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Autore: eliseCS    30/05/2018    1 recensioni
«In a land of mith, at the time of magic, the destiny of a...»
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«Ma dico la sentite? Queste storie le fa sembrare delle tragedie epiche...»
«Hanna ti prego...!»
«No, Althea: secondo me ha ragione lei...»
«Robin...»
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*L’Autrice si schiarisce la voce*
«Come stavo dicendo: in una terra mitica, in un’epoca dominata dalla magia, il destino di un...»
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«...di un gruppo di poveri, innocenti – e sfigati – ragazzi sottostà al volere di un’autrice volubile e indecisa che siccome ha un sacco di tempo da perdere si inventa i modi più assurdi per farli appaiare perché quelli classici a quanto pare non vanno più di moda»
«Hanna per l’amor del cielo...»
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*L’Autrice rinuncia ed esce dalla scena – tanto con le introduzioni è pessima in ogni caso*
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§
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Prendete un mondo in cui le anime gemelle esistono sul serio.
Prendete il sito fanwriter.it e andate nel generatore casuale di promt a tema soulmate.
Aggiungete un destino che ovviamente ci mette lo zampino perché ammettiamolo: se trovi la tua anima gemella non è perché ti è piombata addosso cadendo dal cielo – ma magari sbilanciandosi durante una partita a twister sì...
Unite le tre e otterrete la storia che, spero, state per leggere.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Soulmate: il nome della propria anima gemella tatuato fin dalla nascita su una parte del corpo
Prompt: giocare a twister



- Twister of Names -







«In a land of mith, at the time of magic, the destiny of a...»
 
«Ma dico la sentite? Queste storie le fa sembrare delle tragedie epiche...»
«Hanna ti prego...!»
«No, Althea: secondo me ha ragione lei...»
«Robin...»
«Sì?
«...»
«Diego smettila di ridere!»
 
*L’Autrice si schiarisce la voce*
«Come stavo dicendo: in una terra mitica, in un’epoca dominata dalla magia, il destino di un...»
 
«...di un gruppo di poveri, innocenti – e sfigati – ragazzi sottostà al volere di un’autrice volubile e indecisa che siccome ha un sacco di tempo da perdere si inventa i modi più assurdi per farli appaiare perché quelli classici a quanto pare non vanno più di moda»
«Hanna per l’amor del cielo...»
«Tesoro, ho il tuo nome tatuato addosso da quando avevo 10 anni...»
«E io il tuo, Robert»
«No, non chiamarlo così, che poi inizia a lamentarsi dicendo che si sente vecchio”
«Diego, tu è meglio se stai zitto”
 
*L’Autrice rinuncia ed esce dalla scena – tanto con le introduzioni è pessima in ogni caso*
 
 
§
 
 
Prendete un mondo in cui le anime gemelle esistono sul serio.
Prendete il sito fanwriter.it e andate nel generatore casuale di promt a tema soulmate.
Aggiungete un destino che ovviamente ci mette lo zampino perché ammettiamolo: se trovi la tua anima gemella non è perché ti è piombata addosso cadendo dal cielo – ma magari sbilanciandosi durante una partita a twister sì...
Unite le tre e otterrete la storia che, spero, state per leggere.
 
 
 




 
Parte Prima
 


Althea si guardava nervosa allo specchio: i suoi vestiti potevano andare bene per la festa di compleanno di un perfetto sconosciuto?
Ancora non riusciva a capire come Hannah fosse riuscita a convincerla – anche se a pensarci bene, conoscendo le doti oratorie e di convincimento dell’amica, forse non avrebbe dovuto stupirsi più di tanto.
 
Lei e la sopracitata ragazza erano amiche praticamente da sempre come nella più classica delle storie: i loro genitori erano amici fin da giovani e le due bambine, nate lo stesso anno a distanza di solo un paio di mesi, avevano passato un sacco di tempo insieme già dalla culla.
Qualcuno avrebbe potuto dire fossero sorelle talmente erano legate e inseparabili; erano un duo praticamente perfetto e bilanciato.
 
