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Autore: Gian_Snow_91    04/06/2018    5 recensioni
L'attesa per l'ottava stagione è talmente lunga da causarmi un hype immenso. Per questo ho deciso di scrivere la mia versione della storia, incentrata particolarmente su Jon e Daenerys anche se cercherò di descrivere i punti di vista di più personaggi. spero di fare un buon lavoro e di lenire un pò l'attesa. la storia comincia subito prima della partenza per Grande Inverno. in pratica gli unici avvenimenti della settima a non essere ancora avvenuti sono la caduta della Barriera e la scena d'amore tra Jon e Daenerys
Vi prego lasciatemi le vostre recensioni e fatemi sapere cosa ne pensate.
Genere: Azione, Guerra, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jaime Lannister, Jon Snow, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 4 - WINTERFELL

CAPITOLO 4 – WINTERFELL

 

 

[BRAN]

“Non puoi dirglielo così su due piedi, Sam. Lo distruggerebbe” Bran ne era assolutamente convinto.

Jon aveva vissuto tutta la vita nella convinzione che Eddard Stark fosse suo padre, con la promessa di conoscere la vera identità di sua madre, un giorno. E ora che Brandon aveva districato i meandri della storia, sapeva di non potergliene parlare con leggerezza. Le menzogne dell’uomo che l’aveva cresciuto avrebbero minato le sue certezze, costruite in anni e anni di sacrificio e privazione. Jon si era unito ai Guardiani della Notte per redimersi dalla sua condizione di bastardo, per dimostrare al mondo e a se stesso di essere un vero Stark, anche a causa degli sguardi di disprezzo di Lady Stark. Lady Catelyn aveva odiato il giovane Snow per tutta la vita a causa di una menzogna.

“Può una bugia detta a fin di bene risultare meno dolorosa?”

Se l’era chiesto spesso, Brandon Stark, e l’unica risposta che era riuscito a darsi era no. Jon ne avrebbe sofferto ugualmente. Scoprire di non aver mai conosciuto il suo vero padre e di non poter conoscere sua madre avrebbe distrutto anche l’uomo più forte e risoluto del mondo.

Eppure Bran non poteva biasimare suo padre. Quella bugia aveva protetto Jon da orrori ben più gravi dell’essere etichettato come bastardo.

“Quindi dovremo semplicemente mantenere il segreto?” piagnucolò Samwell Tarly. “Non sono mai stato bravo a mentire. Jon è stato il mio unico amico per molto tempo”. Avvolto in numerosi strati di pelliccia con il solo volto in vista, Sam accompagnava Bran quando questi aveva voglia di visitare il Parco degli Dei e passava il resto del suo tempo immerso in biblioteca a cercare notizie sulla Lunga Notte e su come sconfiggere gli Estranei.

“Non devi mentirgli. Devi solo aspettare il momento giusto per dirglielo”

“E quando sarà?” chiese Sam, non ancora del tutto convinto.

“Lo capirai”

Sam Tarly sembrò convincersi che mantenere il silenzio sulla faccenda fosse la cosa migliore e cambiò argomento.

“Hai visto qualcos’altro di cui vuoi parlarmi, mio principe?”

“No Sam. Le mie visioni continuano ad essere confuse, annebbiate” Bran cercò di nascondere la sua preoccupazione ma non dovette riuscirci molto bene perché Samwell gli lanciò un lungo sguardo interrogativo.

“Ho visto delle cose… Ho fatto delle cose…” lasciò andare tutta la sua frustrazione “Io… non sono se ero me stesso negli ultimi Sogni dell’Oltre. È colpa mia Sam… Hodor… Il Re Folle… Io…”.

Sam sembrò capire a fondo i suoi turbamenti. “Qualsiasi cosa sia successa, so che non era tua intenzione fare del male” provò a rassicurarlo.

Ma Brandon sapeva che prima o poi avrebbe dovuto risponderne agli Antichi Dei, a quegli Alberi Diga che dapprima l’avevano guidato ed ora sembravano averlo abbandonato al suo destino.

“Non ero ancora pronto. Il vecchio corvo mi aveva avvertito”

Ma era stato presuntuoso, sciocco. Aveva creduto di poter controllare l’immenso potere che gli era stato dato, ed ora, con la Lunga Notte ad un passo, l’ultima speranza per gli uomini era un ragazzino storpio che non era in grado di svolgere il suo compito.

D’improvviso si ricordò della canzone di cui il principe Rhaegar parlava in una delle sue visioni.

“Sam, hai mai sentito parlare del Canto del Ghiaccio e del Fuoco?”

“Il Canto del Ghiaccio e del Fuoco?” chiese Sam dubbioso “Io… non credo. Perché me lo chiedi?”

“Ho visto il principe Rhaegar parlarne a sua moglie” rivelò Brandon.

“Il principe Rhaegar?” chiese stupito. “Tu… sai a cosa si riferisse?”

“No” dovette ammettere. “Rhaegar pensava che il Canto si riferisse al suo primogenito, l’infante che fu ucciso nel sacco di Approdo del Re, durante la Ribellione di Robert”

“Mi dispiace Bran, non ne ho mai sentito parlare. Ma posso cercare nella libreria del tuo castello. Anche se non è saggio interrompere le ricerche sulla Lunga Notte, anche solo per qualche ora”

“Non dovrai farlo. La canzone di cui parlava Rhaegar, credo si riferisca al Principe che fu Promesso”

Sam tossì per la sorpresa. “Il Principe Promesso? Azor Ahai intendi? Lady Melisandre credeva che Stannis fosse il misterioso guerriero che guiderà gli uomini nella Battaglia per l’Alba”

“Ma Stannis Baratheon è morto. Cosa sai del mito della Lunga Notte, Sam? Del Principe Promesso o di Azor Ahai”. Se c’era qualcuno che poteva aiutarlo a ricomporre il puzzle quello era Sam.

