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Autore: xAlisx    06/06/2018    0 recensioni
Louis ha un incidente e perde la memoria degli ultimi anni della sua vita. Questo significa che perde la memoria anche del suo Harry, della loro storia e del loro profondo amore. La sua anima gemella dovrà aiutarlo a recuperare tutti i suoi ricordi e stargli accanto in questa montagna russa che sarà la sua vita macchiata dall'amnesia.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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You bring me home.
 
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È una normale giornata come le altre, ma Harry ha uno strano presentimento da quando si è svegliato. Ha mille cose da fare, tra la stesura delle nuove canzoni e gli incontri con la casa discografica per definire i dettagli per il suo nuovo disco, ma non riesce proprio a concentrarsi.
Quando il suo telefono squilla, lo afferra distrattamente dal divano e risponde senza guardare chi sia.
«Harry, ti prego, vieni a Londra. Louis ha avuto un incidente.»
Le parole di Lottie gli risuonano nella mente per tutto il tempo in cui avvisa il management che lascerà Los Angeles, quando sale nel jet privato e nervosamente aspetta che le dodici ore di volo passino. L'ansia lo sta facendo impazzire, si sente soffocare.
Non appena arriva a Londra, alle due del mattino, si precipita dentro un taxi e si fa portare all'ospedale. È tutto frenetico, quasi surreale. Non può credere che si sta spostando da un continente all'altro perché il suo ragazzo ha avuto un incidente. Harry è confuso, attanagliato dall'agitazione.
Paga il taxi sicuramente con qualche banconota in più rispetto al prezzo, ma non si preoccupa di prendere il resto. Si precipita dentro l'ospedale e cerca nei reparti come un assetato cerca l'acqua nel deserto.
Appena vede il viso di Lottie il suo cuore perde un battito: è stremata, gli occhi spenti e contornati da delle occhiaie scure. Harry tende le braccia e se la porta al petto cercando di darle un po' di stabilità in quel mare in tempesta. Per lei, come per tutta la famiglia di Louis, quella situazione deve sembrare un incubo, uno strano gioco del destino che vuole farli rivivere il dolore di quando hanno perso Johanna. Anche Dan si avvicina a loro e li abbraccia entrambi in una stretta paterna.
«Come sta?» domanda Harry, cercando di sembrare calmo.
«Il dottore ha detto che ha una ferita al braccio che hanno ricucito e ha preso un brutto colpo alla testa. Era senza cintura quando quell'ubriaco l'ha colpito.» la voce di Lottie si affievolisce, come se non voglia continuare a parlare perché deve dire qualcosa di troppo doloroso.
«Non si è ancora svegliato da quando l'hanno soccorso.» continua Dan per lei. «Dicono che sia normale per il trauma che ha subito e stanno aspettano di vedere come vanno le cose.» aggiunge, cercando d'infondere coraggio alla figlia acquisita con un braccio intorno alle spalle.
Harry annuisce, senza sapere cosa dire. Non possono fare nulla, solo aspettare e vedere. Si sistema in una delle scomode sedie di plastica e gli altri due lo copiano, sistemandosi lì accanto.
«Dove sono gli altri?» domanda il ragazzo.
«Zia Sally è venuta a prenderli qualche ora fa. I gemelli erano stremati, le gemelle e Fizzy hanno fatto un po' di storie, ma poi hanno acconsentito ad aiutare zia con i piccoli.» risponde Lottie. «Sono passate anche tua madre e Gemma. Hanno detto che passeranno di nuovo e di chiamarle se ci sono novità.»
Harry annuisce. «Sì, me l'ha detto quando l'ho chiamata per dirle che ero arrivato. Ha detto che può occuparsi dei gemelli se doveste averne bisogno.» informa, facendo un mezzo sorriso che Lottie ricambia.
«Liam e Niall l'hanno saputo?» chiede ancora.
Lottie annuisce. «Sì, ma purtroppo non possono venire. Liam ha Bear con la febbre e Niall domani ha una riunione che non può assolutamente saltare. Hanno detto di tenerli informati. Ho mandato un messaggio anche a Zayn, ma non ha ancora risposto.»
Harry sospira e annuisce.
L'attesa per avere notizie su Louis sembra durare un'eternità. Harry è stremato per via del volo e dello stress, ma non vuole mostrarsi stanco perché Lottie gli imporrebbe di andare a riposarsi e lui non ha intenzione di lasciare quel posto per nulla al mondo. Comunque, la ragazza è perspicace e i due si conoscono abbastanza bene ormai, sono come fratello e sorella, quindi si fa più vicina nella sedia e offre la sua spalla come appoggio per la testa ciondolante di Harry. Lui sembra pensarci un po', ma poi Lottie assottiglia lo sguardo confare minaccioso e deve arrendersi. Si accoccola come se fosse un bambino, abbracciandosi il torace con le braccia e allungando le gambe per stare un po' più comodo. La stanchezza lo investe come vento gelido e si appisola quasi subito.
Possono essere passati sì e no dieci minuti quando Lottie lo scuote per la spalla ed Harry apre gli occhi confuso. Ci mette qualche secondo a capire dov'è e a prestare l'attenzione all'uomo che è lì davanti.
Il dottore si presenta ai tre come dottor Collins e dice loro che conosce la fama di Louis e manterrà la situazione il più privata possibile.
«Si è svegliato. Abbiamo fatto qualche esame per vedere come reagiva agli stimoli base e sembra aver risposto bene. Potete andare a fargli visita, ma vorrei che foste molto cauti e pazienti con lui, non pressatelo e lasciate che sia lui a parlare.» istruisce poi con pazienza, mentre li guida verso la stanza di Louis.
I tre annuiscono e poi entrano. Il ragazzo è nel letto, gli occhi chiusi, la testa avvolga in delle fasciature e il braccio coperto da una garza. Non si accorge che qualcuno è entrato nella stanza finché i suoi visitatori non sono a pochi passi dal suo letto.
A quel punto, apre gli occhi di scatto e fissa i tre visi che si ritrova di fronte. Li studia, e loro attendono che dica qualcosa, qualunque cosa. Harry sta fremendo per poterlo stringere tra le braccia e baciarlo perché era terrorizzato all'idea di poterlo perdere.
«Lottie?» sussurra, la voce gracchiante per il tempo passato senza parlare.
La ragazza si fa avanti e si apre in un sorriso. «Sì, sono io, Louis. Come ti senti?» chiede premurosa.
Louis le sorride, probabilmente per farle vedere che sta bene. «Tutto bene. È stata solo una brutta botta, ma sto bene.» fa una pausa e si guarda intorno come se stesse cercando qualcuno. «Sei sola? Dov'è la mamma? E voi siete dottori? Non avete un camice.»
L'aria sembra solidificarsi. Harry si sente soffocare e schiacciare e non capisce perché Louis lo guardi come se fosse un estraneo. Non capisce perché quello scherzo non fa ridere e Louis non sembra affatto divertito. Non è uno scherzo, non sta giocando, ed Harry non riesce a respirare.
Il dottore, che è rimasto nella porta tutto il tempo per sorvegliare la situazione, si avvicina al gruppo. Lottie è diventata bianca come il lenzuolo, Louis non capisce perché tutti lo fissino come se fosse un alieno.
«Louis, puoi dirmi cosa ti ricordi della tua vita? Parlami un po' di te, sono curioso.»
A Louis quel dottore sembra solo un gran impiccione, ma capisce di dover rispondere perché i volti delle tre persone che ha davanti sono la maschera della preoccupazione e dell'ansia e quindi ci dev'essere per forza qualcosa che non va.
«Mi chiamo Louis Tomlinson. Non so esattamente quanti anni ho, non mi ricordo. Ho quattro sorelle più piccole, lavoro in un negozio di giocattoli e mi piacerebbe fare il cantante.» fa una pausa per studiare la reazione del dottore, ma lui è totalmente privo di espressione. «Va tutto bene?» domanda, e quando sposta lo sguardo verso sua sorella capisce che no, non va affatto tutto bene.
Anche i due uomini che sono in stanza sembrano preoccupati.
«Louis, vorrei che guardassi questi due uomini e provassi a dirmi se significano qualcosa per te.» lo incoraggia il dottore.
Harry ha la speranza dipinta negli occhi, perché il suo Louis non può essersi dimenticato di lui, di loro. Gli sorride mentre lui lo sta guardando, le sopracciglia inarcate e gli occhi indagatori. Poi scuote la testa e in quel momento il suo mondo oscilla e per poco non crolla del tutto.
«Okay, Louis. Grazie per aver tentato.» il dottore guarda Lottie, Dan e poi Harry e deve notare che il giovane sta annaspando a respirare perché continua a parlare. «Temo che il colpo alla testa ti abbia causato un'amnesia, Louis.» spiega, annotando le sue stesse parole nella cartella del paziente.
«Amnesia? Io- Ne è sicuro? Io mi sento bene.» prova a ribattere Louis, ma gli sguardi pressanti dei presenti lo fanno tacere.
«Eseguiremo degli accertamenti e voglio tenerti sotto controllo per questa notte, ma sono abbastanza sicuro della mia diagnosi.» comunica il dottore. «Mi piacerebbe vedere tutti voi domani pomeriggio, per spiegarvi al meglio la situazione dopo che avrò consultato i risultati.» aggiunge, ora rivolto ai parenti di Louis.
Loro annuiscono e poi vengono invitati ad uscire. Lottie saluta il fratello con un bacio sulla guancia ed Harry prova un moto di gelosia perché lui può solo osservare Louis e vedere come nel suo sguardo non ci sia nessun segno di affetto. Louis non trova nella sua testa l'amore per lui ed Harry trattiene le lacrime mentre esce dalla camera.
 
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Anne è preoccupata per suo figlio. Si è presentato ad Holmes Chapel alle quattro del mattino e quando lei gli ha aperto la porta lui è scoppiato a piangere e si è gettato tra le sue braccia. Anne l'ha stretto a sé, guidandolo dentro casa, e si è fatta raccontare cos'è successo. Ed Harry ha alternato la spiegazione della diagnosi di Louis con dei singhiozzi, scosso da tremiti, la paura dipinta nelle sue iridi chiare. Anne gli ha baciato la fronte e se l'è stretto addosso. Il suo bambino è sempre forte e determinato, ma per Louis crolla e si disfa, è concatenato a lui ed Anne non ha mai visto nessuno avere il rapporto che hanno quei due ragazzi. Si sente male a pensare a tutte le sofferenza che hanno passato negli anni e che il destino gli sta ancora facendo attraversare.
Harry si addormenta rannicchiato a lei e sta così fino alla mattina, quando si sveglia di soprassalto, le guance ancora bagnate di lacrime. Fanno colazione in silenzio e poi salgono in macchina per raggiungere l'ospedale. Harry non gliel'ha chiesto, ma Anne sa che suo figlio ha bisogno di lei più di ogni altra cosa in quel momento.
Arrivano leggermente in anticipo rispetto all'orario concordato con Dan e Lottie, ma quando arrivano davanti alla porta della stanza di Louis trovano lì anche loro e si salutano cercando di darsi forza l'un l'altro. Il dottore li raggiunge una decina di minuti dopo, accompagnato da una donna che si presenta come dottoressa Bell, e tutti insieme entrano nella stanza di Louis. Il ragazzo sembra confuso appena vede quelle facce estranee ed Harry deve stringere la mano di sua madre per non mettersi a piangere.
«Come ti senti oggi, Louis?» domanda prima di tutto il dottore.
«Non sono riuscito a dormire bene per via del mal di testa.» risponde Louis.
Harry nota le occhiaie scure sotto agli occhi e la stanchezza che vela il suo viso e sospira tristemente. Si sente inutile in quella situazione. Vorrebbe prendere Louis, portarlo lontano e raccontargli tutta la loro vita dall'inizio alla fine. Fargli sentire quanto lo ama, fargli provare come lo ama. Fargli ricordare, perché vedere il vuoto nei suoi occhi azzurri è semplicemente troppo doloroso.
«Ho analizzato le analisi che hai fatto questa mattina e ho chiesto il consulto della dottoressa Bell. Il colpo alla testa ti ha causa un'amnesia temporanea. Non è niente di grave, i ricordi torneranno da soli piano piano. Voglio che però, Louis, tu non ti sforzi di ricordare tutto insieme e non voglio che voi familiari gli raccontiate nulla se non è lui da solo a ricordare qualcosa. Voglio che consulti la dottoressa Bell almeno una volta a settimana, Louis, così potremo verificare il tuo andamento. Devi stare in un posto dove ti senti tranquillo e calmo, senza pressioni. Niente stress, semplicemente prenditi un po' di tempo per te.» il dottore fa una pausa, poi si rivolge ai parenti. «Posso parlare con voi un attimo?»
Salutano Louis prima di uscire dalla camera e poi seguono il dottore nel suo ufficio.
«Signori, voglio essere onesto con voi, la situazione di Louis non è facile, in quanto il ragazzo ha un'immagine pubblica e potrebbe imbattersi in storie di sé stesso che distorcono i suoi ricordi. Voglio che cerchiate di sviarlo dalla sua vita pubblica, sarebbe bene che usasse internet il meno possibile e che si affidasse più a voi. Non pressatelo, soprattutto per quanto riguarda la scomparsa di sua madre. E siate pazienti, perché capiterà più di una volta che si senta nervoso e abbia bisogno di sfogarsi. Non sarà facile, ci vorrà tempo e Louis avrà bisogno di tutto l'appoggio possibile.» comunica il dottore.
I parenti annuiscono. Sanno che quella situazione sarà sicuramente difficile; Louis dovrà avere tutta la calma possibile e dovrà stare lontano dalle luci dei riflettori per un po', e i giornalisti cercheranno di creare una storia da tutta quella situazione, ma tutti si ripromettono di proteggere il ragazzo al meglio e di aiutarlo nel suo recupero.
 
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Louis torna a casa dopo due giorni, quando i medici si sono assicurati che non ci sia nulla di più dell'amnesia. Gli spostamenti per arrivare a Doncaster sono fatti con la massima riservatezza per assicurarsi che i paparazzi e i giornalisti non sappiano nulla della sua situazione. Louis non capisce perché siano tutti così preoccupati che qualcuno lo veda, ma non fa domande. Dopotutto, parte dei suoi ricordi è al momento non disponibile, quindi d'ora in avanti saranno abbastanza le cose nella sua vita di cui non capirà il motivo. È confuso costantemente, sia mentre esce dall'ospedale, e ci sono quell'uomo che ha imparato si chiama Dan che sembra molto affezionato a lui e quel ragazzo dagli occhi così verdi che registra col nome di Harry e lo guarda sempre con uno sguardo pieno di Louis non sa cosa, sia quando arriva a casa, e trova due bambini che li saltano in braccio e li chiedono di giocare con loro.
«Ehi, bambini, Louis è molto stanco. Vi va se gioco io con voi?» chiede Harry con fare premuroso.
Louis incrocia il suo sguardo e cerca di ringraziarlo per averlo tolto dall'impiccio di non saper dare un nome a quei piccolini e rischiare di dar loro una grande delusione. Harry risponde con un sorriso che Louis trova incredibilmente dolce.
Quando le sue sorelle lo abbracciano sembrano farlo con tutta la forza che hanno in corpo e Louis è grato di non aver dimenticato l'effetto che gli fa quell'amore familiare. Gli manca sua madre e le sorelle gli hanno detto che è a Parigi dalla loro nonna che non sta tanto bene e che non sanno quando potrà sentirla. Non prende tanto bene la notizia, ma cerca di non darlo a vedere.
Cenano intavolando chiacchiere vuote, con Harry che intrattiene i gemelli e ogni tanto lancia a Louis uno sguardo apprensivo. Il più piccolo nota che il ragazzo si sente leggermente perso e confuso, ma sta cercando di non dare nessuna preoccupazione.
«Per qualunque cosa chiamami. Lo so che magari non ti ricordi di me e può sembrarti strano, ma puoi sempre contare sul mio aiuto, voglio che tu lo sappia.» precisa Harry, quando è in procinto di andarsene.
Louis gli rivolge un sorriso ed Harry è felice di far scaturire tale reazione al maggiore, che per tutto il tempo è stato teso e perso nei suoi pensieri.
«Allora ciao. Ci vediamo presto.» lo saluta a quel punto, anche se vorrebbe rimanere lì con lui e stringerlo tra le braccia dandogli tutto l'amore di cui ha bisogno.
«A presto. Grazie di tutto.» ribatte Louis cordialmente.
È più forte di Harry, perché proprio non ce la fa a ricevere quel trattamento dal suo Louis, quella freddezza e distacco gli fanno solo venire la nausea; così si abbassa leggermente e posa un leggero bacio nella sua guancia. Giusto quel che basta per poter sentire la pelle lisca di Louis a contatto con le sue labbra e annusare il suo profumo. Giusto quel tanto che basta per ridare a Louis un pezzetto di sé, per non farlo essere un estraneo qualunque.
 
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Il freddo lo sta divorando. Come gli è venuto in mente di uscire di casa con addosso solo un giubbotto in jeans nel freddo di Gennaio di Londra non riesce a spiegarselo. Eppure è sicuro di avere l'amnesia, non di essere diventato scemo.
Si rimprovera ancora per una buona decina di minuti mentre decide se davvero vuole suonare o meno. Anche quell'idea di uscire alle undici di sera e presentarsi a casa di uno semi sconosciuto merita un premio; Louis si sente l'emblema dell'intelligenza in quel momento. Alla fine il freddo ha il sopravvento e decide di suonare. Sente dei passi all'interno della casa e qualche minuto dopo Harry apre la porta con fare assonnato.
«Louis?» i suoi occhi si aprono di scatto e il sonno sembra scivolargli via di dosso. «Che ci fai qui?» domanda, ma senza alcun fastidio per essere stato svegliato a quell'ora della notte.
«Ho appurato che mi ricordo ancora come si guida.» dice Louis, facendo spallucce.
«Meno male, perché hai fatto due ore di viaggio da Doncaster a qui, sarebbe stato pericoloso se non ti ricordassi come guidare!» esclama Harry con un misto di ansia nella voce. «Stai bene?» chiede poi, spiazzando Louis.
Tutto si sarebbe aspettato, ma non una tale preoccupazione da parte di Harry nei suoi confronti. Pensa al fatto che forse deve essere una persona davvero importante nella sua vita e s'innervosisce a trovare solo vuoto quando prova ad associare un ricordo a quel ragazzo.
«Sto bene, sì. Avevo bisogno di aria.» dice, giusto per dire qualcosa.
Harry ride. «Eppure ero convinto che ci fosse aria anche a Doncaster.» ribatte con ironia, facendo scappare anche a Louis un sorriso.
Il più piccolo si fa da parte e Louis lo supera entrando in casa.
«Non riuscivo più a stare a casa. Lì c'è sempre una gran confusione. Così ho chiesto a Lottie se conosceva qualche posto dove potessi andare e lei mi ha detto che avevo una villetta qui a Londra che un tempo condividevamo, io e te. Mi ha detto che stavi vivendo a Los Angeles, ma che per qualche giorno hai intenzione di rimanere qui, quindi mi avresti aperto, perché io ovviamente non trovo le chiavi. E quindi sono salito in macchina e sono venuto qui. Spero non sia un problema.» la sua parlantina si spegne all'improvviso, come se avesse finito il fiato.
E in effetti si sente un po' svuotato, perché ha fatto il viaggio con l'ansia che lo attanagliava, preoccupato di come potesse reagire Harry, il quale per lui è un totale estraneo, e di come avrebbe dovuto esporre la questione. Ora che ha detto tutto o quasi non si sente più così agitato.
«Louis, questa casa è tanto mia quanto tua. Puoi venire qui quando vuoi.» lo rassicura Harry, aprendosi in un grande sorriso.
Louis s'incanta un attimo, come se quel preciso sorriso con quelle fossette ai lati sia fonte di un calore particolare. È un attimo, eppure sente che quel sorriso è una cosa che gli piace particolarmente.
Cala un silenzio un po' imbarazzante dove né Harry né Louis sanno cosa dire. Poi il maggiore raccoglie tutto il suo coraggio ed espone quell'idea che aveva elaborato durante il viaggio in macchina da Doncaster a lì.
«Ti dispiace se sto qui per un po'? Insomma, il dottore ha detto che ho bisogno di tranquillità e a Donny non mi sento tanto tranquillo. Magari qui va meglio. Insomma, non lo so, perché non mi ricordo di come sei, ma mi sembri un tipo a posto e non mi darebbe fastidio stare qui. E io...» si sta inceppando nelle sue stesse parole e non sa più cosa vuole dire. Prende un respiro profondo, per ordinare le idee e poi continua. «Senti, tu mi conosci meglio di quanto io conosca me stesso al momento e non ho idea di che rapporto ci sia tra noi e se sto osando troppo a chiederti di vivere insieme, ma proprio non ce la faccio a stare a casa con la mia famiglia perché c'è davvero troppo caos e io non so come collocarmi lì dentro, in quel nucleo familiare che c'è. Qui potrebbe andare meglio, visto che siamo solo noi due e giuro di non intralciare la sua vita quotidiana.» fa spallucce, trattenendo tra le labbra un tono di supplica, e tende la mano.
E Harry si vede passare davanti agli occhi l'immagine di loro due, poco più che ragazzini, in quello stesso salone pronti a vivere la loro vita insieme. E lui lo sa che tipo di coinquilino è Louis, sa che è un gran casino, sempre troppo rumoroso, disordinato, e che s idimentica di fare la spesa e monopolizza il bagno per ore perché "questi capelli sono un disastro, vorrei averli come i tuoi che anche se sono spettinati sembrano in ordine."
Nonostante tutto, Harry prende la piccola mano di Louis nella la sua più grande e sorride dolcemente. «Ci sto.»
*
Louis si rende presto conto che effettivamente è un pessimo coinquilino: la sua roba è sparsa disordinatamente per tutta la casa, non sa minimamente cucinare ed è pigro per quanto riguarda le pulizie. Ma Harry non si lamenta mai: non si lamenta quando guarda le partite ad un volume troppo alto e urla contro i giocatori, non si lamenta quando la sua biancheria sporca è nel pavimento, quando il cesto della roba sporca è proprio lì, vicino alla lavatrice. E non si lamenta nemmeno quando Louis entra in bagno, puntualmente senza bussare, e lo trova occupato da lui nella vasca che si rilassa o semplicemente che compie i suoi bisogni. Niente, Harry sembra immune a tutte le cattive abitudini di Louis. Louis che, in tutta quella strana tranquillità, sente che c'è qualcosa di stonato. Non da parte di Harry, ma proprio per quanto riguarda sé stesso: sente che non dovrebbe essere così in soggezione quando si allunga nel divano e per sbaglio tocca la gamba di Harry, che non deve diventare completamente rosso quando per sbaglio lo vede nudo. Sì, è una cosa imbarazzante per chiunque, ma lui sente che tra loro non dovrebbe essere così, che non ce n'è bisogno. Comunque, non si arrovella troppo il cervello perché altrimenti gli scoppierebbe, decide di prendere le cose come vengono finché qualche ricordo non riaffiora egli chiarisca le sue perplessità.
Harry, invece, si gode la presenza di Louis come se fosse la cosa più bella del mondo. Il suo odore è un po' ovunque per casa, ed è anche nei vestiti che Louis gli ruba senza chiederglielo. Riaverlo così vicino per così tanto tempo è come quando arriva la primavera e da nuovo colore al mondo: Harry si sente sbocciato di nuova vita. L'unica difficoltà è quella di doversi trattenere dal chiamarlo "Amore". La sua lingua chiede pietà per tutte le volte che se l'è dovuta mordere per non far uscire quella parola. A parte tale dettaglio, Harry sta vivendo uno dei momenti migliori della sua vita e se ne sta beando completamente.
 
