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Autore: Hikari_Sengoku    03/06/2018    1 recensioni
[Il regno del drago d\'oro]
[Il regno del drago d'oro]Nella Valle degli Yeti, Wandgi che viene dal Cielo ama la Terra.
Genere: Angst, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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La Valle degli Yeti

Wandgi ricordava poco degli umani. Era appena un bambino quando era stato lasciato nella Valle degli Yeti, e ora che per il numero delle sue dita (di mani e piedi) erano cambiate tutte le stagioni, a malapena ricordava il valico delle montagne, e il freddo intenso. Non ricordava nemmeno come ci fosse arrivato fin lissù, chi ce l'avesse portato, ma non gli era mai interessato, esattamente come gli era stato insegnato a non interessarsi a salire quelle ripide rocce nere. Il punto più lontano in cui era andato era dove erano custodite le ossa degli antenati, insieme alla sciamana-capo villaggio, Grr-Ympr, la yeti più vecchia che avesse mai visto, un enorme groviglio artritico alto più di due metri di lunghi peli incrostati di sudiciume, con il moccio verde al naso 365 giorni l'anno. Era quella che si era presa cura di lui fin da bambino, insegnandogli tutto quello che sapeva. Diceva sempre che erano stati gli dei a portarlo fin lì, credevano che fosse quello il luogo in cui il suo destino si sarebbe compiuto. Wandgi ci credeva, come credeva in qualsiasi cosa le dicesse Grr- Ympr, come facevano tutti. Chi non obbediva a Grr-Ympr, chi non credeva a Grr-Ympr, veniva buttato nelle fumarole. Ma non c'era bisogno nemmeno di dirlo. 
Nella Valle degli Yeti, c'era un posto dove Wandgi passava un sacco di tempo. Era una scheggia di brillante roccia nera che si era staccata millenni prima dalle pareti della gola, e ora pendeva, sporgendosi verso il terreno, immobile come un'ombra. Wandgi, che non era ne forte ne agile come gli altri, amava quel posto, perchè era qualcosa che sembrava solo lui potesse raggiungere. Certo, nessuno degli yeti si era mai interessato a salirvi. Perchè mai avrebbero dovuto? Era scomodo, e da lì non si poteva fare niente di utile. Ci si poteva solo sedere, e guardare la valle. Quindi,nessuno degli yeti ci saliva, e Wandgi poteva covare l'infantile illusione che solo lui potesse salire lì sopra e guardare la Valle. E la Valle era bellissima. Se guardava in alto, vedeva un piccolo nastro celeste. Grr-Ympr diceva sempre che era da lì che lui era venuto, dal cielo. Se guardava in basso, però, difficilmente credeva che il cielo potesse essere più bello della Terra. Il loro era un vasto altopiano vulcanico. Macchie grigio-azzurre costellavano la spianata, erano bassi arbusti e grandi funghi variopinti. Ovunque vi erano pozze d'acqua gorgogliante e strane formazioni rocciose, e dalla Terra spuntavano lunghe scie di fumo bianco che sparivano poi nell'aria, creando una foschia densa e brumosa. Da lì, poteva vedere la sorgente termale che irrorava d'acqua la valle, e addirittura i fiori violetti che la costeggiavano. Insomma, era uno spettacolo bellissimo, e lui lo adorava. Grr-Ympr non amava che andasse lì, ogni volta, ma glielo lasciava fare, forse perchè lo vedeva avvicinarsi al suo luogo d'origine e credeva la sua fosse una pulsione naturale. Poi, da lì poteva vedere benissimo quando lo chiamava, vedeva tutte le loro caverne! Insomma, amava quel posto più di ogni altra cosa, più di tutte le sue pellicce e di tutti i suoi chegno. Alla fine, era poco quello che gli era concesso fare nella comunità, e se non fosse stato per Grr-Ympr, probabilmente sarebbe stato morto da un pezzo. Era gracilino, rispetto agli altri, uno di quelli che sopravvivevano per sbaglio, più per pesare sulla comunità che per altro, ed era per questo che non andava a caccia. Gli altri lo vedevano così magro, quasi glabro, deboluccio, freddoloso, costretto sempre a vivere nelle pellicce, e non desideravano affatto volerlo tra i piedi. Per fortuna, la vecchia sciamana l'aveva preso come suo unico allievo, o dopo la morte dell'anziana yeti proprio non avrebbe saputo come sarebbe potuta andare a finire.
