occhiolino a Moblit.
“Solo lei?” sospirò Moblit.
“Che intendi dire?”
“Nulla, nulla”, Moblit si prese una sedia e si sedette di fronte ad Hanji, “Allora queste carte?”
 
***
 
Levi era sceso nelle cucine per farsi il suo solito tè notturno. Quella manciata di soldati che si era scelto un anno fa aveva pensato bene di perdere del tempo prezioso a cercargli un regalo per il suo compleanno.
Non che quella tazza non fosse bella, ma se avessero pensato ad allenarsi avrebbero avuto più possibilità di sopravvivere. Cosa se ne faceva di una tazza se loro non fossero stati in grado di difendersi dai giganti?
Erano già molto forti, era vero, ma nessuno poteva prevedere cosa sarebbe potuto accadere in futuro e non bisognava in alcun modo rimpiangere di aver potuto fare di più.
Comunque quella tazza bianca esaltava il colore del tè. Avevano davvero fatto una buona scelta.
“Ah cavolo!” sentì una voce all’improvviso, “Ma che ora è?”
“Sono le due, quattrocchi.”
“Le due?” Hanji pareva un cadavere risorto dopo giorni di decomposizione “Ah, di notte.”
“Pensavi di giorno?”
“E io che ero scesa per pranzare.”
“Non mi dire che non hai mangiato nulla.”
“Sai che non ricordo? Sawney e Bean sono una fonte così grande di scoperte che-”
La interruppe prima che fosse troppo tardi, riportando il discorso su ciò che era importante.
“Ma il tuo assistente di merda non serve a nulla?”
“Cosa dici? Quando non sta ad urlarmi di allontanarmi, è molto utile.”
“Non mi riferivo a quello, quattrocchi di merda. Fai schifo.”
Non si lavava da un paio di giorni, era evidente. I suoi capelli somigliavano alla merda del suo cavallo e i suoi vestiti erano in condizioni pietose. E tra i compiti del cretino di assistente che si ritrovava, rientrava soprattutto la cura dei bisogni primari di Hanji, dal momento che lei pareva non essere in grado di occuparsene da sola. Forse doveva farci quattro chiacchiere.
Hanji rise e andò ad aprire la dispensa per cercare del cibo.
Levi assottigliò lo sguardo, “Vai subito a lavarti.”
“Ma io voglio mangiare!”
“Vai a lavarti.”
“Dopo che avrò mangiato.”
Levi non poteva sopportare la vista di quello schifo ambulante. La sua sporcizia era un problema che doveva essere risolto subito.
“Non mi costringere ad interrompere il mio tè e a trascinarti con la forza, Hanji.”
Hanji richiuse la dispensa e alzò le mani, “E va bene, sissignore, ma stai calmo, ci vado sola senza bisogno di alcuna violenza.”
“Meglio così.”
Lei si avvicinò lentamente all’uscio e Levi riprese con calma a sorseggiare il suo tè.
“Merda!” urlò Hanji e per poco non gli andò storto il tè “sono le due!”
Levi tossicchiò un paio di volte, “Che cazzo urli?”
“Era il tuo compleanno due ore fa”, disse con un tono di voce più basso.
In effetti gli era parso strano che quella stupida non si fosse presentata ad urlargli in faccia buon compleanno e a dargli qualche stronzata come regalo. Ma da quando aveva catturato quei giganti, era diventato ormai difficile anche solo vederla in giro.
“Scusami, mi era completamente sfuggito.”
“La cosa importante è che non ti sfugga il fatto che devi lavarti, quattrocchi di merda.”
“E quindi cosa ti hanno regalato?”
“Uhm?”
“Petra è venuta da me qualche giorno fa per chiedermi un consiglio su cosa regalarti.”
Levi sollevò la tazza per fargliela vedere.
“Oh, che carina”, Hanji ridacchiò nervosamente, “Mi dispiace, per quest’anno mi sa che non riuscirò a prenderti nulla.”
Levi sospirò, “Sei di nuovo al verde.”
“Già.”
“Se vuoi farmi un regalo vai a darti una lavata.”
Lei sorrise, “Sì, sì, vado” e uscì.
Petra aveva accennato al fatto che aveva chiesto consiglio ad Hanji. Levi era stupito che Petra fosse riuscita a fare con lei un discorso che non fosse correlato ai giganti, dal momento che negli ultimi tempi lei era completamente assorbita dalle sue ricerche.
Ne avevano parlato per un bel po’ e la ragazza si premurò di raccontargli di come Hanji lo aveva descritto perché Petra pensava che potesse fargli piacere.
Quella quattrocchi di merda. Alla fine era riuscita a fargli un regalo a modo suo, senza che nemmeno ne fosse consapevole.
Levi finì il suo tè e andò a controllare cosa ci fosse nella dispensa. C’erano un paio di verdure. Un minestrone sarebbe andato bene per lei.
 
 
 
Note dell'autrice: Spero che la timeline della storia non sia troppo confusionaria. Le parti con Petra si svolgono qualche giorno prima del compleanno di Levi, la parte finale con Hanji e Levi si svolge nel giorno del suo compleanno (a dire il vero il giorno dopo xD), la parte centrale è un flashback post ACWNR, quando il Comandante era ancora Shadis. Per quanto riguarda il flashback forse è necessario spendere qualche parola: penso che per Hanji sia stato un po’ difficile all’inizio relazionarsi con uno come Levi.
Credo che lui, invece, l’abbia da subito considerata una compagna da rispettare (a modo suo ovviamente), ma a sua volta non capiva perché si sforzasse così tanto a coinvolgerlo nelle sue cose.
Con la partecipazione speciale di Petra che è sempre un fiorellino di persona (?) e Moblit che è sempre sull'orlo di una crisi di nervi.
Probabilmente stavolta mi sono fatta prendere la mano, infatti è uscita questa cosa lunghissima D: Però boh, spero comunque che possa piacere :)
Concludo dicendo che adoro imitare il modo di parlare di Levi: è un antistress avere la scusa di scrivere “merda” ogni cinque secondi ahahahah.
 
   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti / Vai alla pagina dell'autore: Siranne