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Autore: Dexter Bell    27/06/2018    1 recensioni
Un breve sogno estivo... La distrazione di molti... Ma il Destino tende agguati alla triste Cacciatrice, nascondendo la lama più affilata nella carezza più dolce...
"Prima non aveva Nulla, tranne una cosa... Ora aveva Tutto... Tranne quella cosa..."
Genere: Dark, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Requiem Funebre di Caron'
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Requiem dell’Estate

Caron

 

Non fosse stato per quello sarebbe stata una notte d’estate come tante altre… Ventosa e tiepida.

Non fosse stato per quello l’aria non sarebbe stata carica di tensione e di brividi.

Non fosse stato per quello il cielo nuvoloso sarebbe stato messaggero solo di un giorno fresco… e sotto di esso i bimbi avrebbero dormito tranquilli.

Invece la notte ed il suo coro di grilli era spezzata dal clangore dell’acciaio e dal roco suono di gridi di guerra che stringevano il buio in una morsa sempre più stretta di furia ossessiva.

 

Stringere, serrare, pressare sempre di più. Quando una tigre si getta all’attacco sa che è sempre e solo la sua vita che mette in gioco e per questo non può mai arretrare di un passo, ma deve invece sempre chiudere e lanciarsi in avanti senza lasciare alcuno spiraglio per dubbi o pensieri inutili. Sempre più vicina, sempre più letale, così combatte una tigre… e Caron sapeva di combattere come una tigre… Come tutte le volte prima… Come tutte le volte a venire… E in un turbine di lame le due spade coprivano con il loro acciaio la schiena mentre vorticava in acrobazia. Il suo avversario arretrava svelto e sicuro, opponendo allo sbarramento di lei i suoi katar serrando la guardia in tecniche precise e veloci, tentando di catturare le lame della cacciatrice tra le sue per spezzarle, ma era come cercare di spezzare il vento… Caron interruppe il cerchio e fece scattare dei fendenti secchi e sferzanti cercando di sorprendere l’avversario spiritato cambiando rapidamente bersaglio e posizione da cui partivano i colpi, talvolta sferrando i colpi anche in controtorsione per nasconderne la traiettoria con il suo corpo…

Intorno a loro il campo erboso destinato a diventare fieno ondeggiava alto mosso dal vento d’estate e a ciuffi cadeva quando le lame si incontravano stringendolo fra di loro o quando saettavano invisibili. La luna piena che a tratti si faceva largo tra le nubi rendeva i loro volti ancora più inumani, gettando una luce pallida sull’intera campagna e sul villaggio vicino i cui abitanti sognavano al suono martellante e allo stesso tempo lontano dell’incrocio dell’acciaio.

Pressare, chiudere, senza respiro e senza spazio per nulla, anche mentre ci si difende, chiudendo nella guardia avversaria per concludere la serie di assalti… Era sempre così per lei… La battaglia un fulminante momento d’estasi, elevazione, vuoto completo riempito solo dalla Lama… che era Vita e Morte insieme… Ma quella volta… Sul riflesso della Lama… Più chiudeva, più serrava… Più lampeggiavano i ricordi lontani… Avvolgendo, più che spezzando, il fluire dei corpi. Ricordi di come era cominciata la caccia… Un anno prima… Un’Estate prima… Quando in quello stesso villaggio rurale voleva cercare la creatura mostruosa che rubava l’anima alle sue vittime.