Stava dunque guardando il suo piccolo regno da quella roccia, quando un urlo straziante gli trafisse le orecchie. Era una femmina, e era giù, al villaggio. Subito si rialzò e corse verso il luogo di ritrovo. Le altre femmine, non appena lo videro arrivare, espressero un moto di ribrezzo, repulsione, allontanandosi sia da lui che da colei che aveva lanciato il grido, senza tuttavia osare alzare lo sguardo. Come futuro sciamano, l'aura di paura che lo circondava era d'aiuto, per il suo aspetto malaticcio, più di là che di qua, molti lo credevano capace di parlare con gli antenati e di altri incredibili prodigi, ma il suo lato più sensibile soffriva molto dell'essere allontanato così.
La femmina che aveva gridato si lamentava ancora sommessamente, totalmente indifferente alla sua presenza, si stringeva al petto un fagottino di peli bianchi, inerte. Era l'ennesimo aborto per Grinn-Angrr, e Wandgi era profondamente dispiaciuto per lei. Si conoscevano fin da cuccioli, quando rotolavano insieme nel fango, e nel passare degli anni l'aveva vista in queste condizioni fin troppe volte, fino a quando anche a lui era stato chiaro che non potesse sostenere gravidanze. Lui non l'avrebbe mai costretta a questo dolore, ma non era il suo compagno, e poco poteva fare per lei, se non alleviare la sua pena con le sue doti sciamaniche. Ondeggiando sulle lunghe gambe pallide e glabre, Wandgi si avvicinò a lei, compiendo ampie orbite circolari sul suo capo con il proprio bastone, imponendo alle altre di allontanarsi, e come era consuetudine, prese in braccio il cucciolo inerte, che avrebbe poi consegnato alla vecchia Grr-Ympr. Grinn-Angrr tentò debolmente di fermarlo, ma sapeva di non poter opporsi alle usanze del loro popolo. Le tozze dita si tesero un'ultima volta verso il piccolo, gettò un alto grido di dolore e svenne, accasciandosi sul braccio libero del giovane sciamano. L'altro la sostenne prontamente, reggendo con un solo braccio l'intero peso della femmina. Per riuscire a sostenerla meglio, strinse le proprie dita, più lunghe e affusolate, sulla sua spalla, affondando nel morbido vello candido. Vide le dita dell'altra stringersi ancora debolmente, intrise di sangue, e i piccoli occhi muoversi febbrili sotto le palpebre. Si avvicinò ancora, staccando la giovane dalla pietra sulla quale era precedentemente seduta e lasciando che poggiasse sul suo ginocchio piegato dietro di lei.
Le altre yeti lo guardavano attonite e scioccate. Se non fosse stato uno sciamano, probabilmente l'avrebbero cacciato via, ed era solo il suo status a salvarlo, perchè a nessun maschio era permesso di avvicinarsi in questi casi. Uno yeti, uno dei più imponenti (e anche dei più vecchi), venne loro incontro correndo, con un'espressione brutale sul viso largo e sgraziato, interamente ricoperto di ispidi peli, la bocca incurvata in un ringhio spaventoso, con ancora pochi denti marci, il naso largo e piatto, la fronte bassa e sfuggente. L'orribile compagno di Grinn-Angrr, venuto a prendersi da lei quel poco di dignità che le era rimasta e a moltiplicarle la pena, per quanto possibile. Lo apostrofò con un ringhio che aveva tutta l'aria di voler dire 'giù le mani dalla mia femmina', imponendogli con pochi gesti congiunti di braccia e mani di allontanarsi immediatamente, e di dargli il cucciolo. Fu allora che Wandgi capì. Credeva che il cucciolo fosse vivo, e che Wandgi prendendolo con se ne volesse rivendicare la paternità. Già di per se l'idea era folle, nessuna femmina gli avrebbe mai permesso di avvicinarsi a lei in quel modo, ma poi il solo fatto che a quel bruto interessasse soltanto sfruttare al massimo la povera Grinn-Angrr lo mandava in bestia. Ancora con un braccio e una gamba occupati a sorreggere la giovane, si protese con il resto del corpo verso l'altro, mostrandogli il corpicino inerte del figlio, che pendeva senza vita dal suo braccio, con l'espressione più feroce che possedeva glielo allungò minacciosamente, quasi uno spauracchio, una dimostrazione della poca considerazione che aveva di lui. Il vecchio yeti gli ringhiò incerto una prima volta, deciso ad affermare una propria superiorità nei confronti di quella misera creatura, bassa, magra, dal viso lungo, così nuda e imperfetta, pallida e scarna da sembrare l'incarnazione stessa della morte. Quando lo vide però ritirarsi, per accudire accarezzando dolcemente la femmina, allora pensò che un disonore ancora più grande per quella fosse abbandonarla alle cure di quell'omuncolo, dichiarando così a tutta la comunità quanto essa fosse stata una pessima compagna, incapace di generare una prole e costringerla a dipendere da un maschio incapace di concederle di per se stesso alcuna discendenza, oltre che costretto non soltanto dal suo status a non poterle procacciare autonomamente alcun sostentamento. Così, drizzando le gambe solitamente curve, si allontanò tronfio.