“Niente più di quello che ho sentito da Melisandre. Che è rinato dal sale e dal fumo e che, in battaglia, brandisce la Spada Rossa degli Eroi. E non molto altro” rabbrividì. “Non mi piacciono molto le profezie. Preferisco la storia vera”

“Pensaci Sam. Rinato dal sale e dal fumo”

“Jon?” Sam per poco non si strozzò per la sorpresa. “Ma il sale e il fumo?”

“Non lo so. Qualcuno una volta ha detto che le profezie sono come spade senza elsa, difficili da maneggiare. Non sempre una profezia si avvera come ci si aspetta. Durante l’Età degli Eroi ad un Lord fu predetto che sarebbe morto sotto le mura di un castello. Perciò per tutta la vita si tenne lontano almeno cento miglia da tutti i castelli di Westeros. Tuttavia quando la morte lo colse si trovava di fronte ad una locanda, nelle Terre dei Fiumi, sotto l’insegna che recava inciso un maestoso castello”.

“D’accordo… d’accordo. Devo andare in biblioteca immediatamente” risolse Sam con una punta di eccitazione nella voce. “Tu dovresti andare a riposare un po’ Bran”.

Quando Sam lasciò il Parco degli Dei si apprestava la mezzanotte. Bran spinse la sedia con le ruote che maestro Wolkan gli aveva gentilmente costruito fino alla radura dell’Albero Diga. La neve cadeva ancora fitta, come aveva faceva ormai da giorni, ma i vapori delle sorgenti calde del Parco degli Dei di Grande Inverno rendevano il freddo quantomeno sopportabile.

Spettro, che era rimasto accovacciato per tutto il tempo vicino al piccolo laghetto, sembrò fiutare qualcosa nell’aria. Alzò di scatto la testa, annusando l’ambiente circostante, prima di lanciarsi a capofitto verso l’arco in pietra che delimitava l’entrata del Parco. Bran avrebbe potuto facilmente scivolare dentro di lui come un tempo faceva con Estate. L’aveva fatto alcune volte e gli era sembrato di sentire Jon accanto a lui, a sussurragli indicazioni su come scoccare una freccia con precisione o a sorridergli come faceva quando lo guardava scalare le mura di Grande Inverno.

“Il Canto del Ghiaccio e del Fuoco” disse a mezza voce scrutando l’antico volto austero.

 

Un’arpa suonava una triste melodia, in una fortezza semidistrutta, bruciata. Qualcuno cantava di un eroe, di sacrificio e di gioia, di colpa e d’amore.

 

Una regina sedeva sul Trono di Spade, con avanti a se un uomo dal volto nascosto da un cappuccio.

 

Un esercito di morti cancellava tutto ciò che aveva davanti a se, alle porte di un castello in fiamme.

 

Un principe dal capo ornato d’oro uccideva la sua amata trapassandola con la spada.

 

Un uomo che odiava il fuoco guidava un attacco tra le fiamme.

 

Un cavaliere in una scintillante armatura nera cavalcava contro la morte, la Spada degli Eroi in pugno.

 

Decine di fiere combattevano l’una al fianco dell’altra. Meta-Lupo e Leone, e Orso, Cane, Cervo. Su tutti dominava la più stupefacente delle bestie, il Drago.

 

Un donna dai capelli biondo-argento sedeva con le spalle poggiate all’unica colonna risparmiata dalla catastrofe.

 

Un neonato dormiva in una culla di ghiaccio con le piccole braccia avvolte intorno ad un uovo di drago.

 

 

[ARYA]

Grande Inverno attendeva il ritorno del Re del Nord con ansia e trepidazione. I Lord alfieri del Nord e della Valle di Arryn pretendevano spiegazioni da lui. Spiegazioni che né Sansa né, tantomeno, Arya avrebbero potuto dargli. Anche se nessuno aveva più parlato apertamente della faccenda, Arya sapeva che erano semplicemente riuscite a tenerli a bada fino a quel momento.

Lo sapeva perché aveva osservato con attenzione tutti gli abitanti del castello. Dalla giovane Lady Mormont, fino ad arrivare all’anziano e burbero Lord Royce, passando per tutti gli altri Lord, i comandanti e anche i nuovi stallieri, maniscalchi e fattorini. E se il popolino di Città dell’Inverno sognava estasiato dei draghi e della loro Regina, non così i Lord.

Ogni volta che poteva, Gendry la raggiungeva scovandola in qualsiasi luogo del castello lei si trovasse. Sospettava che Sansa fosse l’informatrice del giovane mezzo-Baratheon. Aveva scoperto con stupore, ma anche con immenso piacere, che collaborare con la sorella rendeva il compito di gestire Grande Inverno decisamente più semplice per entrambe. Sansa si occupava di tenere in ordine i conti, di organizzare la servitù e, grazie all’aiuto di Adryan Cassel, di tenere alte le difese. Arya invece, memore degli insegnamenti di Syrio Forell, osservava silenziosa i comportamenti di tutti, anticipando le esigenze tanto dei Lord quanto del popolino. Le due sorelle erano comunque in eterno conflitto per via dei loro caratteri agli antipodi, ma si erano date delle regole per cooperare al meglio. Il branco unito era più forte, ed Arya e Sansa insieme avevano dimostrato di poter governare il Nord anche in un’epoca di guerra e morte. Jon sarebbe stato fiero del loro operato.

Un corvo era giunto da Porto Bianco, recante la notizia dello sbarco del Re del Nord e della Regina dei Draghi. Da quel giorno Arya non aveva fatto altro che aggirarsi per la fortezza di Grande Inverno in attesa di ricongiungersi al fratello. Non poteva prevedere con precisione il giorno del suo arrivo, così ogni volta che poteva si recava in cima alle mura a sud a scrutare l’orizzonte. La neve e il vento erano i suoi elementi. Era in grado di starsene immobile tra una merlatura e l’altra anche per tutta la notte se necessario, quando persino i soldati di vedetta preferivano rintanarsi intorno ai fuochi nelle torri di guardia, a ripararsi dalle intemperie.