Tutto in Hanna suggeriva di avere davanti una persona esplosiva, a cominciare dal suo aspetto: non era molto alta pur rimanendo nella media, ma la sua bassezza – come diceva qualche volta Althea quando voleva prenderla in giro – veniva compensata dalla folta chioma di capelli ricci e scuri, color dell’ebano, che la ragazza portava quasi sempre sciolti e, da quando i suoi glielo avevano permesso a patto che fosse lei a gestirseli, lunghi fino a metà schiena.
Aveva la fortuna di avere una carnagione che sembrava perennemente abbronzata – merito probabilmente delle origini mediterranee dei genitori – e curve che le facevano spesso guadagnare occhiate di apprezzamento da parte degli esemplari dell’altro sesso, soprattutto da quando aveva cominciato a crescere.
Aveva un personalità allegra e scoppiettante, tendenzialmente festaiola e sempre pronta a vedere il lato positivo di ogni situazione. Cosa molto utile dal momento che Althea, al contrario, spesso e volentieri preferiva vedere quello negativo: era sempre stata, anche quando era più piccola, più tranquilla e posata rispetto ad Hannah, e crescendo il suo carattere era rimasto, per così dire, impostato in quel modo.
Prima il dovere e poi il piacere, prima lo studio e poi – se proprio doveva – la festa.
Althea non si era mai fatta problemi a dire che tra restare a casa a leggere un libro e andare ad una festa lei avrebbe scelto la prima senza pensarci due volte.
Hannah diceva sempre che era colpa di quel suo atteggiamento se non aveva ancora trovato la sua anima gemella e lei in risposta sbuffava e alzava gli occhi al cielo ogni volta.
 
Anima gemella.
 
Quella era un’altra delle differenze tra loro due: se da una parte Hanna ci aveva sempre creduto assiduamente e incondizionatamente, perdendosi in progetti tanto sdolcinati quanto improbabili su quello che avrebbe fatto una volta che avrebbe trovato la sua, Althea non ci aveva mai attribuito molta importanza, affermando tra le varie cose di stare benissimo così com’era.
Non poteva dire di non crederci, quello no.
D’altra parte sarebbe stato difficili non farlo quando ogni persona aveva tatuato addosso il nome della sua presunta anima gemella già dalla nascita, e lei non faceva eccezione.
Quelli che quando era piccola sembravano solo degli scarabocchi messi lì a caso si erano mano a mano trasformati e poi completamente definiti quando aveva compiuto dieci anni: il nome che aveva scritto in un bel corsivo tondeggiante sulla schiena, che le occupava tutto lo spazio tra le scapole, era impossibile da non notare.
 
 
Althea sospirò guardandosi la schiena allo specchio per assicurarsi che tutte le lettere che formavano il nome Robert fossero ben coperte dal top che indossava; non le piaceva andare in giro lasciandole in vista.
Hannah era stata di certo più fortunata di lei avendo il nome nella parte interna del braccio destro, anche se al contrario suo la mora non mancava occasione per metterlo in mostra.
 
«Ti prego dimmi che non hai davvero intenzione di venire via così»
Althea sussultò accorgendosi solo in quel momento che la sua migliore amica era appena entrata in camera sua.
«Ciao anche a te Hannah. Sto bene, grazie per averlo chiesto» le rispose sarcasticamente.
Il suo abbigliamento non aveva nulla che non andava.
Borbottando qualcosa a mezza voce la riccia l’aveva fatta spostare per poi raggiungere il suo armadio.
Dopo averci frugato dentro per un istante ne riemerse stringendo qualcosa tra le mani.
 
Oh no, ci risiamo...
 
«Si può sapere perché non metti mai questa?» domandò brandendo una maglietta davanti a sé come se fosse stata un’arma. «Cosa ti ha fatto di male?»
L’indumento in questione era stato proprio un suo regalo, ma era più forte di lei, non riusciva a metterlo.
E la cosa dipendeva largamente dal fatto che la maglietta era progettata per lasciare completamente scoperta – eccetto che per un paio di lacci che si intrecciavano – la schiena di chi la indossava.
 
