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Autore: rhys89    10/06/2018    1 recensioni
[Logan/Scott]
Scott sta preparando la sua valigia e, tra un vestito e l’altro, si crogiola nei ricordi.
Ricordi di un passato che sembra tanto vicino da poterlo toccare, quando per colpa di un guasto alla moto è rimasto bloccato nel bel mezzo del nulla… costretto a rimanere ospite per giorni di un burbero benzinaio/meccanico di nome Logan.
Era successo per caso, in un pomeriggio che avrebbe dovuto essere solo uno tra tanti altri: l’attimo prima guidavi tranquillo lungo la strada che ti avrebbe portato dalla tua ragazza, quello dopo la tua vita era cambiata per sempre – senza averlo voluto, senza averlo cercato, senza aver potuto fare nulla per impedirlo.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Scott Summers/Ciclope
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angolino dell'autrice

Salve gente! ^^
Come promesso sono tornata con il secondo capitolo di questa mini-long. Da ora in poi, però, non ci sarà un paragrafo "introduttivo" al presente, ma si inizierà direttamente con il paragrafo flash-back e poi si andranno ad alternare come prima.

Non ho nulla da dire stavolta, se non un grazie gigantesco ad Arianna.1992 che ha recensito lo scorso capitolo e a tutti voi che seguite la storia. Spero tanto che continui a piacervi ^^

Ci vediamo domenica prossima per il capitolo 3.

Disclaimer: i personaggi e la storia di X-Men non mi appartengono e non ci guadagno nulla di materiale a scriverci su.

Buona lettura a tutti! ^_^


Titolo storia: Semplicemente sei
Fandom: X-Men (film)
Personaggi e pairing: James 'Logan' Howlett (Wolverine), Scott Summers (Ciclope), Logan/Scott
Pacchetto (e cosa avete utilizzato): America (estate, festa dell?indipendenza, stelle)
Introduzione storia: Scott sta preparando la sua valigia e, tra un vestito e l?altro, si crogiola nei ricordi. Ricordi di un passato che sembra tanto vicino da poterlo toccare, quando per colpa di un guasto alla moto è rimasto bloccato nel bel mezzo del nulla… costretto a rimanere ospite per giorni di un burbero benzinaio/meccanico di nome Logan. Era successo per caso, in un pomeriggio che avrebbe dovuto essere solo uno tra tanti altri: l’attimo prima guidavi tranquillo lungo la strada che ti avrebbe portato dalla tua ragazza, quello dopo la tua vita era cambiata per sempre – senza averlo voluto, senza averlo cercato, senza aver potuto fare nulla per impedirlo.
Note autore: modern!AU senza poteri; inframmezzate al testo ci sono delle frasi [tra parentesi quadre], tratte dall?ultima strofa della canzone “The Other Side”, di The Greatest Showman; l?ho scelta perché credo che sia perfetta per questa storia (e perché in questo periodo ne sono ossessionata), ma sono frasi usate più che altro come espediente per suddividere i paragrafi, quindi non si tratta di una song-fic; altre note alla fine.

