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Autore: Manu_00    16/06/2018    8 recensioni
Il mondo è un luogo molto grande, e in un luogo molto grande sono presenti tanti, tantissimi individui, alcuni comuni, alcuni singolari, e alcuni estremamente particolari.
E poi ci sono io, che non saprei dire con certezza in quale di queste categorie inserirmi.
Se me lo avessero chiesto all'inizio di questa storia, avrei risposto senza esitare di appartenere alla prima, ma il tempo ti cambia, e anche se adesso dubito di potermi definire una persona particolare, di certo, quel che è successo, la mia storia, di “particolare” ne ha da vendere, o almeno così mi piace pensare.
Forse la risposta è che sono una persona comune a cui sono successe cose particolari, ma lascerò a voi che leggete il compito di giudicare, io, d'altro canto, mi limiterò a raccontare.
[Storia presente anche su Wattpad: https://www.wattpad.com/590152446-jiid-story-of-a-thief-prologo]
Genere: Avventura, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo


Incespicai nel fango e per poco non persi l'equilibrio.
Sentivo la gola bruciarmi, il cuore esplodermi fuori dal petto.
Era notte fonda, la luce lunare filtrava fra i rami degli alberi e si rifletteva nell'acqua sporca.
Correvo, ma l'acqua rallentava i movimenti e appesantiva i piedi.
Riuscì non so come a raggiungere un albero più spesso degli altri e mi accucciai ai piedi del tronco.
Appoggiai la schiena all'albero e cercai di non scivolare in acqua per non bagnare il plico di documenti che tenevo stretto al petto.
Ricordo che rimasi fermo per un tempo che mi sembro interminabile, cercando di captare suoni, movimento, odori... ma niente.
Ripresi fiato, il gelo penetrava nelle ossa, il mio corpo era fradicio, se non mi fossi immerso nell'acqua dalla vita in giù solo un attimo prima, avrei avuto la certezza di essermi urinato addosso.
Dopo un'attesa che mi parve infinita mi rimisi in piedi, avevo le gambe intirizzite per il freddo e l'aria era satura di miasmi delle piante in decomposizione.
Avanzai lentamente, tastando il terreno antistante con la punta del piede, tenendo il braccio destro in avanti per reggermi agli alberi, mentre col sinistro stringevo i documenti che avevo sottratto qualche ora addietro.
Se avessi saputo che sarei rimasto in quella palude a farmi inseguire dai grimm per un'intera settimana non avrei mai accettato l'incarico, ma ancora una volta ero stato più avido che furbo.
Solo qualche ora addietro mi ero infiltrato in un nascondiglio, una base usata dalla White Fang per le loro scorrerie su tutta Anima, (una “roccaforte” nascosta sulle colline ed a sua vola circondata da una palude) avevo rubato ciò che mi era stato chiesto di rubare, i documenti sui loro piani, punti di incontro, documentazione di scorrerie future, ma questa era la parte facile.
Avevo preso la strada più sicura, sulle colline, protetta dai grimm che non erano in grado di scalarle, e mi ero infiltrato nel loro rifugio come un piede in un calzino, ma dopo aver sottratto i documenti la situazione era rapidamente degenerata.
Ero stato scoperto e non avevo modo di uscire nello stesso modo in cui ero entrato, quindi presi a correre per tutta la base fino ad imbattermi, quasi per caso, in un'uscita di emergenza, che mi portò nella palude sottostante.
La buona notizia era che avevo seminato i White Fang da almeno mezz'ora, quella brutta è che li avevo seminati perché loro avevano scelto di non inseguirmi.
E cosa potrebbe far desistere dei terroristi assassini armati fino ai denti, dall'inseguire un misero ladro, se non una palude infestata da grimm grandi il doppio di una casa?
Ovviamente, il sottoscritto ci arrivò troppo tardi, certo, l'essere molto più piccolo di un grimm mi ha aiutato a non farmi sbranare, diversamente non sarei qui a raccontarlo, ma ciò non rende questa esperienza più gradevole da ricordare, e ancora oggi non posso fare a meno di avvertire un brivido gelido salirmi lungo la schiena quando mi soffermo a guardare una palude (cosa che cerco di fare il meno possibile).
Ma riprendiamo da dove c'eravamo fermati.
Passai almeno un'ora o due (difficile tenere conto del tempo quando il tuo unico pensiero è non cadere o morire sbranato) in quelle condizioni, a muovermi lentamente, con l'acqua che mi arrivava alle ginocchia, a tastare il terreno con la scarpe (che, oltre che dall'acqua, adesso erano appesantite anche dal fango in cui sprofondavano a ogni passo), e ad aggrapparmi agli alberi per la paura di scivolare.
Il tutto fu, neanche a dirlo, molto sgradevole, ma nulla, in confronto a quello che successe dopo.
Iniziai a sentirmi osservato, e ad avere il sentore che il rumore dei miei passi coprisse qualcosa, qualcosa che si muoveva nelle vicinanze e che, come scoprii subito dopo a mie spese, aveva cattive intenzioni.
Infatti, dopo venti o dieci minuti passati a zoppicare nel fango misto ad acqua, con la nausea per il cattivo odore ed un opprimente senso di disagio che aleggiava sulla mia testa come un presagio funesto, mi imbattei in lui.
O peggio: lui trovò me.
Era immenso, dotato di zanne lunghe come lance e affilate come falci, la cui altezza era quattro, se non cinque volte quella del sottoscritto, e la sua “faccia”, se così può essere definita, era piena di cicatrici, lugubre testimonianza delle numerose battaglie che aveva affrontato, e vinto: un goliath.
Ma, sopratutto, era visibilmente incazzato.
Posso affermare, e con certezza, che se non mi ero urinato addosso prima, probabilmente lo avevo fatto adesso.
Notai un repentino movimento delle zampe anteriori, e capii all'istante che avevo due scelte: Muovermi o morire.
Successe tutto troppo velocemente perché io possa raccontarvi nel dettaglio cosa successe un quei tre o due secondi che seguirono il mio ragionamento, se non che dopo mi ritrovai a correre come un razzo fra gli alberi, sollevando acqua e fango a ogni mio passo mentre dietro di me sentivo i suoni della carica del grimm, l'acqua che si sollevava ad ogni suo passo, lo scricchiolare del legno degli alberi secchi e scheletrici che il bestione sradicava come se fossero fiori.
Non ci misi molto a capire che mi avrebbe raggiunto i inforcato con le sue zanne, la sua era una carica imponente e distruttiva contro il mio zoppicare nella fanghiglia.
Quando mi fu addosso decisi di lasciarmi cadere all'indietro, atterrai nell'acqua sporca e nel fango, per poco non ne fui ricoperto, ma quando il goliath mi raggiunse, mi passò sopra senza calpestarmi, e accortosi di avermi mancato fece una brusca frenata e si girò pronto a caricare.
Il sottoscritto nel mentre se l'era già data a gambe.

