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Autore: Giovievan    02/06/2018    3 recensioni
"Devo essere davvero orribile ai suoi occhi, no? Mi viene da ridere. Non sono forse il brutto mostro con cui deve per forza andare d’accordo se vuole continuare a piacere a Freezer?"
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Dodoria, braccio destro di Lord Freezer, è inviato assieme a Zarbon sul pianeta Tzareg per conquistarlo nella loro prima missione insieme. L'obiettivo reale dell'Imperatore infatti non è il pianeta, bensì fare in modo che i suoi uomini d'élite si avvicinino e finalmente, dopo i loro contrasti, inizino a fare squadra. Obiettivo non facile, considerando che non potrebbero essere più diversi di così.
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Questa storia è uno spin-off di Freezer:Origins e si ambienta tra i capitoli 24 e 25.
Genere: Azione, Dark, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dodoria, Zarbon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Origins: come tutto ebbe inizio'
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Zarbon è accanto a me poco distante nella mia stessa posizione, il viso voltato dal lato opposto; riesco a vedere soltanto la sua treccia che si aggroviglia sul terreno e le mani strette dietro la schiena. Siamo ben lontani dall’ammasso di case che avevamo visitato poco tempo fa, in uno spiazzo aperto tra i monti;. Come diamine ci siamo finiti resta un mistero.
Qualcuno espira rumorosamente come se avesse trattenuto il fiato fin troppo a lungo e dal tono intuisco subito chi sia.
Un’altra tecnica, maledetto!
«Oh, santo cielo» dice, in preda all’affanno, recuperando il fiato che ha evidentemente utilizzato per il suo stupido giochetto. «Era da un po’ che non usavo tutta quest’energia assieme. Parlate, vi sciolgo la testa.»
Fa come ha detto. D’improvviso il torpore che mi avvolgeva il collo svanisce e la mia testa ricade pesante contro il pavimento, battendo gli spuntoni sul terreno e lasciando dei profondi solchi. La alzo per guardarlo: il nanerottolo si è fatto avanti fino a posizionarsi proprio al centro tra me e Zarbon.
«Ti giuro che appena mi libero ti strappo gli occhi dalla faccia e li divoro a due a due» ringhio, ma prima che possa concludere il nemaniano mi interrompe.
«Soialat. È così che ti chiami, no?»
Il nostro amico alieno sembra colto alla sprovvista.
«S… sì?»
«Tu sei il più forte in questo villaggio» continua Zarbon. «Nettamente più forte, in realtà. Nessun altro va oltre il mille, come livello combattivo, mentre tu superi persino il tremila.»
«Cosa stai dicendo?» dice lui, circospetto. Le mani sono ancora piegate e rivolte verso di noi mentre ci tiene immobilizzati nella sua telecinesi.
Zarbon intanto sorride.
«Come vedi non siamo degli sprovveduti. Sei l’unico sul pianeta con una tale potenza o ci sono altri esseri speciali come te?»
Mi chiedo cosa diamine stia dicendo e, soprattutto, perché stia sprecando così tanto fiato invece di liberarsi. Tento di scuotermi dalla barriera che mi circonda: qualcosa scricchiola, sento che non è del tutto salda. Forse se provassi a raccogliere tutta la mia energia…
«Non lo so» ammette lui intanto.
«Come credevo.»
«Cosa dici? Se stai cercando di ingannarmi…»
«Ingannarti? Assolutamente no. Sai perché siamo stati mandati qui?»
«Per conquistare il nostro meraviglioso pianeta» ringhia lui pieno di rancore e io sorrido, dato che meraviglioso è una parola davvero grossa per questa roccia sperduta e arida. Zarbon però scuote il capo.
«No, Soialat. Siamo stati mandati qui perché ci hanno parlato di te: lo Tzare dall’immenso potere che abita queste terre. Speravamo di incontrarti ed eravamo certi che saresti venuto fuori se avessimo minacciato di conquistare il pianeta intero.»
«Di… di me? Chi vi ha parlato di me?»
Già, Zarbon, chi dannazione ci ha mai parlato di lui?
La barriera telecinetica inizia a indebolirsi. Soialat sta tenendo le redini quanto più possibile ma non potrà resistere ancora a lungo: la sua tecnica gli ha tolto parecchia energia, oltre al fiato.