Semplicemente sei

II parte: domenica e lunedì


 Il braccio e la spalla sinistri mandano fitte fastidiose al cervello come protesta per averci dormito sopra in una posizione dannatamente scomoda, e all’inizio pensi sia stato proprio questo a svegliarti. Poi, attraverso le palpebre, il riverbero della luce artificiale arriva alla tua coscienza ancora intontita dal sonno. Mugugni infastidito e apri faticosamente gli occhi in una casa che non è la tua, in una stanza che non è la tua, in un letto che decisamente non è il tuo.
Oh, cazzo, mi sono addormentato!
 Ti tiri a sedere di scatto, col cuore che batte a mille e il volto in fiamme per l’imbarazzo.
 Logan ti sta fissando; l’imbarazzo aumenta a dismisura.
Stupido, stupido Scott!
 «Ehm… io… ecco, buongiorno» borbotti, abbozzando un sorriso.
 Logan invece non sorride: nei suoi occhi non c’è traccia di calore né di divertimento, ed è talmente incazzato che probabilmente è solo lo shock della sorpresa ad avergli impedito di urlarti contro – o prenderti direttamente a pugni, magari.
 Ti alzi cautamente in piedi, evitando il suo sguardo di ghiaccio.
 «Io… scusa, mi sono… mi dispiace» ti correggi appena in tempo – qualcosa ti dice che frasi da Capitan Ovvio come “mi sono addormentato” potrebbero solo peggiorare la situazione già tragica di per sé.
 «Che diamine ci fai tu qui?»
 La voce di Logan è vibrante di rabbia repressa. Ti umetti le labbra e poi le mordicchi, guardando ovunque tu sia certo di non incrociare i suoi occhi.
 «Io… stanotte ho sentito dei lamenti…» mormori ai tuoi piedi scalzi. «Pensavo stessi male, e così sono entrato per controllare.»
 «E per controllare meglio ti sei infilato nel mio letto?» sbotta lui inacidito, ed è come se ti avesse appena schiaffeggiato.
 «Io non mi sono infilato nel tuo letto!» protesti punto sul vivo, alzando la testa per fronteggiarlo.
 «Oh, scusa, ti ci sei solo sdraiato sopra, hai ragione» commenta sarcastico. «Allora va bene.»
 «Guarda che poi sei tu che mi hai preso la mano, quando stavo per andarmene!»
 «Anche se fosse, io stavo dormendo, idiota! Magari sognavo chissà cosa e–»
 «Stavi facendo un incubo!» lo interrompi, alzando la voce per sovrastare la sua. «E ti agitavi come se fossi all’inferno… scusa se mi sono preoccupato!»
 «Non dovevi impicciarti!» ribatte lui, urlando ancora più forte. «Avere un bel faccino non ti dà nessun cazzo di diritto di prenderti certe confidenze, vedi di ricordartelo, moccioso!»
 «Vaffanculo, Logan!»
 E detto questo te ne vai senza dargli il tempo di aggiungere altro, ti infili le scarpe al volo ed esci nel chiarore dell’alba sbattendoti la porta alle spalle.
 Inizi a camminare verso il nulla, senza una meta precisa. Razionalmente lo sai che il tuo è un atteggiamento infantile e che prima o poi dovrai tornare indietro perché a piedi non puoi andare da nessuna parte, ma al momento non ti importa.
 Oltretutto, tra le altre cose, ti senti anche tremendamente stupido. Insomma, anche se non lo ammetti ad alta voce sei consapevole di essere nel torto e di aver fatto qualcosa di dannatamente imbarazzante, – oltre che profondamente sbagliato – e sai anche che, se un perfetto sconosciuto si fosse infilato senza permesso nel tuo, di letto, pure tu ti saresti incazzato a morte.
 Gemi sconsolato e ti siedi su un masso, prendendoti la testa tra le mani. Provi a dirti che sei pentito di quanto è successo, che si è trattato solo di un momento di follia da imputare all’insolazione e che mai e poi mai ripeteresti un simile errore… ma è tutto inutile. Perché, ora che la rabbia per la litigata si sta sopendo, quel senso irrazionale di protezione e tenerezza che ti ha trafitto il cuore quando Logan si è aggrappato a te nel sonno si riaffaccia nitido alle porte della tua coscienza.
E ti rendi conto che, se anche tornassi indietro, probabilmente lo rifaresti comunque.
 Alzi la testa per guardare l’orizzonte: nel cielo si stanno addensando nuvole nere come la pece.
Fantastico, ci mancava pure il temporale.[1]
 
 Senza neppure il cellulare con te non riesci a capire quanto tempo sia passato da quando hai fatto la tua uscita di scena in perfetto stile drama queen, ma i lampi sono sempre più frequenti e i tuoni sempre più forti.
La burrasca si sta avvicinando.
 Senti dei passi venire verso di te, ma non ti volti.
 «Tra poco si scatenerà il diluvio, qua fuori. Vieni in casa.»
 Non rispondi, Logan sospira e si avvicina ancora. Con la coda dell’occhio lo vedi chiudere gli occhi mentre si massaggia stancamente il collo, e all’improvviso sembra molto più vecchio della sua età.
 Ti si stringe il cuore.
Che cosa ti è successo, Logan?
 Come se avesse sentito i tuoi pensieri Logan comincia a parlare, lo sguardo fisso davanti a sé.
 «Hai detto che stanotte mi agitavo come se fossi all’inferno. Beh, ci avevi preso, in un certo senso.» Sospira profondamente, poi continua. «Io… io ero un soldato, anni fa. Uno di quelli che il governo utilizzava per le missioni speciali» ti rivela. «Ho ucciso e visto morire più persone di quante tu conoscerai mai in vita tua, così tante che non riesco a ricordare nemmeno metà dei loro volti. Poi, sei anni fa, mi sono congedato e sono venuto qui.» Si interrompe; una pausa molto lunga, tanto che cominci a chiederti se non dovresti essere tu, adesso, a dire qualcosa.
Sì, ma cosa?
 «Finché c’è stata Kayla…» riprende a sorpresa, e la sua voce finora atona trema d’emozione nel pronunciare quel nome «la mia ragazza… finché c’era lei gli incubi si erano un po’ calmati, ma dopo la sua morte non mi danno tregua» si blocca di nuovo, sospira ancora e finalmente si volta per incrociare i tuoi occhi. «E questo è tutto, ora vieni in casa.»
 Non hai avuto il coraggio di interrompere neppure una volta quel racconto surreale: hai ascoltato rapito Logan snocciolare tutta la sua storia con tono incolore, come se sperasse in quel modo di prendere le distanze dal suo passato.
E come dargli torto…
 Intanto Logan ti ha voltato le spalle senza aggiungere altro e sta tornando sui suoi passi.
 «Logan?» lo chiami d’istinto, la voce roca per essere rimasto in silenzio tanto a lungo.
 Lui non si gira, ma si è fermato e sai che ti sta ascoltando.
 «Grazie… per avermelo detto.»
 Non riesci a vedere la sua espressione, ma dopo qualche secondo lo senti sbuffare.
 «Muoviti, ragazzino» borbotta semplicemente. Poi riprende a camminare in silenzio, e ti ritrovi a sorridere senza un perché.
 