Mascheratasi con abiti da suora aveva celato il suo gelido volto che in battaglia copriva con una maschera d’argento dietro a quella più gradevole di un volto sorridente. Gli abitanti l’avevano accolta con grande garbo, credendo alla sua storia della suora che doveva ritirarsi in un luogo tranquillo per un seminario spirituale in cui istruire le giovani sorelle… E bene avevano accolto anche queste ultime, ignari del fatto che fossero sì le sue giovani allieve, ma che le arti che da lei apprendevano erano quelle della Caccia… Insieme avevano preso abitudine a quel ruolo di giovani e sensibili donne di chiesa… e poiché tutti i villici sembravano tanto felici in quell’Estate tanto perfetta e generosa… A tutte loro era imposto di portare una simile maschera di felicità, per quanto il suo cuore fosse annerito dalle interminabili battaglie e reso freddo dall’acciaio che aveva per immemore tempo brandito. Ora le lame riflettevano fulminanti scene di quei giorni lontani, restituendole immagini del suo volto raggiante in quelle tanto inconsuete espressioni… Circondata da persone semplici ma serene e felici… Diverse dagli abomini da cui era circondata durante le sue cacce… Gli abitanti le avevano riservato cure e premure… Ben diverse dai sibili d’odio e di terrore che emettevano le sue prede… E alcuni erano stati più gentili di altri… Se i suoi abiti monastici e la gentile recita che interpretava le avevano consegnato il caloroso rispetto di tutti gli abitanti, avevano d’altro canto instillato in loro anche un po’ di reverenza che imponeva che non si soffermassero troppo nelle loro cortesie e nei loro saluti… Eppure… Eppure ricordava ancora quel giovane ragazzo tanto spigliato da non lasciarsi contagiare dalla timidezza dei suoi compaesani… Tornavano alla sua mente i suoi modi cortesi e raggianti, sicuro di sé e sempre alla ricerca di un po’ di tempo da passare con lei e le sue sorelle… e alla sua mente tornava anche la strana sensazione che le aveva dato essere avvicinata non per tentare di ucciderla ma per cercare la sua attenzione… Tanto che non sapeva dire se l’avesse lasciato fare più per non rovinare la mascherata dietro cui si era celata piuttosto che per sincera curiosità di assaporare quel frutto che aveva sempre pensato proibito per chi, come lei, doveva scontare i suoi orribili peccati coprendosi sempre più di sangue… e tanto era stata “particolare” quell’Estate, che ora i lampi cominciavano a fondersi nella sua mente, intrecciandosi in una tela di ricordi compiuti… Senza nemmeno più chiedersi il perché avesse lasciato che succedesse, ricordava la sensazione di tranquillità a cui come “candida visitatrice” aveva dovuto conformarsi e di come avesse dovuto indossare quella maschera ben più di quanto preventivato, dovendo più spesso che no passare il tempo in compagnia di quell’intraprendente giovane che voleva ora mostrar loro dove vi fosse l’acqua più fresca ora invece un pertugio segreto per infilarsi nel frutteto del contadino Otis… Non poteva negare che, a differenza di quanto aveva fatto mille altre volte, non aveva tentato alcunché per abbreviare o limitare le sue performance teatrali, ma aveva invece mostrato un certo zelo nell’aderire a quella così inconsueta maschera che il giovane sembrava aver preso tanto in simpatia… Lei… Lei trovava attraenti le premure di un giovane campagnolo perdigiorno… Lei, che era stata alla corte di re e regine, accolta dai sovrani degli elfi, celebrata nei canti di guerra e funerari dei nani… Ma conosceva la differenza… I re e le regine chinavano il capo di fronte al suo gelido istinto guerriero, alla sua spietata dedizione alla caccia e alla sua abilità nell’uccidere… Nessuno, prima di quell’Estate l’aveva mai voluta se non per uccidere qualcuno o cancellare l’immonda presenza del male non-morto con il suo freddo acciaio… Per questo forse aveva lasciato che quel giovane riempisse le sue giornate? Ma andava bene, si diceva… In fondo è Estate… In fondo è solo un gioco… Non era la sua la vita che stava vivendo, non erano suoi gli sguardi che stava rivolgendo o le parole che diceva… Erano quelle di un personaggio d’invenzione… Avrebbe giocato a fare la dolce suora tanto per scoprire come fosse una vita lontana dallo spezzare malefici versando il suo e l’altrui sangue… Come in una favola… Come in una favola avrebbe vissuto una vita altrui e lontana… Per sognare e scoprire qualcosa che il Destino le aveva per sempre negato… L’importante era ricordare che era solo un gioco… Che qualcuno come lei non avrebbe mai potuto né avrebbe mai avuto diritto a quei momenti… Ma se era solo un gioco poteva andare bene… In fondo era Estate… Un’Estate fa… Ma l’Estate va… e porta via con sé anche il meglio delle favole…

