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Autore: HellWill    03/06/2018    1 recensioni
"«Perché con quell’atto di eroismo, [...] diedero inizio ad un movimento che è sopravvissuto fino ad oggi: la Resistenza».
«La Resistenza? Resistenza a cosa?».
«Ai soprusi, all’ingiustizia, allo sfruttamento, alla miseria imposta. All’ignoranza, alle leggi disoneste, alla discriminazione, alla schiavitù. Resistenza al mondo umano marcio e alle sue regole corrotte. Resistere per combattere e liberare l’umanità dalle sue piaghe in modo che chiunque, umano o Non, possa vivere libero, rispettato, in pace»."
tratto dal primo volume dei Sentieri Sconosciuti, "Soffitti Sconosciuti".
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sentieri Sconosciuti'
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Prologo
Hairesis
L’Origine

 
In principio vi era il Nulla.
Il nulla era popolato da esseri di Tutto, gli Heorid, che conducevano la loro esistenza in maniera del tutto diversa da come noi potremmo svolgere la nostra.
Gli Heorid erano infatti esseri di puro pensiero: non avevano carne, non vivevano, non avevano bisogni o sogni, ma avevano pensieri e sentimenti, dal momento che era proprio ciò a costituirli e a farli esistere.
Gli Heorid provavano piacere nello stare gli uni con gli altri, e in poco meno di un milione di nostri anni scoprirono che avevano oltre che una presenza intelligente, anche delle capacità; il passo dallo stare insieme per piacere allo stare insieme per diletto fu breve: in poco più di cinquemila anni gli Heorid presero a sfidarsi con spirito giocoso ad inventare.
Non avendo corpo, gli Heorid non disponevano di una lingua o una gola o una bocca per modulare dei suoni; gli Heorid avevano semplicemente pensiero, mente, e così comunicavano fra loro. I loro pensieri erano musicali ed armoniosi, e corrispondevano sempre al vero ed alla più profonda essenza di loro stessi e dei sentimenti che andavano ad esprimere.
Ma di cosa potevano mai parlare gli Heorid, in un luogo di Nulla in cui le sole cose che potessero esistere erano proprio loro, esseri di Tutto?
Gli Heorid comunicavano le proprie idee.
Ben presto diventò una sfida: chi riusciva ad ideare la cosa più bella? La cosa più fantasiosa? Ma gli Heorid non hanno mai avuto rivalità, dunque si unirono nel pensare ed ideare questa grande cosa che era la sfida.
Fra gli Heorid non vi era gerarchia di sorta: non vi erano poveri di spirito, non vi erano nobili di spirito, non vi erano re; esisteva solo un Heorid, la Suprema Autorità, che si occupava di gestire le faccende più importanti: la nascita di nuovi Heorid, la cura dell’integrità del Nulla, i pensieri e le idee più belle. Al di fuori di questo, la Suprema non aveva altri incarichi, ma aveva una grande saggezza in quanto era la più vecchia e dunque il pensiero più potente fra gli Heorid.
La Suprema si accorse che qualcosa non andava: gli Heorid che la aiutavano a svolgere i suoi compiti erano infatti rimasti in pochi, mentre a decine, forse centinaia, si erano radunati a pensare e pensare affinché un’idea nuova e terribilmente utile e bella germogliasse in loro stessi e nella loro mente comune. Vedendo questo sforzo collettivo, la Suprema decise che era cosa buona e stava per unirsi a loro, quando percepì qualcosa.
Questo qualcosa non era propriamente un pensiero, era più una presenza: somigliava ad un singolo Heorid, ma era infinitamente più potente, infinitamente meno potente… era diversa da qualunque Heorid la Suprema avesse mai percepito. Spaventata da tale cosa, la Suprema rifuggì gli Heorid che avevano fatto ciò e allargò i propri pensieri, in maniera da capire cosa fosse quella presenza nuova... e localizzandola nel Nulla: era materia.