[So if you do like I do, so if you do like me.]
 
 Neanche il tempo di finire la doccia – quella che avresti voluto fare appena sveglio ma che è stata rimandata per cause di forza maggiore – che la tempesta preannunciata scoppia in tutto il suo catastrofico splendore. Gocce d’acqua grosse come pugni picchiano alla finestra del bagno sovrastando persino il rumore dei tuoi pensieri, e mentre finisci di asciugarti ti ritrovi a sbuffare divertito: hai beccato probabilmente l’unico giorno di pioggia del mese, forse persino dell’anno. Se non è sfiga questa…
 Ti lasci sfuggire una smorfia infastidita quando l’asciugamano sfrega contro la pelle arrossata del torace, ma per fortuna sembra che la scottatura stia finalmente regredendo – o, quantomeno, non fa male come ieri mattina.
 Ad ogni buon conto, dopo esserti rimesso boxer e pantaloni, prendi un po’ di doposole e te ne spalmi una quantità piuttosto generosa addosso. Massaggi delicatamente per farlo assorbire il più possibile e lavi via il residuo di crema dalle mani, appoggiandoti poi al lavandino… e qui ti blocchi. Osservi il tuo riflesso senza in realtà vederlo davvero, la mente proiettata un paio di stanze più in là, dove Logan sta finendo di preparare il brunch – l’ora della colazione ormai è passata da un pezzo.
 Sospiri a fondo, tanto da appannare appena la superficie fredda dello specchio.
Non avete più parlato, da quando siete rientrati in casa.
 Esiti ancora a lungo, mordicchiandoti il labbro, ma alla fine prendi il doposole ed esci dal bagno. Segui il profumo del bacon arrostito fino in cucina, e quando Logan si volta verso di te ti costringi a mettere in fila una sillaba dietro l’altra prima di perdere quella poca determinazione che sei riuscito a racimolare.
 «Ti dispiace?» gli dici soltanto, mostrandogli il flacone col fiato sospeso.
 Passa un secondo di silenzio, due, tre. E poi Logan ti sorride.
E tu ricominci a respirare.
 «Dai qua.»
 
 State finendo di mangiare quando un rumore decisamente inaspettato si fa strada tra lo scrosciare della pioggia e il rombo dei tuoni.
Un clacson.
 Vi scambiate qualche sguardo perplesso, colti di sorpresa, poi Logan si alza e si avvicina alla finestra per cercare di guardare fuori.
 «Ma chi è il coglione che vuole fare rifornimento con un tempo del genere?» sbotta, tenendo scostata la tenda perché anche tu possa vedere la sagoma di una macchina ferma davanti alla pompa di benzina.
 Ti stringi nelle spalle.
 «Magari un coglione che è rimasto a secco?» butti lì. Logan ti lancia un’occhiata assassina, così alzi le mani in segno di resa. «Dicevo tanto per dire, eh!» cerchi di blandirlo – un sorrisetto divertito che spunta non richiesto sul tuo viso e probabilmente vanifica ogni sforzo.
 Il coglione si attacca di nuovo al clacson, stavolta con più insistenza, e Logan – borbottando tra i denti qualcosa in cui riconosci “prezzo triplo” e un paio di insulti – prende la sua carta magnetica ed esce fuori.
 Lo segui con lo sguardo attraversare quel muro quasi compatto d’acqua fino al riparo della tettoia, e sogghigni della sua espressione furiosa mentre urla contro l’automobilista – alla faccia di quelli che “il cliente ha sempre ragione”.
 Scuoti la testa e lasci andare la tendina, allontanandoti dalla finestra per andare a recuperare un asciugamano in bagno: qualcosa ti dice che ne avrà bisogno.
 