 

Frustando con la spada destra sulla guardia avversaria Caron costrinse l’avversario a retrocedere per la violenza dell’impatto e, senza indugiare, si gettò in avanti per rinchiudere le carni non-morte tra le sue lame. Ciò che una volta era stato un uomo mostrò quanto il suo corpo avesse trasceso i limiti mortali di velocità e forza scivolando nel furioso vorticare di lame della cacciatrice con movimenti agili e fluenti come quelli di una danza acrobatica, volteggiando tra i colpi mortali ora appoggiando una sola mano a terra, ora spingendosi in balzi acrobatici per superare tecniche che gli avrebbero altrimenti falciato le gambe. Non appena toccò terra il suo avversario tornò a chiudere le distanze tra loro andando ad incrociare le sue armi a quelle di lei con colpi fulminei che volevano ricambiarle il favore mirando a perforare le sue carni con le punte argentee e acuminate. Come ogni suo combattimento, Caron non fissava le armi dell’avversario, tenendo gli occhi invece fissi sul volto di chi doveva uccidere, per riuscire a percepirne intenzioni ed emozioni e osservando il movimento degli arti nel loro insieme, per non lasciarsi distrarre o ingannare dai singoli dettagli… Ma questa volta non stava funzionando come avrebbe dovuto… Anche sotto i marchi sacrileghi che coprivano il volto e che brillavano rossi come rubini alla luce della luna, anche sotto l’espressione sedotta dalla brama del potere della non-vita, anche dietro gli occhi intensamente alla ricerca di un punto scoperto dove colpirla e ucciderla, Caron poteva riconoscere gli stessi occhi, lo stesso volto che un’Estate fa le aveva sorriso e aveva Giocato con lei… Ed ogni volta che le loro lame si scontravano ecco che sul metallo perfettamente lucido la luna sembrava riflettere l’immagine di quell’Estate, di quel gioco che avevano compiuto assieme…

 

Fendente destro al volto, affondo sinistro alla gola, recupero, fendente destro al costato, parata…

Clang!

…Lui che danzava in precario equilibrio sopra le balle di fieno appena trebbiate, solo per strapparle un sorriso e qualche attenzione quando sarebbe caduto…

…Un’Estate Fa…

Volteggio doppio delle lame, spazzata bassa, doppio fendente al volto e al petto, parata incrociata…

Clang!

…Lui che si lasciava penzolare a testa in giù da un albero porgendole delle mele appena colte…

…Un’Estate Fa…

 