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Louis sa che non dovrebbe farlo, ma la curiosità lo sta divorando. Harry è uscito per fare la spesa e lui si è ritrovato a vagare per casa senza sapere che fare. Si annoia quando è da solo, almeno quando è con Harry ha qualcuno con cui chiacchierare o giocare alla play-station. Così si è messo a frugare in giro per trovare qualcosa da fare fin quando non gli è capitato sotto mano un album di foto. Ha una copertina colorata e Louis inizia a sfogliarlo con calma. Ci sono tantissime foto sue e di Harry, molto più giovani di ora e sempre appiccicati. Insieme a loro ci sono altri tre ragazzi: uno è moro, il volto allegro e con varie capigliature a seconda della foto, l'altro è biondo, un gran sorriso con inizialmente i denti storti e poi l'apparecchio e l'ultimo ragazzo è un po' più serio, la pelle un po' più scura che da a Louis l'idea che sia straniero. Tutti e cinque sembrano felicissimi, alcune foto li vedono su un palco, la scritta alle loro spalle che li chiama "One Direction".
E così Louis fa ciò che i suoi parenti gli vietano, ovvero entrare in internet. Non ha capito il perché di quell'ordine così particolare, ma non ha fatto storie perché non ha mai avuto voglia di navigare. Invece ora vuole assolutamente sapere chi sono gli "One Direction"e che ruolo hanno nella sua vita.
Apre la pagina di Wikipedia e legge le varie notizie con gli occhi che gli si sbarrano riga dopo riga. Scopre che il gruppo è famosissimo in tutto il mondo, ha venuto milioni e milioni di copie di dischi e che, con grande sorpresa, lui ne è un componente.
Quando sta per andare su Youtube e cercare qualche canzone, la chiave gira nella toppa ed Harry fa il suo ingresso in salone con delle buste in mano.
«Ehi, ciao.» lo saluta, impacciato dal carico.
Louis si alza e lo aiuta a sistemare le buste in cucina. Harry gli regala un sorriso e Louis pensa davvero che quel ragazzo non sappia fare altro se non ricoprirlo di sorrisi; gliene rivolge circa cento al giorno e potrebbe avere una paralisi se continua così.
«Ti sei annoiato?» domanda Harry, distraendolo dai suoi pensieri.
Louis fa spallucce. «Un po'.» fa una pausa prima di confessare la sua colpa. «Senti, io potrei aver scoperto che c'è un gruppo che si chiama One Direction e che io e te ne facciamo parte.» dice in tono vago.
Harry si volta verso di lui e sbuffa. «Louis, hai navigato in internet.» lo accusa, più preoccupato che arrabbiato.
Louis l'ha notato da quando è andato in quella casa a quell'ora tarda di notte che Harry è sempre preoccupato per lui. Quindi, oltre che di sorrisi, Harry lo investe anche di tante premure. Sembra nato per prendersi cura di lui e Louis non si spiega perché tutto quello lo faccia stare così bene.
«Lo so che mi avete detto di non farlo, e forse ora so anche il perché, ma ho trovato un album di foto e non capivo chi fossero le persone che erano con noi. Avevi proprio un cespuglio di ricci, tra l'altro.» commenta Louis, cercando di alleggerire la tensione che legge negli occhi di Harry.
Il più piccolo prima ride e poi sospira, incitandolo a seguirlo in salone. Si siedono nel divano ed Harry prende in braccio l'album di foto.
«Lui è Liam. È sempre stato una sorta di nostro papà. Parla incredibilmente veloce, al contrario di me, ed è lui che si è occupato maggiormente delle questioni pesanti con il management. Ecco, del management magari ne parliamo un'altra volta perché è una questione un po' spinosa.» Harry fa una pausa per vedere la reazione di Louis, che lo sta ascoltando come se fosse impaziente di ricevere quelle nozioni. «Lui è Niall. È irlandese, ride un sacco ed è sostanzialmente fantastico. Gli piace il golf e non è veramente biondo.»
Quell'affermazione fa scappare una risata a Louis.
«E lui è Zayn. Era sempre un po' quello misterioso del gruppo. Avevate un buon rapporto voi due, poi ha lasciato la band e abbiamo perso i contatti.» spiega ancora Harry, senza scendere nei dettagli di quell'allontanamento.
«Quindi sono un cantante. Ho realizzato il mio sogno.» dice Louis emozionato con un gran sorriso.
«Sì, e sei bravissimo.» informa Harry, e Louis aggiunge alla sua personale collezione un altro sorriso. «Ora il gruppo è in pausa e tutti stiamo lavorando ai nostri progetti solisti.»
Louis sembra pensarci un attimo. «Anche io stavo lavorando da solista?»
Harry annuisce. «Non ti preoccupare, piano piano ti ricorderai cosa stavi progettando e riuscirai a metterlo in pratica. Datti tempo.» lo incoraggia.
Louis crede che tutta la fiducia che Harry ha in lui sia un po' mal riposta vista la confusione che ha in testa, ma non dice nulla perché non vorrebbe mai far sparire quelle fossette nelle guance che il più piccolo gli sta mostrando.
«Ora capisco perché non volevate che usassi internet. Quante cazzate scrivono su di me i giornali?» domanda curioso.
Non sa come funziona la macchina del mondo dello spettacolo, ma sa che i giornalisti se ne inventano per tutti quindi è ovvio che anche lui abbia ricevuto quel trattamento.
Harry fa spallucce. «Diciamo che di tutto quello che hanno scritto su dite in questi sette anni, è vero solo il dieci per cento. Ma i giornali non hanno fatto tutto da soli, le cazzate da raccontare gliele ha date il management per primo.» confessa onestamente.
«Questo management sembra un incubo. A questo punto spero di non ricordarmi nulla su di loro!» esclama ridendo, facendo ridere anche Harry.
Restano a parlare degli One Direction fino all'ora di cena e Louis ha modo di ascoltare la sua voce nelle canzoni. Suona completamente diversa da come parla e i testi sono davvero profondi che si sorprende di essere stato capace a scrivere cose del genere. Comunque quella musica gli piace, e nota con grande sorpresa che a piacergli di più sono le canzoni che ha scritto Harry, informazione che ha scoperto nel blocchetto insieme al cd. Anche quando va a letto si fa cullare da quelle canzoni e cerca in loro un pezzo di sé stesso.
 
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C'è uno strano silenzio quando Harry torna a casa dalla riunione di lavoro. Le luci sono spente e non appena fa un passo verso il salone sente qualcosa scricchiolare sotto la scarpa. Procede confuso finché non arriva all'interruttore e lo preme: ciò che ha schiacciato è un pezzo di porcellana che riconduce a un vecchio vaso.
«Scusa se l'ho rotto.» la voce di Louis lo raggiunge all'improvviso, facendolo sussultare.
Lo individua seduto nel divano e subito lo colpisconoi suoi occhi rossi e gonfi.
«Che è successo? Stai bene?» chiede preoccupato avvicinandosi a lui e sedendosi accanto.
Louis fa un'alzata di spalle. Non sta bene, non sta bene affatto. Si sente un vulcano pronto ad esplodere per via della rabbia che gli sta ribollendo dentro.
«Lou, parlami.» lo supplica Harry, e si accorge tardi di averlo chiamato con quel diminutivo forse in po' troppo intimo e in tono un pizzico più dolcemente di quanto ci si concede tra amici.
Però non se ne preoccupa, perché Louis sembra non averlo nemmeno notato, troppo turbato per qualcos'altro. Harry attende che parli con il cuore in gola, non sapendo cosa aspettarsi. Di sicuro si tratta di qualche ricordo spiacevole che prepotente è tornato a galla, ma Harry sa quanti ricordi spiacevoli abbia Louis e quali siano e teme che possa aver recuperato qualcosa di davvero terribile. Sospira, e l'attesa lo sta uccidendo.
«Perché mi hanno fatto fare una cosa del genere?» dice con voce sottile Louis, dopo quelli che ad Harry sembrano anni.
Il più piccolo lo guarda confuso, ma non fa domande, aspetta che sia Louis ad andare avanti. Non vuole pressarlo e costringerlo a parlare, vuole che si senta a suo agio a sfogarsi, tanto più considerando che per Louis Harry al momento non è niente più che un coinquilino. Quindi attende, e guarda il profilo del maggiore con angoscia.
«Mi hanno costretto a fingere di avere un figlio.» sputa fuori con odio. «Mi hanno fatto passare per un padre terribile, mi hanno fatto inscenare una battaglia legale e tutto per pubblicità, per fare spettacolo.»
Trema di furia, perché ha ricordato quella farsa come se l'avesse vista alla televisione, una telenovela dove lui ha recitato la parte del protagonista e si è lasciato giostrare da un copione pieno di menzogne. La rabbia che provava all'inizio era rivolta a volti non del tutto definiti di un management che l'ha sempre sfruttato, poi però si è reso conto di essere pieno di collera solamente per sé stesso che si è lasciato usare senza proferire parola. Non ricorda tutti i dettagli di quella storia, e preferirebbe non farlo, ma quello che gli è tornato in mente è sufficiente a fargli odiare quella vita che stava vivendo sotto i riflettori.
Si alza di scatto dal divano e si fionda verso il tavolino lì davanti, afferra un soprammobile e lo scaglia con forza verso la parete mosso da furia cieca.
«Mi hanno fatto passare per una persona terribile. Non potrei mai essere un padre del genere, così menefreghista. Mi hanno fatto odiare me stesso.» le parole sono soffocate dalle lacrime.
Harry si alza e gli afferra i polsi cercando di catturare il suo sguardo. L'ha visto altre mille volte così distrutto e sempre per colpa di quel management che gli ha impedito di essere sé stesso. Conosce le emozioni che sta provando, l'odio che lo sta attanagliando.
«Lou, respira. Ti prego, guardami.» gli dice, accarezzandogli il dorso della mano mentre lo tiene in una morsa leggera.
Louis potrebbe benissimo spintonarlo, liberarsi e continuare a lanciare oggetti, ma quando incrocia gli occhi verdi di Harry si tranquillizza appena, cercando di regolarizzare il respiro.
«Scusa.» sussurra, accasciandosi di nuovo sul divano.
Harry lo imita, senza mai lasciargli le mani. Si avvicina a lui e lo stringe tra le braccia. Sa che non dovrebbe spingersi così tanto oltre, con certi gesti d'affetto, ma non può trattenersi davanti all'immagine di Louis così distrutto. Lo culla come se fosse un bambino, le mani che gli accarezzano la schiena in un gesto rilassante.
«Non voglio che tu pensi male di te stesso. Sei una persona fantastica, Lou, e quello che il management ti ha portato a fare non ti deve sminuire. L'hai fatto per il bene della tua carriera, credendo fosse la cosa giusta da fare. Non condannarti. Anche io ho fatto cose di cui non vado fiero perché credevo fossero la cosa giusta.» cerca di tranquillizzarlo Harry.
Ricorda tutti i compromessi con cui si è fatto legare negli anni, quando ha accettato finte fidanzate e finti appellativi solo per giovare alla sua carriera. Si mostrava per qualcuno che non era, e forse ancora continua a farlo, e nella maggior parte di quelle mascherate lui e Louis erano insieme a doversi nascondere. Hanno affrontato quelle situazioni più di una volta e più di una volta sono stati frustrati e arrabbiati come in questo momento. Harry sa come trattare Louis, anche se lui non se lo ricorda.
«Harry.» sussurra Louis.
«Mh?»
«Grazie.»
Harry si sente stringere il cuore. Quella semplice parola detta da Louis gli scatena dentro un tornado di emozioni: vuole assolutamente fare tutto il possibile per farlo stare bene, per aiutarlo in quella giostra che sarà la sua vita da quel momento in poi.
E, in quel momento, fa anche la tacita promessa di aspettare Louis per tutto il tempo che gli sarà necessario. Non lo forzerà, non sarà geloso se lui ricorderà qualcun altro prima di lui, ma attenderà di vedere nei suoi occhi un luccichio diverso che gli farà capire che è di nuovo parte della sua memoria. Sarà lì per lui ogni volta che ne avrà bisogno.
«Sono qui per questo, Lou.» dice dolcemente, lasciando un bacio tra i capelli.
Louis tira sul col naso e alza appena la testa per guardarlo negli occhi. Per un attimo Harry teme di essersi spinto troppo oltre, ma il sorriso di Louis lo fa tranquillizzare all'istante.
«Mi piace quando mi chiami "Lou".» confessa, per poi accoccolarsi di nuovo nel suo petto.
Ed Harry si sente al settimo cielo: il cuore gli sta galoppando in petto e Louis sicuramente lo sta sentendo perché ha l'orecchio posato proprio lì, ma non gli importa perché tutto in quel momento è perfetto così esattamente com'è e lui ci si culla dentro con tutto sé stesso.
 
˜
 
È un pomeriggio come un altro. Harry ha deciso di rimanere a casa perché dopo la crisi di Louis del giorno prima non vuole lasciarlo solo. Il più grande sembra apparentemente tranquillo da quando si sono svegliati quella mattina, come se fosse venuto a patti con l'idea di aver avuto un figlio e poi non averlo avuto più, ma Harry riesce a capire che non è davvero sereno.
«Senti, pensavo di andare a parlare con il tuo management oggi. Sai, per cercare di organizzare qualcosa per la tua sicurezza e così farti uscire un po'.» dice Harry con fare incoraggiante.
Louis fa spallucce con indifferenza. «Non mi va di uscire.» ribatte intono piatto.
«Lou, avanti, magari uscendo potresti ricordarti qualcosa. Hai bisogno diaria.» cerca di spronarlo l'altro.
«Harry, la mia vita è un totale casino. Non mi va di ricordarla ora.» esclama aspramente.
Harry si chiede perché il primo ricordo che gli sia tornato in mente sia stato proprio quello della finta paternità. Si chiede se il destino non stia un po' esagerando con lui e quasi teme che il prossimo ricordo sia la scomparsa della madre. Prende un respiro, cercando discacciare la paranoia.
«E poi, mi sembra che l'aria ci sia anche qui.» lo punzecchia Louis, citando la frase che Harry gli ha detto quando si è presentato lì da Doncaster.
Harry ride e si arrende a quello scontro che tanto sa non porterà da nessuna parte.
Restano in silenzio per un po', Harry mangiando una mela e Louis preparandosi un tè. Ed è in quel momento che il più piccolo si accorge di un cambiamento in Louis: lo vede corrucciare la fronte e fissare l'acqua del rubinetto come se nascondesse un qualche segreto.
Louis non sa dire quanto passa prima che si riemerga dai suoi pensieri, ma non appena solleva la testa le parole gli escono in automatico senza bisogno di pensarle.
«Io e Liam sprecavamo davvero tanta acqua durante il tour.» è una semplice constatazione a cui nessuno dei due bada inizialmente.
Poi la consapevolezza si dipinge nei loro visi nel medesimo momento e i loro sguardi s'incrociano pieni di sorpresa.
«Liam.» dice Harry, come per incoraggiare Louis a ripescare qualcosa, qualunque cosa dalla sua mente.
Louis sembra spremersi le meningi, alla ricerca del libro denominato "Liam Payne" nella libreria incasinata che è il suo cervello. «Una volta si è fatto male al braccio facendo il cretino per una ragazza. E un'altra volta abbiamo imbrattato l'auto di qualcuno.» fa una pausa.
Harry trattiene il respiro, come se anche un movimento d'aria potesse distrarlo dalla sua concentrazione.
«Appenaci siamo conosciuti non lo sopportavo.» sentenzia, come se fosse una cosa importante da dire.
Il suo viso si apre in un sorriso ed Harry lo copia. Si fissano per un po', senza sapere cosa dire o fare.
«Mi ricordo di Liam.» dice alla fine Louis, e teme che dicendolo a voce alta possa di nuovo dimenticare tutto.
«Ti ricordi di Liam.» ripete Harry, la voce intrisa di gioia.
Louis si sente come se avesse appena corso una maratona e può giurare di non aver mai avuto un tale mal di testa in vita sua, ma si sente pieno di felicità e orgoglio davanti a quel piccolo traguardo. Questo ricordo gli piace molto di più di quello che ha riavuto ieri.
Vede Harry alzarsi dalla sedia e avvicinarsi a lui ed è quasi automatico andargli incontro e abbracciarlo. Perché quel piccolo pezzo della sua vita che Louis ha appena conquistato è una vittoria anche per Harry, che è sempre al suo fianco per aiutarlo a sciogliere quella tela di ragno ogni volta che ha qualche dubbio.
Festeggiano facendo una video chiamata a Liam, che quasi si mette a piangere non appena sa la notizia. Ed è appagante e commovente per Louis guardare il volto di uno dei suoi migliori amici e finalmente riconoscerlo.
 