Il giovane sciamano sputò sulle sue grosse orme, prima di lasciare che fossero le altre femmine ad occuparsi della loro compagna, e correndo invece a portare il piccolo nato morto alla vecchia, che lo accolse dal fondo della caverna più grande con il solito grugnito, unicamente vestita di orpelli in corno e denti, sul fondo di una galleria rivestita di pelli prese ai chegno e strappate agli antenati, perchè guidassero il loro cammino. La sua bocca era aperta, totalmente sdentata, ed emanava un profondo puzzo di sudiciume misto a carne in decomposizione, che Wandgi sospettava con una certa fondatezza fosse la sua ultima cena, di cui si vedevano ancora le tracce scure e incrostate sul vello lungo e ispido, talmente sporco da non avere un colore definito. Depose con dolcezza ai suoi lunghi piedi, sproporzionati per la sua altezza, il piccolo corpicino, adagiandolo sulla morbida pelle di un chegno. La vecchia lo accolse con un grugnito di disapprovazione, chiedendogli con una serie di ruggiti misti a mugugni e lunghi versi bassi come mai fosse lui a portarglielo, aiutata dai gesti delle mani. Wandgi le spiegò quanto era accaduto, e la sciamana, come prevedibile, andò su tutte le furie, 'obbligandolo' con un suo ordine a prendersi cura della giovane. Come se ce ne fosse stato bisogno, Wandgi l'avrebbe fatto a prescindere.
Quando per la prima volta si stese di fianco a lei, Grinn-Angrr non faceva ancora parte del suo nucleo. Ancora un giorno, e sarebbe stato lui ad occuparsi anche del suo sostentamento. Lei lo sapeva, e fu per questo che lo lasciò stendersi al suo fianco, senza tremare o allontanarsi. In fondo, lo conosceva da tanto di quel tempo che la paura non aveva mai avuto modo di manifestarsi nei confronti di qualcosa che conosceva da sempre. Si era lasciata trascinare dalle altre, ma si accorse durante quella sera quanto in fondo quel maschio che alla fine desiderava solo stendersi al suo fianco, senza toccarla, alla fine le piacesse, e di quanto il desiderio di rimanergli affianco non fosse poi alla fine così folle, ne tanto discriminante come aveva creduto. Dal canto suo, Wandgi non poteva che lasciarsi andare a pensierose riflessioni. Sapeva che durante la notte la vecchia l'avrebbe chiamato per insegnargli e compiere con lui una pratica che lo preparava, e come lui preparava tutti coloro che per la prima volta si apprestavano ad unirsi ad una compagna.Solo, lui l'avrebbe appresa non solo come colui che deve essere preparato, ma anche come allievo di colui che prepara. Nell'attesa, non faceva altro che confrontare le differenze tra lui e Grinn-Angrr. Lei era molto più imponente di lui, quasi una volta e mezzo la sua altezza, due volte la misura delle sue spalle, per non parlare del morbido vello di cui era ricoperta e di cui lui era vergognosamente sprovvisto, nudo se non per quelle pelli di cui si ricopriva per proteggersi dal freddo e del grasso del quale si ungeva per lo stesso motivo. Vedeva le sue pallide gambe magre a confronto con le sue, grosse, tozze, forti, leggermente curve, perfette, le proprie minuscole braccia, le dita lunghe, sottili, le unghie rosee, non nere o giallastre come le sue, grosse il doppio delle proprie. Quel viso, che al contrario del suo, lungo e dai lineamenti sottili come in lui tutto lo era, era invece ampio, dolce, dalle grandi nari sane, la fronte sfuggente, il mento piccolo e due piccoli ma acuti occhi scuri. Insomma, gli stavano venendo i complessi d'inferiorità. Temeva seriamente lei lo potesse disprezzare e allontanare. Tutti interrogativi che sperava di veder dissolti col tempo. 