E ancora ecco che i lampi si fondevano nell’intreccio che tesseva la trama dei suoi ricordi… L’Estate che finiva… E con essa finiva anche quella sua ricerca… Le profezie della veggente forse erano ancora immature… La creatura che stava cercando era ancora lontana dall’essere concepita… forse avrebbe dovuto aspettare per poter sorprendere la sua preda… forse ora era ancora un embrione di idea… In ogni modo, l’estate stava finendo ed era il momento di finire quell’inutile gioco… Lasciato il villaggio tra mille sorrisi e saluti, lei e le sue “sorelle” diedero il commiato ai loro ospiti e alle loro “finzioni”… Anche lui sorrideva e la salutava quel giorno… aveva una strana espressione… ma l’Estate era finita e così anche il loro gioco… Ora doveva tornare tra le braccia del suo Destino, scritto nel sangue con una penna d’acciaio, lasciandosi dietro quella favola che aveva voluto raccontarsi per già troppo tempo. Con la sua solita freddezza era scivolata nuovamente nella sua vera vita, quella della Cacciatrice, fatta di accampamenti notturni lontani dal calore e dalla comodità di una casa, fatta di veglie e di inseguimenti, di appostamenti per sorprendere le belve demoniache assetate di sangue che erano tornate ad essere le sue uniche compagne e le loro grida di morte erano tornate ad essere le uniche parole che bramava… che poteva… sentire… E così doveva aver fatto anche lui… lasciato da parte quel “gioco”, che aveva voluto concedersi per serbarsi un ultimo ricordo piacevole della vita che stava per abbandonare per sempre, era tornato a studiare quelle blasfeme scritture che gli promettevano l’immortalità ed il potere di piegare tutto al suo volere… Finita l’Estate aveva chiuso le porte a quella buffa sensazione da cui si era lasciato prendere, la sensazione di tenere a qualcuno e, sapendo che era stato solo un gioco, tornò ad aprirle ai suoi oscuri sogni di gloria. Lontana da quei luoghi nel corpo, Caron non era però lontana da essi col pensiero, tornando spesso a visitarli per meditare su come o cosa avrebbe trovato al suo ritorno, quando avrebbe dovuto portare a termine la caccia… Pensieri rigorosamente “Professionali”… Solo di tanto in tanto riaffiorava il ricordo di quel buffo gioco, il ricordo dell’Estate… ma nel brullo Autunno che stava vivendo, essa suonava piuttosto come l’ennesimo scherno del Destino. Si sentiva davvero stupida per aver ceduto a quel canto di sirena… Credendo che quello spiraglio potesse davvero allontanarla anche solo per un momento dalla sua Condanna… Solo una sciocca come lei che meritava quell’inferno avrebbe potuto credere… anche solo per un’Estate… che conoscere ciò che le era da sempre e per sempre negato l’avrebbe aiutata a sopportare meglio la Pena… invece non aveva fatto altro che regalargliene una nuova dal nome di Malinconia… Chi come lei era condannato a vivere nelle Tenebre, anche se per cacciarle, avrebbe fatto meglio a tenersi il più lontano possibile dalla Luce… Onde evitare che il pensiero di ciò che le era Proibito aggiungesse beffa alla dannazione… Si meravigliava davvero: dopo tutto ciò che aveva visto e subito, dopo tutto ciò che il Destino le aveva portato via era stata ancora abbastanza ingenua da accettare una parte nel suo beffardo teatro come se non sapesse che esso la considerava come il suo personale buffone… riservandole una parte di spicco solo per ridere di lei nel togliergliela… Ma Caron, che pensava di aver visto la vera meschinità di quell’inflessibile padrone nel gesto di donarle quell’Estate solo per farle capire cosa le aveva per sempre precluso, stava ora nuovamente stupendosi della sua ingenuità… aveva davvero pensato che avrebbe pagato così poco quella sua insubordinazione ai piani grevi che il Destino aveva scritto per lei… aveva davvero pensato che si sarebbe limitato a porre quell’Estate, quel giovane, solo irrimediabilmente lontano da lei… ed invece li aveva voluti sulla stessa strada… Ma in direzioni opposte… Lei una Cacciatrice… Lui la sua Preda… Lei divorata dall’Odio per quelle creature Immonde… Aveva sacrificato la sua vita per combattere e uccidere fino a che non fossero state tutte cancellate dalla faccia della terra… Lui affascinato dal loro potere… Aveva sacrificato la sua vita per poter vincere i suoi vincoli mortali e trovare il Potere… Ma la sua vita era sempre stata così, in fondo… Tutti i suoi avversari erano stati così… Ma né loro né lei erano mai stati così incauti da scordarsi del loro Odio o della loro Brama, neppure per una sola Estate… fino a un’Estate fa…

 

Calcio circolare anteriore, calcio circolare posteriore, fendente, affondo…

Clang!

…La loro danza durante la festa del villaggio…

…Un’Estate Fa…

Fendente destro, fendente di ritorno, schivata, affondo…

Clang!

…Lui che cucinava della selvaggina per loro su un fuoco da campo…

…Un’Estate Fa…

Fendente, fendente, fendente, fendente, balzo, stoccata…

Clang!

…La ranocchia di fiume con cui aveva pensato di spaventarla…

…Un’Estate Fa…

Volteggio destro, fendente sinistro, fendente verticale destro…

Clang!