«Non eravamo in ritardo?» domandò retoricamente Althea dopo essersi guardata un’ultima volta allo specchio per accertarsi che il trucco fosse a posto per poi afferrare con una mano la pochette con la tracolla appoggiata sul letto e il braccio di Hannah con l’altra.
«Non avevo capito che eri così ansiosa di andare... se l’avessi saputo sarei passata a prenderti prima!» commentò la riccia non appena furono fuori dopo aver salutato i genitori dell’altra.
Althea non rispose salendo in silenzio sull’auto nuova di zecca che i genitori di Hannah avevano regalato alla figlia per i suoi diciotto anni.
«Prima arriviamo, prima andiamo via» esalò alla fine mettendosi la cintura di sicurezza, ma con un tono così basso che l’altra non la sentì nemmeno.
 
Il festeggiato, da quello che aveva capito lei, doveva essere l’amico del fidanzato di una delle ragazze che frequentavano il corso di fitness con Hannah.
In altre circostanze la mora non avrebbe insistito così tanto per poter essere invitata, ma si dava il caso che il ragazzo in questione si chiamasse Diego, e lei non poteva certo lasciarsi sfuggire l’occasione per scoprire se per caso non fosse proprio il  Diego di cui aveva il nome tatuato sul braccio.
 
 
Althea si era sempre chiesta come si facesse ad essere sicuri di aver trovato la persona giusta.
Dopotutto chissà quante Kate o quanti Jack c’erano nel mondo... come si fa a capire se quello che incontri è proprio lui?
Aveva provato a chiederlo ai suoi genitori una volta, ma tutto quello che aveva ottenuto erano state occhiatine dolci e sorrisi sdolcinati tra i due, accompagnati dalla vaga spiegazione «Quando incontri la persona giusta lo capisci» e lei aveva velocemente lasciato la stanza prima che le venisse il diabete – o peggio...
 
 
 
«Eccoci!» esclamò Hannah richiamando la sua attenzione mentre si sfregava le mani eccitata.
Althea sperò per lei che il Diego della festa fosse quello giusto.
«Ho mandato un messaggio a Judy per dirle che siamo arrivate, così ci fa entrare» aveva intanto continuato l’altra.
Lei sorrise incoraggiante e scese dall’auto.
Nonostante fossero solo le otto di sera la festa sembrava già nel pieno del suo svolgimento – e sì che non sarebbe dovuta essere iniziata da più di mezz’ora.
«Lo sai che apprezzo che tu sia venuta con me, vero?» le domandò Hannah mentre percorrevano il vialetto che attraversava il cortile.
«Se farti trovare la tua anima gemella servirà a non farmi più partecipare a questo genere di feste sono più che contenta di dare il mio contributo» scherzò Althea facendole una mezza linguaccia.
«Questo è lo spirito giusto ragazza... Judy, ciao! Grazie ancora per l’invito...»
 
Nelle ore che seguirono Althea si costrinse a non pensare al fatto che sarebbe potuta essere a casa a studiare per il test di ammissione del college e a divertirsi.
Fortuna che chiunque avesse deciso di improvvisarsi dj quella sera aveva dei gusti musicali decenti, si ritrovò a pensare mentre suo malgrado si lasciava andare al ritmo della musica.
Le era sembrato di vedere un ghigno soddisfatto sul volto di Hannah l’ultima volta che si erano incrociate, ma a causa della scarsa luminosità non avrebbe potuto giurarci.
 