˜
 
Louis non si sentiva così rilassato da tantissimo tempo. L'aria stranamente calda gli solletica il viso e il sole sembra volerlo abbracciare. Tutto gli sembra surreale: gli ultimi giorni sono stati un'altalena di emozioni, è passato dalla rabbia, all'odio, alla gioia di ricordare qualcosa, e poi di nuovo si è fatto avvolgere da un pizzico di malinconia e tristezza. Ora si sente solo incredibilmente bene. E sa che il merito di tale sensazione è solo ed esclusivamente del ragazzo accanto a lui: Harry è disteso nella coperta che ha accuratamente sistemato nel piccolo spiazzo in cui si trovano, gli occhiali da sole a coprire i suoi occhi chiari, le braccia sotto alla testa e il viso rilassato. Sembra il ritratto della serenità, e Louis si perde a guardarlo e si chiede come abbia fatto a meritarlo nella sua vita. Perché Harry gli ha dato un sostegno enorme; l'aveva convinto ad uscire quella mattina e l'aveva portato in un parco di Doncaster - Louis aveva quasi perso la pazienza nelle due ore di macchina - e ora lo sta facendo sentire bene in quel piccolo Paradiso in cui si sono immersi. Non sa cosa avrebbe fatto se non avesse avuto qualcuno come Harry ad aiutarlo in quei giorni così frenetici.
«Un penny per i tuoi pensieri.»
Harry si alza gli occhiali e se li sistema in testa per incrociare il suo sguardo. Louis non si preoccupa di essere stato beccato mentre lo fissava e semplicemente sorride davanti alla curiosità del più piccolo.
«Non penso a nulla di preciso. Un po' tutto e niente.» dice poi con un'alzata di spalle.
Non sa cosa dire per ringraziare Harry, perché un semplice "grazie"non sarebbe per niente sufficiente. Vorrebbe abbracciarlo e sussurrargli quanto bene gli fa la sua compagnia, ma non vuole esagerare, dopotutto non ricorda fin dove può arrivare in quell'amicizia. Ha ancora un po' paura di osare troppo e di metterlo in imbarazzo, anche se Harry non sembra mai in imbarazzo con lui.
«Ogni volta che hai quello sguardo mi spaventi.» confessa il più piccolo, accigliandosi.
Louis ride davanti alla sua preoccupazione. «Niente di cui preoccuparsi, non sto ricordando nulla di traumatico.» lo tranquillizza.
Harry fa un sospiro sollevato e poi gli rivolge un sorriso. «Meno male, mi dispiacerebbe vederti di nuovo triste.» confessa, tornando a stendersi nella coperta.
Il più grande non può credere a quanto si senta leggero in quel momento: non sa se siano le parole di Harry, dette con quel tono così sincero; o se sia per quell'atmosfera tanto paradisiaca in cui si trova, ma davvero sta provando una beatitudine che ricorda di aver provato rare volte nella sua vita. È come se tutto fosse al posto giusto, con la sua amnesia a pesare leggermente, ma abbastanza silenziosa da poter essere ignorata. Forse non ha nemmeno bisogno di tutti i suoi ricordi indietro, dopotutto sta bene anche così, perché c'è Harry a renderlo sereno e stabile. Un dubbio, però, arriva ad attanagliargli il cervello e le parole abbandonano le sue labbra prima che possa fermarle.
«Sei fidanzato, Harry?» chiede piano, fissando il ragazzo accanto a lui per vedere la sua reazione.
Non sa perché ci tenga tanto a saperlo, ma sa quale vorrebbe fosse la risposta e si sente stupido. Vorrebbe rimangiarsi la domanda e smettere di pensare a certe assurdità che gli ronzano i testa, come per esempio lui ed Harry insieme, in una relazione, innamorati. Scuote la testa come per scacciare via quei pensieri e torna a concentrarsi sul ragazzo.
Nota come s'irrigidisce e rivolge lo sguardo verso di lui come se si muovesse a rallentatore. Forse non avrebbe dovuto chiederglielo così a bruciapelo e con tale confidenza, ma ormai è tardi per tirarsi indietro, quindi attende che l'altro dica qualcosa.
Harry si sente per un attimo congelare completamente, come se il sole fosse stato sostituito dalla neve gelida e il suo corpo ne fosse stato avvolto. Temeva che quel momento sarebbe arrivato e ora che si trova davanti una domanda tanto pesante non sa trovare le parole adatte a rispondere. Ha paura di lasciarsi andare a confessioni che potrebbero turbare Louis.
«Puoi non rispondere, se non vuoi.» dice quello, davanti al suo silenzio.
Il più piccolo scuote la testa, mentre nella sua mente cerca di tranquillizzarsi. Louis gli ha semplicemente chiesto se è fidanzato e anche se lui rispondesse con la verità non darebbe all'altro la possibilità di capire che è proprio lui il suo partner. Può farlo, si dice, può non lasciarsi sfuggire nessuna verità.
«Sì, sono fidanzato.» risponde alla fine, e non può fare a meno di lasciarsi dipingere il volto da un sorriso.
Louis nota i suoi occhi brillanti; più brillanti del solito, e prova un qualcosa che gli fa torcere lo stomaco. Caccia via quel sapore amaro dalla bocca e sorride.
«Come si chiama la fortunata? Non l'ho mai vista a casa, è per caso per colpa mia, per il fatto che sono venuto a vivere da te?» chiede, con forse troppa indifferenza.
Non gli importa davvero di essere un problema per Harry e la sua compagna e non si spiega nemmeno perché provi quello strano moto di gelosia. Forse, pensa, è perché sta vivendo Harry ventiquattro ore su ventiquattro e sarebbe strano doverlo dividere con qualcuno.
E il panico è di nuovo negli occhi di Harry. Nella sua testa c'è un vortice di terrore e confusione perché non sa come può rispondere a quella domanda specifica.
Prende un bel respiro e tenta di articolare una risposta. «È "fortunato" non "fortunata".» inizia, ricevendo uno sguardo sorpreso da Louis. «Non amo una persona per il suo sesso, se è quello che ti stai chiedendo. Amo l'amore, in ogni sua forma. E il mio compagno è l'amore più puro e prezioso che io abbia mai vissuto. È la persona che sceglierei sempre e che mi fa amare me stesso ogni giorno. Mi arricchisce, mi fa sentire forte contro ogni avversità e sono felice che sia la mia anima gemella.» spiega, senza lasciare al maggiore il tempo di dire nulla.
Louis legge le sue parole nelle sue iridi luccicanti: lì dentro c'è l'amore più profondo e forte che abbia mai visto; qualcosa che non crede di aver mai provato e forse non sarà mai fortunato da provare.
«Scusa, non volevo dilungarmi a parlare di lui.» fa Harry, grattandosi la nuca con fare imbarazzato.
L'altro scuote la testa. «No, nessun problema. È bello quello che hai detto. Il tuo lui è molto fortunato ad averti.» confessa, perché se qualcuno parlasse di lui come Harry ha parlato del suo compagno, Louis si riterrebbe ricco d'amore.
«Lo siamo entrambi.» conclude Harry, con un'alzata di spalle.
Poi rivolge a Louis uno sguardo indagatore, come se volesse capire qualcosa da lui; come se lo volesse analizzare particella per particella. Louis si ritrova a ridere davanti a quella faccia così concentrata ed Harry inclina la testa e mette su un broncio offeso.
«La tua faccia, dovresti vederti.» lo prende in giro Louis, ridendo ancora.
Harry gli fa una linguaccia. «Stavo pensando!» si lamenta, assumendo un'aria altezzosa.
Louis continua a punzecchiarlo davanti a quell'espressione così teatrale. «Sai, dovresti fare l'attore.» puntualizza.
«In verità, l'ho fatto un film.» ribatte subito Harry, grato di cambiare argomento.
Louis lo guarda sorpreso con gli occhi spalancati. «Sei anche un attore, oltre che un cantante?» domanda, interessato; la questione del fidanzato totalmente accantonata.
Louis ora è completamente interessato ad esplorare la vita di Harry; è curioso di scoprire di più su quali siano le sue passioni, le sue ambizioni e ciò che più ama fare al di fuori della loro quotidianità.
«Attore è una parola grossa. Diciamo che ho fatto un provino e sono stato fortunato ad essere scelto.» risponde con fare modesto, grattandosi la nuca.
Louis si stende da un lato e si regge la testa con il braccio. «Avanti, dimmi di più. Come si chiama il film? Chi è il regista? Com'è stato passare dall'essere un cantante a fare un film? Cosa ti è piaciuto di più?» ormai è un vulcano di domande, troppo curioso che non teme nemmeno più di essere impiccione.
Harry ride davanti a tanto interesse. Arrossisce appena perché non vedeva Louis così spensierato da tanto tempo e gli fa piacere sapere che sia riuscito nel suo intento di farlo stare bene dopo le giornate che ha passato. Così risponde alle sue domande con gioia, descrivendogli la trama di "Dunkirk" e ridendo davanti al suo stupore nello scoprire che il regista è Christopher Nolan.
«Tu hai lavorato con Christopher Nolan? Cavolo! Altro che "attore è una parola grossa", devi essere davvero bravo per aver conquistato Nolan!» lo elogia Louis, annuendo con convinzione. «Devo assolutamente guardare il film! Anche se penso di averlo già visto,ma la mia mente non lo ricorda.» aggiunge abbassando la voce.
Harry si morde il labbro. «Quando torniamo a casa lo guardiamo. Anche semi vergognerò moltissimo!» confessa diventando rosso.
Louis gli da un pugno amichevole sulla spalla. «Ma smettila, grande attore, sarai sicuramente bravissimo!» lo bacchetta, ridendo.
Harry ride con lui senza smettere di arrossire. Quel clima così amichevole e sciolto è un toccasana per lui, che iniziava a sentirsi stretto in quelle mura che Louis aveva innalzato da quando era uscito dall'ospedale. Ora sembra più tranquillo, più propenso ad a prirsicon lui e ad instaurare un'amicizia. Ovviamente, per Harry è ancora difficile non poterlo vivere come faceva prima dell'incidente, ma attende con pazienza e si gode quello che sta ricostruendo con lui.
Per un po', nessuno dei due parla, abbandonandosi alla pace che c'è lì intorno. Harry si è assicurato di trovare un posto dove non siano visti e si sono muniti di occhiali da sole e cappellini per cercare di restare il più possibile in incognito. Fino a quel momento tutto è andato liscio, anche perché Harry ha scelto il parchetto di Doncaster proprio per la sua quiete e così poi potranno andare a casa della famiglia di Louis per passare la serata con loro. Nonostante Louis ancora non ricordi i gemelli e Dan, vuole provare a vivere un po' di più quella sua nuova famiglia, come la chiama nella sua testa. Vuole imparare a conoscere quei piccolini che sembrano venerarlo e quell'uomo che lo tratta come un figlio. Un po' alla volta, vuole inserirsi lì dov'è il suo posto, quel posto che non ricorda, ma che sa che c'è.
All'improvviso sembra prendere una scossa e si solleva dalla comoda posizione coricata che aveva assunto, facendo muovere l'aria intorno ad Harry e quindi facendolo spaventare.
«Che c'è? Ci hanno beccati?» domanda preoccupato guardandosi intorno.
Louis nega con la testa e poi lo guarda con sguardo colpevole. «Non stai incasinando il tuo lavoro per me, vero?» chiede, la voce ridotta ad un sussurro per paura della risposta.
Da quando è andato a vivere a casa con Harry, il ragazzo è uscito poche volte per andare a riunioni di lavoro e ha passato la maggior parte del tempo con lui. Louis non aveva mai dato peso alla cosa, ma ora che sa che Harry è un cantante barra attore, il fatto che abbia così pochi impegni lavorativi gli suona strano.
Harry lo guarda prima confuso, poi scoppia a ridere. «Sei adorabile, Lou.» lo prende in giro, ammirando la sua espressione colpevole.
«Io non ci trovo niente da ridere!» borbotta Louis, accigliandosi indispettito.
E questo non fa altro che far ridere di più Harry.
«Ma cosa ridi, scemo? È una questione seria. Non voglio che ti crei problemi a lavoro per non lasciarmi da solo. Sono in grado di badare a me stesso, anche con la testa confusa.» dice il maggiore in tono piccato.
La risata di Harry continua e Louis non può fare a meno di dover nascondere la bocca dietro alla mano per non far vedere il sorriso che spunta. Quel suono così morbido lo fa sentire più leggero e gli piace far ridere il più piccolo.
«La mia casa discografica mi sta col fiato sul collo in tutti i casi, quindi tanto vale che mi faccio rimproverare per qualcosa. E poi, anche se non li ho informati, io sto già scrivendo nuove canzoni e ho tempo in abbondanza prima della data che mi hanno dato come limite per la pubblicazione del mio secondo album. Diciamo che questo periodo me lo prendo come una vacanza, tu sei solo una bellissima aggiunta.» spiega Harry, e prima che possa davvero realizzare cos'ha detto, si apre in un sorriso radioso.
E Louis coglie lì dentro tanti sentimenti, coglie la sua pazienza per essere un pessimo coinquilino, coglie la premura con cui gli preparai pasti, coglie la spensieratezza di quando giocano ai videogiochi ed Harry perde ogni volta. Tutto in quel sorriso gli mostra un sentimento di Harry, quell'Harry a lui così estraneo, ma così piacevole da starci intorno, da viverlo nella quotidianità della loro casa.
*
Arrivano a casa Tomlinson-Deakin verso le quattro del pomeriggio, dopo aver fatto un pic-nic nella "valle nascosta" - come l'aveva definita Louis - ed essere andati in un piccolo bar vintage. Louis si sente ancora meglio di come si sentiva appena uscito di casa. Quella che sta passando è semplicemente una giornata magnifica e il suo sorriso non accenna a spegnersi nemmeno per un secondo.
«È bello vederti così sereno.» gli dice la voce nasale di Harry mentre parcheggia nel vialetto della villa.
Non sa come sia possibile, ma il sorriso di Louis si allarga ancora di più. «È tutto merito tuo. Mi hai regalato una giornata fantastica fin'ora. Davvero, grazie Harry.»
E il più piccolo ha di nuovo assunto una sfumatura rossastra nelle guance e si gratta la nuca in imbarazzo. Quelle parole così sincere hanno il potere di fargli volare le farfalle nello stomaco, e in quello non è cambiato nulla perché Harry è sempre un disastro di imbarazzo quando i complimenti arrivano dal suo Louis.
Non risponde, perché non crede di avere le facoltà per formulare una frase di senso compiuto, e si avvia verso la porta.
Ad aprirli è Fizzy che si fionda verso il fratello senza nemmeno dargli il tempo di entrare.
«Fiz, non respiro.» si lamenta Louis facendo finta di soffocare.
Harry ride alla scena e supera i due per entrare in casa. I gemelli si catapultano da lui, ma appena vedono che anche Louis sta entrando in casa si avviano verso di lui in un coro di "Louis Louis" che fa scaldare il cuore del maggiore. Si inchina alla loro altezza e gli abbraccia stretti. Anche le gemelle e Lottie arrivano a salutarli e poi, vista la bella giornata, tutti si sistemano in giardino. I gemelli catturano subito Louis per giocare con lui a calcio, mentre Lottie prepara qualcosa da mangiare per fare merenda tutti insieme.
«Come sta?» domanda la ragazza ad Harry, porgendogli un bicchiere di succo d'arancia.
Harry accetta con un sorriso. «Bene, direi. Oggi non ha fatto altro che sorridere e abbiamo chiacchierato molto. Si sta ricordando tante cose, anche se non mancano sempre dei dettagli.» racconta, e forse infonde in quelle parole un leggero tono di tristezza.
Lottie, ovviamente, lo coglie all'istante. «Vedrai che si ricorderà presto anche di te.» lo incoraggia, mettendogli una mano sulla spalla. «Sei la sua anima gemella, dopotutto. Ti ama, non potrà mai non ricordarselo.» aggiunge, schioccandogli un bacio nella guancia.
Harry la tira a sé e l'abbraccia per ringraziarla di essere sempre così di supporto. Louis li vede mentre sta aspettando che sua sorella tiri una palla nella porta improvvisata tra i due alberi del giardino ed è grato che Harry sia lì con la sua famiglia.
*
Dopo aver passato il pomeriggio in giardino, Dan e i fratelli di Louis convincono lui ed Harry a restare per cena. Louis non ha nemmeno il tempo di pensarci che Harry ha già risposto affermativamente e ha anche già deciso di cucinare il suo piatto forte, la parmigiana di melanzane. I gemelli esultano e rapiscono nuovamente Louis per farlo giocare con i loro giocattoli. Dan e Fizzy si offrono di dare una mano ad Harry, Daisy e Phoebe vanno nella loro stanza per finire dei compiti e Lottie si siede nel divano a giocare con i fratelli.
Mentre sono intenti a inscenare la storia d'amore tra Superman e Barbie, Louis lancia degli sguardi alla cucina dove Harry si muove a suo agio mentre prepara la cena.
«So che tu ed Harry avete passato una bella giornata.» fa Lottie, notando lo sguardo del fratello.
Lui risponde con un sorriso che per lei significa già tutto. «Sono stato a meraviglia, Lots. Harry è sempre gentile e premuroso con me. Sto davvero bene in sua compagnia.» confessa in fretta, come se non vedesse l'ora di dire quelle cose.
Lottie trattiene appena una risata. «Sono contenta che ti faccia stare bene.»
L'attenzione di entrambi torna nel gioco che stanno facendo con i gemelli, e Superman giura amore eterno a Barbie ginnasta dopo averla salvata da un polpo gigante. I più piccoli ridono a crepapelle davanti alla recita del fratello e della sorella, che si sono davvero immedesimati nelle parti. Poi i due decidono di mettersi a colorare e Louis e Lottie possono parlare un po'.
«Senti, Lottie.» inizia il ragazzo un po' dubbioso. «Lo so che sembra strano chiedertelo, ma proprio non riesco a trovare una risposta a questa domanda.» si giustifica, guardando la sorella negli occhi. «Io sono gay?» chiede alla fine, e non può fare a meno di arrossire.
Lo sta pensando da qualche giorno e non sa da dove esca fuori tale convinzione. Sa solo che quando guarda Harry negli occhi sente qualcosa che non ricorda di aver mai sentito per nessuno; gli piace quando si sorridono complici e ama quando si sfiorano anche per sbaglio. Non sa cosa significhi tutto quello e vuole provare a dargli una connotazione.
Lottie non reagisce subito, cercando di trovare una risposta o forse solo tentanto di non ridere. La situazione di Louis non ha nulla di divertente, ovviamente, ma il fatto che non si ricordi se gl ipiacciono le donne o gli uomini o entrambi e debba chiederlo a sua sorella è piuttosto comico.
«Sì e no.» risponde alla fine, divertita.
Louis si acciglia. «Che vuole dire "sì e no"? O è sì o è no.» ribatte.
Lottie fa una scrollata di spalle come se non sappia esattamente cosa dire. Non ha una vera e propria risposta e forse nemmeno vuole dargliel aper lasciare che sia lui a ricordare, ma il volto di Louis così impaziente le fa cercare le parole adatte.
«Diciamo che ami l'amore.» spiega, senza voler aggiungere altro.
Il fratello le lancia un'occhiataccia. «Per niente criptica!» l'ammonisce in tono sarcastico, facendola ridere.
Poi quelle parole lo colpiscono come acqua fredda, perché sono le stesse parole che ha usato Harry per descriversi, quel pomeriggio. Non sa se Lottie le abbia usate senza pensare o se abbiano un significato particolare, ma non crede le dimenticherà facilmente. Non sa cosa voglia dire "amare l'amore", ma crede che possa spiegare quello che prova. O forse no, ma ora è troppo confuso per cercare di dare un senso a tutto quello.
Lottie lo osserva mentre lo nota pensare. Suo fratello ha la confusione dipinta in volto, ma lei non si sente di dirgli nient'altro, anche perché non potrebbe spiegare quello che lui ha solo ed esclusivamente con Harry; non può definirlo, quando il suo unico amore è da anni Harry e non ha mai avuto interesse per nessun altro, uomo o donna. Louis è semplicemente l'altra metà di Harry, ed ovviamente questo Lottie non glielo può dire.
 