Quella notte la neve non cadeva così fitta da non permettere di vedere oltre un palmo dal naso, come aveva fatto per tutto il giorno, anche se i venti dell’inverno non si risparmiavano certo. Ma Arya non si era fatta intimidire dalle condizioni avverse e si era messa di guardia su uno dei camminamenti non sorvegliati dai soldati. In qualche modo lei stessa sperava che Gendry la raggiungesse, anche se non l’avrebbe mai detto ad alta voce.

Non si era resa conto di quanto tempo fosse passato quando decise di accendere un fuoco in uno dei bracieri sistemati tra due merlature.

Furono proprio le fiamme ad attirare l’attenzione di Gendry che usciva dalla fucina. Il giovane la raggiunse in cima alle mura credendo di coglierla di sorpresa. Lo faceva sempre, ma nemmeno una volta Arya non lo aveva sentito avvicinarsi.

“Un uri farebbe meno rumore di te” lo apostrofò quando fu abbastanza vicino da udire la sua voce nella tormenta di neve.

“Come hai fatto ad accorgerti di me? Stavolta sono più che sicuro di non aver fatto nessun rumore” si lamentò Gendry.

“Ti ho sentito lo stesso” Arya gli sorrise.

“Allora ti sarai anche accorta del Meta-Lupo di tuo fratello che raschia la porta sud cercando di uscire” le rispose infastidito. Non gli andava proprio giù di non riuscire mai a sorprenderla. In qualche modo Arya trovava tenero questo suo comportamento.

“Spettro?” chiese allarmata.

“E chi se no” confermò lui.

Se Spettro era impaziente di uscire poteva voler dire una sola cosa. Jon era vicino a casa.

In fretta e furia gettò una coperta bagnata e irrigidita dal freddo sul braciere per spegnere il fuoco e si diresse di corsa verso le stalle. Anche a notte fonda e con una tormenta in atto sarebbe andata incontro a suo fratello. Gendry le tenne dietro imprecando.

“Dove stai andando?”

“Da Jon. Tornatene ai tuoi impegni”

“Non se ne parla. Credi davvero che ti farei uscire da sola con questo tempo?”

“Spettro verrà con me. E non mi serve certo il tuo permesso per…”

“No, non ti serve” la interruppe lui, testardo come sempre. “Ma non puoi impedirmi di venire con te”

Straniera, la sua puledra nera come la notte, la attendeva nelle stalle. Scalciò impaziente mentre Arya armeggiava con le stringe della sella. Quando l’aveva vista per la prima volta nella foresta azzuffarsi con un paio di lupi ed uscirne vittoriosa le aveva ricordato un altro cavallo dal pessimo carattere, e quando era riuscita a portarla con se a Grande Inverno le aveva dato il suo stesso nome.

Dopo pochi minuti Spettro correva, confondendosi nelle distese nevose. I cavalli di Arya e Gendry arrancavano per tenergli dietro.

Poche miglia più avanti, con il Meta-Lupo che era scomparso nella notte, Arya decise di lasciare la Strada del Re ed inoltrarsi nella Foresta del Lupo. Tacitate le proteste di Gendry che aveva paura di azzoppare il cavallo e rompersi il collo nella caduta, ripresero la loro marcia.

Cavalcavano solo da un paio d’ore, quando si trovarono in prossimità di Castel Cerwyn. Arya sospettava che Jon avrebbe seguito la strada del Re, perciò decise di fermarsi a meno di un miglio da un ruscello a nord della fortezza, dove probabilmente il convoglio si sarebbe fermato ad abbeverare i cavalli. Trovarono una piccola insenatura sul fianco scosceso di una collina, per ripararsi dal vento e dalla neve, che comunque erano diminuiti di intensità in confronto a quando erano partiti.

Arya aveva intenzione di riposare per qualche ora e riprendere la marcia verso sud appena prima dell’alba. Nella piccola caverna trovarono della legna abbastanza asciutta per accendere un piccolo fuoco e riscaldarsi un po’. Gendry si era lamentato del freddo ogni volta che aveva potuto così Arya non obiettò quando lui lo propose.

“Tua sorella ha ragione” cominciò il giovane bastardo quando il fuoco ebbe attecchito sulla legna mezza bagnata. “Quando ti lanci a capofitto in qualcosa non pensi mai alle conseguenze”

“Quindi è lei a dirti dove trovarmi ogni volta che mi allontano” sovvenne Arya.

Gendry arrossì vistosamente. “Tranquillo, se non avessi voluto farmi trovare nemmeno le indicazioni di mia sorella ti avrebbero aiutato”

“Beh, mentre tu pensavi solo a sellare i cavalli io ho preso un po’ di cibo per il viaggio”. Tirò fuori dalla bisaccia due salsicce e una forma di pane.

Mangiarono in silenzio per qualche minuto. Quando ebbe finito estrasse Ago e si mise ad affilarla sulla gote. Gendry la osservava in silenzio, con un mezzo sorriso sulle labbra.

“Cos’hai da guardare?” lo apostrofò sentendo lo sguardo pesante di lui addosso.

“Niente” rispose baldanzoso. “È solo che affili la tua spada nel modo sbagliato”

“Ma davvero?” gli fece eco lei. “Se sei così esperto perché non lo fai tu?”