 Qualche minuto dopo un Logan completamente fradicio e decisamente incazzato ritorna in casa e si toglie subito la maglietta zuppa, lanciandola da una parte. Poi prende l’asciugamano che gli hai portato – un “grazie” a mezza voce cui rispondi con un sorriso – e comincia ad asciugarsi.
 «Quel figlio di…» continua a imprecare, soffocando l’ennesima raffica di insulti nella stoffa.
 Sogghigni e ti avvicini per raccogliere la maglia da terra… ma poi Logan solleva le braccia per sfregare energicamente i capelli, e ci sono tre o quattro o forse cinque gocce ribelli che sfuggono alla prigionia del telo e scivolano lente sui bicipiti e poi sul torace, e sarebbe un sacrilegio non fermarsi a guardarle, e tu non hai nessuna intenzione di essere sacrilego. Le segui nella loro discesa, incapace di staccare gli occhi da quel corpo perfetto e pieno di cicatrici, e la mano quasi brucia dal desiderio di sfiorarle per sentire sotto le dita quella pelle innaturalmente liscia…
 «Ti sei incantato, ragazzino?» ti prende in giro Logan.
 Sbuffi e ti costringi a riportare lo sguardo sul suo viso – l’essere stato colto in flagrante ti turba così poco che forse dovresti preoccupartene.
 «Guardavo le tue cicatrici» ti giustifichi con aria innocente.
 «Oh, certo. Le cicatrici…»
 Incroci il suo sorriso malizioso e sorridi di rimando.
 «Ok, guardavo anche le cicatrici, contento?» ribatti, poi raccogli la maglietta e la porti in bagno nella cesta dei panni sporchi mentre lui va in camera a cambiarsi.
Lo senti ridacchiare lungo tutto il corridoio, e sorridi anche tu.
 
 La giornata è trascorsa senza altri incidenti, per fortuna, e mentre aspettate l’ora di andare a dormire chiacchierate del più e del meno seduti sul divano del soggiorno, con una birra ghiacciata a tenervi compagnia e una partita in TV che in realtà non interessa a nessuno dei due. Tra una cosa e l’altra gli racconti che sei di Layton, Utah, e che ti eri messo in viaggio per andare a trovare la tua fidanzata a Los Angeles.
 «E lei come l’ha presa sapendo che sei bloccato qui?»
 «Non lo sa. Tanto lei questo fine settimana è andata a San Francisco per lavoro, non avremmo potuto vederci comunque» aggiungi, in sottofondo una nota amara che proprio non riesci a nascondere. «E poi non lo sapeva che sarei venuto in moto, quindi è bastato dirle che non ero all’aeroporto per farla stare tranquilla.»
 Logan ti guarda inarcando un sopracciglio.
 «Racconti spesso balle del genere alla tua ragazza?»
 «Tecnicamente ho soltanto omesso parte della verità, non ho mentito» ribatti prontamente.
 Lui sorride divertito, scuotendo la testa.
 «Che faccia da schiaffi…» borbotta tra sé.
 «Ma come? Pensavo di avere un bel faccino…» lo prendi in giro.
 Per un attimo hai paura di aver esagerato, – dopotutto le circostanze in cui ti ha fatto quella specie di complimento non erano certo tra le più felici – invece Logan sorride malizioso.
 «Hai anche un bel culo,» ti risponde per le rime «ma non mi sembra il caso di vantarsene.»
 
 Sono appena passate le undici, quando Logan si alza in piedi.
 «Ok, direi che si è fatto abbastanza tardi… io vado a letto» ti saluta, soffocando uno sbadiglio nel palmo della mano. Poi però si gira a guardarti e sogghigna. «Credi di poter resistere senza di me fino a domattina o conti di farmi un’altra improvvisata notturna?»
 «Vuoi dire che stavolta avrei il tuo benestare?» lo provochi. Il suo sorriso si amplia.
 «Beh, ragazzino… se ci tieni tanto a infilarti nel mio letto non vedo perché continuare a impedirtelo.»
 Sbuffi e alzi gli occhi al cielo – pregando tutti gli dei esistenti di non essere arrossito.
 «Buonanotte, Logan.»
 Lo guardi sparire lungo il corridoio mentre un crescente senso di inquietudine ti si espande in petto.
 Chissà se avrà di nuovo quegli incubi… chissà se tu lo sentiresti, se così fosse.
Chissà se lui ti vorrebbe al suo fianco, se succedesse.
 Sospiri e abbandoni la testa sullo schienale alle tue spalle. Per un lungo, lunghissimo istante sei davvero tentato di alzarti e raggiungerlo, accettando il suo implicito invito… poi la ragione ha la meglio.
 Sospiri di nuovo, spengi la televisione e ti metti comodo, preparandoti a quella che probabilmente sarà un’altra notte insonne.
 