La Suprema, inorridita da tale scoperta, credeva di poter ristabilire il Nulla in qualche modo: preservarlo era suo compito, affidatole dall’intera comunità di Heorid, ma qualsiasi sforzo fu vano: nel giro di diecimila anni ancora, uno schiocco di dita per un Heorid, quella materia solida, strana e così terrificante per esseri di solo spirito, era cresciuta, moltiplicandosi, divenendo abbastanza grande. Gli Heorid che avevano passato tutto quel tempo a pensare a quell’unica idea nata da tanti, gioirono di quella invenzione, e si dedicarono ad esplorarla: dovevano dargli un nome, e così come avevano dato un nome a tutto ciò che di astratto avevano potuto ideare – le geometrie, la matematica, le idee stesse – chiamarono quella nuova cosa, così diversa da tutto, “materia”. E la materia che formava quella cosa era “prima”, perché null’altro esisteva prima di essa. Lentamente gli Heorid cambiarono quella materia prima, la modellarono, la eliminarono, la ricrearono, insomma, scoprirono il piacere di lavorare collettivamente a quell’unica idea. E la Suprema, che li osservava in silenzio disapprovando quella condotta infima e miserevole, si decise a comunicare ai suoi compagni il suo sdegno.
«Come avete osato» comunicò loro, emettendo pallidi sentimenti di rabbia «intaccare il Nulla che mi avete ordinato espressamente di preservare?».
Gli Heorid la circondarono della luce tranquillizzante delle proprie menti, tentando di rassicurarla, ma la Suprema pretese delle spiegazioni: come avevano fatto a creare quella cosa dal nulla?
«È il potere delle nostre idee, o Suprema Autorità» spiegarono univocamente gli Heorid, emanando gioia pura «Ogni idea è verità, ogni verità esiste, ogni esistenza è potere».
La Suprema, colpita ma ferita al contempo da tali parole, si ritirò altrove con gli Heorid rimasti con lei invece di partecipare alla creazione di quella nuova idea. Rifletté per lungo tempo, mentre dietro di lei la materia prima diventava altro, ed altro ancora, modellata e creata ancora dagli Heorid.
Gli Heorid crearono infine un palazzo, enorme ed infinito, che rispondeva alle loro volontà come una mano risponde alla volontà del proprio umano; il palazzo era come se fosse un prolungamento delle menti armoniose degli Heorid, che agivano in cooperazione totale, gli uni uniti agli altri in essenza di luce pura.
Entro diecimila anni ancora il palazzo fu ultimato e gli Heorid, che avevano nominato – man mano che creavano – le nuove idee che gli portava quella materia, si resero conto che la loro creazione ultima aveva bisogno di un nome anch’essa. Così gli diedero un nome che nelle loro menti, come pensiero, suonava come una melodia breve ma assai significativa, che piacque subito a tutti; in Deniwa questa melodia fu poi fu tradotta “Jeun”, che nella nostra lingua vuol dire “creazione”.
Gli Heorid capirono che la loro jeun era ultimata quando scoprirono che questa mutava, cambiava, a seconda di come mutavano le loro idee; ma a quel punto, prima ancora che gli Heorid creatori potessero dedicarsi a scoprirla e ad esplorarne tutte le potenzialità, la Suprema aveva esaurito il suo riflettere e, con enorme sforzo ed enorme potere visto che era l’Heorid più saggio, decise che gli Heorid creatori dovessero essere puniti per aver intaccato il Nulla perfetto del loro mondo.
Mandò dunque a chiamare tutti gli Heorid creatori e un nuovo concetto balenò nella mente collettiva degli Heorid: era nata l’idea di tradimento. Il sentimento della Suprema Autorità era condiviso dagli Heorid che con lei erano rimasti e che si erano sentiti esclusi e disgustati da quell’attaccamento alla materia, da loro considerata imperfetta in contrapposizione alla perfezione del Nulla.