Gendry si alzò e andò a sedersi accanto a lei. “D’accordo. Il tuo modo si affilarla andrebbe bene per una spada lunga. Ma per una spada dalla lama così sottile è meglio fare in questo modo. Guarda”

Prese Ago e ne osservò filo e bilanciamento. Dopodiché estrasse un panno oleato dalla sua borsa da fabbro e si mise a lavoro. Arya lo osservò incantata. I suoi movimenti erano fluidi ed esperti e mai, nemmeno per un attimo, alzò gli occhi dalla spada, come un maestro guaritore chino sul suo paziente. Quando gliela rese, la lama era talmente affilata da apparire bluastra alla flebile luce delle poche braci rimaste.

“Hai fatto un buon lavoro. Grazie” si costrinse a dirgli.

“Questo ed altro per la mia Lady”

Arya si protese per assestargli uno schiaffo ma Gendry intercettò la sua mano a metà strada e scoppiò a ridere divertito. La bellezza del suo sorriso le fece quasi male.

“Lasciami andare” gli disse distogliendo lo sguardo.

“Non credo proprio” sorrise ancora lui tirandola verso di se. Arya glielo permise senza opporre resistenza.

Si baciarono per un breve istante. Una ragazza non credeva di poter provare sentimenti così forti per qualcuno, Arya Stark si rese conto di averli nascosti a se stessa per troppo tempo. Poi Gendry si scostò appena.

“Cosa c’è?” chiese un po’ imbarazzata e un po’ arrabbiata. “Credevo fosse quello che volevi”

“Certo che lo è” sorrise ancora anche se stavolta sembrava preoccupato. “Ma ho bisogno di sapere una cosa prima”

“Avanti spara” Arya stava perdendo la pazienza.

“Ecco… io…” balbettò. “Ho bisogno di sapere se sei la mia Lady?”

Fuori dalla caverna un cavallo nitrì. Entrambi si resero conto che quel momento idilliaco era svanito. Gendry distolse lo sguardo imbarazzato. Subito dopo delle voci ruppero l’oscurità.

“Jon” sussurrò Arya balzando in piedi. Gendry imprecò sottovoce suscitandole un sorriso spontaneo.

Si accostò all’entrata della piccola caverna in cui avevano trovato riparo. Le prime luci del mattino illuminavano il mondo esterno. Come Arya aveva previsto alcuni uomini si erano fermati per abbeverare i propri cavalli nel ruscello poco lontano. Qualcuno imprecava cercando di rompere lo strato di ghiaccio che si era formato sull’acqua.

“Non posso crederci” si voltò verso Gendry. “È il Mastino”. Raccolse Ago da terra.

“Cosa credi di fare da sola?” bisbigliò Gendry seguendola nella boscaglia.

Sgusciò tra gli alberi, quanto più vicino poté al ruscello. Degli uomini abbeveravano i cavalli. Jon era pochi passi dietro di loro, intento a tranquillizzare il suo cavallo che sembrava mezzo imbizzarrito e provato dalla lunga cavalcata.

Il suo cuore perse un colpo.

Tornò indietro silenziosa e svelta come un gatto. Straniera la attendeva all’entrata della caverna, Gendry l’aveva sellata per lei. Lo ringrazio con un cenno e balzò in sella dirigendosi di gran carriera verso il ruscello.

“Jon” urlò, uscendo dal folto del bosco.

Gli uomini estrassero le spade pronti a dare battaglia. Il Mastino si voltò verso di loro lanciando una risata roca. “Fossi in voi rinfodererei le spade. La ragazzina è pericolosa quasi quanto me”

Era a meno di cento metri da loro. La pianura innevata si apriva davanti a lei. Vide Jon saltare in sella al suo destriero e cavalcarle incontro. Dopo pochi attimi si ritrovarono a cavalcare in cerchio, l’uno intorno all’altra. Jon sorrideva come non lo aveva mai visto fare prima, Arya a stento trattenne le lacrime.

“Credevo di non rivederti mai più, sorellina” le disse Jon quando furono scesi da cavallo, scompigliandole i capelli.

Le sembrò come se non fosse passato nemmeno un giorno da quando si erano lasciati. Anche se il Jon che aveva davanti somigliava molto poco al giovane che aveva salutato diretto alla Barriera. Somigliava di più a suo padre Ned, molto più di quanto Arya avesse immaginato.

Gli saltò in braccio, il viso immerso nella folta pelliccia nera che indossava.

“Mi sei mancata”

“Anche tu, fratello. Ma non aspettarti che ti chiami Maestà” lo prese in giro.

Rise. “Non devi farlo, visto che non sono più Re di niente” Jon abbassò lo sguardo.

“Ho saputo. Dov’è la Regina? Credevo di sentirvi arrivare da dieci miglia almeno”

“Ci raggiungeranno presto. Non potevo attendere un’altra notte, così vicino a casa”

Arya osservò la reazione di Jon e capì che Daenerys Targaryen era per lui più che una semplice Regina. Avrebbe indagato a fondo più tardi, l’emozione per aver ritrovato suo fratello era troppo forte per pensare a qualsiasi altra cosa. Anche Gendry sembrò capirlo, perché dopo aver salutato Jon non fece nient’altro per avvicinarla. Cosa di cui Arya gli fu grata. Ci sarebbe stato tempo, più tardi, per rispondere alla sua domanda.

“Ragazzina. Dovrei staccarti la testa per avermi lasciato a morire” grugnì il Mastino quando si rimisero in marcia.

“Visto come è andata a finire forse dovresti ringraziarmi, Clegane” entrambi risero. Sandor le tese il braccio e Arya lo strinse in segno di rispetto reciproco.

Fratello e sorella cavalcarono fianco a fianco fino alle porte di Grande Inverno scambiandosi storie sugli anni passati lontano, dall’altra parte del mondo l’uno rispetto all’altra. 