Un sorriso autoironico ti sale spontaneo alle labbra.
Come diamine hai fatto a non capire subito quello che ti stava succedendo?
 Scuoti la testa divertito e finisci di sistemare il colletto della camicia che hai appena piegato, poi la aggiungi agli altri vestiti.
 In effetti, però, per come sei tu probabilmente sarebbe stato strano il contrario. Insomma, i “colpi di fulmine” esistono solo nelle favole che si raccontano ai bambini, giusto? Gli adulti sono – dovrebbero essere – abbastanza maturi da capire che ci vuole tempo e fatica per conoscere davvero una persona, che un rapporto va costruito giorno per giorno e che quella presunta chimica che provoca le fantomatiche scintille tra due sconosciuti è solo una balla che gli adolescenti si raccontano per giustificare le prime crisi ormonali.
O, almeno, così hai sempre creduto… prima di Logan.
 Sorridi ancora, accarezzando distrattamente la fede al tuo anulare. Sai di sembrare una ragazzina alla prima cotta, eppure non puoi davvero farne a meno, perché ripensare a quel vostro primo incontro sta riportando a galla tutte quelle sensazioni che credevi di avere ormai dimenticato. Perché Logan è entrato subito nella tua mente e nel tuo cuore, deciso e arrogante come solo lui sa essere… ma anche con quella gentilezza che nasconde con cura a tutto il resto del mondo, e che ti ha impedito di accorgertene fino a quando non era ormai troppo tardi.

 
 Ci metti un po’ – un bel po’, in effetti, a capire che quella sgradevole sensazione di freddo e umido sul viso non fa parte del sogno confuso che stavi facendo. Apri gli occhi di scatto, col cuore in gola… e vedi Logan ghignare divertito con un bicchiere d’acqua mezzo vuoto in mano – probabilmente è da lì che viene quella che ti ha svegliato.
 «’Fanculo, Logan» mugugni con voce impastata.
 «Buongiorno a te, principessa» ribatte lui.
 Gli tiri una cuscinata poco convinta che Logan evita ridacchiando, poi batte un paio di volte sullo schienale del divano.
 «Dai! Muovi il culo, ragazzino» ti esorta. «Il sole è già alto da un pezzo.»
 Getti un’occhiata alla finestra mentre ti stiracchi. Ha ragione: anche attraverso la tenda si vede passare una luce che certamente non è quella fioca dell’alba.
 «La cucina chiude tra dieci minuti!» urla Logan dal corridoio.
 Sbuffi, ti stropicci gli occhi e ti costringi ad alzarti in piedi.
 «Arrivo, arrivo…» borbotti, arrancando verso il bagno per svuotare la vescica e farti una doccia veloce – velocissima, vista la scarsa pazienza del tuo ospite.
 Non ti pesa alzarti presto di solito, – che poi tanto presto non è visto che sono le nove meno dieci – ma stanotte hai dormito molto poco e molto, molto male.
E, no, stavolta la scottatura non c’entra niente.
 Entri in cucina sospirando pesantemente e vai a sederti al tavolo già apparecchiato con piatti, posate, pane tostato e caffè. Te ne versi una dose abbondante e cominci a sorseggiarlo mentre osservi distratto Logan finire di cuocere le uova e il bacon; lui invece sembra in ottima forma… probabilmente perché per una volta non ha avuto incubi.
O almeno non li ha avuti fin quasi alle cinque, quando ti sei finalmente addormentato.
 Sei a metà della tua tazza quando ti rendi davvero conto che Logan è venuto a svegliarti apposta per fare colazione insieme a te.
 Ti blocchi con la mano a mezz’aria, lasciando che quel pensiero rimbalzi qua e là nella tua testa ancora annebbiata dal sonno.
 «Che hai da sorridere?»
 Ti riscuoti in fretta al suono di quella voce e ti stringi nelle spalle – senza smettere di sorridere.
 «Niente. Pensavo che oggi è una bella giornata.»
 Logan ti guarda confuso un momento ancora, poi sorride anche lui e comincia a servire la colazione a entrambi.
 «Sei un tipo strano, tu» ci tiene comunque a precisare.
 