˜
 
Nonostante avesse provato in tutti i modi a disdire quell'impegno, Harry non ha potuto fare nulla contro il volere del management ed è quindi costretto a partecipare agli EMAs a Milano per tre giorni. Non vuole partire, ma Louis gli assicura che se la caverà e che magari andrà anche a trovare la sua famiglia a Doncaster. Non che la cosa faccia partire Harry più sereno, ma quando poi arriva nella città italiana e viene trascinato tra interviste ed eventi non ha il tempo per preoccuparsi.
La serata degli EMAs pullula di gente e lui si alterna tra saluti e chiacchiere. Vince anche un premio e non può fare a meno di chiedersi se Louis lo sta guardando e sia fiero di lui. Non si sentono da quel pomeriggio, ma ad Harry sembra che non siano in contatto da anni. Pensa di essere eccessivamente protettivo, ma è più forte di lui.
Durante l'after party la situazione migliora leggermente. Ha bevuto un po' e lui non è molto bravo a reggere l'alcool, quindi si sente un pochino più leggero e blatera cose a vanvera con alcuni amici del management. Quando il suo telefono inizia a suonare e vibrare, ci mette una buona manciata di minuti per estrarlo dalla tasca e rispondere senza nemmeno leggere il mittente.
«Harry.» la voce di Louis gli arriva ovattata alle orecchie e non ci mette molto a capire che sta piangendo.
Gli viene la pelle d'oca e inizia a sudare freddo, l'alcool diventa solo una patina e la mente improvvisamente lucida. «Lou, cosa è successo?» chiede con urgenza.
È stanco di riceve telefonate che annunciano tragedie, non sa se sia in grado di sopportarlo di nuovo e soprattutto non di nuovo da Louis.
«Harry.» ripete lui, interrotto da un singhiozzo. «Mia madre è morta, vero?»
Harry sente il cuore perdere un battito. Di tutti i momenti in cui la ment edi Louis avrebbe potuto ricordare quella verità, ha scelto quello in cui è solo, in cui non ha nessuno a consolarlo. Non è giusto, Louis non merita di rivivere tutto quel dolore di nuovo e tanto meno di farlo da solo. Harry si innervosisce con non sa nemmeno lui chi e deve respirare profondamente più volte per ritrovare un barlume di calma.
«Louis, ci metterò un po', ma sto venendo da te. Non-» si ferma, cercandole parole adatte. Poi pensa che non ci sono parole adatte e dice semplicemente quello che vuole dire. «Per favore, non spezzarti.»
*
Due ore di volo dopo e una corsa in macchina che gli ha quasi sicuramente fatto prendere una multa dall'autovelox, Harry è arrivato a casa. È stremato, nervoso, triste. Vorrebbe solo voluto urlare per la frustrazione, ma mantiene il suo autocontrollo mentre entra in casa e cerca Louis.
«Lou.» lo chiama, ma l'unica risposta è quella del silenzio.
Sale le scale e si dirige verso la stanza in fondo al corridoio. La porta è semichiusa e da dentro non proviene nessuna luce. L'unica cosa che Harry sente sono dei singhiozzi e a quel punto non attende più per entrare. Louis è raggomitolato nel letto, piccolo e indifeso come un bambino. Harry lo rivede come quella notte in cui è morta Johanna, quando, dopo una giornata a mostrarsi forte per la sua famiglia, era crollato tra le sue braccia e aveva pianto e urlato e poi si era stretto a lui e aveva dormito un sonno pieno di incubi. Come quella volta, va nel letto e lo prende tra le braccia. Lo avvolge con le sue braccia forti e Louis non si allontana.
«Mi dispiace che tu l'abbia dovuto ricordare da solo.» sussurra Harry, e sente il senso di colpa avvolgerlo come una morsa.
«Cos'ha avuto?» domanda Louis, la voce appena un soffio.
«Ha avuto un tumore.» ed Harry sente che quello non è abbastanza, deve dargli più dettagli. «Ha lottato così tanto, Lou. È stata forte fino alla fine.»
Louis si volta verso Harry per guardarlo negli occhi. Il dolore che Harry incontra lo fa tremare.
«Lei sarebbe fiera di me?» chiede, la voce scossa dal pianto trattenuto.
«Lou, lei è fierissima di te. Tu hai mantenuto la tua promessa di esibirti ad X-Factor per lei, sei andato avanti come lei voleva. Sei un supporto costante per la tua famiglia e sei forte e generoso come lei ti ha insegnato.» Harry racconta tutti quei pregi con gli occhi pieni di orgoglio e Louis si fa cullare da quella sincerità e da quel tono tanto amorevole.
Harry lo stringe di nuovo a sé, la testa all'altezza del cuore per cercare di dargli un po' di calma con il ritmo del suo battito cardiaco.
Quando Louis parla, lo fa dopo svariati minuti dove Harry credeva si fosse addormentato.
«Fa maledettamente male.» sussurra, stringendo la maglietta di Harry nel suo pugno e tornando a farsi investire dalle lacrime.
Harry gli accarezza la schiena, scossa dai tremiti, e gli bacia la testa. «Lo so, Lou. Mi dispiace.» dice con voce intrisa di tristezza, mentre qualche lacrima sfugge anche a lui.
«Lei era la mia roccia. Era la parte migliore di me.»
Quelle parole colpiscono Harry ed hanno il doppio effetto di soffocarlo e rasserenarlo. Le ricorda come se fossero impresse nella sua mente a fuoco: Louis le aveva dette uguali quella notte di qualche anno prima e poi Harry ricorda i suoi occhi che l'avevano trafitto e la sua voce che gli aveva detto "Puoi essere tu la mia roccia ora? Tu puoi essere la parte migliore di me." ed Harry aveva annuito e l'aveva baciato come per suggellare quella promessa. Ora, quelle parole hanno una denotazione diversa, ma Harry decide che la promessa è ancora lì, incastrata nella mente di Louis. Quindi, si guarda bene nel rispettarla, dando a Louis un bacio sulla fronte.
«Ci sono io con te.» sussurra, perché vuole che lui sappia di non essere solo.
Louis piange e piange ancora per un tempo che sembra non voler finire mai. È stremato e gli scoppia la testa. Vorrebbe solo spegnere il cervello e smettere di pensare, perché quel dolore che lo sta straziando è semplicemente troppo. La menzogna che sua madre sia a casa di sua nonna a Parigi gli suona come un balsamo e se la vorrebbe ripetere per sempre. Ma la sua mente l'ha cancellata con la verità ed è una verità che potrebbe ucciderlo. Se non fosse per Harry che lo sta tenendo insieme e sta usando le sue carezze e la sua calma e ogni tanto i suoi baci lasciati nel suo capo. Harry che, come la volta precedente, lo sta aiutando a placare quel vuoto sordo che sente. E, come la volta precedente, Harry lo tiene stretto per tutta la notte, petto contro schiena, e lo culla in un sonno agitato, ma un po' meno solitario, senza farlo spezzare.
 
˜
 
Louis odia andare dalla psicologa. Non gli piace essere sotto esame e si sente nervoso al pensiero di doversi aprire con una sconosciuta. La prima seduta l'ha passata a rispondere con monosillabi e non ha intenzione di ripetere l'esperienza, tanto più che stavolta deve aprirsi sul ricordo appena riavuto. Così, domandare ad Harry di accompagnarlo gli è sembrata la cosa più naturale del mondo. Ed Harry sembra sì colpito, ma anche incredibilmente felice di eseguire quel compito. Quindi si dirigono allo studio della dottoressa Bell in puntuale orario ed entrano entrambi come se fosse impensabile separarsi.
La dottoressa inarca le sopracciglia quando li vede entrare. «Signor Tomlinson, dovrebbe essere da solo. Cosa l'ha spinta ad invitare il suo amico a seguire la seduta?» chiede con tono paziente.
Louis odia quel tono, come se lui sia un bambino a cui vanno spiegate le cose più semplici. «La scorsa seduta è stata una schifezza, quindi volevo evitare di ripetere l'esperienza.» dice sinceramente, aggiungendo anche una punta di fastidio nella voce.
La dottoressa non si scompone, mentre Harry deve mordersi l'interno della guancia per non scoppiare a ridere.
«Potrà essere totalmente sincero davanti al signor Styles?» domanda la dottoressa, annotando il nome di Harry nel suo blocchetto.
Louis guarda prima la dottoressa e poi il ragazzo e la sua risposta arriva sicura. «Certo.»
«Bene, allora mi parli di come è stata la sua settimana.» lo incita la donna.
«Ho ricordato che mia madre non c'è più.» risponde Louis a bruciapelo, perché tanto sa che quella è l'unica cosa che interessa alla strizzacervelli ed è inutile girarci intorno.
La sua mano cerca istintivamente quella di Harry e lui gliela fa trovare lì, nel divano in mezzo a loro due pronta a stringere la sua in una calda stretta d'incoraggiamento.
«Era da solo quando è successo?» chiede la dottoressa. «Mi può descrivere le sue sensazioni?» aggiunge, mentre si prepara ascrivere.
Louis deve mantenere un certo autocontrollo per non mettersi a piangere o a urlare o entrambe le cose. La stretta della mano di Harry, calda e modellata come creta intorno alla sua gli da un pizzico di forza in più per aprirsi.
«Ero da solo quando mi sono ricordato. Ma poi è arrivato Harry e la sua presenza mi ha aiutato molto.» racconta, mentre la sua mano è stretta fino allo spasimo intorno alle dita di quella di Harry. «Sarei voluto morire, ma Harry mi ha tenuto insieme.» aggiunge, e quella confessione non vuole essere affatto per la dottoressa, ma per il ragazzo che accanto a lui gli sta dando una forza disumana.
Forse è proprio in quel momento che sente per la prima volta che con Harry accanto può fare qualunque cosa, ma non ne comprende davvero il significato per via della mente annebbiata. Conserva quella consapevolezza che sta prendendo vita in lui e si ripromette, piano piano, di dargli un significato definito.
 
˜
 
Niall è al settimo cielo. Da quando è arrivato a casa Tomlinson-Stylesnon fa altro che dispensare abbracci agli amici e ridere di gioia. Louis lo prende in giro per quel suo modo esagitato di mostrare affetto, ma non può negare quanto si senta felice di aver riavuto indietro i ricordi riguardanti l'irlandese. Quando l'aveva chiamato per comunicargli la notizia, lui per poco non si era gettato direttamente nello schermo del pc per raggiungerlo e poterlo abbracciare. Quindi, di comune accordo, Louis ed Harry hanno deciso di organizzare una cena a casa loro invitando non solo Niall ma anche Liam che aveva accettato di buon grado. Louis ha anche proposto ad Harry di invitare il suo ragazzo, ma il più piccolo ha inventato una scusa e ha liquidato la questione il più in fretta possibile.
Ora sono tutti e quattro nel salone, il pollo e le patate nel forno, delle birre in mano e degli enormi sorrisi dipinti in volto per via di quella rimpatriata. Louis guarda Liam e lo trova più cresciuto: è sempre stato il più maturo tra loro, anche se spesso il più grande l'aveva portato a trasformarsi in un bambino, ma ora che lo rivede dopo tanto tempo trova in lui un aspetto più paterno, segno che il suo amico sia il responsabile padre di famiglia che è sempre voluto essere. Niall, invece, è cambiato poco, è sempre solare e sorridente, un piccolo raggio di sole che Louis si è sempre divertito a punzecchiare. È bello guardare i loro volti e vedere nei loro occhi frammenti di sé stesso, perché ora sa chi sono e li riconosce.
Incrocia lo sguardo di Harry mentre sente in sottofondo la risata di Niall, e si lascia sfuggire un sospiro: Harry è ancora un'ombra e la cosa non fa altro che farlo arrabbiare.
Si risveglia dai suoi pensieri quando sente la domanda di Niall.
«E Zayn, si è fatto sentire? Te lo sei ricordato?» chiede curioso.
Il maggiore fa un'alzata di spalle. «Mi ha mandato un messaggio qualche giorno dopo che sono uscito dall'ospedale per sapere come stavo. Gli ho detto che andava tutto bene, ma che non avevo la minima idea in che rapporti fossimo perché avevo subito un'amnesia. Mi ha chiesto di cercarlo una volta che avessi ricordato e così ho fatto: è stato due giorni dopo aver ricordato te, e gli ho mandato un messaggio dicendogli che sapevo cosa aveva significato la nostra amicizia e che mi faceva piacere che si preoccupasse nonostante quello che era successo tra noi. Lui mi ha detto che mi augura il meglio e che mi avrebbe cercato di tanto in tanto.»
Ricordare Zayn è stato difficile: l'ha ricordato piano, molto più lentamente di quanto abbia ricordato le altre cose, e l'ha associato prima ad una profonda amicizia e poi il distacco l'ha portato ad essere arrabbiato. È stato un turbinio di emozioni tutte insieme e lui le ha catalogate lentamente, prendendo coscienza di quello che era stato con lui e di quello che poi si era perso.
Niall cerca di alleggerire la tensione che si è creata. «Mi sento lusingato che ti sei ricordato prima di me, comunque.» dice, mettendogli un braccio intorno alle spalle.
Louis ride e anche gli altri si lasciano trascinare da quella scenetta in una risata collettiva.
Cenano tra chiacchiere e risate, con Louis che ogni tanto racconta qualche aneddoto che gli è tornato in mente e gli altri che lo ascoltano, fieri di vedere come sta recuperando.
*
Nonostante siano già le due di notte e la serata con i ragazzi l'abbia stancato, Louis ancora non è riuscito a chiudere occhio. Continua a rigirarsi nel letto e a sbuffare perché il sonno proprio non lo vuole investire. Non ha determinati pensieri che gli impediscono di dormire, è semplicemente una notte fastidiosamente insonne. Dopo una buona mezzora dove si è messo anche a contare le pecore nel vano tentativo di riuscire ad addormentarsi, struscia fuori dal letto e si mette a girovagare per casa. Sembra un idiota, deve ammettere, mentre cammina per il corridoio e pensa a come passare il tempo. Senza nemmeno accorgersene, va davanti alla porta della stanza di Harry e appoggia l'orecchio alla superficie di legno. Ovviamente, dall'interno non proviene nessun rumore e non c'è nemmeno uno spiraglio di luce accesa, segno che Harry sta dormendo come tutte le persone normali a quell'ora della notte. Però non demorde, perché ha una forte cocciutaggine che lo contraddistingue, quindi apre pianola porta ed entra in punta di piedi. Fa il più piano possibile, ma Harry sembra avere un radar e lo intercetta a metà tragitto tra l'ingresso e il letto.
«Louis.» gracchia con la voce impastata dal sonno.
Il colpevole si ferma, con quella sua aria fintamente innocente, e fa un'alzata di spalle. «Non riesco a dormire.» confessa, come se la sua fosse una giustificazione per averlo svegliato.
Harry, come ci si può aspettare da lui, non è arrabbiato, anzi sorride leggermente e picchietta la mano nel posto libero del letto. «Vuoi dormire qui?» chiede con premura.
Louis cerca di contenere la gioia per quella proposta e la camuffa con un colpo di tosse. «Se per te non è un problema.» puntualizza.
Il più piccolo scuote il capo. «Nessun problema.» fa una pausa come se stesse pensando ad un appunto importante da aggiungere, ma non sapesse come farlo. «Solo, indosso solamente i boxer, e, ti prego, non chiedermi di alzarmi a vestirmi perché non ne ho le forze.» dice alla fine, e per nascondere l'imbarazzo di quella confessione si morde il labbro inferiore.
Louis sente il cuore fare una capriola nel petto, perché quella tenerezza è davvero troppo per lui a quell'ora di notte e con il sonno che sta minacciando d'inghiottirlo. Si avvicina al letto e si accuccia inginocchio accanto ad Harry. Rimane a guardarlo mentre si distende a pancia in giù, il sorriso che non abbandona le labbra di nessuno dei due per minuti interi.
«Eri silenzioso durante la cena, va tutto bene?» domanda Louis.
Proprio non ce la fa a stare zitto; non con Harry così pacificamente rilassato in un letto che stanno condividendo. Vuole che quel momento si fermi così, perché giura che quell'intimità che si stanno concedendo sia la cosa più bella che potrebbe desiderare. E non si preoccupa più di essere invadente o pesante, no, lui vuole vivere quei momenti e custodirli come i più preziosi e non sa nemmeno da dove venga tanta ossessione. È solo che da qualche giorno a quella parte Harry suscita in lui qualcosa di profondo a cui Louis non vuole dare un nome preciso.
Harry fa spallucce senza aprire gli occhi. «Sì, va tutto bene.»
Louis gli accarezza una guancia ed Harry si sente costretto a guardarlo. Appena i loro sguardi s'incrociano, Louis capisce che il più piccolo non gli sta dicendo tutto. Lo capisce dal suo tono, dal modo in cui si sta mordendo il labbro inferiore e da come i suoi occhi sono velati da un mal celata malinconia. Gliel'ha notata addosso anche nei giorni passati, quella stana aura d'inquietudine e non ce la fa più a vedere quell'espressione triste in quegli occhi che dovrebbero sempre brillare di luce propria. Ovviamente, Harry capisce che Louis sa, glielo legge in faccia non appena lo vede corrucciare la fronte come offeso per essere stato mentito.
Louis non sa quando ha sviluppato tale abilità, fatto sta che legge le emozioni di Harry come se fossero sue. Le sente quasi nella sua pelle; quando lo vede inarcare le sopracciglia con fare preoccupato,quando si morde il labbro in imbarazzo, ogni volta che è in procinto di arrabbiarsi, ma poi incrocia il suo sguardo e quindi si calma. Louis è in grado di catalogare gli stati d'animo del più piccolo e quella capacità gli sembra l'unica che valga la pena di avere.
Harry per un attimo rivede il suo Louis, quel Louis che l'ha sempre saputo scoprire e riconoscere in ogni sua sfaccettatura. E trema al pensiero che è tutto nella sua testa, che loro sono lì dentro misti a quella nebbia data dall'amnesia, e sospira, perché il tempo che Louis ci sta impiegando per ricreare la loro vita insieme lo sta facendo soffocare ogni giorno di più.
«Mi dispiace.» gli sente dire in un flebile sussurro.
Lo fissa, perplesso. «A cosa ti riferisci?»
Louis gli punta gli occhi azzurri addosso e le sue iridi così incredibilmente chiare gli danno una forte scossa a tutto il corpo. «Per non essermi ancora ricordato di te.»
Harry nasconde la sorpresa di quella confessione e del modo in cui il più grande abbia capito esattamente cosa stesse pensando nonostante lui non abbia parlato. Non sa cosa dire e forse non c'è nemmeno nulla da dire.
«Non è frustrante solo per te, sai?» continua Louis. «Vorrei poter riacchiappare frammenti di te nel casino che ho in testa. Perché è incredibilmente difficile vederti e non sapere perché sei così, non capire cosa ti porta a trattarmi come mi tratti.» aggiunge, facendo scaturire uno sguardo confuso nel viso di Harry.
Louis vorrebbe solo dare a quel volto il ricordo che merita; vuole sapere se tutte le cose che sta iniziando ad apprezzare di Harry sono le stesse cose che piacevano al vecchio Louis. Vuole poter ringraziarlo per esserci e per esserci stato, perché l'ha capito ormai che Harry è una presenza costante nella sua vita.
«Tu sei così buono con me. Sei gentile, paziente, premuroso. Sei un costante supporto e non avrei superato questo momento senza di te. Sei così tante cose, Harry. Tu sei tutto.» spiega, accarezzandogli la guancia, senza più riuscire a fermare la sua lingua da lasciarsi fuggire quelle verità.
Forse c'è ancora qualcosa incastrato tra le sue labbra sottili, ma ad Harry non serve nient'altro: si siede di nuovo e si sporge verso il maggiore avvolgendo le braccia intorno al suo collo in un abbraccio disordinato, ma pieno di calore. Louis non reagisce subito, sorpreso da tale reazione, ma poi porta le braccia intorno alla vita di Harry e immerge il viso nella sua spalla. Stanno incastrati così per un tempo indeterminato, a bearsi di quel rapporto che li sta avvolgendo senza farsi sentire.
«Ora proviamo a dormire, altrimenti domani saremo due zombie.» dice Harry quando si separano, lasciando un bacio sulla fronte del più grande.
Louis assapora quel contatto come se fosse acqua nel deserto e poi annuisce. Si stendono sotto le coperte, faccia a faccia. Chiudono gli occhi dopo essersi sorrisi e nel silenzio della notte Louis cerca la mano di Harry e la stringe. Così riesce ad addormentarsi senza difficoltà, cullato dal respiro rilassato del suo angelo personale.
 