“Credevo che Spettro mi avesse anticipato” gli rivelò ad un certo punto del viaggio. “Sono uscita per seguirlo convinta che avesse fiutato il tuo ritorno”

“Magari qualche animale lo ha distratto e si è messo ad inseguirlo. Niente paura, tornerà presto”

 

 

[DAENERYS]

Avvistarono la sagoma di Grande Inverno con il giorno che volgeva ormai al termine. Una fortezza scura in lontananza, ben visibile anche nell’immane coltre di neve. Persino da quella distanza poteva percepire la maestosità di quel luogo, tanto nelle fattezze quanto nella storia di cui era impregnato. Ricordò di come Tyrion le aveva raccontato che il castello era stato bruciato dai Greyjoy, saccheggiato dai Bolton e aveva subito un assedio da poco. Ma nonostante tutto questo si ergeva ancora maestoso nella pianura innevata.

Grande Inverno era lì da migliaia di anni, a governare il Nord. E dopo chissà quanti anni, una Targaryen stava per visitarla di nuovo. Grande Inverno che aveva combattuto al fianco di Robert Baratheon per spodestare il Re suo padre.

Inevitabilmente si ritrovò a pensare a quanto i Lord del Nord potessero odiare l’ultima Targaryen. Qualcuno l’avrebbe ritenuta un’usurpatrice. Avrebbe dovuto sopportare sarcasmo e sicuramente qualche insulto ma sapeva che Jon sarebbe stato al suo fianco. Non che ne cercasse la protezione, cercava la sua compagnia e la possibilità di essere se stessa con lui. L’alleanza col Nord doveva funzionare per la guerra e per Daenerys.

“Sei il sangue del Drago. Funzionerà”

Lungo le ultime tre miglia prima del Castello erano state piantate delle torce su entrambi i lati. Illuminavano la Strada del Re fino all’ingresso della fortezza. Il Re del Nord, accompagnato da una scorta di uomini a cavallo, li attendeva nel punto in cui le cominciavano le torce.

“Spero che l’ultimo giorno di viaggio sia stato veloce e privo di rischi, Maestà. È bello rivederti” le disse Jon cavalcandole al fianco.

“Lo è stato, Jon” rispose beandosi un attimo della sua presenza al suo fianco. Ricordò di come le aveva raccontato di averla sognata camminare sui bastioni di Grande Inverno. Arrossì appena abbassando lo sguardo per nasconderlo. Non voleva deludere le sue aspettative.

“La regina del fuoco baciata dal ghiaccio”

Cavalcarono in silenzio fino all’interno del cortile di Grande Inverno dove Lord e Lady attendevano l’arrivo della Regina. Ser Jorah le tese la mano per scendere da cavallo. Jon fu in un attimo al suo fianco.

“Maestà, loro sono la mia famiglia. Sansa Stark, Lady di Grande Inverno” presentò Jon. Sansa si inchinò appena in segno di rispetto. Era di una bellezza veramente rara pensò Daenerys. I lunghi capelli castano ramati, il volto fiero e attraente, gli occhi di un blu intenso e profondo. Qualcosa in lei le ricordava Cersei Lannister: il portamento retto e lo sguardo indagatore. Tyrion le aveva parlato dei fratelli Stark, e Daenerys aveva intuito dalle sue parole la stima che lui provava per la giovane principessa del Nord.

“Brandon Stark, erede diretto di Lord Eddard Stark”. Fu lei stavolta a chinare appena il capo verso Bran che rispose con un piccolo cennò della testa. I suoi occhi erano di un castano molto profondo. “Occhi che vedono tutto” pensò.

Le sembrò che Bran non fosse realmente lì con loro. Una sensazione che di sicuro anche gli altri provavano. Si sentì nuda davanti a lui. Non in senso fisico, bensì come se il suo sguardo potesse scavare nel suo passato, come se lui potesse vedere chi realmente lei fosse.

“E la più piccola delle mie sorelle, Arya Stark” concluse Jon.

Arya fu più calorosa dei fratelli, o quantomeno più loquace. Fece un passo avanti e la guardò dritta negli occhi. “Jon ci ha detto cosa hai fatto per lui al di là della Barriera. Te ne sono grata”. Quella giovane ragazza dal viso indurito rinchiudeva un’immensa forza dentro di se. Daenerys poté percepirla chiaramente.

“Lei è la Regina Daenerys della casa…” cominciò Missandei.

“No mia cara, non ora. Lascia che parli io” la interruppe. “Io sono Daenerys, di casa Targaryen. Sono lieta di conoscere la famiglia Stark e visitare Grande Inverno. Spero possa nascere una proficua alleanza tra il Meta-Lupo e il Drago. Lasceremo le presentazioni ufficiali ad un altro momento”. Tyrion al suo fianco annuì compiaciuto.

“Loro sono parte della mia corte” continuò. “Conoscerete sicuramente Lord Tyrion di casa Lannister, Primo Cavaliere della Regina, e Ser Jorah Mormont, mio consigliere. E lei è Missandei, la mia ancella”

In quell’esatto momento Drogon ruggì nei cieli lì intorno. E dopo un istante lui e Rhaegal volarono sopra la Fortezza di Grande Inverno. Gli occhi di tutti andarono al cielo. Grida e sospiri di stupore riempirono il cortile.

Fu Jon ad interrompere quel momento di trance generale. “Maestà ci sono notizie di cui devi essere informata e i Lord alfieri attendono di fare la tua conoscenza. Ho fatto predisporre degli appartamenti per te. Se ti compiace puoi rilassarti per un po’ e poi raggiungerci”.

“Ne ho davvero bisogno. Ti ringrazio”. Dopo giorni di serrato viaggio a cavallo aveva proprio bisogno di un bagno caldo e di un vestito pulito. Certo aveva cavalcato più a lungo e più duramente attraversando la Desolazione Rossa o il Mare Dotraki, ma per presentarsi ai Lord alfieri di Casa Stark avrebbe dovuto essere in pieno possesso di tutte le sue facoltà.

“Accompagno io la Regina Daenerys alle sue stanze” si propose Arya.