 Quando – dopo aver ripulito la cucina– vai in bagno a rimetterti il doposole, lo fai più per abitudine che per vera necessità visto che ormai la pelle non brucia più quasi per niente. Logan aspetta sulla soglia finché non hai finito e poi si avvicina in silenzio, prende un po’ di crema e inizia spalmartela sulla schiena senza nemmeno chiedertelo.
Sì, forse il motivo è anche questo.
 Socchiudi gli occhi e ti godi il massaggio di quelle mani forti e sicure – lunghe carezze che ormai ti sono familiari, ma cui al tempo stesso non riuscirai mai ad abituarti del tutto.
 E poi, lentamente, quelle mani scendono fino ad appoggiarsi sui tuoi fianchi, e il respiro di Logan si fa straordinariamente vicino. Trattieni istintivamente il tuo mentre Logan ti sfiora il collo con il naso, inspirando profondamente.
 «Questa roba profuma ancora…» soffia sulla tua pelle.
 E sai che anche tu dovresti dire qualcosa, ma all’improvviso è come se ti fossi scordato come si fa a parlare. Ingoi a vuoto e cerchi invano di ritrovare la voce dietro i mille brividi che ti stanno attraversando… e poi il tuo telefono si mette a squillare.
Jean.
 Lo fissate entrambi per un paio di secondi, immobili.
 «È la tua ragazza?» ti chiede Logan, cercando il tuo sguardo nello specchio. Annuisci, lui abbozza un sorriso storto. «Allora dovresti rispondere» sussurra, allontanandosi da te.
 Domini a stento l’impulso di trattenerlo, – l’assenza delle sue mani è quasi insopportabile – ma lo segui comunque con lo sguardo fino a quando non sparisce dalla tua vista.
 Intanto il cellulare ha smesso di suonare – comprensibile visto quanto ci hai messo a ritrovare la lucidità.
 Lo guardi a lungo, pensieroso, consapevole che se avesse aspettato solo altri due minuti tu e Logan forse… forse…
 Scuoti la testa e ti affretti a sbloccarlo per poter richiamare Jean.
 Se fossi un tipo superstizioso crederesti che è stato il destino a fare in modo che proprio lei interrompesse quel momento… invece la parte razionale del tuo cervello ti ricorda che è da ieri che tu e Logan flirtate senza ritegno, quindi era piuttosto scontato che prima o poi succedesse una cosa del genere: non è il karma, si chiama “legge dei grandi numeri”.
 
 «Stavo pensando… è sempre valida la tua proposta?»
 Ti volti stranito verso Logan, e se non ti strozzi con l’acqua che stavi bevendo è solo perché ormai lo conosci abbastanza da non stupirti di queste sue uscite. Non troppo, almeno.
 «Non volevi darmi una mano coi clienti?» aggiunge con tono innocente in risposta al tuo sguardo perplesso – e se non sogghignasse a quel modo forse potrebbe anche essere credibile. Forse.
 Quella risposta porta con sé un misto di sollievo e delusione cui non hai voglia di dare spiegazioni; ad ogni buon conto, alzi gli occhi al cielo.
 «Già, ma tu avevi detto di non volermi tra i piedi, se non sbaglio» lo rimbecchi acido.
 Logan sorride malizioso.
 «Potrei aver cambiato idea.»
 Tuo malgrado sorridi anche tu, ma non gli dai la soddisfazione di cedere.
 «Allora?» ti incalza Logan.
 «Allora cosa?»
 «Mi dai una mano coi clienti mentre riparo la tua moto?»
 Ecco, ora che sei davvero confuso.
 «Ma il pezzo di ricambio?»
 «È arrivato mentre eri ancora nel mondo dei sogni.»
Oh.
 «Hanno fatto presto» commenti tra te e te.
 «Il rivenditore è un mio amico» ti spiega. «Gli ho detto che era urgente e lui ha mandato subito qualcuno.»
 Annuisci pensieroso, lo sguardo rivolto al garage dove la tua bambina sta dormendo da venerdì.
 Dio, davvero sono passati soltanto tre giorni? Ti sembra quasi di essere qui da sempre.
E invece sei solo un intruso in questo posto fuori dal tempo e dallo spazio, e tra poco dovrai andartene e ritornare nel mondo caotico da cui provieni…
 «Senti, non importa. Lascia stare.»
 La voce seccata di Logan ti strappa da quella riflessione malinconica e ti volti subito verso di lui.
 «Non ho detto di no» gli fai presente.
 «Non hai detto niente» ribatte lui, allontanandosi verso la pompa di benzina.
 Alzi gli occhi al cielo sbuffando esasperato, – certo che è permaloso, a volte – ma comunque ti affretti a raggiungerlo.
 «Allora, mi insegni come funziona?» gli chiedi, appoggiandoti alla colonna delle carte magnetiche.
 «No.»
 Sogghigni e ti avvicini di un passo.
 «Nemmeno se te lo chiedo per favore?» insisti, sfiorandogli il petto in punta di dita.
 Gli occhi di Logan brillano di malizia e divertimento, e nell’arco di due secondi anche la sua espressione si distende completamente.
 «Dannato moccioso» borbotta tra i denti – e intanto tira fuori la sua tessera dalla tasca dei jeans.
 Sorridi: c’è voluto anche meno del previsto.
 
[Forget the cage, ‘cause we know how to make the key.]
 