Furono i sette (o sei, od otto, come ho detto prima, avevo altre preoccupazioni che tenere il conto delle giornate) giorni più lunghi della mia esistenza.
E quel dannato goliath, se non mi uccise allora, si prese la sua rivincita diventando il mio incubo nei giorni a seguire.
Mi nutrivo di poco o niente, e dormivo su alti alberi o in mezzo ai cespugli, ma erano sonni brevi, e nella maggior parte dei casi interrotti proprio dall'arrivo del grimm, che non mi diede tregua per un singolo giorno di questa mia infernale permanenza, e quei momenti in cui non mi stava inseguendo, ci pensavano altri grimm a dargli il cambio.
E vai così di veglie notturne, notti senza fuoco per evitare di attirare presenze spiacevoli, cibo mangiato sporco e crudo (i giorni in cui mangiavo), e utilizzo massiccio di foglie per i miei bisogni fisiologici.
In tutto questo non persi mai i documenti, sebbene nutrivo poche speranze di sopravvivere non avevo rinunciato alla ricompensa, e non so quante volte maledii i White Fang per non aver messo tutto su un computer, così da permettere al sottoscritto di trasferire ogni informazione comodamente nel proprio scroll ed evitargli di portarsi appresso una stramaledetta busta da tenere lontana dal fango e dall'acqua ad ogni costo (cosa che mi complicò non poco la vita considerando tutte le volte che mi sono ritrovato a strisciare o a nascondermi fra la vegetazione e il fango).
Non ricordo bene se piansi o meno quando uscii di lì, ma se l'ho fatto non me ne stupisco, e da quel giorno giurai di non mettere più piede in una palude, o almeno mi piace ricordare di averlo giurato.
Tuttavia, ero fuori di lì ed ero vivo, sporco, stanco, puzzolente e con le mani così piene di vesciche che chiuderle a pugno mi costava una fatica immensa, ma vivo, vivo e pronto a intascare una lauta ricompensa, pagarmi un appartamento e rinchiudermi lì per le settimane avvenire a leccarmi le ferite.
Per questo, appena raggiunsi il centro abitato più vicino mi riposai giusto il tempo necessario per rimettermi in piedi, per poi recarmi nel porto più vicino ed imbarcarmi per Sanus, alla volta di Vale, dove ero atteso dal mio contraente.

