Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: LostRequiem    27/05/2018    1 recensioni
Rimase lì in piedi, così, per troppo tempo.
Solo quando la maglia fu completamente bagnata alzò il viso, si appoggiò al muro, e scivolò fino a terra, fissando il vuoto in un disperato tentativo di non provare nulla.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

 

Black Tears of a Ghost

 

 

 

Si sedette, abbandonandosi con il peso sul divano ormai logoro della sua casa.

Si sedette per sgombrare la mente, per riposarsi e dimenticare per un misero lungo infinito attimo quello che era successo.

Come se non pensarci mai più avesse potuto cancellare tutto.


Si sedette, ma anche volendo non avrebbe potuto dimenticare nulla.

 


Portandosi le mani alla nuca si coprì il viso, si appoggiò con i gomiti alle ginocchia e chiuse gli occhi, sforzandosi di ignorare il pungente mal di testa che lo perseguitava.


Era forte, era sempre stato forte e anzi, aveva passato cose ben peggiori di quella, perciò non riusciva a capire perché invece soltanto adesso si sentisse così distrutto, così inutile, così… illuso. Avrebbe voluto solo scacciare via il dolore. Eliminare l’ultimo anno della sua vita.

Avrebbe voluto dimenticarsi di lui.

 

Si morse il labbro, così forte che dopo un minuto esatto iniziò a sanguinare. Ma non gli importò e continuò a morderselo, perché sapeva che se non si fosse trattenuto sarebbe scoppiato a piangere.


E lui odiava piangere, si sentiva debole quando lo faceva, e aveva lottato tutta la vita per sembrare forte.


Lui odiava piangere perché gli ricordava quando lo faceva da piccolo, nascosto da delle calde coperte, in una casa dove lo avevano sempre ignorato-o peggio- quando invece aveva solo bisogno di affetto.

Lui odiava piangere, perché l’unica persona che l’aveva mai visto farlo era quella che l’aveva tradito.

 

Una goccia di sangue toccò il pavimento nel preciso istante in cui il suo corpo tremò.

E solo allora si disse di odiarlo.

 

 

Aprì gli occhi, alzandosi di scatto dal divano maledicendosi con tutti gli insulti possibili per esserci di nuovo cascato ed averci ripensato.

 

Dopotutto, lui non si meritava tutto questo.

Aveva fatto il più grande sbaglio della sua vita a fidarsi, per la prima volta, di qualcuno che sembrava tenerci veramente a lui. Senza maschere, senza secondi fini, senza sporchi motivi.

 

Non si era mai aperto con nessun altro, ed il primo con cui l’aveva fatto l’aveva pugnalato.

Il primo che aveva accarezzato.

Il primo che aveva guardato in maniera diversa.

Il primo che aveva baciato.

Il primo con cui l’aveva fatto.

Il primo che aveva amato.

 

 

Invece lui non era il primo, era uno dei tanti altri ragazzi con cui era stato.

E non era speciale-come gli ripeteva sempre- era solo un oggetto con cui divertirsi e fare sesso.

E tutti i momenti dolci erano solo bugie per non farlo andare via.


Perché ormai lui si stava legando, affezionando, innamorando, e voleva una relazione affettiva. Perché necessitava di affetto come una pianta quasi secca ha bisogno di acqua, e lui lo dissetava ogni volta che ne aveva bisogno perché non se ne era mai andato.


L’aveva sopportato nei tanti litigi, l’aveva aiutato ad affrontare alcuni dei suoi demoni, l’aveva tirato su nei momenti difficili per poi riaffondarlo e cancellare completamente e per sempre tutto quello che si era creato.

 

Non capiva perché l’avesse fatto.

Ma gli faceva male.

 

Perché era stato usato, illuso di un qualcosa che provava solo lui.

Ed a pensarci bene, lui nemmeno gli aveva mai detto ti amo.

 

Forse perché non lo amava, aveva pensato.

Prima o poi magari anche lui lo avrebbe amato, sperava.