 I pantaloni che ti ha prestato Logan sono troppo larghi e rischiano di lasciarti letteralmente in mutande da un momento all’altro, ma a quanto pare i tuoi vestiti erano “troppo da damerino” per lavorare qui. Sbuffi infastidito e li tiri su per l’ennesima volta mentre senti Logan – lo stronzo – ridacchiare dal garage dove sta riparando la tua moto. Lo ignori.
 «Poso fare altro, per voi?» domandi alla ragazza al volante mentre metti a posto il tubo del diesel.
 La vedi scambiarsi un’occhiata furtiva e un sorriso complice con l’amica al suo fianco, ma per fortuna non commenta. Ti chiede il totale, paga con carta di credito – i tasti del terminale sono così consunti che per inserire il pin le ci vogliono tre tentativi – e poi ti saluta con un ultimo sorriso vagamente malizioso.
 La polvere dietro di loro non ha nemmeno finito di posarsi del tutto che la voce di Logan si fa strada attraverso il piazzale ora deserto.
 «Posso fare altro per voi, belle signore?» ti scimmiotta. «Di’ un po’, ragazzino, ma ce la fai a essere un po’ più ambiguo?»
 Ti prendi il mento tra due dita e fingi di pensarci su.
 «Uhm… beh, considerando che devo lavorare tenendo in mano un grosso tubo di gomma non dovrebbe essere difficile» rispondi col tono più fintamente innocente del tuo repertorio. «Dici che dovrei provare?»
 Logan sogghigna divertito.
 «Se riesci a farti pagare un extra fa’ pure» ribatte, tornando a concentrarsi sul suo lavoro.
Ok, uno a zero per lui.
 
 A metà pomeriggio, per combattere il caldo, Logan ti chiede di prendere dalla cucina una vaschetta di gelato mentre lui finisce quel qualcosa che non può essere rimandato – ha borbottato a mezza voce una spiegazione più precisa, ma non sei riuscito a capirla – prima di concedersi una meritata pausa.
 In freezer ci sono soltanto limone e caffè – accoppiata quanto mai insolita, ma cerchi di soprassedere – e li tiri fuori entrambi per farne delle coppette miste… ma prima che tu possa anche solo prendere i cucchiai lo strombazzare di un clacson attira la tua attenzione.
 «Arrivo!» urli alla finestra aperta, uscendo di nuovo nella calura di luglio.
 
 Alla fine la famosa pausa riuscite a prendervela soltanto verso sera, quando rientrate per preparare la cena: i clienti si sono susseguiti l’un l’altro senza darvi tregua, tanto che Logan ha dovuto smettere di lavorare alla tua moto e occuparsi del distributore insieme a te per evitare che si creassero delle code.
 «C’è spesso un’affluenza del genere?» gli chiedi mentre vi avviate in cucina.
 «Solo subito prima e subito dopo le feste importanti.»
 Ci metti un paio di secondi a capire a cosa si riferisce, poi realizzi che giorno è oggi.
 «Giusto, domani è il quattro luglio…» rifletti ad alta voce.
 Logan annuisce e va verso il lavandino mentre tu apri il frigorifero per prendere l’acqua.
 «Ohi, ragazzino!» ti chiama.
 Ti volti a guardarlo interrogativo… e vedi che sta indicando le due scatole di quello che un paio d’ore fa era gelato.
 «Oh, cazzo, me l’ero dimenticato!» esclami, avvicinandoti per osservare meglio quel piccolo disastro.
 «No, davvero?» ti sfotte Logan, poi prende un cucchiaino per assaggiare la poltiglia al caffè. «Vabbè dai, il sapore è ancora buono. Non molto gelato, ma buono» aggiunge con un sorrisetto.
 «In effetti adesso è più tipo frappè» commenti, prendendo la scatola di quello al limone. Poi, come per avvalorare la tua tesi, te la porti al viso e inizi a bere direttamente dal bordo.
Pessima, pessima idea.
 «Ma porca…!»
 Logan è piegato in due dalle risate mentre tu cerchi di ripulirti alla meno peggio dalla valanga di gelato-non-gelato che ti è caduta prima in faccia e poi sul collo e sul petto.
 «Non c’è niente da ridere…» borbotti, prendendo una manciata di tovaglioli per arginare il danno… anche se probabilmente ti ci vorrà una doccia per toglierti di dosso tutto questo appiccicume.
 Intanto Logan ha smesso finalmente di ridere – ma non di sogghignare – e si è avvicinato a te.
 «Sei ancora sporco» ti dice.
 Ti strofini di nuovo bocca e collo, ma Logan scuote la testa.
 «No, non lì…» sussurra. «Qui.» E detto questo allunga la mano verso di te e, lentamente, ti passa il pollice sulla guancia.
 Lo guardi inebetito mentre lui ti sorride malizioso, e sai che si porterà quel dito alle labbra solo per il gusto di provocarti… ma non gliene lasci il tempo: gli prendi rapido il polso e lo tiri verso di te.
 E sei tu a metterti il suo dito in bocca, suggendolo piano per liberarlo da ogni traccia di dolce.
 Logan ti guarda ad occhi sgranati, come ipnotizzato, e sei quasi certo che abbia persino smesso di respirare. Lambisci la sua pelle con la lingua un’ultima volta e lasci andare la sua mano – che scivola fuori dalle tue labbra con estrema lentezza.
 «Comunque il sapore non è male» gli dici con nonchalance. «Ti dispiace se vado a sciacquarmi un attimo?» aggiungi subito dopo. «Poi torno e ti aiuto con la cena.»
 Logan si riscuote da quella specie di trance in cui era caduto e si schiarisce la gola.
 «Sì… certo. Vai pure.»
 «Faccio veloce» lo rassicuri mentre sei già sulla porta dalla cucina, ansioso di sparire dalla sua vista prima di perdere quella faccia da poker che non hai la minima idea di come sei riuscito a mantenere così a lungo.
 Ti appoggi al lavandino del bagno col cuore che batte come se stesse cercando di schizzarti fuori dal petto e ti guardi allo specchio. Una risatina isterica vibra nell’aria quando incroci il tuo sguardo sconvolto: insomma, va bene che non stavi precisamente ragionando col “cervello superiore”, ma… Diamine! Neanche fossi in un dannato porno!
 Ti lavi mani, collo e faccia, sciacquandoti con l’acqua fredda fino a quando non riesci a calmarti. E poi, col viso nascosto nell’asciugamano, sorridi di nuovo ripensando all’espressione completamente ammaliata di Logan.
Forse sarà un ricordo di cui ti vergognerai per il resto dei tuoi giorni… ma ne è valsa decisamente la pena.
 