In collegio e secondo una decisione univoca, la Suprema aveva deciso che la punizione per gli Heorid ‘traditori’ dovesse essere terribile quanto commisurata alla colpa: per una legge che la Suprema aveva definito “dell’analogia”, se quegli Heorid amavano tanto la materia, la loro punizione sarebbe stata di essere per sempre legati ad essa.
Così dicendo, il suo pensiero era realtà; e siccome era realtà, gli Heorid colpevoli si ritrovarono improvvisamente confinati in un corpo fatto della stessa materia prima che loro stessi avevano ideato: bianca, immutabile, strana.
Muti lamenti si levarono dagli Heorid-non-più-Heorid, e sommo dolore riempì gli Heorid fedeli alla Suprema che videro quei corpi grotteschi con dentro i loro compagni cadere nel Nulla e schiantarsi sulla jeun che avevano creato; terribilmente afflitti da quella pena, senza sapere ancora come controllare bene quei corpi che sentivano così stretti ed estranei in confronto all’immensità del Nulla che avevano sempre riempito senza sforzo, gli Heorid traditori capirono cos’era successo e perché quel senso di tradimento pulsava dentro le loro menti come in quella della Suprema: il Nulla era il solo non-luogo abitabile dagli Heorid, e qualunque cosa non fosse il Nulla non era adatta ad accoglierli. Colmi di vergogna, gli Heorid traditori decisero di rifugiarsi nel loro Palazzo, e scoprirono pieni di meraviglia che nonostante i corpi, le loro capacità rimanevano immutate. Vi erano certo quelle stranissime sensazioni che arrivavano dal loro involucro troppo stretto, si sentivano male lì.
Si dedicarono così all’esplorazione della loro jeun, che nemmeno loro conoscevano pur avendola creata, e immaginarono un mondo capace di accoglierli; immaginando, così come avevano fatto per la jeun, creavano; e creando, scoprivano.
Così, nella loro jeun che era un palazzo infinito, comparve una Porta.
Non appena un Heorid traditore la vide, perché era strano ma sì, quei corpi vedevano: non c’era più la sola percezione mentale che li aveva sempre guidati, bensì un milione di altre sensazioni. E insieme, gli Heorid-non-più-Heorid capirono che dovevano dare un nome anche a quelli: così nacquero i nomi del tatto e della vista, dal momento che loro non producevano alcun suono perché erano fatti di materia prima così come la jeun.
Non appena un Heorid traditore vide la Porta, la Prima Porta, capì che era qualcosa di diverso da qualunque cosa avessero mai immaginato loro tutti; tutti gli Heorid si radunarono intorno ad essa e tentarono di capire come funzionasse, poi capirono che dovevano inventarlo, il modo: la jeun aveva creato la Porta per un altro luogo sotto loro volontà, stava a loro continuare l’opera.
Nel momento in cui capirono ciò, la Porta si aprì e rivelò un altro luogo, popolato di Nulla anch’esso. Commossi da tanta bellezza e feriti nel profondo da una vista così antica, gli Heorid invocarono la Suprema e le chiesero perdono, dicendole che se lei avesse voluto, avrebbe potuto abitare nel nuovo mondo, dove il Nulla era perfetto e non intaccato dalla materia imperfetta come la jeun e, ormai, loro stessi. La Suprema, sdegnata ed offesa da una simile proposta, ribatté che piuttosto li avrebbe spazzati via dal suo Nulla, e gli Heorid piansero giorni e notti per il suo discorso: se l’aveva detto, doveva corrispondere al vero poiché con i pensieri è impossibile mentire.
Era comparsa infatti una seconda Porta nella jeun: questa non era bianca come la materia prima, bensì del colore esattamente opposto; quando gli Heorid traditori la videro rimasero scioccati ed immobili: se fossero stati ancora Heorid senza corpo si sarebbero agitati confusamente nel Nulla tentando di calmarsi, ma nulla potevano fare in quei pesi gravi che li legavano alla materia.