Seguì la sorella di Jon all’interno del castello con Missandei appena dietro. Gli appartamenti che le erano stati riservati si trovavano all’interno della Prima Fortezza di Grande Inverno, che Jon aveva fatto ristrutturare dopo aver ripreso il Castello. Erano stati gli appartamenti di Lady Catelyn Stark le raccontò Arya. Sansa non li utilizzava perché preferiva vivere nella Seconda Fortezza, più piccola ma di costruzione più recente. Solo Jon viveva nella Prima Fortezza, un piano più giù negli appartamenti da dove Lord Eddard Stark aveva amministrato il Nord. Il camino sempre acceso nel solarium, in ricordo del Lord defunto.

“Sono felice di conoscere la storia del vostro casato, Lady Arya” le disse con trasporto. “Jon mi ha parlato della Prima Fortezza, ma devo dire che la sua bellezza e la sua maestosità mi hanno sorpreso. Roccia del Drago non è un castello così grande, così… eterno”.

“Aspetta di entrare nel bagno che era di mia madre, Maestà. Le sorgenti calde sotto questo castello saranno di certo qui per l’eternità. E preferisco che mi si chiami Arya, non sono mai stata una Lady”. Arya le sorrise congedandosi.

“Grazie Arya”.

Un’ora dopo, Missandei la aiutò ad indossare il vestito che una delle ancelle di Lady Sansa le aveva lasciato sul letto. Un corpetto di pelle nera lucida su una camicia cremisi, con una gonna anch’essa nera, a più strati, lunga fino alle caviglie, con pieghe striate della stessa sfumatura di rosso della camicia. Sopra indossò il mantello di lana nera, fermato al collo dal fermaglio d’acciaio rosso a forma di drago a tre teste, che Jon le aveva donato.

I colori della mia casata” pensò con un moto d’orgoglio.

Quei vestiti erano caldi e accoglienti e le ricordarono le braccia di Jon, e quanto si sentisse completa insieme lui.

Arya la attendeva davanti alla sua camera per accompagnarla nella Sala Grande. “Alcuni si opporranno, urleranno e ti malediranno. Ma Jon è stato piuttosto convincente. Dice che tutti vedranno chi sei e capiranno perché ti ha giurato fedeltà. Si fida e a me tanto basta”. Le disse con solennità.

“Basta per cosa?” si trovò a chiederle, piacevolmente colpita.

“Per seguirti. Per rispettare la decisione di Jon” rispose Arya con semplicità.

“Ti ringrazio”.

Fu piacevolmente sorpresa da quel giuramento di fedeltà, seppur non ufficiale. Fu lieta per una volta di piacere a qualcuno senza dover conquistare la sua ammirazione. Un po’ come le era successo con Jon. Lei lo aveva trattenuto a Roccia del Drago e a lui era piaciuta la Regina dei Draghi. Senza dovergli dimostrare nulla, semplicemente essendo se stessa.

I Lord erano tutti raccolti nella Sala Grande, seduti su lunghe panche o in piedi alle spalle di esse. Entrarono da una porta dietro al palco reale dove la famiglia Stark sedeva. Jon al centro sul piccolo Trono in legno-ferro con il Meta-Lupo scolpito sul vertice dello schienale, Sansa seduta alla sua sinistra e Bran un posto più in là.

“Maestà, sali accanto a noi sul palco. I nostri Lord attendono di conoscerti”. La invitò Jon allungando la mano per aiutarla a salire i pochi gradini di legno.

“Daenerys, Nata dalla Tempesta, della nobile casa Targaryen, prima del suo nome, Regina degli Andali, dei Rhoynar e dei Primi Uomini, Signora dei Sette Regni e protettrice del Reame, Principessa di Roccia del Drago, Khaleesi del Grande Mare d'Erba, la Non-bruciata, Madre dei Draghi, Regina di Meereen e Distruttrice di catene” presentò Missandei.

Rimase in piedi accanto a Jon per qualche secondo osservando gli uomini nella sala. Erano uomini rudi, temprati dall’inverno, anche se alcuni dei quali molto giovani.

“Miei Lord” esordì. “Non sono qui per conquistare il Nord o per sottometterlo. Sono qui per combattere insieme al Nord. I miei eserciti giungeranno presto a dar man forte ai vostri…”

“Chi ci dice che quegli eserciti non attaccheranno i nostri invece che aiutarli.” urlò qualcuno.

“Non ci inginocchieremo davanti ad un invasore straniero” si unì un’altra voce.

“Il Re del Nord è il nostro Re”. Molte voci si unirono agli oppositori. “Stark! Stark!”.

Sapeva di dover sopportare le urla di quegli uomini la cui fedeltà era stata promessa ad una famiglia che avevano combattuto anni prima, Arya l’aveva avvertita e prima di lei anche Jon e Tyrion. Lasciò che tutti urlassero il proprio disappunto cercando di cogliere tutte le obiezioni che le venivano fatte.

Lady Sansa si alzò in piedi. “Miei Lord, vi prego”. Attese che si calmassero prima di continuare.

“Regina Daenerys, cerca di capire i nostri dubbi. I nostri padri hanno combattuto la tua famiglia per molti anni e sono morti, nella Battaglia del Tridente e in tante altre. E abbiamo ottenuto il diritto di governarci da soli quando nostro fratello Robb fu acclamato Re del Nord durante la Guerra dei Cinque Re, e poi quando Jon fu parimenti eletto dopo la Battaglia dei Bastardi. Per noi è difficile accettare di sottostare ad un nuovo sovrano del sud, che non conosciamo e della quale abbiamo sentito solo storie lontane e magari mal raccontate. Ti prego continua”.