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Gli occhi di Louis brillano d'orgoglio e gioia. Quel pezzetto di carta che stringe tra le mani è il primo frutto del duro lavoro che sta facendo da quando ha perso la memoria. Non è molto, sono solo poche righe, ma sente che quella è la giusta strada per ricominciare a produrre qualcosa. Certo, fatica ancora a ricordare come si crei una canzone con musica e parole, ma si sente fiducioso sulla sua produttività e sul fatto che mettersi all'opera possa stimolare la sua memoria.
Quando guarda Harry, con quel foglietto in mano chesembra pesare cento chili, non ha idea di cosa dire perché si sentesopraffatto dall'emozione.
«Lou, ti sei messo in pausa?» gli chiede Harry lanciandogli un cuscino dal divano.
Louis scuote la testa, raccogliendo il cuscino che l'ha appena colpito in viso e raggiunge l'altro nel divano.
«Ho scritto una canzone.» buttafuori alla fine, arrancando sulle sue stesse parole. «Credo.» aggiunge, diventando rosso per l'imbarazzo.
Harry si siede davanti a lui e con una dolcezza infinita prende il foglietto che il più grande gli sta porgendo. Nei suoi occhi Louis nota una profonda curiosità, ma soprattutto una forte gioia che proprio non riesce a trattenere. E allora Louis sorride e non gli importa che quelle poche righe siano la cosa più brutta che abbia mai scritto, a lui basta vedere quello sguardo cristallino nelle iridi di Harry e sa che può totalmente fidarsi del suo giudizio.
«Lou.»
Ecco, magari quella pausa non è proprio il massimo per farlo stare calmo e Louis lo sprona a continuare a parlare con un gesto del capo.
«È bellissima!» fa finalmente Harry, capendo il nervosismo dal viso dell'altro.
Louis rilascia l'aria e si apre nel più dolce sorriso che Harry abbia mai visto: sembra un bambino, con le guance leggermente chiazzate di rosso e gli occhi brillanti di soddisfazione.
«Sono solo poche righe.» si sminuisce, intrecciando le dita delle sue mani con nervosismo.
Harry gliene prende una e la stringe piccola tra le sue. Restano a guardarsi negli occhi, leggendoci dentro la magia di quel momento, finché il più piccolo non scatta in piedi come una molla. «Ho un'idea!» dice, per poi dirigersi verso le scale. «Mettiti le scarpe e una felpa e aspettami all'ingresso.» ordina, prima di sparire nel corridoio verso la sua stanza.
Louis rimane imbambolato cercando di capire il perché di quell'improvviso scatto di Harry, ma davvero non realizza cosa stia succedendo.
«Sei ancora così?» lo rimbecca il piccolo.
L'altro lo guarda e nota che ha la custodia di una chitarra a tracolla e si sta sistemando una sciarpa intorno al collo. «Non mi rimarrà la melodia in testa per molto!» si lamenta poi.
«Si può sapere dove andiamo?» chiede Louis, eseguendo gli ordini ricevuti in precedenza. «E che melodia? Harry, ti sei drogato?» aggiunge, afferrando l'altro per una manica della felpa.
«Andiamo allo studio di registrazione.» risponde Harry, prendendolo per mano.
Lo guida alla macchina, gli apre lo sportello e lo invita a sedersi al posto del passeggero.
«Sono le dieci di notte, non credi che sia chiuso?» chiede dubbioso Louis quando Harry si è sistemato alla guida.
«Fortuna che ho le chiavi. Me le ha date il management peri miei momenti improvvisi d'ispirazione.» spiega lui, il sorriso che gli illumina tutto il viso con le fossette ad adornarlo.
«E ora sei ispirato?» chiede ancora Louis.
«E ora sono ispirato!» conferma Harry, mettendo in moto e partendo.
Passano il viaggio in silenzio. Harry parcheggia davanti ad un alto palazzo ed entrambi si recano all'interno fino ad arrivare allo studio due. Harry invita Louis ad accomodarsi dove vuole mentre lui si sistema davanti al pianoforte.
«Prendi la chitarra.» suggerisce al più grande indicandogli la custodia color crema.
Louis guarda prima quella e poi Harry. «E cosa dovrei farci? Non ricordo come si suona.» commenta, e nella sua voce c'è una nota di tristezza.
Harry scaccia il suo commento con un gesto della mano. «Tu prova.» lo incoraggia con un'alzata di spalle. «Prova ad ascoltare me e vedi cosa ti viene fuori.» aggiunge, regalandogli un altro sorriso.
Louis annuisce, ancora non totalmente convinto, e impugna la chitarra. Harry gli rivolge un altro sguardo e poi si concentra sui tasti bianchi e neri del pianoforte. Da dove è posto, Louis non vede le dita che si muovono, ma osserva la passione che Harry mette in quei movimenti e ne rimane rapito. Si fa cullare da quella melodia carezzevole e leggera che sembra suonata dal vento e lascia che le sue dita sfiorino le corde ruvide della chitarra che ha in braccio. Non pensa, non sa cosa dovrebbe fare, ma suona insieme ad Harry, forse un po' fuori tempo e stonando, ma si sente vibrare dentro insieme alle note che sta producendo e che stanno avvolgendo l'aria. Poi la voce di Harry si aggiunge alla musica e quelle parole scritte di fretta in un pezzetto di carta si trasformano in qualcosa di totalmente diverso e Louis si sente esplodere il cuore. Apre gli occhi, che nemmeno si era accorto di aver chiuso, e incrocia lo sguardo di Harry che lo sta guardando con; con qualcosa di troppo forte per essere definito. Perché Harry non ce la fa a nascondere l'amore che sta provando in quel momento, mentre guarda il suo Louis immerso nella musica, perso nel loro mondo. E nemmeno gli importa che lui possa capire qualcosa dai suoi occhi, perché contenere tale sentimento gli è praticamente impossibile.
Quando si fermano, le dita prudono di soddisfazione e gli occhi brillano di tante, troppe emozioni.
«Sei stato bravissimo.» lo loda Harry nella maniera più genuina e sincera.
«Credo di essermi solo lasciato trasportare.» commenta Louis con un'alzata di spalle senza nemmeno sapere cosa sia effettivamente successo.
Gli sembra di state in una bolla piena di pace e serenità, un po' come quando lui ed Harry erano al parco, ma stavolta con qualcosa in più, come quella proverbiale ciliegina sulla torta che è in quel momento rappresentata dalla musica.
«Ti va di inciderla? Giusto per avere una traccia e non dimenticarci.» fa Harry incoraggiante.
Louis scuote freneticamente la testa. «No. Assolutamente no.» ribatte deciso.
Si alza e sistema la chitarra nella custodia sotto lo sguardo preoccupato di Harry.
«Scusa, non volevo esagerare.» dice, guardando le sue spalle tese.
Lo vede prendere un respiro profondo e voltarsi a guardarlo. «Non scusarti, non sono arrabbiato.» fa sorridendo appena per dimostrare le sue parole.
Anche Harry si tranquillizza, ma si chiede il perché di quella reazione. Credeva che suonare insieme fosse stato un passo importante per Louis e magari cantare avrebbe potuto aiutarlo ulteriormente, ma legge nei suoi occhi un velo di paura e capisce che non lo deve forzare.
«Non mi sento pronto a cantare.» confessa il più grande con un'alzata di spalle.
Harry si alza dal sediolino del pianoforte, si avvicina a lui e gli mette le mani nelle spalle. «Torneremo qui quando sarai pronto, allora. Basta solo che tu me lo dica e io ti porto qui in qualunque momento.» 
E in quelle parole Louis legge una promessa di cui non potrebbe essere più grato. Harry è lì per supportarlo, questo lo sa ormai, ma ogni volta che il più piccolo glielo dimostra con i più dolci gesti lui non può fare altro che sentirsi pieno di un sentimento innominato, ma sicuramente forte e che lo fa stare bene.
 
˜
 
Con l'inizio del nuovo mese, Harry ha dovuto riprogrammare qualche impegno lavorativo. La casa discografica e il management lo pressano ogni giorno di più per vedere i frutti degli ultimi mesi, ribattendo sul fatto che deve darsi più da fare e che non può trascurare così la sua carriera. Harry manderebbe tutto al diavolo pur di non lasciare Louis da solo, visto com'è andata l'ultima volta che è partito, ma il maggiore, ovviamente, ha capito che sta avendo dei problemi, quindi lo sprona a fare ciò che deve e a non preoccuparsi per lui che tanto si sentiranno tutti i giorni. Così, Harry ha dovuto prenotare un volo per Los Angeles per la settimana successiva, senza però ribadire al più grande "Io comunque mi preoccuperò lo stesso per te!".
Louis vorrebbe davvero fare qualcosa per Harry; per dimostrargli la sua gratitudine, quindi decide che, prima della sua partenza, può organizzare una cena con la famiglia del ragazzo. Harry inizialmente sembra titubante a tale proposta, ma quando Louis insiste non può fare a meno di cedere e acconsentire.
E la cena avviene il sabato, con Anne e Gemma che sono felicissime dell'invito e si presentato a casa dei due ragazzi con vino e dolcetti.
«Sono i miei preferiti!» cinguetta Louis prendendo la scatola del dessert.
Anne si apre in un sorriso smagliante e si avvicina a lui avvolgendolo in un abbraccio spaccaossa. «Oh, lo so, tesoro. Sono così contenta di rivederti.»
Louis le sorride leggermente imbarazzato. Non si ricorda chi sia quella donna, ma nota che si comporta come se per lei lui fosse davvero importante.
«Mamma, cosa abbiamo detto sulle dimostrazioni d'affetto così esuberanti?» arriva Harry in soccorso, che mette una mano sulle spalle della mamma per cercare di calmarla.
Anne si asciuga una lacrima e sorride colpevole. «Scusa. Scusami, Louis, non volevo metterti a disagio.» fa, sospirando per ricomporsi.
Harry ha avvisato sua madre e sua sorella di non esagerare con Louis: le ha tenute aggiornate sul suo recupero sin dall'inizio e si è premurato di spiegare loro che devono essere pazienti e non forzare in lui nessun ricordo. Per quello il ragazzo era stato inizialmente contrario all'idea d'invitare la sua famiglia; proprio perché aveva paura che potesse essere troppo per la mente in bilico di Louis. Si augura che tutto vada bene, ma già da come la cosa è iniziata la paura lo investe leggermente.
Comunque Louis non sembra più tanto turbato quando anche Gemma ci tiene a salutarlo con un abbraccio e un bacio sulla guancia. Sorride e si lascia trasportare in quel clima familiare che gli stanno trasmettendo quelle due donne. Harry lo guarda e capisce che si sta rilassando, così tira un sospiro di sollievo. Forse la serata procederà tranquillamente.
*
Dopo aver finito di mangiare, i quattro si spostano in salone con dei bicchieri di vino. Anne continua a raccontare storie su Harry, facendo diventare il ragazzo di ogni possibile sfumatura di rosso e facendo scaturire le risate di Louis e Gemma.
«Eri proprio un bambinetto vivace.» lo prende in giro il più grande, dandogli un pizzicotto nella guancia, dopo aver sentito la storia di Harry che aveva accusato Gemma di spacciare droga quando avevano rispettivamente sei e nove anni.
Harry si nasconde dietro le mani e sbuffa. «Mamma, vuoi smetterla dimettermi in imbarazzo?» si lamenta, assumendo una tonalità bordeaux.
Gemma scoppia di nuovo a ridere, seguita a ruota da Louis, mentre Anne guarda la naturalezza con cui il più grande sta posando il braccio nella spalla di suo figlio e, forse complice l'alcool che l'ha resa un po' brilla, non riesce a trattenersi.
«Sono così contenta che il mio bambino sia innamorato di te, Louis.» si lascia sfuggire.
Le guance di Harry non sono più rosse, anzi non hanno più nessun colore. Sbianca di botto e si volta verso Louis lentamente, il terrore dipinto nelle iridi chiare. Il più grande ha un'espressione indecifrabile in volto ed Harry spera che, per cieca fortuna, non abbia in realtà sentito ciò che detto sua madre. Cosa impossibile, ovviamente, perché sono seduti a pochi metri ed Anne non aveva un tono basso quando ha parlato.
«Cosa?» domanda infatti, lo sguardo che si fa sempre più confuso.
Gemma lancia un'occhiata a suo fratello e giura di vederlo annaspare. Capisce di dover fare qualcosa prima che la situazione imploda, così accarezza la mano della madre che sta leggermente tremando e spostalo sguardo ai proprietari di casa.
«Si è fatto tardi, mamma ed io dobbiamo davvero andare. Grazie ad entrambi per la bellissima serata. Ci sentiamo presto.» dice alzandosi.
Harry si alza con lei, seguito da Anne che subito abbraccia il figlio e gli sussurra un flebile e terrorizzato "Mi dispiace" all'orecchio. Harry sospira e accompagna le donne alla porta. Gemma si premura di dire al fratello di farsi sentire e poi sua madre e sua sorella salgono in macchina e si allontanano. Il ragazzo resta più del dovuto davanti alla porta chiusa perché sente il panico assalirlo. Non sa come troverà Louis in salone e ha paura che qualcosa tra loro si sia rotto. Fa un sospiro prima di fare i passi che lo separano da quell'inevitabile discussione.
«Lou?» lo chiama, quando lo trova ancora seduto nel divano.
Lui si volta lentamente, si alza e gli si para davanti. «Sei innamorato di me?» chiede.
Harry boccheggia: non vuole rispondere; non può farlo. Non saprebbe come spiegare a Louis quello che prova perché non l'ha mai dovuto fare. Louis non ha mai avuto una tabula rasa sui suoi sentimenti e loro nel loro rapporto non hanno mai fatto domande: si sono amati, in maniera genuina e naturale fin dall'inizio.
«Harry, sei innamorato di me?» insiste Louis, facendo un altro passo verso di lui.
L'unica cosa che Harry fa è annuire e nel volto di Louis vede dipingersi qualcosa a cui non sa dare un nome.
«Perché non me l'hai detto?» domanda ancora il più grande, le sopracciglia inarcate e il tono accusatorio.
«Lou, non potevo dirtelo. Non- non avrei potuto certo caricarti con una confessione del genere.» Harry fa una pausa per raccogliere le idee. «Questo non cambia niente fra noi.» sentenzia convinto, avanzando verso di lui.
Louis fa un passo indietro e si sottrae alla sua mano. «Certo che cambia, Harry.» scatta, sulla difensiva.
Il più piccolo scuote la testa violentemente, gli occhi che gli pizzicano per le lacrime che sta trattenendo. «No, no, Louis, questo non cambia nulla.»
Louis lo guarda dritto negli occhi. «Quel giorno al parco, quando mi hai parlato del tuo ragazzo, tu stavi parlando di me.»
Non è una domanda, ed Harry non può fare altro che annuire. Louis scuote la testa al ricordo di come il più piccolo avesse descritto il loro amore: qualcosa di invincibile, qualcosa di puro e meraviglioso. Lui di tutto quello non ricorda nulla e trema al pensiero che non sa nemmeno cosa significhi provare un sentimento così forte.
«Harry, io non posso darti nulla della vita che avevamo, perché nemmeno me la ricordo quella vita. Io non posso darti niente.» fa allora nella più totale confusione.
«Non ti sto chiedendo questo, Lou. Io non pretendo niente da te. Io ti aspetto.» cerca di rassicurarlo Harry afferrandogli le mani nelle sue.
«Io non so nemmeno cosa provo.» sentenzia Louis, facendo scivolare le mani dalla presa. «Io non sono il tuo Louis, Harry.» dice, e negli occhi c'è rammarico.
Harry si lascia sfuggire una lacrima. «Tu sarai sempre il mio Louis.» dice, facendo per avvicinarsi.
Louis però si ritrae di nuovo e scuote la testa. «Non voglio che tu soffra. Non voglio che la mia presenza qui sia una tortura per te. Domani torno a Doncaster, è meglio se non ci vediamo per un po'. Io-io ho bisogno di riflettere.»
All'udire quelle parole, le lacrime si moltiplicano negli occhi di Harry e lui non fa più nulla per bloccarle. Cerca però d'intercettare Louis mentre quello sta tentanto di salire le scale.
Lo blocca per le spalle e lo fissa con la paura negli occhi. «Non te ne andare. Lunedì parto, avrai la casa tutta per te. Poi quando torno ne riparliamo.» fa una pausa per bloccare un singhiozzo. «Ti prego, Lou, non lasciarmi.» supplica, la voce un flebile sussurro.
Louis inghiotte a vuoto mentre cerca di non lasciar trasparire nessuna emozione: vorrebbe mettersi ad urlare perché tutto quel male che sta facendo ad Harry potrebbe ucciderlo, ma non ce la fa a vivere una vita che non ricorda, con la confusione a fargli costantemente compagnia.
Alla fine annuisce e sussurra un "Okay" prima di salire le scale e chiudersi dentro la sua stanza. Harry si lascia andare a terra e continua a piangere perché il suo Louis non lo riconosce e ha paura di quello che potrebbe provare nei suoi confronti e per la prima volta nella loro relazione lo sente lontano; troppo lontano.
 
˜
 
Dopo il ritorno da Los Angeles, Harry ha praticamente pregato Louis di non tornare a Doncaster. Il maggiore ha alla fine ceduto, ma tra loro qualcosa di è inevitabilmente spezzato. Parlano a malapena e tutta la fiducia e confidenza che avevano costruito sembra essere stata cancellata. Louis sembra spaventato anche solo dall'avvicinarsi ad Harry: non vuole rischiare di dargli segnali sbagliati, ora che sa cosa prova per lui.
Però, ha qualcosa che gli pesa dentro e non riesce più a non rivelare quel piccolo segreto che si sta portando dietro da quella che gli sembra un'eternità. Dopotutto, quello che ha fatto durante l'assenza di Harry, l'ha fatto per merito suo: è stato il più piccolo a dargli la spinta necessaria e a ridargli un pezzetto di sé, quindi non sarebbe giusto non ringraziarlo dovutamente. Però, la paura di poter superare un confine che si è autoimposto lo fa desistere. Si rigira la pennina USB nelle mani come se quella possa dargli la risposta che cerca. Alla fine, stanco, si alza dal letto, esce dalla sua stanza e si dirige in quella di Harry. Lo trova steso nel letto, una penna in mano che scarabocchia in un quaderno e dei fogli di carta sparsi nel pavimento.
«Louis. Mi hai spaventato.» dice, chiudendo il quaderno e sistemandosi meglio nel letto.
Nei suoi occhi c'è una patina di qualcosa che Louis non riesce a dignorare; come se Harry non avesse fatto altro che aspettare quel momento di confronto che hanno rimandato per troppo tempo dal suo ritorno.
«Scusa. Ma devo parlarti.» ribatte in modo deciso.
Harry lo invita a sedersi nel letto, ma Louis scuote la testa e rimane fermo nella porta. È il più piccolo a raggiungerlo, ignorando la sua espressione di disapprovazione. Non gli importa se si sono allontanati e se parlano a malapena, Harry non smetterà mai di essere attratto da Louis, di volerlo sfiorare e rassicurare ogni qualvolta ne ha bisogno.
«Ti ascolto.» lo incoraggia a parlare.
Lui prende un respiro profondo per scacciare via la sensazione di soffocamento che lo sta avvolgendo e gli porge la chiavetta USB. «L'ho registrata quando eri a LA. Mi ha aiutato Mitch.» racconta, sotto lo sguardo sempre più stupito di Harry.
Il più piccolo non aveva voluto lasciarlo solo in quel suo momento creativo, così gli aveva dato i contatti di Mitch, il suo chitarrista, e si era premurato di dirgli che lui sarebbe stato disponibile a portarlo allo studio in ogni momento avesse voluto.
«L'hai registrata.» sussurra, come in trance.
«Volevo farti una sorpresa. Per ringraziarti di tutto. Poi c'è stata un po' di tensione tra noi e non mi è sembrato il caso di dartela.» spiega Louis, tenendosi lontano da quegli occhi verdi che brillano nel buio della stanza.
«Come mai hai cambiato idea?» domanda Harry curioso, cercando di catturare il suo sguardo.
Louis fa spallucce. «Non lo so nemmeno io.» risponde sinceramente. «Con te mi succedono tante cose che non riesco a spiegarmi.» aggiunge, e stavolta gli occhi gli incastra proprio con quegli smeraldi luccicanti e trema perché in quella confessione c'è più di un significato celato a cui Louis non sa dare voce nemmeno con sé stesso.
Il silenzio che cala è carico di tensione, ma soprattutto di parole non dette attaccate lì nelle loro labbra. Sembra che, da quando Louis ha scoperto la verità su Harry, tutto tra loro sia silenzioso e misterioso, come se mancasse un tassello importante o cene fosse uno di troppo. Ma né Louis, né tanto meno Harry, riescono a separarsi; anche il solo stare nella stessa casa e condividere l'aria li fa stare bene.
«Spero- spero ti piaccia.» rantola poi fuori Louis come avesse appena ripreso coscienza della situazione.
Senza aspettare risposta, si volta ed esce dalla stanza.
Harry rimane a fissare la porta chiusa per qualche minuto, poi prende il portatile dalla custodia, si ristende, inserisce la chiavetta appena il pc è acceso e preme play.
La melodia è delicata e leggera come l'ha suonata lui la prima volta. Chiude gli occhi e si immagina di nuovo Louis che accarezza delicatamente le corde della loro chitarra, la frangia che gli cade sugli occhi concentrati e il sorriso dolce che gli colora il viso. Poi parte la sua voce ed Harry trema: trema per la perfezione di quel tono imperfetto, per l'orgoglio che ci sente dentro e per l'amore che lo macchia dispettoso. È la canzone più bella che abbia mai sentito, e inizia a piangere come un bambino perché il suo Louis gliel'ha regalata e dentro c'è tutto lui, con le sue insicurezze e i suoi difetti e il loro sentimento. Senza nemmeno pensarci si alza dal letto e va dritto in camera di Louis. Apre la porta senza bussare e il ragazzo scatta in pieni appena lo vede.
«Harry...» biascica, preso alla sprovvista.
E all'improvviso è ciò che succede dopo: Harry si china verso di lui e sfiora le sue labbra con le sue. È il tocco delicato e appena accennato di un angelo, ma per Harry è aria e per Louis è riscoperta. È ancora confuso e la sua amnesia non ne vuole sapere di ripescare Harry dalla nebbia, ma quel gesto basta a fargli capire che tutte le sensazioni che ha provato con lui sono frutto di qualcosa di profondo e forte che non potrà mai essere spezzato.
«È meravigliosa, Lou.» sussurra Harry una volta allontanatosi.
Louis lo guarda inespressivo per un po' e poi sorride di un sorriso caldo. E ad Harry quello è sufficiente per sentirsi bene.
 