 Quando il suono degli stessi lamenti dell’altro ieri ti raggiunge oltre la nebbia del dormiveglia, ti alzi in piedi in meno di un secondo, come se inconsciamente lo stessi aspettando. Senza neppure accendere la luce percorri il corridoio fino alla stanza di Logan, bussi un paio di volte consapevole che lui non ti sentirà, e subito dopo – anche se il buonsenso vorrebbe il contrario – abbassi la maniglia per entrare.
 Il letto di Logan è illuminato solo dalla luna, e in quel chiarore lo vedi agitarsi con un’espressione così sofferente che ti stringe il cuore. Ti richiudi la porta alle spalle e ti avvicini fino a raggiungerlo, scuotendolo delicatamente per svegliarlo mentre sussurri il suo nome.
 Alla fine, Logan solleva faticosamente le palpebre. Gli sorridi rassicurante.
 «Stavi facendo un altro incubo» gli spieghi mentre lui si stropiccia gli occhi.
 Quando torna a guardarti sembra un po’ più cosciente, anche se ancora intontito dal sonno.
 «Scusa, ti ho svegliato…» mormora con voce arrochita.
 Scuoti piano la testa, continuando a sorridere.
 «No, tranquillo… ero ancora sveglio.»
 Logan annuisce senza rispondere e si sistema meglio sul cuscino.
 «Dormi qui?» ti chiede, ed è una proposta così innocente e naturale che non riesci a rifiutarla.
 «Fammi spazio» ribatti soltanto, prima di sdraiarti al suo fianco.
 
Accarezzi con gli occhi e con le dita il vecchio tessuto ormai consunto dei jeans che ti ha prestato Logan quel primo giorno, e che – con l’aggiunta di una cintura – sono diventati parte della tua divisa da lavoro “ufficiale” fino a quando non ti sei deciso ad andare nella tua vecchia casa per recuperare le tue cose – e il resto del tuo guardaroba.
Decisione che ha richiesto un tempo sorprendentemente lungo, dato che la sola idea di separarti da Logan per più di qualche ora ti faceva stare più male di quanto fossi disposto ad ammettere persino con te stesso.
 Scuoti la testa con un sorrisetto e li ripieghi con cura prima di sistemarli in cima a tutto il resto, poi spunti anche quella voce dalla lista.
La cosa bella è che alla fine hai scoperto che Logan aveva già programmato di chiudere il distributore per un paio di giorni e venire insieme a te.
 Ricontrolli ogni singolo capo in valigia, assicurandoti di non aver tralasciato nessun punto del tuo elenco. Ottimo: i vestiti sono ufficialmente finiti, e hai ancora abbastanza spazio per metterci le ultime cose senza ricorrere a una seconda borsa.
 Ti guardi intorno sorridendo soddisfatto… ma il sorriso si fa incerto quando ti rendi conto che ogni singolo oggetto su cui si posa il tuo sguardo è un ricordo che vorresti portare con te.
 Sospiri sconsolato, bevi gli ultimi sorsi di tè ormai non più tanto freddo e inizi a fare mente locale.




















 
[1] So per certo che persino nel deserto a volte ci sono temporali, anche se non riesco a trovare dettagli più specifici su intensità e durata. È vero che solitamente si concentrano verso la fine della stagione invernale, ma possono esserci delle eccezioni.
   
 
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