«Le voci corrono, l’Universo è piccolo» dice Zarbon. «Lord Freezer ci ha chiesto di venirti a proporre di entrare tra i suoi uomini. Sta componendo una squadra speciale con i guerrieri più potenti e tu lo sei, con la tua tecnica… cos’è che hai fatto, di preciso? Hai fermato il tempo?»
«Sì» ammette lui. Ora capisco come ha fatto a immobilizzarci in questo stato in così poco tempo: una tecnica del genere era l’unica possibilità che aveva per fregarmi. «Ma non mi imbroglierai con questi stupidi trucchetti. Stai solo tentando di farti liberare!»
«Ovvio. Ma non senza offrirti qualcosa in cambio.»
Nega, si allontana d’un passo. Se Zarbon sta provando a conquistare la sua fiducia non mi pare proprio un ottimo tentativo.
«Se ti libero mi ammazzi in un istante. E se non lo fai tu, lo fa questo qui.»
Mi indica con un cenno del capo. Puoi giurarci, vorrei sputargli contro, ma Zarbon sembra sempre prevedere gli insulti che stanno per uscirmi di bocca perché anche stavolta mi anticipa.
«Lui è soltanto irruento ma in realtà è un fedele servitore di Lord Freezer… non è vero, Dodoria? Uccideresti mai l’oggetto della nostra missione?»
Sento che c’è una sola risposta giusta a questa domanda.
«Certo che no» dico, ma nella mia voce c’è chiaramente una presa in giro che Zarbon tenta di mascherare.
«Ecco. Quindi cosa farai? Ci libererai oppure… oppure cosa, in effetti? Ci terrai bloccati qui in eterno?»
Esita. Il suo tono è incerto, come se in fondo questa situazione vada contro la sua volontà, come se lo avessero coinvolto in qualcosa da cui si sarebbe volentieri tenuto lontano. Sono sicuro che in questo momento preferirebbe trovarsi tra le fiamme degli inferi piuttosto che qui ad avere a che fare con noi.
«Stanno arrivando gli altri capitribù» rivela con un tono che vorrebbe essere minaccioso. «Tra poco sarete ingabbiati e messi in una cella finché non decideremo cosa farne, di voi.»
«Sei ancora in tempo, dunque» lo incalza Zarbon. «Forza, liberaci. Ti prometto che non torceremo un capello né a te né a nessuno dei tuoi simili.»
Non ci posso credere: questo mostriciattolo ci sta riflettendo sul serio. Non ho idea di cosa possa accadere adesso, l’unica cosa certa è che sta abbassando la guardia e questo, assieme al potere che percepisco consumarsi si minuto in minuto, rende la barriera attorno a me sempre più debole.
L’energia che sto richiamando sta per essere abbastanza potente da frantumarla. Mentre la accumulo mi accorgo che il rilevatore sta trasmettendo sul suo schermo due informazioni: innanzitutto delle scarse energie che si avvicinano da ovest in enormi gruppi da centinaia di membri; poi l’aura di Zarbon, che cresce a vista d’occhio. Ciò vuol dire che anche lui sta richiamando energia… il suo piano mi è chiaro d’improvviso. Come ho fatto a non capirlo prima?
Intanto l’alieno continua a riflettere.
«Come faccio a sapere che stai dicendo la verità?»
«Purtroppo dovrai fidarti di me. Ma non è abbastanza, come prova, che già conoscessi il tuo nome e il tuo aspetto? Come avrei fatto a riconoscerti se non mi fossi stato indicato come bersaglio della missione?»
Il signorino sa essere davvero convincente, devo ammetterlo. L’espressione che ha in viso è esattamente la stessa che aveva su Nemanan quando giurava fedeltà ai suoi concittadini prima di tradirli e consegnarli tra le braccia della morte: ora capisco perché Freezer lo ha voluto con sé. È uno spregiudicato, sporco bugiardo.
«Sì…» sussurra lui.
È arrivato il momento e non ho intenzione di attendere un attimo di più. Finalmente tutta la mia energia sovrasta quella che mi teneva imprigionato: la chiamo a raccolta, poi la espando tutt’attorno a me e la barriera telecinetica va in mille pezzi emettendo un profondo boato. L’alieno fa un passo indietro colpito dal rinculo del suo stesso colpo e quasi perde l’equilibrio.