Ma adesso, vedrò di rispondere ad alcune domande che forse vi sarete fatti: Chi sono io? E perché vi sto raccontando di questa mia sgradevole avventura?
O forse non ve lo state chiedendo né vi interessa, ma dal momento che questa storia andrà avanti, e a lungo, mi pare d'obbligo darvi delle spiegazioni, gradite o meno.
Partiamo da me: mi chiamo Ion, di cognome Ascuns, o almeno è questo il cognome che mi è stato dato quando ero appena un poppante.
Sono nato ad Atlas, ed ho passato la mia infanzia in un orfanotrofio alla periferia della città, un orfanotrofio né troppo grande né troppo pulito, e sin da piccolo avevo lo stigma del furto.
Non che fosse qualcosa di straordinario lì, tutti noi, dal più grande al più piccolo commettevamo ogni tanto dei piccoli furti, che si trattasse di sottrarre cibo dalle bancarelle del mercato, di sfilare soldi dalle tasche dei passanti, e chi più ne ha più ne metta... l'orfanotrofio non era il massimo in quanto risorse e ognuno si arrangiava a modo suo.
Ma fra tutti quei bambini dall'aspetto sudicio e le mani svelte, io ero il più bravo, talmente bravo che feci del furto il mio mestiere, dopo aver lasciato l'orfanotrofio (cosa che avvenne molto presto) iniziai a farmi pagare per rubare ogni cosa che fosse nascosta dentro una casa, vetrina o cassaforte, e adesso che ve l'ho detto capite il perché della mia presenza in quella palude piena di grimm.
Mentre, per quanto riguarda la seconda domanda, semplicemente, è perché è da questo evento (per quanto sgradevole e traumatico possa essere) che è iniziata la mia “storia”, se così può essere definita, e non mi sarebbe parso giusto iniziare a raccontare omettendo quello che fu, per motivi che scoprirete più avanti, l'inizio di tutto.
Ma per adesso ritengo sia opportuno che mi fermi qui, lasciandovi con l'inizio della mia storia, e con l'immagine di un giovane ragazzo sui diciassette anni, dai capelli corvini e gli occhi color ardesia, che, con stoica pazienza, sta attendendo appoggiato alla ringhiera di babordo di sbarcare a Vale ed ottenere tanti più soldi di quanti potrà mai tenerne in tasca.
Quell'ingenuo non ha idea di cosa lo aspetta.

 

Nota dell'autore
Salve!
Allora, che dire?
Questa è la mia prima fanfiction su Rwby, serie che ho conosciuto pochi mesi fa grazie ad un mio amico e che è riuscita a farmi stare incollato allo schermo del pc per un numero incalcolabile di ore e di giorni.
Così da uno dei miei famosi film mentali è nato il protagonista della fic è molto altro ancora, ed ho deciso di iniziare a scrivere questa storia sperando che sia di vostro gradimento (e che non mi prendiate a torte in faccia!).
Ero fortemente indeciso se scrivere questo angolo dell'autore, ma ho ritenuto d'obbligo farlo almeno all'inizio per darvi qualche precisazione, ovvero che il “tempo” della storia (più che altro di questo capitolo) è ambientato nella prima stagione dell'opera, quindi nel mentre che il nostro protagonista sta facendo vela verso Vale la Beacon è ancora in piedi e deve ancora scatenarsi quella serie di disastrosi eventi che porterà a tanti bei disastri (che accadranno, poco ma sicuro).
Detto ciò, se siete riusciti ad arrivare quaggiù senza cedere alla tentazione di tirarmi qualcosa addosso, vi ringrazio molto per aver letto e spero mi farete sapere cosa pensate di questo primo capitolo!
Adesso mi fermo prima di rendere questo angolo dell'autore più lungo del capitolo in se, ci vediamo (si spera) al secondo capitolo.

   
 
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