˜
 
Dopo quel "non-bacio" - Harry lo chiama così solo per non darsi troppe speranze, ma per lui è stato meraviglioso quanto un bacio vero e proprio - le cose tra loro sono tornate tranquille, al contrario di quanto il più piccolo si aspettasse. Anzi, forse sono anche migliorate: Louis, per quanto non abbia ancora preso coscienza dei suoi sentimenti per Harry e non voglia ferirlo, proprio non ci riesce a stargli lontano e a non dimostrargli una quantità smisurata di affetto. Di tanto in tanto lo abbraccia senza alcun motivo, e ha scoperto che i suoi abbracci preferiti sono quelli che gli dà di sorpresa da dietro, dove il suo naso solletica la sua nuca e aspira quel profumo che è solo di Harry. Gli da morbidi baci tra i capelli quando sono nel divano ed Harry sta lavorando e Louis gli è accanto, le braccia a cingerlo dolcemente e sbircia cosa sta scrivendo. Sembrano tornati all'inizio della loro storia, quando bramavano anche il minimo tocco e ogni sguardo trasmetteva qualcosa. Harry è totalmente fuori di sé dalla gioia e dall'amore che sente. Sa che Louis non gli sta dando lo stesso tipo di sentimento che sente lui, ma non importa, a lui basta quello perché è semplicemente bellissimo. E Louis sta bene; sta bene come quel giorno al parco, quando la compagnia di Harry era stata l'unica cosa a importargli. Tutto sembra perfetto e l'amnesia di Louis viene prepotentemente ignorata da entrambi.
Ma, ovviamente, quel clima tranquillo non dura quanto i due vorrebbero.
Se Harry dovesse descrivere una giornata no, sarebbe sicuramente quella. Già di mattina si è alzato con un forte mal di testa, in più Louis ha avuto la brillante idea di farsi tornare in mente la sua ex ragazza barra copertura barra amica barra di nuovo ragazza. Così è davvero troppo, Harry non crede di poter reggere.
Louis si è alzato più tardi di lui quella mattina, è sceso in cucina e si seduto in una sedia in attesa che la colazione che Harry sta preparando fosse pronta.
Ed è in quel momento che se ne esce con «Credo di ricordarmi una certa Eleanor.»
Harry si irrigidisce e quasi si strozza con la sua stessa saliva. "Fa che sia uno scherzo!" si ripete mentre si gira verso il maggiore, che nel viso ha un'espressione confusa.
«Oh.» non riesce nemmeno ad articolare una frase.
Louis sbuffa. «Era la mia ragazza?»
Quella domanda ha una connotazione che Harry non si sa spiegare: è come se Louis fosse indifferente da quella scoperta, ma allo stesso tempo lo nota confuso e non gli piace che il vortice dei suoi ricordi lo catturi in quel turbinio che lo destabilizza. Non ora che stanno bene, non ora che è in parte suo.
E Louis infatti non sa cosa pensare: se da un parte non gli importa di avere una probabile fidanzata perché con Harry sta semplicemente bene, dall'altra sente di aver bisogno di sbrigliare quella matassa che lo confonde e sente che tale Eleanor è una parte fondamentale per capire e per capirsi.
«Non si è mai fatta sentire in questo periodo, forse ci siamo lasciati. Magari se la vedessi mi ricorderei di lei.» afferma, più a sé stesso.
Harry vorrebbe urlarli contro che non ha bisogno di ricordarla, che lei non è nessuno per lui, ma non può, così stringe le mani nel bordo della cucina fino a farsi diventare le nocche bianche e prende dei sospiri profondi.
«Credi di poterla contattare?» chiede Louis, e sa di non essere corretto, ma Harry è il suo sostegno e spera che capisca che non vuole ferirlo, ma solo mettere in ordine la sua vita.
Purtroppo, la risposta del più piccolo gli fa capire che l'ha ferito e si sente un idiota.
«Non posso, mi dispiace non poterti aiutare.» ribatte infatti Harry, impuntato nella sua decisione.
Ha deciso di sostenere Louis il più possibile, ma proprio non può farlo tornare tra le braccia di Eleanor, non può riconsegnarglielo come se niente fosse solo perché Louis non sa davvero chi lei sia.
Il maggiore sembra pensarci un attimo. «Potrei chiedere a Lottie se sa qualcosa.» decide, afferrando il cellulare e componendo il numero della sorella.
Harry lo sente parlare con lei, ma cerca di non ascoltare. Non vuole far parte di quella situazione, se ne vuole tenere il più lontano possibile.
*
Sono passati due giorni da quella conversazione in cucina e da quando Harry si è ripromesso di non farsi coinvolgere in quel riavvicinamento, ma sostanzialmente uno dei più grandi difetti del ragazzo è quello di non saper dire di no a Louis e quindi, ovviamente, si è fatto coinvolgere eccome e si sente uno stupido per esserci cascato. Si è fatto trascinare in quel bar dove Louis ha preso appuntamento con Eleanor e si sente oppresso, con l'unico desiderio di scappare.
«Harry.» fa Louis, distraendolo dai suoi pensieri.
Il ragazzo lo guarda, ma è come se non lo vedesse, troppo agitato e infastidito da tutto quello, e maledice chiunque abbia deciso di far ripiombare Eleanor nelle loro vite quando avevano trovato un briciolo di stabilità.
«Grazie per quello che stai facendo, lo so che ti ho chiesto molto.» dice il più grande, accarezzandogli distrattamente la mano.
Harry prova a sorridergli, ma tutto quello che gli esce è una smorfia al quale Louis risponde con uno sguardo comprensivo. Gli ha davvero chiesto troppo; ha decisamente esagerato. L'ha trascinato ad incontrare la sua forse ragazza nonostante la consapevolezza dei suoi sentimenti e di quello che li stava legando in quegli ultimi giorni. Si sente stupido, ma non crede che potrebbe reggere quella situazione senza di lui.
Per fortuna, o per sfortuna, la conversazione s'interrompe lì perché Eleanor fa il suo ingresso nel bar e si avvicina da loro. Louis si alza e le sorride, ed Harry è costretto a mordersi il labbro per non puntualizzare che non c'è proprio nulla da sorridere in quel modo così bello. Dannazione a Louis e al suo modo di convincerlo a fare le cose: lui sarebbe potuto essere nel suo letto in quel momento e non costretto ad assistere a quegli sguardi così amichevoli e dolci che si stanno lanciando quei due come se fossero una coppietta felice.
Eleanor gli rivolge un sorriso. «Non sapevo ci saresti stato anche tu, Harry.» puntualizza mentre prende posto accanto a Louis.
Harry fa spallucce, ma è Louis a rispondere per lui. «L'ho invitato io. Spero non sia un problema.»
La ragazza scuote la testa. «Nessun problema, figurati. Ma non c'era bisogno d'invitare qualcun altro, sono sicura che ci troveremo a nostro agio.» precisa, mostrando un sorriso melenso.
Harry sente lo stomaco contorcersi davanti a quella dolcezza eccessiva.
Una volta lui ed Eleanor erano buoni amici e la storia con Louis era solo una sceneggiata per aiutare i due ragazzi a mantenere segreta la loro relazione, ma con il tempo le cose erano cambiate, Eleanor aveva preteso sempre di più e ciò aveva scaturito una rottura del contratto. Poi il management aveva costretto Louis a riprenderla come copertura, lei aveva accettato per lo più per tornaconto e l'amicizia che c'era sia con Louis che con Harry era finita trasformandosi in astio da ambo le parti.
Ovviamente Louis non ricorda nulla di tutto quello ed Harry è costretto a subire di nuovo quella sceneggiata. Si maledice per l'ennesima volta mentre una cameriera chiede loro le ordinazioni. Hanno scelto un bar poco frequentato ed Harry si è preso la briga di parlare con il personale sulla situazione difficile di Louis e di dire loro che avrebbero ricevuto notizie dal management del ragazzo per un compenso per il loro silenzio.
Ordinano e appena la cameriera si allontana Eleanor si avvicina a Louis emette una mano dalle unghie laccate di rosa sulla sua, ma il ragazzo la ritrae ed Harry non può fare a meno di sorridere vittorioso. Uno a zero per lui.
«Appena ho saputo quello che è ti è successo, volevo chiamarti, ma Lottie mi ha detto che non era il caso quindi mi sono fatta da parte. Sono felice che tu mi abbia chiamato.» racconta Eleanor con fare civettuolo.
Harry non riesce a trattenere un grugnito. Quella farsa lo sta nauseando. Non avrebbe mai creduto che Eleanor si sarebbe trasformata in un tale serpente a sonagli, invece si deve ricredere e la cosa che lo fa arrabbiare di più è che lui non può fare nulla per non impedire a Louis di cascarci.
«Hai qualche problema?» si sente chiedere dalla voce leggermente alterata della ragazza.
Riporta la sua attenzione su di lei e poi sposta lo sguardo su Louis che lo sta guardando in maniera indecifrabile.
Prende un respiro, cercando di mascherare il fastidio. «No, tutto bene.» ribatte, ma deve suonare più brusco di quanto voglia perché Louis inarca le sopracciglia e lo fissa indagatore. «Va tutto bene.» lo rassicura con un sorriso.
Louis ricambia, ma Eleanor interrompe il momento attirando la sua attenzione. La cameriera arriva con le loro ordinazioni ed Harry trova modo di distrarsi con la sua tazza di cappuccino. Lo sorseggia, facendosi avvolgere dal calore ed evitando di concentrare la sua attenzione su Louis ed Eleanor. Comunque sente lo sguardo del maggiore che non si sposta quasi mai da lui. Non avrebbe mai creduto che Harry potesse reagire in quel modo così ostile con qualcuno e la cosa gli fa sospettare che ci sia sotto molto più di una semplice gelosia. E quando lo vede roteare gli occhi per l'ennesima volta ad un commento della ragazza che Louis non può trattenersi proprio più.
«Ti posso parlare?» gli fa, alzandosi in piedi.
Harry capisce di non avere via di scampo e lo segue all'esterno del bar.
«Ora vuoi dirmi cosa cavolo ti prende? Sei intrattabile da quando è arrivata Eleanor. E non si tratta di gelosia.» lo accusa, la mascella dura e le mani in tasca, come se fosse sulla difensiva,
«Non ho niente.» ribatte Harry, senza però guardarlo negli occhi.
Louis si avvicina a lui e lo costringe a guardarlo. «Cos'hai? Cosa devo sapere di El? Ci ha fatto qualcosa di brutto?» domanda.
Harry sente lo stomaco contorcersi un po' quando Louis usa il plurale, come se loro fossero una cosa sola, ma cerca di non scomporsi.
«Lou, lo sai che non posso dirti nulla, il dottore ha detto che devi-» cerca di dire, ma Louis lo interrompe. «Non m'interessa cosa ha detto il dottore, mi fido di te e se Eleanor ti da tanto fastidio ci dev'essere un valido motivo.» ribatte, accarezzandogli il dorso della mano.
Harry sospira e non può certo tirarsi indietro dopo le parole di Louis. «Diciamo che stavate insieme, ma poi le cose sono cambiate e lei è rimasta al tuo fianco solo per i soldi. Ti ha più volte usato e tu avevi le mani legate.» spiega, in maniera più semplice che può. «Non posso dirti altro.» conclude, facendogli un piccolo sorriso.
E Louis potrebbe benissimo non credergli e prenderlo per bugiardo perché conosce i suoi sentimenti e potrebbe pensare che le sue parole siano solo veleno, ma davanti alle iridi intrise di sincerità di Harry non ha alcun dubbio. Prende il più piccolo per mano e torna all'interno del bar. Eleanor si alza appena li vede e sembra voler dire qualcosa, ma Louis la anticipa.
«È stato un piacere Eleanor, ma non credo di essere interessato a conoscerti di nuovo.» spiega, disinvolto.
La ragazza resta interdetta, ma poi fulmina Harry con lo sguardo. «Cosa gli hai detto?» sbotta.
Harry fa spallucce, ma è di nuovo Louis a parlare. «Non importa cosa mi ha detto, non ricordo come stessero le cose prima del mio incidente, mi sono reso conto di non volere una relazione o qualunque cosa ci fosse tra noi. Ti auguro il meglio, ma non ho bisogno di te nella mia vita, grazie e scusa per il disturbo.» dice risoluto.
Eleanor sposta lo sguardo tra i due, allibita. Non si aspettava di andare a quell'appuntamento e uscirne in quel modo. Sbuffa indignata, supera i due senza degnarli di un saluto ed esce dal locale.
Harry guarda le spalle di Louis in attesa che lui faccia qualcosa. Sa di aver sbagliato a raccontargli quelle cose, ma non ha potuto resistere e non si pente di aver impedito a Louis di fare un errore.
«Sediamoci e finiamo di bere le nostre bibite prima che si freddino.» fa il più grande, riprendendo il suo posto al tavolino.
Harry si apre in un sorriso e gli si siede davanti. Non può credere al modo naturale con cui Louis si è fidato di lui. Non ha avuto nemmeno un minimo dubbio sulle sue parole e gli ha creduto ciecamente. Potrebbe mettersi a piangere dall'emozione.
I due ragazzi bevono e chiacchierano per un po' e poi decidono di andare a casa. Harry si sente più leggero, Louis lo nota e capisce di aver fatto la cosa giusta.
 