…La piuma di fagiano che aveva voluto regalarle…

…Un’Estate Fa…

 

All’ultimo fendente il serrato scambio di colpi e di ricordi si interruppe per un istante mentre l’avversario scattava indietro per evitare il colpo e scagliava verso di lei un ciocco di legno raccolto da terra nel tentativo di guadagnare tempo.

Lo scontro era finito.

Il suo avversario era morto.

L’esito era già deciso.

Caron lo sapeva. Riusciva a riconoscere quando un avversario aveva raggiunto il suo limite: i cultisti o i mercenari che avevano fatto scudo alle sue prede mostravano con chiarezza i segni della loro condanna. Il loro fiato era pesante e le loro braccia stanche lungo i fianchi: segni di chi aveva chiesto al proprio corpo di dare il massimo e lì era giunto, senza più altro da spendere… Avevano già giocato tutte le loro carte e non avevano funzionato… Ora il suo avversario non respirava e teneva le braccia alte, poiché il suo cuore non batteva più da molto tempo ed essendo in sostanza un cadavere animato dalla magia avrebbe potuto continuare a combattere ben più a lungo di lei, ma quello che aveva esaurito era la tecnica… I decenni sui campi di battaglia e nelle arene le avevano venduto, sebbene a caro prezzo, una conoscenza della lama che era ovviamente al di là delle possibilità di quel giovane, anche se potente, adepto delle tenebre… Quel pezzo di legno che volava adesso verso di lei significava la fine del bagaglio tecnico e l’inizio dell’improvvisazione, contro cui lei poteva mettere in campo ancora decine e decine di tecniche. Non c’era più nessuna mossa che lei non conoscesse di lui, al contrario, lei aveva ancora molte frecce al suo arco ed era sicura che avrebbe centrato il bersaglio…

Mentre il tempo sembrava rallentare, Caron poteva osservare il suo avversario oltre il legno… le braccia di lei erano distese lungo i fianchi, ma non per stanchezza, ma perché sapeva di avere già vinto… lo sguardo di lei freddo, ma tranquillo dietro la maschera d’argento che le copriva il volto, si era fermato sull’avversario. Ancora in posizione accovacciata, dalla quale aveva raccolto e scagliato il legno, la osservava teso… Il legno volava verso di lei lento, lentissimo… Abbastanza lento per lasciarle il tempo per l’unico pensiero articolato di quel combattimento… Chissà… Pensò Caron… Chissà se può sospettare… Sospettare di essere anche lui diventato un burattino del Destino… Se può sospettare che dietro la mia maschera d’argento si cela quella stessa donna con cui… con cui ha trascorso un’Estate… E cosa direbbe se lo sapesse… La mia vittoria è già decisa, anche lui lo sa… Se ora mi togliessi la maschera… Cambierebbe qualcosa? Sarebbe abbastanza per farci tornare in Estate?

Ma a Caron bastò quel breve momento che le rimaneva prima che il legno la colpisse per capire la sua verità: il cielo poteva essere un cielo d’Estate ed anche il vento era proprio quello, le messi potevano essere proprio come erano un’Estate fa… ma loro no… La sua maschera, la sua veste nera come la notte, le sue lame d’acciaio… Quella era Lei… Quella era Caron, Il Traghettatore del Regno dei Morti… E quello era Lui… Le rune sacrileghe sul volto e sul corpo, la pelle resa d’ebano dal rituale oscuro… Quella era la sua preda, ciò che aveva giurato di estirpare a qualunque costo… anche quello della sua Estate… ora non potevano più giocare… Ora erano loro veramente…

…E finiva lì la storia di loro due…

 

Con una mossa fulminea il fendente di Caron spezzò in due il tronchetto di legno senza che la lama nemmeno si vedesse e con esso sembrò spezzarsi l’incantesimo che aveva rallentato il tempo ed incrociato i loro sguardi, facendo tornare tutto a scorrere con l’inaudita frenesia che solo una battaglia sa esprimere. E con quel fendente Caron recise anche gli ultimi fili che tessevano la storia della sua Estate trasformandola da un malinconico ricordo a un ennesimo sacrificio per compiere il suo Destino…