Come aveva fatto la Suprema, che non aveva preso parte alla creazione della jeun, ad influenzarla con le proprie idee? Gli Heorid traditori tremarono di fronte alla consapevolezza che la loro jeun aveva un intelletto proprio, che non corrispondeva a quello di loro Heorid ma che era più profondo e più essenziale: non comunicava, ma captava ogni cosa che potesse succedere in qualsiasi Nulla o Tutto.
Aprendo la nuova Porta, un Heorid scomparve.
Il suo corpo si accasciò a terra, vuoto dell’Heorid che l’aveva abitato.
E scoppiò qualcosa.
Non si può definire caos perché fu tutto molto ordinato; non si può definire guerra perché nessuno aveva armi, nessuno accusava qualcuno e nessuno era ostile a qualcuno; non si può definire cosa accadde ma successe questo.
Gli Heorid fedeli alla Suprema comunicarono a quest’ultima cosa era accaduto. Sbalordita e pentita di aver dato luogo ad un tale evento, la Suprema pensò a come rimediare, e pensò così tanto che con un pensiero, un balenio di “Andrò a prendere l’Heorid annullato e…” e la Suprema era scomparsa, annullata e uccisa da un suo stesso pensiero. Subito dopo, i pensieri si accalcarono ed erano tutti simili, e gli Heorid traditori capirono che era necessario preservare gli Heorid loro compagni da quella autodistruzione involontaria: la Suprema aveva infatti creato la Morte.
Visti gli enormi sforzi degli Heorid traditori per restare uniti agli Heorid senza corpo, questi ultimi commossi da tanto impegno decisero di eleggere uno di essi Suprema Autorità, sotto consiglio generale di tutti gli Heorid: con corpi e non. Fu eletto come Suprema Autorità un Heorid con un corpo, dunque gli Heorid, tutti insieme esortati dalla Suprema, si misero a creare ancora, ad avere nuove idee, perché il Nulla potesse essere abitato sia dai corpi sia dagli Heorid ancora liberi; dal bianco e dal nero della Porta della Morte che aveva accolto così tanti Heorid tutti ricavarono nuove sensazioni, che chiamarono colori, e il Nulla non fu più “Nulla” ma “Qualcosa”, poiché “Tutto” potevano essere solo gli Heorid stessi, essenza delle idee. La nuova Suprema aveva così salvato il mondo: ciò che la vecchia Suprema non aveva capito era che il Nulla poteva cambiare, poteva mutare, ma restava sempre e comunque abitabile; il Nulla si riempì di materia prima, la jeun diventò solo la prima di tantissime jeuny, tante creazioni riempirono il Nulla e permisero agli Heorid con i corpi di vivere accanto agli Heorid originari, in completa armonia.
La Suprema esortò quindi tutti gli Heorid a pensare a cos’altro si potesse inventare: se loro avevano dei corpi, potevano esistere altri corpi con altre creature? Non Heorid, ma ugualmente intelligenti... era possibile? Il pensiero fu potere e il potere fu cosa: nacquero altre Porte.
Inizialmente fu una sola, poi ne furono decine, poi centinaia, e ognuna era popolata da idee diverse, o idee fuse insieme, e ogni Porta al suo interno aveva un microcosmo ordinato e complesso, in perfetto equilibrio in tutti gli elementi che lo costituivano: nacquero altre razze che non fossero Heorid, come gli Elfi Alti, i Draghi, e via discorrendo verso le razze più piccole e dotate di meno intelletto e più istinto: umani, animali, sirenidi, insetti.