Ad un certo punto della serata cominciarono i giochi: la bottiglia, hai mai... Althea si tenne a debita distanza ogni volta che venivano scelti i giocatori, limitandosi a fare il tifo per Hannah che invece sembrava aver deciso di non perdersi neanche un giro pur di restare vicino a quello che doveva essere Diego.
All’annuncio dell’inizio dell’ennesimo giro di obbligo o verità Althea avvisò che sarebbe uscita un attimo a prendere una boccata d’aria.
Ormai si andava verso l’estate, mancava meno di un mese alla fine della scuola, ma l’aria della notte era comunque fredda.
Althea rabbrividì: indossava un paio di shorts a vita alta e una maglia con le maniche a tre quarti che però le lasciava scoperta una buona porzione di pelle tra la fine dei pantaloni e l’orlo della maglietta.
Meno male che non aveva messo la canottiera con la schiena fuori che le aveva regalato Hannah.
La luna non era altro che una sottile falce nel cielo scuro, ma nonostante quello i lampioncini piantati nel giardino che circondava la casa sopperivano in modo abbastanza adeguato alla mancanze di luce naturale.
La musica dall’interno non arrivava attutita come avrebbe voluto e la testa le rimbombava discretamente anche se era stata attenta a non bere più di un paio di bicchieri.
Non aveva alcuna intenzione di ubriacarsi, lei.
 
Si appoggiò al bordo di una delle grandi fioriere che erano posizionate subito davanti al patio della casa distendendo le gambe davanti a lei, fissandosi poi le caviglie.
Quella destra in particolare.
 
 
 
Inizio flashback
Era una giornata piovosa, la quarta consecutiva quella settimana e ancora non si riusciva ad intravedere uno sprazzo di bel tempo.
Non che ad Althea importasse più di tanto, quel giorno poi ancora di meno.
Durante l’allenamento di quel pomeriggio Federica, l’allenatrice, aveva finalmente annunciato i nominativi delle ginnaste che avrebbero partecipato da titolari alle nazionali, e lei era tra quelle.
Per di più era una delle due che avrebbe partecipato sia nella gara a squadre che nelle individuali.
Avevano persino cominciato a imbastire la sua coreografia con le clavette – che erano il suo attrezzo preferito, seguite a ruota dal nastro – e lei non sarebbe potuta essere più felice di così.
Non vedeva l’ora di dirlo ai suoi genitori.
 
La ginnastica ritmica era praticamente tutta la sua vita.
Aveva iniziato con un corso propedeutico all’età di quattro anni, e già a sei l’avevano fatta passare ad un altro più serio vedendo quanto fosse portata.
Era stata dura riuscire a conciliare tutto: la scuola e lo studio, le ore di allenamento che aumentavano progressivamente, il tempo libero e gli amici.
Per non parlare della dieta. Il suo fisico slanciato e affusolato non si sarebbe mantenuto da solo.
Era stata dura ma ce l’aveva fatta, riuscendo a dedicare il giusto tempo e importanza a tutto, anche se la ginnastica aveva sempre avuto il posto d’onore.
E finalmente quei sacrifici avevano dato i loro frutti: quell’anno sarebbe addirittura andata alle nazionali!
 
Quasi saltellando Althea uscì dall’edificio che ospitava la palestra aprendo l’ombrello sopra la sua testa per ripararsi dall’acqua che continuava a scendere implacabile.
Fece qualche passo scendendo dal marciapiede per cercare la macchina di suo padre tra tutte le altre che erano parcheggiate lì intorno – altri genitori in attesa dei propri figli – lasciando a mala pena lo spazio necessario se una macchina avesse voluto uscire dalla zona di parcheggio.
 
Come succede sempre in questi casi tutto accadde così in fretta che ebbe a mala pena il tempo di rendersene conto.
 
Ci fu un rumore di stridio di freni, e prima che riuscisse a girarsi Althea era già stata spinta via dalla macchina che l’aveva urtata quando, fuori controllo, aveva sbandato verso il marciapiede esattamente dove si trovava lei.
 
In pochi secondi un sogno era stato distrutto, insieme alla caviglia destra della ginnasta a causa del fatto che nell’impatto il piede le era rimasto incastrato nella canalina di scolo che correva a ridosso del marciapiede.
 
Althea era già svenuta a causa del dolore quando le prime persone avevano cominciato ad accorrere.
Fine flashback
 
 
 
Althea non aveva mai pianto così tanto in vita sua, ma tutte le lacrime che aveva versato non erano riuscite a cambiare lo stato delle cose: non solo non avrebbe potuto partecipare alle nazionali, ma a causa delle brutte fratture che aveva subito e del conseguente intervento non avrebbe più potuto fare ginnastica ritmica.
Era stato un trauma, in tutti i sensi, e nonostante tutti i mesi che erano passati – trasformatisi poi in anni - , nonostante alla fine fosse tornata a camminare senza problemi, il pensiero di non poter più stare in punta, di dover stare attenta a come e quanto fletteva il piede, e soprattutto di non poter più tornare in pedana, la faceva stare male.
 