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Quando Harry invita Louis ad un appuntamento si sente un ragazzino alla prima cotta. Stanno vivendo una nuova e bellissima storia d'amore: ormai dormono quasi ogni notte insieme, stretti l'uno all'altro, si coccolano e chiacchierano di qualunque cosa. Non si sono ancora baciati, ma entrambi non hanno fretta.
Louis crede di non aver più paura dei suoi sentimenti, anzi, ormai tenta di abbracciarli e stringerli a sé come fa con Harry, in quella presa salda e piena d'affetto. Non ricordare cosa fossero ogni tanto lo infastidisce, ma ci pensa Harry a farlo stare meglio, con una carezza o un sorriso. Ignora la parte pesante della sua mente e si inebria della sua voglia d'innamorarsi. Perché sente che di Harry potrebbe innamorarsi ogni giorno, sempre. E forse era già innamorato di lui, e lo sarà sempre, e ama quell'amore. Le parole del più piccolo e di sua sorella sono la chiara descrizione di quello che prova:"Ama l'amore". Quell'amore che sta vivendo in quel momento.
Quindi, quando Harry gli ha blaterato un timido "Ti andrebbe di venire a cena con me?" lui non ha potuto fare altro che rispondere sì e sentirsi entusiasta di quell'appuntamento.
Il più giovane è stato misterioso sulla loro destinazione e Louis, ovviamente, non ha fatto altro che cercare di estrapolargli una meta.
Si sono fermati dopo circa mezzora di viaggio in macchina davanti ad un ristorante chiamato "17 Black" nella periferia di Londra. Harry trema quando, sceso dalla macchina, apre lo sportello del posto del passeggero e si trova davanti un Louis sorridente. Per un attimo crede che si ricordi cosa significhi quel posto, ma in realtà non gli importa più di tanto che faccia associazione di cose, ormai l'amnesia non gli pesa più e quel Louis è il suo Louis punto e basta.
«Sembra un bel locale.» commenta il più grande scendendo dall'auto.
Harry fa spallucce e lo guida all'interno. Il proprietario del posto li riconosce subito e si dirige verso di loro. Harry gli ha parlato per telefono della situazione di Louis e del fatto che avessero bisogno di privacy, quindi li ha riservato il tavolo più nascosto; il loro solito tavolo.
«È un piacere vederti di nuovo qui, Harry.» lo saluta l'uomo, stringendolo in un abbraccio.
Harry ricambia la stretta e poi si volta verso Louis. «Lou, lui è Mark.» presenta.
Il più grande stringe la mano dell'uomo e sorride, un senso di familiarità ad avvolgerlo.
Vengono guidati al loro tavolo, che Harry conosce alla perfezione, e si accomodano. Louis si guarda intorno con sguardo indagatore; una sensazione che lo avvolge, ma che non riesce a decifrare.
«Sono già stato qui, vero?» domanda curioso.
Harry fa spallucce, ma non risponde. Louis lo guarda storto e si guadagna una linguaccia dal più piccolo. Vengono interrotti da Mark che porta loro i menù. Ordinano varie pietanze che poi dividono per assaggiare entrambi un po' tutto. Il clima tra loro è sereno e giocano e scherzano come due ragazzini.
Louis si perde nel sorriso di Harry: vorrebbe affondare un dito nelle sue bellissime fossette e tastare se sono morbide come crede, vorrebbe morderlo e assaporarlo lentamente. Si sente acceso di desiderio come non gli era mai capitato e quando si sporge verso di lui e posa le sue labbra su quelle morbide di Harry il tempo sembra fermarsi: ci sono loro, in quel locare testimone del loro passato e ora del loro presente, e assaporano quel momento come se lo stessero respirando a pieni polmoni. Quando si separano, Harry ha gli occhi lucidi ed è totalmente sconvolto. Non era un bacio intenso, a malapena le lingue si sono sfiorate, ma lui è in apnea e resta pietrificato.
«Harry, respira, per favore.» lo prende in giro Louis, nascondendo l'imbarazzo del suo gesto inaspettato anche a sé stesso.
Il più piccolo sembra metterlo a fuoco solo in quel momento e gli rivolge un timido sorriso con le guance tinte di rosso.
«Sei bellissimo.» si lascia sfuggire Louis, senza più le facoltà per gestirsi.
Harry arrossisce ancora di più e potrebbe mettersi a piangere per tutto quello che sta succedendo.
«Ti devo confessare una cosa.» fa all'improvviso, diventando serio.
Il sorriso di Louis sparisce dal suo visto e al suo posto compare un'espressione preoccupata. Hanno ritrovato un equilibrio nonostante tutto e non vuole che qualcosa possa destabilizzarli di nuovo. In quel momento si rende conto quanto siano instabili e quanto la loro storia sia sempre in bilico per quelle lacune che si porta dietro. La menzogna di poter vivere normalmente quell'idillio lo trafigge con una pugnalata e si sente annaspare al pensiero che tutto potrebbe crollare con un castello di carte.
Harry si accorge del suo cambio di umore e si allarma. Posa una mano sulla sua sopra al tavolo e incontra i suoi occhi spaventati.
«Lou, non è niente di terrificante.» cerca di tranquillizzarlo. «È solo che questo è il locale dove abbiamo avuto il nostro appuntamento e mi andava di dirtelo.» aggiunge, sorridendo.
Louis inghiotte il nodo d'ansia da cui si è fatto investire e ricambia il sorriso. «Sei molto romantico.» dice nella più totale sincerità e dolcezza.
Il più piccolo si sente fiero di quel commento e si sporge per baciare il palmo della mano del compagno, facendolo scoppiare a ridere. Restano nel locale ancora un po' finché non decidono che hanno voglia di tornare a casa e stare da soli.
Il clima in macchina è tranquillo: Harry guida con una mano posata leggera sulla coscia di Louis e il più grande canticchia a bocca chiusa una melodia inventata al momento. Sono pieni di una nuova familiarità e desiderio, e quando varcano la porta di casa si cercano e s'incastrano in un abbraccio.
«Voglio baciarti.» confessa Harry.
Non può più trattenersi, non dopo la perfezione di quell'appuntamento e non dopo aver avuto Louis vestito con quei pantaloni stretti per tutta la sera senza poterlo toccare.
Il più grande si avvicina ad un palmo dal suo naso e con la lingua gli lecca le labbra carnose. Harry è costretto a trattenere un gemito e stringe spasmodicamente la mano intorno alla vita dell'altro.
«Cosa aspetti?» gli domanda Louis, e senza lasciarlo nemmeno pensare si avventa nella sua bocca.
I respiri si fondono in quell'accozzaglia di labbra e denti. La lingua di Louis predomina per un po', perché Harry è troppo sconvolto per fare qualunque cosa. Il suo Louis lo sta baciando e il suo sapore è inebriante e bellissimo e lui potrebbe morirne per quanto lo ama.
«Harry non trattenerti.» sussurra il più grande, depositandogli un bacio nella guancia. «Lo voglio.» aggiunge, guardandolo negli occhi.
Ed Harry sente le gambe tremare e il cuore esplodere. È completamente andato e quando bacia Louis lo fa infondendo in quel bacio una quantità smisurata d'amore, per tranquillizzarlo e tranquillizzarsi. Ed è forse per via di quel bacio che Louis si sente investito dal panico: c'è dentro un sentimento enorme, forte, un sentimento che lui non conosce e non sa vivere. Un macigno schiaccia Louis nelle consapevolezza che Harry non è suo, ma di un altro Louis che non è quello che sta per fare l'amore con lui. Quando si stendono sul letto, il più grande trema. È terrorizzato da quello che sta per succedere, e per quanto lo possa volere non sa cosa fare, non ricorda come si debba muovere e come far star bene il partner. Non sa niente, perché lui non è niente di quello che era in passato.
«Lou, respira.» sussurra Harry.
Lo guida con calma, con tocchi delicati e dolci, e lo accarezza con mani esperte lì dove sa che a Louis piace. Perché lui, la conoscenza di quel corpo ce l'ha, sa cosa fare e sopratutto come amare, al contrario di Louis che invece annaspa, perché non riesce a calmarsi. Ha paura di fargli male, non solo fisicamente, ma anche emotivamente. Non ha la stessa quantità di sentimento che sente in Harry; il suo desiderio carnale non è sufficiente ad eguagliare l'amore del più piccolo. Harry che però è totalmente perso in lui e nei suoi gesti; Harry che gli sussurra che si fida e allora Louis si spinge in lui con calma, baciandolo e massaggiandolo con mani tremanti, stavolta per via del piacere.
E tutte le sensazioni che provano sono un vortice. Louis ha la testa che gli scoppia di pensieri e di emozioni e si sente frastornato. Harry, sotto di lui, lo confonde e incanta immerso com'è in quello che sta provando. Sono sensazioni elevate alla massima potenza e Louis non ne ha mai provate di così forti. Non le sa nemmeno definire e questo lo spaventa. Sente quell'ammasso di turbamenti vorticargli in testa e vorrebbe urlare dalla frustrazione, mentre Harry, al contrario, si ubriaca di quel momento; si bea di Louis.
Quando entrambi hanno raggiunto il massimo, Louis si sistema stancamente accanto ad Harry che è si stende a pancia in giù e respira affannosamente, il sonno che lo sta catturando.
E Louis lo accarezza con lo sguardo, in silenzio, e pensa che riconosce in quella persona un sentimento troppo vivo che lui non sa omaggiare. Niente di Louis è eguagliabile ad Harry e a quello che la loro storia rappresenta per il più piccolo. Quel peso lo attanaglia e si sente furioso per quella maledetta amnesia che si porta dietro.
«Vorrei poterti leggere nel pensiero.» fa in un sussurro, più a sé stesso che all'altro, mentre disegna ghirigori con il dito nella schiena nuda di Harry.
Tanti piccoli brividi percorrono la pelle del più piccolo. Apre gli occhi per immergersi in quelli cristallini del maggiore.
«Sono un libro aperto per te.» afferma, e non è infastidito da quella verità, ma piuttosto lusingato.
Louis scuote il capo. «Non per capire te, in quello sono già bravissimo, modestamente.» si vanta, facendo ridere l'altro e probabilmente per smorzare la tensione che sente dentro. «Piuttosto vorrei trovarmi nella tua mente. Vorrei ripescare ricordi di noi direttamente da te e fargli miei. Non capisco più quale sia il confine tra quello che provo e quello che provavo, mi sento confuso. Voglio solo darti quello che meriti e quello che desideri.» confessa poi, e non può fare a meno di sentirsi amareggiato.
Sta provando tanti sentimenti tutti insieme e non capisce cosa gli appartenga davvero; cosa fare suo e custodire, perché non sa cosa va in contrasto con quel passato fantasma che si porta dentro come un macigno. Non sa quale sia il Louis genuino che era prima dell'incidente e non capisce come equilibrarsi in quel mare in tempesta. Vuole solo essere il Louis che Harry merita perché non vorrebbe mai ferirlo o farlo stare male e con il caos che ha in testa non sa se sta riuscendo nel dare tutto sé stesso alla loro storia che sente troppo confusa.
Harry si sistema seduto e gli prende il viso tra le mani. Louis si lascia massaggiare da quelle dita lunghe e calde e trova magnifico il modo in cui Harry lo accarezza.
«Lou, io non desidero nulla più di quello che mi stai dando. Sei la persona che amo e lo sarai sempre, con o senza l'amnesia. Non crucciarti per cose che non hanno importanza.» cerca di rasserenarlo.
Louis sospira e vuole davvero credere alle parole del più piccolo, ma qualcosa lo blocca ed Harry, ovviamente, lo capisce e si sente un po'in colpa per non riuscire ad alleggerirgli il peso di tutti quei pensieri. Non può semplicemente raccontargli cosa erano, perché gli creerebbe solo più confusione. Quindi non sa come gestire la situazione e prova ad essere un'ancora per lui; proprio come l'ancora tatuata nel suo polso che s'intreccia alla corda nel polso di Louis.
«E poi, se potessi leggermi nel pensiero sarebbe come barare.» dice, cercando di alleggerire la situazione.
Sorride dolcemente e Louis lo trova bellissimo; con la sua prerogativa di farlo sentire sempre bene e di non fargli mai pesare la situazione che stanno vivendo. Harry è, per Louis, una delle persone migliori che abbia avuto la fortuna di incontrare; una piccola meraviglia, dentro e fuori, che il maggiore si è concesso di sfiorare senza alcun diritto e che sente già lontana, quasi impossibile da meritare per lui che è pieno di difetti e problemi. Lo guarda, nudo e stupendo, coperto di quelle macchie d'inchiostro che non ha potuto fare a meno di sentire anche un po' sue. Allunga la mano come incantato e il più piccolo si lascia sfuggire un gemito quando gli sfiora il suo tatuaggio della falce sulla destra e il più grande continua a provocarlo iniziando ad accarezzargli i capelli.
«Non ho potuto fare a meno di notare che i nostri tatuaggi sono...» Louis ci pensa, mentre passa ad accarezzargli la pancia, lì dove si trovala farfalla.
«Complementari.» suggerisce Harry, posando la testa nella sua spalla.
«Complementari.» ripete Louis. «Mi piacciono.» confessa, mordendosi il labbro.
Anche in quel particolare c'è un'altra dolorosa verità per lui: non sa cosa significano quelle trasposizioni d'inchiostro nella loro pelle e perché, solo insieme, nascondano una storia che lui non riesce a raccontarsi. Gli mancano pezzi di tutto e si sente a disagio e frustrato.
«Un giorno ti racconterò cosa significano.» mugugna Harry, ristendendosi nel letto.
Chiude gli occhi e sembra farsi catturare dalle braccia di Morfeo nei giro di pochi minuti. Louis lo osserva e si sente crudele e sporco: si è unito a lui in maniera profonda, ma si rende conto che non avrebbe dovuto farlo. Non ha fatto l'amore con Harry perché non sa come sia il loro amore. Non sa più nulla e si odia, perché, ora, si sente costretto a fare un passo indietro e sa che non farà altro che portare dolore e sofferenza.
*
Il fumo della sigaretta avvolge l'aria. Louis non ha chiuso occhio tutta la notte: ha guardato Harry dormire nel suo pacifico sonno, un sorriso a colorargli il viso, ignaro di quello che sarebbe successo. Quando gli occhi verdi si puntano sui suoi non può fare a meno di sorridere, ma nasconde quell'involontaria reazione aspirando l'ultimo tiro della sigaretta.
«Buongiorno.» lo saluta Harry, avvicinandosi a lui e circondandogli il busto con un braccio.
Gli lascia un bacio sul torace e si accoccola a Louis come se volesse nascondersi in lui.
Il più grande si scosta appena, guadagnandosi uno sguardo confuso.
«Va tutto bene?» domanda infatti Harry, accarezzandogli una guancia e alzandosi per arrivare alla sua altezza, la spalla poggiata nella testiera del letto.
Louis inghiotte a vuoto ed evita di incrociare lo sguardo dell'altro. «Harry, non posso.» sputa fuori in un sussurro.
Harry si acciglia, non capendo. O forse, il peso di quelle parole l'ha già raggiunto, ma decide di ignorarlo, perché non può star succedendo quello che pensa, non dopo la notte che hanno passato e l'amore che si sono donati.
«Cosa?» chiede, prendendo il viso di Louis con una mano per costringerlo a guardarlo.
Il più grande sospira e finalmente incrocia i loro sguardi. «Non posso. Noi. Non posso.» spiega il più brevemente possibile.
Non riuscendo a reggere gli occhi verdi di Harry si alza dal letto, afferra i suoi boxer e se li infila. Harry striscia nel letto e gli afferra il polso, ma non parla. Restano a fissarsi, la tensione palpabile.
«Che cosa stai dicendo?» domanda il più piccolo, perché davvero non riesce a spiegarsi quel cambio d'umore.
Louis non lo sa nemmeno spiegare perché sta reagendo così, solo non si sente a suo agio in quella situazione. È tutto troppo, o troppo poco, e lui non è lui, e loro non solo loro.
«Harry, quello che è successo non sarebbe dovuto succedere. È stato-»
«Non dirlo.» lo interrompe subito Harry, stringendogli spasmodicamente il polso come se potesse costringerlo così a non parlare. «Non dirlo.» ripete, la voce un sussurro e gli occhi bassi.
«Mi dispiace.» è tutto quello che riesce a dire Louis.
Ed Harry lo intercetta di nuovo. «Non è vero. Se ti dispiacesse non lo faresti. Mi spiegheresti cosa ti sta succedendo, perché io onestamente non lo capisco.» sputa fuori, il tono ora più duro e la presa sempre salda.
Louis scuote la testa. «Non lo capisci? Come fai a non capirlo?» sbotta, strattonando il braccio per farsi mollare il polso.
Harry lo fissa e non lo riconosce: quel Louis così distante non ha nemmeno l'ombra del suo Louis. E non si spiega come quella persona sia la stessa che l'ha amato la notte precedente. O ha amato solo Harry, e nel silenzio Louis si è mascherato e ha finto.
«Non sono io. Non sono io quello che ami, Harry, perché io non ho idea di come amarti. Ero terrorizzato stanotte. E ci ho provato, davvero, ma non ti conosco come dovrei, non so come farlo. Ci siamo solo raccontati una bugia, in questo periodo. Ti accorgerai anche tu che non sono quello che vuoi, che non sono lo stesso di prima e ti pentirai di tutto questo. Abbiamo sbagliato. Ho sbagliato ad illuderti.» confessa Louis, quelle parole che hanno il potere di ferire come lame affilare.
Non riesce a fingere di poter vivere quella storia d'amore perché non è la sua. E anche se fosse la sua, non se la sente addosso nell'egual misura in cui la sente Harry. Solo quella notte l'ha portato a realizzare che si stava solo illudendo, ma le basi erano deboli fin dall'inizio ed era inevitabile che tutto sarebbe crollato.
Il più piccolo si alza dal letto e gli si piazza davanti. «Temi che non mi sia piaciuto stanotte? Ti sbagli. Sono stato benissimo e tu sei stato perfetto. E non potrei mai e poi mai pentirmi di quello che c'è tra noi. Io ti amo.»
Stavolta è Louis ad interromperlo, in un eco delle stesse parole di Harry. «Non dirlo.»
Ed Harry non ci sta, non vuole arrendersi davanti a quel muro che Louis sta innalzando senza motivo.
Gli prende le mani tra le sue e avvicina le labbra al suo orecchio. «Ti amo. Ti amo. Ti amo.»
È una cantilena che dovrebbe far stare bene, ma che non fa altro che soffocare Louis. Si allontana dalla presa e metaforicamente anche da Harry.
«Io non ti amo. Non come vorrei o dovrei. Non posso amarti, Harry.» sussurra, e forse è troppo duro, non solo con il più piccolo, ma anche con sé stesso.
Non ha motivo di privarsi di innamorarsi come sperava, ma non riesce ad ignorare che quell'amore già esisteva e lui non lo ricorda. Ed è frustrante e troppo pesante come verità da poterla ignorare.
«Esci dalla mia stanza.» ordina Harry, la testa china.
Louis non può vederlo in faccia, ma sa che sta trattenendo le lacrime. E vorrebbe baciargliele via, ma non vuole toccare qualcosa a cui non sa dare valore. Esce dalla stanza e appena si chiude la porta alle spalle sente i singhiozzi di Harry riempire l'aria.
E si mente che sia meglio così, perché lui non è ciò che Harry merita e la sofferenza che prova ora è molto meglio di quella che proverebbe ad accorgersi che in realtà non è di quel Louis che è innamorato; che lui è solo la sbavatura della sua anima gemella.
 
˜
 
Harry è partito a Los Angeles il giorno dopo la loro rottura. Ha fatto le valige in fretta e furia, ha scritto un messaggio a Lottie per avvertirla che il fratello sarebbe stato solo e senza dire nulla ha lasciato la casa. Louis si è reso conto della sua assenza quando è sceso in cucina per l'ora di cena e non ha trovato nulla pronto. Ha vagato per casa nella speranza di trovarlo, ma quando ha visto dei vestiti sparsi nel suo letto e ha notato l'assenza del suo spazzolino in bagno ha capito che Harry se n'è andato. E si sente male, perché sa che è lui la causa di quella fuga e di quella crepa che si è creata nel loro rapporto. Si è permesso di avvicinarsi ad Harry più di quanto avrebbe dovuto: sarebbe dovuto scappare quando aveva scoperto quello che il più piccolo provava per lui; quando aveva capito cosa c'era tra loro, senza lasciarsi catturare dai suoi sentimenti troppo deboli. Invece l'ha illuso, gli ha preso un pezzo di lui e poi l'ha mollato rendendo tutto più doloroso. Lui ha negato ad entrambi ogni possibilità di pace e ha cancellato anche la minima speranza per quella storia che Harry tanto bramava. Li ha divisi lui, con le sue insicurezze e facendosi annegare dalla sua amnesia.
Si siede di peso nel divano e sospira. Non ha idea di come si debba comportare perché ormai era abituato ad Harry e a risolvere i problemi con lui; ad affrontare tutto con lui. Ed ora che lui non c'è, Louis si sente perso, come se non potesse più fare a meno di Harry. Estrae il cellulare dalla tasca e scorre la rubrica fino al nome del coinquilino. Rimane a fissarlo come se potesse parlare senza avviare la chiamata e poi decide che non avrebbe comunque nulla da dirgli, quindi spegne lo schermo e getta il cellulare nel divano. Sbuffa e si lascia andare ad un urlo di frustrazione. Non si è mai sentito così vuoto e quella situazione gli fa male, tanto male.
*
Sono passati quattro giorni da quando Harry ha lasciato Londra e a Los Angeles ha davvero poco tempo per pensare. Si è gettato a capofitto nel lavoro: scrive e compone e usa quella frustrazione e quel dolore che sente come guida per creare le sue canzoni. Sicuramente, quandole riascolterà le odierà e si renderà conto di aver solo perso tempo nello scriverle, ma ora sono la sua unica valvola di sfogo. Così passa le serate in studio con Mitch, che è l'unico che ha chiamato quando è andato via da Londra. Sapeva di aver bisogno di aiuto e Mitch è la persona giusta per offrigli un sostegno e dargli una mano a creare. Ogni tanto gli viene l'istinto di prendere il telefono e chiamare Louis, ma si blocca in tempo. Sa che non ci sarebbe nulla di cui parlare perché il più grande è stato chiaro: non vuole lottare per loro, non riesce a mettere da parte la sua temporanea malattia e soprattutto non riesce ad amarlo. Harry sa che si tratta solo di paura perché lui l'amore l'ha sentito, ma non può combattere quella battaglia da solo e poi finire distrutto, quindi preferisce soffrire nel suo silenzio e ricomporsi piano piano, lontano da quello che non è il suo Louis. E anche se senza Louis non ci sa stare, ci prova. Arranca giornata dopo giornata, canzone dopo canzone. Ha praticamente scritto tutto il tempo e ha una ventina di canzoni. Tutte, in ogni singola parola e nota, hanno Louis dentro; il Louis da cui, piano piano, si deve allontanare finché non sarà di nuovo suo.
*
È una bella giornata di sole a Londra, ma Louis ha preferito rifiutare l'invito di sua sorella di andare al parco con i gemelli per rimanersene chiuso in casa a fare zapping in televisione. Lottie gli ha detto più volte che gli farebbe bene uscire e gli ha anche proposto di andare a stare a casa della loro famiglia in modo da non rimanere solo, ma lui non ha mai accettato. Ha preferito stare in quella casa che gli urla "Harry" in ogni angolo, a sentirsi vuoto e triste e maledirsi per essere un codardo. Perché alla fine è così, è un codardo perché Harry gliel'ha detto più di una volta e l'ha tranquillizzato che "Io ti aspetto", ma lui ha preferito tirarsi indietro perché non riesce ad incastrare i pezzi del puzzle e la cosa lo confonde.
Ha girato canale circa una trentina di volte quando si stanca e spegne il televisore. Prende il cellulare ed entra su Instagram. Scorre nell'Esplora e guarda le foto senza davvero vederle. Una in particolare attira la sua attenzione: ritrae Harry in giro con una ragazza dai capelli biondi. La didascalia dice "Harry e Camille in giro a LA." e Louis sente qualcosa di strano che silenziosamente si sta impossessando di lui. Fissa l'espressione di Harry, come stia sorridendo leggermente e come sembri totalmente a suo agio con quella ragazza. Si sente montare dentro un rabbia soffocante, perché non è giusto che il suo Harry sia in giro per Los Angeles con qualcun altro quando dovrebbe essere lì, nel loro appartamento, tra le sue braccia. Sa di non avere nessun diritto nel rivendicare Harry come suo, non dopo tutto quello che ha fatto, ma è più forte di lui, perché il ragazzo dagli occhi verdi ha le sue impronte addosso, i suoi baci nella pelle e il suo amore a proteggerlo. Non lo sa nemmeno se lo ama e come lo ama, ma non sopporta che ci sia una ragazza pronta a portarglielo via. Esce dall'app e scorre la rubrica fino a trovare il numero di sua sorella.
«Pronto, Louis? Hai cambiato idea? Ci raggiungi al parco?» domanda speranzosa la ragazza appena risponde.
Il fratello scuote la testa, anche se lei non può vederlo, e parla prima di aver davvero pensato alle conseguenze delle sue azioni. «Devo andare a Los Angeles.»
 