Tutti i presenti si erano quietati quando la Lady di Grande Inverno aveva preso la parola sintetizzando quelle urla irrequiete. Daenerys non poté che provare ammirazione, per una donna che aveva conquistato il rispetto di uomini così duri e legati ai loro principi, e gratitudine per l’aiuto che le aveva dato.

“Ti ringrazio, Lady Sansa. I miei eserciti non attaccheranno i vostri schieramenti e i miei Draghi non faranno del male alla popolazione di Grande Inverno e del Nord tutto. Avete la mia parola. Sono qui solo per combattere il Re della Notte e per chiedervi di seguirmi in guerra come il vostro Re ha scelto di fare. Parleremo dei Sette Regni dopo averli salvati. Anche io ho visto l’armata dei non-morti. Seguite il vostro Re, seguite me e vi prometto che li combatteremo con tutta la nostra forza, Drago e Lupo insieme, Fuoco e Ghiaccio”.

La sala grande esplose in una cacofonia di suoni confusi. Alcuni uomini inneggiavano ancora a casa Stark, molti altri invece alla nuova alleanza che andava creandosi.

“Fuoco e Ghiaccio! Drago e Lupo” urlarono e urlarono.

“Gli uomini seguono chi gli dà speranza. Convincili che sei la loro occasione migliore per sconfiggere gli Estranei e ti acclameranno” le aveva detto Lord Tyrion quando lei gli aveva confessato i suoi timori. E aveva funzionato.

Quando le urla di giubilo si placarono Jon prese la parola. “Grazie miei Lord. Al più presto riuniremo il concilio di guerra. Vi chiedo di mettere da parte l’orgoglio ferito e lottare con onore al nostro fianco. Mio padre diceva che incontri i tuoi veri amici sul campo di battaglia, e noi stiamo per combattere il più grande nemico della storia. La morte è il nostro nemico. Il primo e l’ultimo. Abbiamo bisogno di fidarci l’uno dell’altro”.

Le piacque il modo che aveva di parlare ai suoi uomini. Non aveva bisogno di mostrarsi forte, Jon Snow, perché era incredibilmente autorevole.

Aspettò che gli uomini lasciassero la Sala Grande prima di riprendere. “Ser Davos chiedi all’attendente di servire la cena alla Regina e al suo seguito nel solarium dei suoi appartamenti.” Riuscì a mantenere il contegno che il suo ruolo richiedeva in quella situazione ma i loro occhi si incontrarono per un attimo. Profondi occhi neri, velati della solita malinconia che lo contraddistingueva eppure dolci verso di lei, occhi che le appartenevano e urlavano il desiderio di starle ancora accanto.

“Presto Jon Snow, presto”. Gli sorrise di rimando.

 

 

[CERSEI]

Dal giorno in cui si era seduta sul Trono di Spade quale legittima sovrana dei Sette Regni aveva dovuto affrontare la diffidenza e le chiacchiere della gente. Nonostante l’esplosione del Tempio di Baelor avesse messo la parola fine sulla diatriba con il Credo e i Tyrell, il popolino continuava a parlare di come lei aveva tradito il Re suo marito, giacendo con suo fratello e organizzando la sua morte. E da quel momento in poi la gente del volgo aveva aggiunto un nome ai suoi titoli: Regina Folle.

Quando Lord Quiburn gliene aveva parlato era stata sul punto di ordinare alla Montagna di staccare la testa del mezzo maestro per essersi permesso di pronunciare quelle parole in sua presenza. Ma Quiburn, come al solito, era stato svelto di pensiero e aveva fornito alle guardie i nomi di tutti gli uomini che si erano macchiati di tradimento nei confronti della Regina Cersei. Qualcuno aveva preteso un processo equo, per questo Cersei lo aveva consegnato a Quiburn stesso, qualsiasi cosa lui ne facesse. Qualcun altro aveva preteso un giudizio per singolar tenzone. Cersei non aveva nemmeno assistito ai duelli. La Montagna se ne era occupato in fretta. Le mura della Fortezza Rossa erano ornate con decine di teste infilzate su picche. Ogni volta che le vedeva, Cersei si sentiva potente e appagata.

L’inverno era giunto anche sulla capitale. I tetti erano imbiancati da molti giorni e al mattino le finestre della Fortezza erano ricoperte da uno spesso strato di ghiaccio. Per suo ordine in tutti i camini del castello ardeva un fuoco e i bracieri nella Sala del Trono erano sempre pulsanti ed incandescenti. Ma al Fondo delle Pulci la situazione era ben peggiore. I rigori dell’inverno erano cosa rara ad Approdo del Re. Nell’ultimo inverno la neve era caduta sulla capitale solo per qualche giorno. Al contrario delle settimane di nevicate che già avevano attanagliato le Terre della Corona.

“Che gli Stark e i Targaryen combattano pure i morti. Noi intanto governeremo il Reame. Esigeremo le tasse dal Nord quando sarà il momento” aveva detto a Quiburn quando lui le aveva confermato la facile presa di Capo Tempesta, lasciata praticamente sguarnita quando Stannis si era recato a Nord. Il sud era interamente in mano alla Corona. Con la sconfitta dei Tyrell e dei Martell nessun altro si opponeva al Trono di Spade.

L’unica immediata preoccupazione di Cersei era Euron Greyjoy, rientrato ad Approdo del Re con il conclamato obiettivo di sposare la Regina. E i suoi muti continuavano a creare problemi per la città: risse, tentativi di stupro. Più volte le Cappe Dorate erano dovute intervenire e diversi erano morti nei duelli che ne erano scaturiti.

“Tu e i tuoi uomini siete qui per aiutare la Corona, non per creare scompiglio” era stata costretta a richiamare Occhio di Corvo quando le era giunta notizia dell’ennesimo tafferuglio causato dai suoi uomini.

“I miei uomini anelano vedere il loro Re sedere al tuo fianco, mia Regina” aveva risposto con un ghigno. “Tuo fratello ti ha abbandonato. Mi duole saperti sola nelle lunghe e fredde notti che stiamo vivendo”. 