Non si sarebbero lasciati perché lui gli ripeteva sempre che gli piaceva tanto, nonostante tutto. Ci credeva.

 

 

E invece chissà da quanto tempo se la faceva con un altro.

 

 

 

 

Si sentì gli occhi lucidi, e si maledisse nuovamente.

Per un attimo pensò che sarebbe volentieri ritornato a vivere nell’apatia che l’aveva consumato pian piano, fino a fondo, alcuni anni prima piuttosto che vivere quell’Inferno, perché la prospettiva di non provare più emozioni era assai migliore di tutte quelle che stava provando adesso. Era decisamente migliore.

Era magnifica, straordinaria, perfetta.

Perfetta come il loro appuntamento al concerto, come la sua voce, come la loro prima volta, come il loro primo bacio, come i suoi capelli, come i loro abbracci, come il suo maglione, come lui.



 

‘Cazzo!’ gridò, stringendosi il lembo della maglia così forte da farsi male.

Se la alzò fino al viso.

 

 

L’importante però, era non riammalarsi, non voleva, aveva una paura matta di quel mostro che l’aveva divorato per anni facendolo sentire v u ot o, inutile, distrutto, sbagliato. Solo.

 

 


 

 

Solo.


 

           In realtà lo era.                                                                                             Lo era sempre stato.                                                                                       Lo sarebbe rimasto.

                                                                         

 

 

 


 

La maglietta si bagnò.

 

Rimase lì in piedi, così, per troppo tempo.

Solo quando la maglia fu completamente bagnata alzò il viso, si appoggiò al muro, e scivolò fino a terra, fissando il vuoto in un disperato tentativo di non provare nulla.

 


Ma la sua mente lo tormentava, continuava imperterrita a presentargli il suo viso, con quel suo maledetto sorriso stampato sulla faccia, e subito dopo gli proiettava la scena dove premeva le labbra che tanto amava baciare su quelle di un ragazzo che non era lui.

Non sa se l’avesse conosciuto prima della festa, o se fosse successo tutto sul momento, sperava solo che il tradimento fosse durato poco, perché l’idea che non fosse così lo uccideva.

E lui non era tipo da ubriacarsi… anche se non l’avrebbe perdonato neanche se fosse stato brillo.

 

 

Prese il telefono. Cercò il suo numero.

Non guardò la foto del suo profilo.


 

Cancella contatto


 

Gli tremavano le mani.


 

Fissò il suo nome per un minuto esatto, ma poi baciò lo schermo del telefono, proprio sulle labbra della sua foto.

E quando si staccò, e si rese conto di quello che aveva appena fatto, sgranò gli occhi, immobile, lanciò via il telefono, e infine si rimorse il labbro, sentendosi così in colpa per aver fatto una cosa tanto… patetica, da farsi schifo.


Si circondò la testa con le braccia, nascondendo il viso fra le ginocchia, e si ripetette mentalmente un sacco di volte che lo odiava, che in realtà nemmeno lui lo aveva mai amato, che tanto si sarebbero comunque lasciati prima o poi perché i loro caratteri non erano affini, che non aveva bisogno di lui. Provò a convincersene.

 



 

Lui non aveva bisogno di nessuno.

 

 


 

Sentì improvvisamente un peso sulle spalle, e poi qualcosa di morbido che lo accarezzava sulla guancia.

Aprì gli occhi, scacciando il pensiero di lui che gliela baciava ancora prima che si formulasse nella sua mente, e si voltò.

 

“…”

“Arabesque..”

La guardò, e vide il dolore anche nei suoi di occhi.

 

 

Le sfiorò il muso, e lei gli si strusciò sul viso nel vano tentativo di consolarlo.


 

“…Hai sempre avuto ragione tu su di lui..”

Daniel la prese in braccio, e strinse la sua piccola gatta nera a sé.

E soltanto allora scoppiò a piangere senza trattenersi.

 

 

 

 

 

 

“Mi piaci tanto Daniel…”


 

 

Si sentiva di nuovo da solo.

 

 

 

 

 

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: LostRequiem