Solo Hannah e la sua insistenza erano riuscite infine a fare breccia nel mutismo quasi assoluto in cui si era rinchiusa, convincendola – costringendola – ad uscire con lei, a partecipare alle feste, a svagarsi...
Finchè alla fine Althea stessa si era detta che non poteva andare avanti così, e aveva deciso di darci un taglio.
Letteralmente.
Un pomeriggio invece di tornare direttamente a casa dopo la scuola aveva fatto una deviazione dalla parrucchiera che regolarmente le dava una spuntatina per tenere sotto controllo le doppie punte.
Solo che quella volta non si era trattato di pochi centimetri.
I suoi capelli biondi come il grano, sempre lasciati lunghi sia per orgoglio personale che per poter essere agevolmente raccolti quando faceva ginnastica, erano stati tagliati in un corto caschetto che metteva in risalto la linea dolce del suo viso e le spalle dritte e magre forgiate da anni di ritmica.
I suoi genitori erano rimasti a dir poco scioccati ma non avevano commentato.
 
Il secondo passo era stato svuotare la sua camera da qualsiasi cosa avesse potuto ricordarle della ginnastica: il suo borsone, i suoi attrezzi, i body, le mezze punte... persino i poster che aveva appeso alle pareti erano stati sostituiti.
 
 
 
Althea sospirò sfregandosi le mani sulle braccia senza però distogliere lo sguardo dalle sottili cicatrici che perlacee e leggermente traslucide sbucavano dalla scarpa per allungarsi – alcune – fino quasi a metà polpaccio.
Maledetta canalina di scolo.
Nella caduta non si sarebbe fatta un graffio – l’urto con la macchina era stato frenato da un’altra auto che era parcheggiata proprio lì affianco e l’aveva protetta, altrimenti sarebbe stata proprio messa sotto – se solo il suo piede non fosse rimasto incastrato...
 
«Qualcosa mi dice che anche tu vorresti essere altrove... mi rincuora sapere di non essere l’unico»
Althea si raddrizzò di scatto staccandosi dalla fioriera giusto per ritrovarsi davanti un ragazzo.
 
Era più alto di lei – che era un metro e settantatre – e aveva un fisico niente male, almeno da quanto poteva capire dai jeans e dalla giacca di pelle che aveva indosso.
Aveva i capelli scuri, non neri ma castani, ma quello che subito l’aveva colpita erano stati i suoi occhi.
Anche lei li aveva azzurri, ma quelli del ragazzo sembravano essere del colore più puro e al tempo stesso penetrante che avesse mai visto – ed era tutto dire vista la scarsa illuminazione che c’era.
 
«Non sono mai stata un tipo da feste» si giustificò alla fine immaginando che il ragazzo stesse giustamente aspettando una risposta da lei.
«Nemmeno io, ma a quanto pare a questa proprio non potevo mancare» replicò lui con un sorriso.
Althea si ritrovò a fissarlo quasi in contemplazione: cosa le stava succedendo?
«Ah no?» ribattè cercando di darsi un tono.
Non poteva instupidirsi così per un paio di begl’occhi e un sorriso.
«... potrei essere il fratello del festeggiato; e pur essendo io il più piccolo a quanto pare i nostri genitori ritengono sia quello con più sale in zucca e hanno acconsentito a lasciare la casa libera solo se fossi rimasto io di guardia... e chi sono io per negare una festa di compleanno a mio fratello?» spiegò con una scrollata di spalle.
«Ti hanno incastrato proprio bene insomma» in effetti adesso che l’aveva detto Althea poteva notare qualche somiglianza con il ragazzo che Hannah aveva puntato.
«Già. Qual è il tuo motivo invece?» aveva intanto domandato lui.
Althea emise un verso a metà tra uno sbuffo e una risata sarcastica, rendendosi poi conto di quanto assurda fosse la situazione.
Il ragazzo la guardò incuriosito dalla sua reazione.
«Sai tutta la questione dei tatuaggi e dei nomi...?» si affrettò ad incominciare il discorso. «Ecco, dico solo che Hannah, la mia carissima migliore amica, ha il nome Diego tatuato sul braccio, e aveva bisogno di supporto emotivo... almeno fino al sesto bicchiere di qualsiasi cosa sia la bevanda che danno dentro»
Il ragazzo aveva seguito il discorso serissimo, ma alla fine scoppiò a ridere.
«Mi dispiace per la tua amica, ma temo che il nome che mio fratello si ritrova tatuato addosso sia Lawrence»
Althea scoppiò a ridere a sua volta: Hannah avrebbe decisamente dovuto aspettare ancora.
 