Cersei sapeva bene di non poter tenere a bada Euron per molto tempo ancora, ma aveva bisogno di lui e dei suoi uomini per vincere la guerra che si apprestava. Euron dal canto suo aspettava solo l’occasione per appropriarsi di ciò che Cersei gli aveva promesso, la sua mano.

E quell’occasione non tardò ad arrivare. Un corvo dal Moat Cailin informò il Trono che un esercito Tully e Lannister, diretto a Nord, era stato sconfitto dalla Compagnia Dorata e che Ser Jaime Lannister era stato fatto prigioniero insieme ad altri uomini. Il solo Edmure Tully era riuscito a sfuggire alla cattura.

“Avresti dovuto rimanere al mio fianco, stupido fratello” pensò Cersei esultante quando Quiburn la informò del contenuto della missiva.

Euron era seduto ai piedi del Trono di Spade, compiaciuto per la notizia.

“Dovresti ringraziarmi, Altezza” le disse quando Quiburn si fu allontanato. “È grazie a me se tutto questo è stato possibile”

“Hai ragione Lord Euron”. Cersei lo scrutò con sussiego avviandosi fuori dalla Sala del Trono.

“Re Euron” la corresse con sfacciataggine, seguendola dappresso verso le sue stanze.

Ser Gregor era a non più di un paio di passi da loro.

“Perché non dici al tuo gorilla di restare fuori dalla porta”

“Ser Gregor è qui per proteggere la mia regale persona. Farai bene a ricordartelo”

“Ma io non voglio mettere in pericolo la tua regale persona, Vostra Grazia” Euron sorrise malizioso.

Era attraente a suo modo. La cicatrice sull’occhio sinistro aveva un che di inquietante ma, nel complesso, Euron Greyjoy era un uomo affascinante.

“Le lacrime non sono l’unica arma di una donna”. Con un cenno della mano ordinò a Ser Gregor di restare di guardia fuori dal solarium. Euron sorrise compiaciuto.

“Credevo fossimo d’accordo che avresti avuto quanto ti è stato promesso dopo aver vinto la guerra” gli disse continuando a camminare senza voltarsi.

Aye… ma quella guerra è stata interrotta e solo il Dio Abissale sa se mai riprenderà”. Euron la trattenne costringendola a guardarlo. “Ti desidero” sussurrò. “E tu? Non desideri festeggiare la prigionia di tuo fratello?”

Ed Euron si prese ciò che secondo lui gli spettava. Ma era Cersei a condurre realmente il gioco.

Lo trascinò fino al tavolo. Lui la aiutò a sedervi sopra, alzandole le gonne con un gesto impaziente.

“Sei mio” pensò con malizia. E non avrai mai il Trono che spetta a mio figlio”.

Ma qualcosa non andò come previsto. Cersei cominciò a sentirsi debole, i pensieri appannati dalla stanchezza. Euron continuava a baciarla sul collo, sulla spalla. Le scoprì un seno poco prima che Cersei svenisse. L’ultima cosa che vide fu lo sguardo tronfio e soddisfatto di Euron Greyjoy.

 

Si svegliò molte ore più tardi, giorni forse, sotto il baldacchino del suo letto. Quiburn era chino su di lei, con una coppa colma di una densa pozione biancastra e l’aria preoccupata.

“Bentornata Altezza” sorrise stancamente.

Aveva la gola secca. “Acqua” riuscì a scandire. Bevve a lungo dalla brocca che una servetta le porse. “Cos’è successo?”

“Non lo so, Vostra Grazia. Sei svenuta, ma ora starai bene” Quiburn provò a rassicurarla.

“Dov’è Greyjoy?” chiese ricordando gli ultimi attimi prima di svenire. “Ero con lui quando è successo”

“Per questo Ser Gregor ha provveduto a rinchiuderlo nelle segrete. Al primo piano come si confà al suo rango. Purtroppo Greyjoy ha provato a reagire e… beh sai com’è Ser Gregor”

“Che non gli venga fatto altro male. Abbiamo ancora bisogno di lui” sentenziò. “Gli parlerò io stessa. E se non mi convincerà di non aver a che fare con il mio malore sarà tutto tuo. I suoi uomini?”

“Non l’hanno presa molto bene. Più di cento navi hanno ripreso il largo bloccando la Baia delle Acque Nere sia in entrata che in uscita. Il resto di loro continua a creare scompiglio in città. Un gruppo si è asserragliato sulla collina di Vysenia uccidendo chiunque incontrasse e fortificando la posizione guadagnata. Almeno cinquanta cappe dorate hanno perso la vita”

La rabbia si impadronì di Cersei Lannister. Un furore cieco che aveva provato solo quando i suoi figli le erano stati portati via, centinaia d’anni prima o solo il giorno precedente.

Dormì poco e male quella notte. Sognò il giorno della morte di Joffrey, il Folletto che riempiva la coppa e la porgeva al Re. Ma il suo volto non era quello di Tyrion Lannister, era Euron Greyjoy ad avvelenare suo figlio, a spingere Tommen dalla finestra, ad uccidere Myrcella. Si svegliò di soprassalto, annaspando nel buio.

Chiamò le serve che accesero le candele, rivelando le candide lenzuola madide di sangue vermiglio.

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTORE…

Bentornati amici. Voglio ringraziare Reyf perché è sempre puntuale nella lettura e nella recensione del capitolo e QueenInTheNord che segue la mia storia con assiduità e mi ha promesso di recensire più spesso ;)… grazie ad entrambi. :*

Grazie anche a tutti coloro che l’hanno inserita nelle preferite o nelle seguite e anche a coloro che leggono soltanto… sarebbe bello sapere cosa ne pensate tutti voi.

A presto amici!

   
 
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