La vecchia lo chiamò, portandolo in una piccola caverna defilata dalle altre, e lì lo chiamo al suo fianco, perchè apprendesse la preparazione degli sciamani ai rituali. Il piccolo corpicino del nato morto giaceva in mezzo a loro a dividerli, una sorta di confine invalicabile. La vecchia si portò prima alla bocca una scodella ricolma di un nauseabondo liquame, poi con un sasso spaccò la testa del cadavere, e con la grossa mano vi scavò all'interno, estraendone il cervello e mangiandolo con un sol boccone, inspirando forte col naso, quasi ne volesse assumere la primordiale forza vitale ancora intrisa in quelle giovani membra. Wandgi inorridì, ma lo sguardo acuto e penetrante della vecchia su di se lo fece desistere da ogni intento, che esso fosse fuggire a gambe levate o svuotare lì il proprio stomaco, si impose di resistere, giurando che mai avrebbe compiuto un gesto simile, in barba a tutte le tradizioni. La vide suggersi le tozze dita lorde di sangue dei resti del piccolo, lo scrutava con i piccoli occhi cisposi e quasi ciechi, mentre il piccolo corpicino veniva scagliato via, ormai inutile, in un angolo. Certo, non potevano farvi una pelle. Il cadaverino orribilmente violato ricadde vuoto al suolo con un suono di cocci frantumati, abbandonato, lurido del suo stesso sangue, gli occhi mai aperti, la testa invece aperta in brandelli di pelle e peli sanguinolenti e frammenti d'ossa. Dopo l'orrido atto, la vecchia lo invitò a bere della stessa, nauseabonda scodella, e a ritirarsi a pregare gli antenati che solo lei ricordava più, e il giovane obbedì in silenzio, e nel silenzio di quella notte vide luci ed ombre, e il volto di sua madre, il canto di suo padre, le braccia di Tensing e Grr-Ympr che lo prendeva con se, e ancora uccelli dalle ali sempre dritte che solcavano i suoi cieli, ed enormi coleotteri dalle ali rotanti che vi atterravano, e a guidarli era l'uomo.
Quando il mattino dopo si alzò, non seppe con quale coraggio riuscì a guardare in faccia la sua compagna, sentendosi complice del terribile atto.
Quando, quella stessa sera, si ritrovarono a cenare insieme, Grinn-Angrr proprio non riusciva a capire perchè Wandgi non la guardasse. Come aveva fatto a contrariarlo? Allora forse era proprio vero che era una pessima compagna! Finito di cenare, si ritirò in un angolo e pianse. Wandgi la vide,e si sentì ancora più in colpa, perchè credeva piangesse ancora per il figlio perduto. Le si avvicinò pianissimo, aspettando che si allontanasse inorridita, e rimase sorpreso quando vide i suoi liquidi occhi scuri sollevarsi con una sorta di felicità dipinta al loro interno. Wandgi l'attirò con la testa sulla propria spalla, stringendola a se col braccio, si stesero l'una al fianco dell'altro, dove potevano essere uguali a dispetto di tutte le loro diversità. Quando, negli anni a seguire, quelle terribili immagini tornavano a torturargli la mente, stendersi al suo fianco era l'unico modo per far assopire quel suono di cocci rotti sul fondo della sua coscienza.
   
 
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