Senza neanche attendere che i pezzi del legno toccassero terra, Caron scattò in avanti lanciando l’ultimo assalto. Questa volta i colpi volavano con una forza diversa e anche se tutti gli stessi ricordi non smettevano di pararsi di fronte a lei come a voler impedire lo strazio di quell’Estate, le lame non li riflettevano più. Riuscivano invece ormai a superare lo sbarramento delle tecniche avversarie e riuscivano infine a sorprendere le sue carni non-morte, tagliandole e dilaniandole… E ogni ferita che segnava il corpo avversario era in realtà uno squarcio attraverso la tela che dipingeva i suoi ricordi

 

Fendente destro al volto, affondo sinistro alla gola, recupero, fendente sinistro al costato…

…Lui che danzava in precario equilibrio sopra le balle di fieno appena trebbiate, solo per strapparle un sorriso e qualche attenzione quando sarebbe caduto…

…Un’Estate Fa…

…Molto tempo prima il Destino le aveva definitivamente strappato il sorriso con uno dei suoi più sublimi piani, da allora aveva posseduto solo quell’Odio che le bruciava dentro più di ogni altra cosa.

Volteggio doppio delle lame, spazzata bassa, affondo al petto…

…Lui che si lasciava penzolare a testa in giù da un albero porgendole delle mele appena colte…

…Un’Estate Fa…

In molti l’avevano avvertita che l’avrebbe divorata e che era una maledizione piuttosto che una forza, ma lei aveva solo quello… aveva costruito tutto attorno ad esso: la sua abilità, la sua determinazione, la sua tenacia…

Calcio circolare anteriore, calcio circolare posteriore, fendente, fendente…

…La loro danza durante la festa del villaggio…

…Un’Estate Fa…

Come avrebbe fatto qualunque viandante disperso nelle terre più fredde, aveva soffiato su quel debole cerino che le era rimasto e l’aveva rinfocolato fino a farlo diventare la pira che la teneva viva… O meglio, che le impediva di morire… Visto che su quella pira aveva immolato tutto ciò che gli altri potevano chiamare “Vita”…

Fendente destro, fendente di ritorno, schivata, fendente…

…Lui che cucinava della selvaggina per loro su un fuoco da campo…

…Un’Estate Fa…

Ed ecco che ora, proprio ora che aveva provato a seguire i consigli dei “saggi”, che aveva provato a conservare qualche cosa senza gettarla nella sua ardente pira funebre… Ecco che proprio quella era diventata l’ennesima arma nelle mani del suo crudele carceriere chiamato Destino…

Fendente, fendente, fendente, fendente, finta, stoccata…

…La ranocchia di fiume con cui aveva pensato di spaventarla…

…Un’Estate Fa…

Solo nel servire quel fuoco glaciale avrebbe potuto espiare i suoi peccati… solo quella era la dimora che meritava… e dalla quale non poteva sfuggire… La sua vita era un Inverno perenne… Le sue Estati altro non dovevano essere che un bagliore che le ricordasse quale era il suo posto… Al quale doveva arrendersi senza mai tentare di trovarvi un appiglio…

Volteggio destro, fendente sinistro, chiudendo in avanti Caron giunse spalla contro spalla con il suo avversario passandolo da parte a parte con un affondo.