Mi metto in piedi pulendomi il viso dalla terra con un braccio: potermi muovere non mi è mai parso più bello di così. Lo stesso fa Zarbon accanto a me e come credevo mi sembra molto preoccupato per i suoi vestiti e soprattutto per i suoi capelli; vi passa una mano, sciogliendo la treccia e scuotendoli per liberarli dal terriccio rosso.
«Hai impiegato anche troppo» mi rimprovera.
«Io? Non mi pare che tu abbia fatto prima di me.»
«Io ero impegnato a parlare, idiota.» Se prima avevo provato qualche vago sentimento positivo nei suoi confronti adesso ritorna in me prepotente la voglia di malmenarlo. «Tu non dovevi fare altro che liberarti.»
«È ciò che ho fatto, mi pare.»
Ci voltiamo entrambi verso l’alieno che a stento riesce a rimettersi in piedi. Questa tecnica, assieme alla precedente, pare aver prosciugato ogni goccia della sua già scarsa energia. Sembra preoccupato e fa bene a esserlo, anzi, non lo è ancora abbastanza.
Zarbon sorride, crudele. Questa è la sua vera natura e nessun gioiello o sorriso principesco potrà mai nasconderla.
«Peccato che tu non ci abbia liberati sul serio. Oltre ad avere avuto un vantaggio contro i tuoi sporchi simili forse avremmo davvero deciso di risparmiarti la vita, chissà. Dodoria, per cortesia, pensaci tu.»
Non aggiunge altro. Si impegna a dividere i suoi capelli in tre ciocche che intreccia con incredibile cura preoccupandosi che nemmeno un capello risulti fuori posto. Per una volta, tuttavia, un suo ordine non mi fa che piacere.
«Agli ordini, principessa.»
L’alieno trema come una foglia mentre mi avvicino a lui e non ha la forza per opporsi quando lo afferro per il cranio sollevandolo dal suolo. Il suo corpo è inerme, abbandonato, le braccia si alzano a stento e le mani non arrivano a sfiorare le mie.
«Per la cronaca, abbiamo letto il tuo nome sul rilevatore. Se ti sei illuso di avere qualche importanza mi dispiace per te ma no, non sei meno inutile di qualche ora fa. Però adesso non ha più importanza, no?»
Così, a mezz’aria col collo stretto tra le mie dita, non può parlare ed è proprio un peccato, perché la risposta a quella domanda è molto interessante. Per non lasciare nulla di incompreso lo faccio io e non riesco a trattenere le risa.
«No, non ne ha più!»
Finalmente posso sfogare la mia rabbia contro quest’essere. Gli premo le mani contro la testa sentendo il cranio molle scricchiolare e qualcosa all’interno spostarsi. Premo senza pietà, senza fermarmi, finché qualcosa non fa crack e la sua testa si apre in due spaccando la pelle e inondandomi le mani di viscido sangue viola. La sensazione è stata davvero soddisfacente; lo getto a terra, ormai senza vita, pulendomi le mani contro la battle suit e impregnandomela di quello schifoso viscidume.
Zarbon sbuffa.
«Non sai davvero essere più discreto?»
«Taci se non vuoi essere il prossimo» lo rimbecco. Nello stesso istante in cui si lascia ricadere sulla spalla la sua treccia perfetta il rilevatore ci avvisa che le presenze si sono fatte molto vicine. Alzo gli occhi: uno sciame di puntini neri ronza all’orizzonte contro la poca luce che illumina il cielo. Mi sgranchisco le dita e Zarbon fa lo stesso.
«Mezz’ora» scommetto. Lui sorride.
«Un quarto d’ora. Abbondante.»
«Se vinco diremo a Freezer che mi sono liberato all’istante dalla telecinesi di quel parassita.»
«Se perdi invece loderai dinnanzi a lui la mia ottima idea. Vorrei che mi chiamassi l’Ingegnoso Zarbon.»
«Neanche se mi preghi in ginocchio.»
«Non fare il difficile, abbiamo poco tempo. Affare fatto?»
Il solo pensiero di doverlo elogiare dinnanzi a Freezer mi irrita in modo indicibile; farò il possibile affinché ciò non avvenga.
«Affare fatto» accetto. Lo sciame si è interrotto; dinnanzi a noi l’intero orizzonte è oscurato da centinaia di insulsi alieni che hanno intenzione, forse, di attaccarci tutti assieme. Mezz’ora e saranno tutti fuori dai giochi.