˜
 
Non ha idea di quante telefonate abbia fatto, ma quando mette giù con Mitch, Louis sente la testa pulsare. L'aeroporto è colmo di gente e lui sguscia all'esterno fino a raggiungere il parcheggio dei taxi, l'indirizzo dell'albergo ben impresso in mente. Sale nella prima vettura gialla che trova e comunica la sua meta al tassista. Non fa conversazione, non avrebbe le forze da quanto è stanco, così abbandona la testa nel finestrino e si immerge nelle luci della città. Quando arriva davanti all'albergo e paga il tassista sente le gambe di gelatina. Per un attimo si sente stupido e quasi gli viene l'istinto di scappare, ma poi si fa coraggio ed entra fino a raggiungere la reception. Il receptionist non sembra convinto del suo "Il signor Styles mi sta aspettando.", ma gli indica comunque il numero della stanza, forse perché gli legge la disperazione nel viso. Louis si fionda nell'ascensore e attende che le porte si aprano con il cuore in gola. I passi che lo separano dalla stanza 108 sembrano infiniti, ma quando ci arriva davanti stenta a bussare, l'agitazione che lo sta mangiando vivo. I tocchi sul legno freddo sono leggeri e quando non riceve risposta pensa che Harry non l'abbia sentito o stia dormendo.
Ma quando apre la porta e i suoi occhi si spalancano diventando lucidi, è in quel momento che Louis capisce di aver sbagliato. Harry non sembra piacevolmente sorpreso, ma piuttosto sembra distrutto, le occhiaia a circondargli quei bellissimi smeraldi e l'espressione spenta.
«Ciao.» è l'unica cosa che si sente di dire Louis, e non osa muoversi.
Harry lo fissa, ma non lo vede. Non sa perché sia lì e forse nemmeno gli interessa. Si è allontanato da lui per provare a riprendersi, in attesa che il più grande gli desse un segnale del suo ritorno nei suoi ricordi. Ma nei occhi azzurri non c'è nessuna novità, lo capisce appena lo guarda. Quindi non parla perché non sa cosa dire o semplicemente perché non ha voce; è muto davanti alla consapevolezza che quello non è il suo Louis.
«Non lo so perché sono qui. Scusa.» biascica il più grande, chinando il capo.
Ed Harry sente un'insolita rabbia investirlo. Non è giusto quello che Louis gli sta facendo: fa un passo verso di lui e poi si tira indietro. È una battaglia che ha deciso di non combattere per non soccombere e Louis gli sta impedendo di tirare fuori bandiera bianca perché ogni volta gli propone un armistizio che poi prontamente gli strappa davanti agli occhi. E Harry sa di non meritare quelle finte speranze che Louis gli getta in faccia ogni volta.
«Devi smetterla.» soffia, le mani tremanti. «Devi smetterla di fare così. Prima ti fai avanti e dici di credere in noi e mi porti a letto e poi non sei più sicuro perché non sai come amarmi e mi lasci da solo. E ora sei di nuovo qui, sei venuto da Londra e non sai nemmeno cosa vuoi. Io non lo voglio tutto questo.» la determinazione che infonde in quelle parole sorprende anche lui.
Louis boccheggia, in cerca di qualcosa di sensato da dire. Sa di aver fatto una cazzata e di aver mescolato le carte in tavola, ma di nuovo come la volta prima non ha intenzione di giocare e crea scompiglio e turbamento.
«Harry, l'amnesia mi sta uccidendo.» borbotta mordendosi il labbro.
Il più piccolo ride di una risata amara. «Smettila di usare la tua amnesia come scudo, Louis. La tua malattia non ti da diritto di essere un codardo, né tanto meno di illudere le persone. Non lo so cosa ti passa per la testa, perché non me ne parli, ma la tua amnesia non ha nulla a che fare con noi. L'unico tuo problema è che hai paura e non ti permetti di rischiare. Io sono qui per te, lo sono sempre stato. Ma tu non l'hai capito, evidentemente.» ribatte, e i suoi occhi sono pieni di dolore.
«Mi dispiace.» sussurra Louis.
«Smettila di dirlo, non risolverai comunque nulla con il tuo dispiacere. Piuttosto, fai un favore a te stesso e fai chiarezza con i tuoi sentimenti. E non farti vincere dall'amnesia, Lou, non permetterle di controllarti.» fa una pausa, come se stesse soppesando l'idea di aggiungere altro. «Io aspetto il mio Louis, se poi tu vorrai tentare, io ci sono. Ci sono sempre per te.» aggiunge, la rabbia dissolta e un pizzico di prepotente speranza a macchiargli la voce.
La porta si chiude e le parole di Harry sono un eco nella testa di Louis. Non sa se ne sarà capace, ma tenterà il più possibile di non farsi battere da quella malattia. Lo deve ad Harry, che come sempre gli ha fatto capire quanto tenga a lui, ma soprattutto lo deve a sé stesso.
 
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Dopo ciò che è accaduto a Los Angeles e dopo il ritorno del più piccolo a casa, tra Louis ed Harry c'è solo distacco e freddezza. Cose che non hanno mai provato nel loro rapporto, nemmeno dopo le varie litigate che si sono susseguite negli anni. Sono quasi due estranei.
Louis non ha fatto i conti con ciò che prova, nonostante si sia davvero impegnato. Ma la confusione lo intrappola ogni volta e non può fare a meno di mantenere le distanze da Harry. Perché non può avvicinarsi a lui sapendo di dargli speranze infondate; non può distruggerlo di nuovo. Ed Harry non tenta nessun approccio. Sono separati da muri invisibile, divisi da dolorose paure.
È sera inoltrata quando Harry torna da lavoro. Passa sempre più tempo in studio per evitare di dover rimanere a casa con Louis, anche se il più grande esce per la maggior parte delle giornate e ritorna solo quando è notte fonda. Infatti, non appena entra in casa e lo trova nel divano è stupito e si chiede come mai non sia andato in giro per locali con gli amici. A peggiorare la situazione è stato anche il fatto che Louis abbia ricordato Calvin e Oli, il che non ha fatto altro che allontanarli maggiormente.
Si toglie il cappotto e fa per salire le scale, ma la voce impastata di Louis lo blocca.
«Spero tu ti sia divertito.» dice, alzandosi dal divano.
Harry nota il viso segnato da ore mancate di sonno e capisce dalla sua camminata ciondolante che è ubriaco. Ormai lo conosce, sa quanto gli piaccia bere, ma lo infastidisce sempre vederlo ridotto a uno straccio. Comunque, cerca di ignorare le sue parole e riprende la strada verso la sua stanza.
«Sto parlando con te.» borbotta con insistenza Louis, prendendolo per il polso.
Harry fissa la sua piccola mano intorno alla sua pelle che brucia come fuoco e poi incontra l'azzurro dei suoi occhi, pieni di qualcosa a cui non sa dare nome. «Quanto cavolo hai bevuto?» dice, e il suo tono diventa rabbioso.
È stanco di vederlo in quello stato e vorrebbe solo abbracciarlo e dirgli di smetterla di farsi del male, ma non può; non dopo la lontananza che si sono imposti. Però quella sera è più forte di lui ed è troppo stanco e arrabbiato per riuscire ad ignorarlo, tanto più che è stato Louis a rivolgergli per primo la parola.
Il più grande lo guarda assottigliando gli occhi. «Non sono affari tuoi.» risponde con tono ostile.
Ed Harry sa che quel tono nongli appartiene, non quando parla con lui almeno.
«E poi non dovresti preoccuparti di me.» aggiunge, un sorriso maligno che gli disfa il viso normalmente sereno. «Ho visto che stai uscendo con una ragazza. Cos'è, visto che io non ero più disponibile hai pensato bene di sostituirmi con una puttana? Spero almeno che tu ti diverta.» dice, alludendo alle ennesime foto del ragazzo con Camille uscite sul giornale quel pomeriggio.
Ed Harry lo sa che è l'alcool a parlare e che non dovrebbe lasciarsi provocare, ma quel trattamento sa di non meritarlo ed è stanco di sentirsi così debole e spezzato davanti alla persona che ama. Quella è la goccia che fa traboccare il vaso; quelle parole dette con tanto astio e cattiveria. Così Harry tira su la mano e il rumore dello schiaffo che fa scontrare contro la guancia di Louis si propaga perla stanza.
Il più grande lo fissa mentre si accarezza la guancia colpita e resta senza parole. Lì, con l'alcool in circolo, la guancia dolorante ed Harry davanti a lui tremante di rabbia vede qualcosa nella sua testa. Si allontana di qualche passo ed Harry non osa toccarlo. Restano in quel silenzio di vetro per un'eternità.
È Louis a parlare per primo. «Tanto lo so che non riesci a stare per troppo tempo incazzato con me. Sono sempre la tua prima cotta e hai un debole per me.»
All'inizio Harry non viene raggiunto dal vero significato delle parole, troppo concentrato sul tono derisorio. Poi le lettere sembrano ricomporglisi davanti e i suoi occhi si sbarrano.
«Tu...cos'hai detto?» chiede nella più totale confusione.
«"La mia prima vera cotta è stata Louis Tomlinson!"» recita Louis. «Parole importanti per un ragazzino di sedici anni. Non so come abbia fatto tua madre a fidarsi a lasciarti a convivere con me visto i sentimenti che provavamo l'uno per l'altro.» aggiunge, un malcelato entusiasmo nella voce.
Harry rimane a fissarlo, la mente che cerca di elaborare quanto appena successo, ma sembra perdersi dei passaggi. Il sorriso nel suo viso inizia a crescere a dismisura. «Ti ricordi.» è tutto ciò che riesce a dire, mentre gli occhi gli si appannano di lacrime.
Louis ripercorre i passi che ha fatto lontano da lui dopo aver ricevuto lo schiaffo e gli accarezza una guancia. «Mi ricordo che il nostro primo incontro è stato nei bagni di X-Factor e tu mi hai pisciato nelle scarpe. Mi ricordo come ti sono saltato in braccio quando ci hanno messo insieme nella band. Mi ricordo quando mi sono fatto crescere i capelli insieme a te per farti sentire più sicuro. Mi ricordo quanto amo i tuoi occhi, il tuo sorriso e mordere le tue fossette.»
La voce è un sussurro ed Harry si fa cullare da quei racconti e da quel tocco nella sua guancia che ha tutto un nuovo significato. Dopo tanto tempo, Harry vede flash di loro due insieme in quei pezzi di cielo che sono gli occhi di Louis. Sono incastrati nelle sue iridi, ma ancorati in profondità nella sua mente. Ed è come riavere indietro una parte di sé, essere completi. Harry ride o forse piange, o forse entrambe le cose, perché riavere di nuovo il suo Louis è un'emozione enorme.
Il più grande gli mette le braccia intorno alla vita e gli bacia il collo. Harry rabbrividisce a quel gesto tanto intimo e sente le farfalle esplodergli nello stomaco. Quando poi Louis si alza in punta di piedi e unisce le loro labbra, è un vortice di emozioni che li avvolge. Il sapore l'uno dell'altro ha un gusto incredibilmente dolce, diverso dall'ultima volta dove c'erano sbavature d'incertezza. Le lingue si riconoscono subito come vecchie amiche e si muovono come sono abituate, le mani vagano nei loro corpi toccando quei punti che amano toccare. Louis sa che Harry ama quando gli accarezza la nuca egli bacia il collo, stavolta sa come prendersi cura della persona che ama e come lasciarsi andare all'amore.
«La nostra ultima volta è stata un disastro, anche se tu ti ostini adirmi che ti è piaciuto.» dice Louis ridacchiando, accarezzando la guancia di Harry. «Vorrei fare l'amore con te come si deve, con te dentro di me, se non ti dispiace.» propone allora, e con tutta l'innocenza che ci può essere in quel momento prende ad accarezzare la schiena del compagno da sotto la maglietta.
Harry non può che illuminarsi in viso; le mani di Louis che lo cullano con un vecchio e familiare calore, ed è impaziente e innamorato quando risponde. «Non mi dispiacerebbe per niente.»
Lo prende in braccio e le scale sono presto salite, i vestiti finiscono dimenticati nel pavimento. Il letto li accoglie come un vecchio amico, la stanza li protegge dal mondo esterno.
«Mi sei mancato così tanto.» sussurra Harry, e una lacrima silenziosa gli solca la guancia.
Louis la asciuga delicatamente con un bacio. «Shh, sono qui, amore mio.» lo tranquillizza, mentre si dona completamente a lui.
L'amore, quello che c'è sempre stato, ma ha giocato a nascondino per un po', li avvolge come una coperta e li accarezza premuroso. Tutto sa di perfezione e amore e si sentono finalmente completi. Louis non si è mai sentito così; così pieno e soddisfatto e innamorato. Si perde in Harry e si abbandona al piacere, ed è tutto giusto così perché ora sa come amarlo e sa di essere la sua altra metà; la sua anima gemella ora e per sempre.
«Ti amo.» Louis lo dice piano, come se avesse paura di rovinare l'atmosfera.
Harry si lascia andare ad un gemito più profondo. «Ti amo.» ribatte, anche lui con appena un sussurro.
E insieme si lasciando andare, riempendosi di loro come in passato. Ci sono di nuovo loro nella mente di Louis e nei gesti che fa.
Ci sono di nuovo loro.
*
Il mattino seguente Harry si sveglia è viene investito da un'ondata di panico: Louis non è accanto a lui nel letto e teme che quello che è successo sia solo un sogno. Non appena vede i loro vestiti sparsi nel pavimento, l'idea del sogno viene piacevolmente liquidata, mal'angoscia non lo abbandona perché, visto cos'è successo la volta precedente, Louis potrebbe essere scappato di nuovo. Quindi si alza dal letto e fa i gradini a due a due, il panico nella voce mentre chiama Louis.
Lo trova in cucina, la testa poggiata contro il legno del tavolo e un bicchiere nella mano. «Potresti non urlare, per favore? Mi sta scoppiando la testa.» mugugna con voce impastata.
Harry resta impalato nello stipite della porta e sussurra un flebile "Scusa" senza sapere come comportarsi.
È Louis a scongelare la situazione: alza lo sguardo verso il più piccolo e nel viso gli si forma un sorriso birichino.
«Che c'è?» chiede Harry con lo sguardo fisso su di lui per cercare di capire cosa sta succedendo nella sua testa.
Il sorriso di Louis si allarga ancora di più. «Per quanto io apprezzi davvero vederti nudo, non avrei la forza di soddisfarti ora come ora.»
Harry resta confuso per un po', poi abbassa lo sguardo e si rende conto che, con la fretta di scendere a cercarlo, ha dimenticato di rivestirsi.
«Sai, all'inizio che te ne andavi in giro per casa come mamma t'ha fatto per me era davvero frustrante perché dovevo nascondere cosa provavo, se capisci cosa intendo.» racconta Louis con occhiolino annesso.
Harry sorride, l'ansia sparita, sostituita dalla tranquillità che gli infonde Louis con quel racconto. «Voglio svelarti un segreto.» dice, mentre si avvicina al più grande.
Louis lo accoglie in mezzo alle gambe, il bicchiere con l'aspirina dimenticato mentre la sua mano si va a posare nel fianco nudo di Harry.
«Non sei mai stato bravo a nascondere ciò provavi. E io mi divertivo tantissimo a provocarti.» confessa il piccolo, le labbra a solleticare l'orecchio dell'altro mentre dice quelle parole.
Louis ride. «Sei perfido.» fa, per poi posare le sue labbra nel collo di Harry.
Lo prende per le cosce e lo fa sedere nel tavolo senza smettere di baciarlo sempre nello stesso punto, dove sicuramente uscirà fuori un evidente segno viola.
Harry ride per il solletico che gli danno le mani di Louis mentre gli massaggiano l'interno coscia con estrema lentezza. «Non sei più troppo stanco?» chiede con fare innocente.
Louis per tutta risposta lo accarezza con più intensità e gli morde il labbro inferiore. «Stai zitto e baciami, stupido!» gli fa con decisione.
Cattura le sue labbra mentre Harry ride per quella frase e si lascia amare dal suo ragazzo.
 
˜
 
Il camerino è troppo rumoroso per i suoi gusti. Come può concentrarsi se c'è tutto quel via vai? E dire che una volta era lui quello casinista che creava sempre problemi. Ma ora si sente troppo agitato e confuso per lasciarsi coinvolgere da quell'aria frizzante.
È il primo concerto che gli One Direction fanno dopo la loro pausa e tutti sembrano ricordare esattamente come far funzionare le cose.
Anche Louis ricorda la sensazione di stare su un palco e vuole che tutto vada per il meglio. Per questo ha ristudiato tutte le loro canzoni miliardi di volte, per essere sicuro di non dimenticare nulla. Però c'è quella particolare canzone che vuole che sia perfetta, così affonda la testa nel foglio e legge le parole per la milionesima volta: sono sempre le stesse lettere che ha letto nei giorni precedenti e che sa a memoria, eppure gli sembra sempre di dimenticarsele e l'ansia che prova non lo aiuta a concentrarsi.
«"I've got scars, even though they can't always be seen".» ha ripetuto quella frase fino alla nausea. «"And pain gets hard",»
«"but now you're here and I don't feel a thing".» la voce di Harry interrompe il suo cantilenare. «Amore, hai ripetutola canzone mille volte e te la ricordi a meraviglia, smettila di essere in ansia.» lo rimprovera.
Si piazza davanti a lui, che è appollaiato su un tavolo, e lo avvolge in un abbraccio. Louis annusa il suo buon profumo e cerca di trovare un briciolo di calma.
«Inizio a odiare questa canzone.» bofonchia con il viso immerso nell'incavo del collo di Harry.
Il piccolo ride a sentirsi stuzzicato dal suo respiro e per quelle parole chiaramente non vere. «Eppure non hai detto così la prima volta che te l'ho fatta sentire, anni fa.» è la sua risposta fintamente offesa.
Louis sbuffa alzando il viso per poterlo guardare negli occhi. «Se non ricordo male, la prima volta che me l'hai fatta sentire, avevamo appena fatto l'amore, eravamo nudi davanti al pianoforte e poi abbiamo fatto di nuovo l'amore.» racconta, mentre quei momenti magici gli volano nella mente.
Harry arrossisce appena. «Ricordi assolutamente bene.» dice con un sorriso tutto fossette.
Louis è fiero di sé: ormai ha recuperato gran parte della sua memoria e ogni volta che gli manca qualcosa Harry è lì per aiutarlo a creare ordine nella sua testa. Sono una squadra, come in ogni altro aspetto della loro vita. È bello sentirsi tanto uniti e innamorati come se il tempo e tutti gli avvenimenti delle loro vite non avessero potuto nulla contro il loro amore. Si getta a capofitto nelle labbra del suo ragazzo e mette in quel bacio la gratitudine che prova nei suoi confronti per essere al suo fianco indipendentemente da tutto.
«Ehi, voi due, dateci un taglio, ci sono dei minorenni qui.» li rimprovera Liam mentre entra nella stanza con Ernest e Doris presi per mano.
Dietro di lui, tutta la famiglia di Louis e quella di Harry ride, mentre i due chiamati in causa si separano con non poco disappunto del più grande.
«Siete arrivati.» fa Harry andando ad abbracciare sua madre.
Louis scende dal tavolino e i gemelli gli sono subito addosso, facendolo capitolare a terra.
«Ehi, nanetti, sono contento di vedervi.» li saluta, dando loro due baci sulle guance.
Per quell'importante occasione, le famiglie di tutti e quattro sono volute essere presenti, e Louis non può essere più contento di avere così tante persone importanti al suo fianco. L'ansia e l'agitazione spariscono mentre saluta tutti. Le persone che ama,quelle che sono rimaste con lui e gli hanno dato una parte di sé stesse. Incrocia lo sguardo di Harry e sorride. Tutto lì dentro lo rapisce: il suo Harry, la sua famiglia e i suoi amici, mentre si preparano per cantare di nuovo tutti e quattro insieme e il tutto è semplicemente perfetto per non essere custodito nella sua mente ormai guarita.





Autrice time:
Allora, h
o riscritto questa storia mille volte: alcune parti sono nate così come le leggete, altre le ho scritte e riscritte e tagliate e maciullate, insomma, ho fatto un caos per partorire tutto questo e non so se ne sono pienamente convinta. Alcune parti le amo perdutamente, altre un po' meno. Comunque, non vedevo l'ora di postarla perché mi ci sono affezionata tanto a questa cosina.

Spero possa piacere anche a voi e spero mi direte cosa ne pensate nei commenti.

Un abbraccio,

Alis

   
 
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