Non sapevano quanto erano rimasti a parlare fuori in giardino, ma apparentemente nessuno dei due sembrava avere intenzione di tornare all’interno.
Ad un certo punto il ragazzo le aveva addirittura appoggiato la sua giacca sulle spalle vedendo che di tanto in tanto si lasciava sfuggire qualche brivido di freddo.
Althea non ricordava di essersi mai trovata così bene con qualcuno dopo così poco tempo.
Avevano parlato di scuola – non si erano mai incontrati prima pur essendo allo stesso anno perché Althea ne frequentava un’altra più vicina a dove abitava –, dei loro amici, dei loro hobby.
Stupendo se stessa era riuscita persino a raccontargli della sua passione per la ginnastica ritmica, di tutti i sacrifici che aveva fatto, gli ostacoli che aveva superato per poi ritrovarsi a non poter più fare quello che tanto amava.
La presenza del ragazzo era stata talmente rassicurante che non aveva neanche sentito il bisogno di piangere come succedeva di solito quando veniva toccato l’argomento.
E un’altra cosa che l’aveva colpita era che sembrava davvero interessato a quello che lei stava dicendo, come se avesse capito quanto la cosa fosse importante per lei, come non era successo neanche con la psicologa che l’avevano costretta a vedere dopo l’incidente durante la riabilitazione.
 
Per non parlare poi del fatto che sembravano avere gusti per lo meno simili in diversi ambiti, dalle letture alla musica al cinema, e persino in fatto di cibo.
 
 
Un ragazzo così potrebbe essere la mia anima gemella...
 
Il pensiero si era formulato da solo, quasi per scherzo, ma Althea si ritrovò a trattenere il respiro nel rendersi conto che, tra tutti quei discorsi, ancora non si erano chiesti come si chiamavano.
Una domanda così semplice, al limite del banale, ma all’improvviso aveva paura di porla e soprattutto di scoprirne la risposta.
 
Intanto anche l’altro aveva smesso di parlare, quasi si fosse reso conto che qualcosa non andava.
Althea fece un respiro profondo, le lettere tatuate tra le sue scapole all’improvviso sembravano aver cominciato a bruciare.
«Senti, non ti ho ancora chiesto come...»
 
 
«Robin?! Ecco dov’eri finito, ti stavamo cercando!»













Buon pomeriggio a tutti e benvenuti a questo nuovo esperimento.
Puntualizzo che ho riproposto l'introduzione della storia all'inizio perchè nella descrizione non ci stava tutta.
Detto questo, beh, non credo ci sia molto da spiegare.
La sottoscritta si annoia, finisce per sbaglio (o forse no) in un sito che fornisce promt casuali e questo è il risultato.
La storia è strutturata in due parti, quindi un altro capitolo e stavolta ho già finito.
Ringrazio già chi sarà sopravvissuto riuscendo ad arrivare a leggere fino alla fine :)
Proporrei le classiche "due recensioni per la pubblicazione della seconda parte" ma probabilmente la caricherò quando sarò soddisfatta del risultato.
A presto (giuro, prometto che se ho riscontri positivi cercherò di aggiornare il prima possibile!)
E.​
   
 
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