Ma mancava ancora qualcosa… ancora molto mancava a quei mondi che sembravano solo distese di brulla terra esposta alle intemperie: gli Heorid e i loro compagni dotati di corpo ebbero allora un’idea geniale, in cui fusero tutti se stessi, in maniera tanto profonda che persino a loro era inconcepibile, e crearono una forma di vita capace di proliferare pressoché ovunque: i vegetali. Nacquero felci, arbusti, alberi, piante di ogni tipo, coloratissime e uniche nel loro genere a seconda dell’Heorid che le aveva create.
Con i vegetali, iniziò la vita; tutte quelle invenzioni di razze e vite ed entità a loro stanti presero origine ed inizio così come gli Heorid avevano previsto che andasse: da minuscole forme di vita come le amebe e gli esseri unicellulari, così affascinanti persino per coloro che li avevano inventati nelle loro evoluzioni, assistettero alla nascita di ogni forma di vita che avessero potuto inventare e che ora si avverava davanti ai loro occhi, a velocità straordinaria perché per loro, dopotutto, cos’erano i milioni di anni?
Gli Heorid traditori tuttavia avevano il fremente desiderio di prendere parte a quel processo di continuo movimento che avevano fino a quel momento solo osservato: i loro corpi tremavano dalla paura e dalla voglia di vivere e trovare un impiego, a scapito di ciò che gli Heorid avevano sempre provato, ovvero tranquillità e pace con se stessi nel Nulla. Ma ora che quelle Porte erano piene di tutte quelle idee vive… come non prendervi parte? E così gli Heorid con i corpi sentirono per la prima volta il distacco dai loro compagni d’eternità senza corpo, e capirono di essere qualcosa di diverso... qualcosa che come tutte le altre aveva bisogno di un nome. Siccome c’era stato chi fra gli Heorid aveva inventato i popoli, collettivamente chiamati generalmente così e a cui poi avevano tutti trovato un nome, gli Heorid traditori capirono che il loro nome non poteva essere altro che quello: il Popolo. Siccome il loro pensiero, così breve e conciso, sibilante di nostalgia e fierezza, venne poi tradotto in Deniwa, noi li conosciamo semplicemente con il nome di Sayn.
I Sayn abbandonarono i compagni Heorid con la promessa che mai li avrebbero dimenticati, sapendo che era però la cosa migliore: la materia imperfetta doveva stare con la materia imperfetta, e la perfezione doveva stare nella perfezione. La Suprema, che era anch’essa una Sayn, decise di seguire i propri compagni alla scoperta dei mondi delle Porte... e con noi Sayn tuttora abita.
La Storia si è susseguita in un continuo ciclo di nascita e morte in tutti i mondi, ma essendo noi Sayn fatti di materia prima e dunque inattaccabili e potenzialmente immortali ci siamo limitati ad osservare il tutto dai margini, intervenendo solo nei momenti critici, identificati in divinità che, semmai fossero esistite, sono individuabili nei nostri antichi compagni Heorid.
La jeun originaria è da noi chiamata ancora Dejeun, “La Creazione”, ma le altre razze convengono nel chiamarla diversamente e lentamente questo nome è scomparso, nessuno lo conosce vista la brevità della vita delle altre razze; il nome più comunemente usato da loro è “Tempio delle Porte”, nella molteplicità di lingue che loro hanno dedotto dalla nostra originaria.
Noi Sayn viviamo una vita appartata, segreta; ci nascondiamo alla vista dei più e a volte siamo proprio sotto il loro naso, limitandoci a nasconderci vista la nostra vergogna prima, l’aver dato origine a tutto ciò che di imperfetto e sbagliato c’è nei mondi.
La materia prima fu solo l’inizio della decadenza in cui versa tutti i mondi conosciuti e che porterà all’inesorabile distruzione e rinascita del tutto; come al solito noi sopravvivremo e accoglieremo la nascita dei nuovi mondi con le nuove idee dei nostri Heorid a braccia aperte.
 
 “L’Origine” di Hairesis,
dalle biblioteche del Palazzo di Seremauwn.

 
   
 
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