 
 *  *  *
 
Dodici minuti. È stato questo il tempo che abbiamo impiegato a disfarci di quasi un migliaio di quegli alieni finché i pochi restanti non hanno deciso di arrendersi e piagnucolare per aver salva la vita.
È assurdo che quasi avessimo ragione quando prendevamo in giro quell’essere chiamato Soialat: il rilevatore continuava a cambiare bersaglio ogni volta che il mio sguardo coglieva un nuovo avversario e la maggior parte di loro non superava il livello mille; qualcuno andava oltre il duemila, solo un paio – che hanno richiesto particolare attenzione – si avvicinavano al cinquemila. Paradossalmente Soialat era sul serio tra i più forti del pianeta. La cosa è ridicola.
Il problema adesso è un altro. Mentre ci dirigiamo in volo verso le nostre astronavi Zarbon se la ride sfregandosi le mani pulite: non ha colpito nessuno neanche con un pugno, si è limitato a usare l’aura da lontano per non sporcarsi le mani. Il suo breve incontro col terreno deve aver irritato abbastanza la sua pelle delicata. Quasi mi viene voglia di spalmargli in faccia le mie mani grondanti sangue violaceo.
«Non vedo l’ora di sentire cosa avrai da dire a Lord Freezer» sorride da infame che è. Lo detesto ma ogni promessa è debito: non credo di avere scelta.
«La prossima volta ti farò ingoiare le tue maledette risate» lo minaccio, ma lui non sembra intimorito dalle mie parole.
«Pensa a elaborare il discorso e non dimenticare l’Ingegnoso Zarbon. Me lo devi, bastardo. È negli accordi.»
Ringhio. Lui sorride.
«Ammettilo, è stata una bella pensata» dice, e sento che nel suo tono stavolta non c’è traccia di scherno. «L’abbiamo tenuto buono. Se avesse deciso di attaccarci mentre eravamo inermi ci avrebbe sicuramente fatto del male e ho l’impressione che se ti avessi lasciato dire anche solo una parola sarebbe finita esattamente così.»
Non posso negarlo. Probabilmente se avessi parlato avrei rovinato tutto.
«Non avrei mai potuto inventare una tale bugia. Insomma… come hai avuto il coraggio di dirgli che abbiamo organizzato questa missione apposta per un essere insulso come lui?»
«Ho trattenuto a stento le risate, infatti.»
Le Attack Balls sorgono in lontananza proprio nella buca sperduta in cui le avevamo lasciate. Pochi attimi dopo siamo pronti a entrare. Ho voglia di staccarmi da faccia il rilevatore ma non oso farlo: Freezer aveva ragione, mi è stato più utile del previsto.
Zarbon si ripulisce la battle suit dalla polvere e apre il portello della sua navetta, ma prima di infilarsi all’interno si volta verso di me e mi sorride.
«Non fraintendermi per la confidenza che ti ho dimostrato: continui a essere un mostro disgustoso. Lascerò credere a Freezer di stimarti, in qualche modo. Tuttavia almeno adesso so che ci si diverte a vedere con quanta malagrazia dilani i corpi degli avversari.
»
«Lieto di averti fatto divertire» lo schernisco mentre entro nella mia navicella. «E tranquillo: il disprezzo è ricambiato.»
«Bene»
Si chiude alle spalle lo sportello e io faccio lo stesso.
Mi ripeto che dovrò avere a che fare con quest’essere in ogni momento della mia esistenza se continuo a lavorare per Freezer, quindi sarà meglio che me lo faccia piacere in qualche modo. In fondo, però, sono costretto ad ammettere che non è tanto male: per quanto possa essere insopportabilmente vanitoso e oltremodo arrogante almeno non è egocentrico in battaglia e sa come uccidere senza fare troppo rumore lasciando a me la scena. Potrebbe essere un buon compagno a patto che tenga la bocca chiusa.
L’Attack Ball si solleva dal suolo senza un rumore, poi sfreccia a gran velocità verso il pianeta Vegeta. Questa missione si è conclusa, la prima di tante che dimostreranno a Freezer quanto io, Dodoria, sia il suo degno braccio destro. E guai a chiunque osi dubitarne.


 
*  *  *
 
Per leggere il continuo della storia dal POV di Freezer vi indirizzo al capitolo 25 di Freezer:Origins (online il 6/06)
Grazie per la lettura! ^_^
   
 
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