…La piuma di fagiano che aveva voluto regalarle…

“…Un’Estate Fa…” Bisbigliarono le sue labbra dietro la maschera poco distanti dall’orecchio di lui mentre sentiva di aver trafitto a morte anche l’ultimo dei suoi ricordi. Di nuovo il tempo tornò a scorrere irregolare, rallentando perché non potesse ignorare l’agonizzante sensazione che cercava di prenderla. Mille e più volte aveva conosciuto la sensazione di trafiggere e uccidere uomini, demoni e morti… ma quella era la prima volta che trafiggeva un’Estate… Ma Caron era troppo forte… troppo gelida per lasciare che la sensazione e i pensieri che le avevano poco prima schiuso le labbra in quel sussurro continuassero a guidarla… ma anche se riuscì a non fare sentire al suo avversario le sue parole, non potè impedire ad esse di risuonare almeno dentro i lei…

“Un’Estate fa… Non c’eri che tu…” Avrebbe voluto dire mentre sfilava la lama dal corpo sconfitto del suo avversario e volteggiava sul fianco per tornare pronta in posizione per finirlo. Lui cadde sulle ginocchia, lo sguardo solo vagamente sorpreso, invaso piuttosto dalla fredda consapevolezza di essere davvero arrivato alla soglia della morte dalla quale aveva fatto tanto per sfuggire… eppure senza panico sul volto…

“Ma l’Estate somiglia a un Gioco…” Pensò la sua parte più fredda in risposta al caldo ricordo che ciò che di umano rimaneva in lei aveva evocato “…E’ Stupenda ma dura poco…” Si disse con fredda rassegnazione sollevando sopra al capo la spada pronta per decapitare il giovane stregone…

…Il destino le aveva lasciato accarezzare quel sogno… il sogno di poter davvero sollevare per un attimo il sudario che ammantava la sua vita anche solo per riprendere fiato, ma lo aveva fatto solo perché sapeva che sarebbe rimasta inebriata da quel semplice sapore che riempiva in abbondanza le vite di molti, ma che a lei era stato per sempre proibito… Perché sapeva che anche se possedeva il coraggio di sfidare i signori dell’inferno e di gettare la sua vita al vento per catturare una preda, sapeva che non avrebbe mai avuto il coraggio di perdonare a sé stessa i suoi errori… Sapeva che non avrebbe mai potuto smettere di soffiare sul fuoco di quell’Odio che forse solo ora Caron cominciava a capire che non volgeva verso le oscure creature delle tenebre, ma contro se stessa…

E già il pensiero di Caron correva a un’Estate fa e cominciava a sentirla come un piccolo pezzo di Paradiso che lei certo non meritava e al quale doveva ora fare ammenda con il suo ultimo fendente… e nei brevi istanti di esitazione che i suoi pensieri le dettarono, il suo avversario volse il capo a fissarla retta su di lui pronta a dargli il colpo di grazia… Caron non potè mai dimenticare quegli occhi… Aveva giustiziato centinaia di creature… abominevoli e persino umane… e vi aveva letto altrettante espressioni: la paura, l’implorazione di un perdono di cui lei non era capace, la rabbia, l’odio, la sorpresa per la sconfitta… Ma non aveva mai visto l’espressione di quegli occhi…che erano colmi di pietà… non per lui, non per chiederla… Ma per darla… per lei…

Anche dopo quell’ultimo fendente che pose fine alla non-vita della sua preda Caron seppe che vittoria non era il termine giusto per ciò che il Destino le consegnava quella notte d’estate perchè, anche se il suo avversario giacque sconfitto, non v’era errore… Anche se non seppe mai se l’avesse riconosciuta sotto la maschera… o se lui sapesse che lei lo aveva riconosciuto… Il suo sguardo le era rivolto lucido come può essere solo quello di chi non può sentire il dolore delle ferite perché ha un corpo immortale. E non fissava il vuoto del cielo notturno, ma la fissava dritta negli occhi, come se, in segreto, volesse avere il tempo di dirle

“Ho pena per te… Io adesso… Morirò… Scivolerò via in un Limbo eterno in cui non esiste nulla… E’ questa la pena per gli errori di cui mi sono macchiato… Cesserò di esistere e scivolerò in un quieto silenzio… Ma chi paga il prezzo più alto… Chi rimane da sola qui… Prigioniera di un Destino così triste e dispotico… Senz’altro che una Spada con cui trafiggere la propria vita macchiata di sangue nell’impossibile tentativo di perdonare i propri errori…

 

Quella sei Tu…”

 

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