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Autore: MonicaX1974    03/07/2018    0 recensioni
Fato, destino, sorte, chiamalo come cazzo ti pare, il risultato non cambia. Il mio cuore si è spezzato, frantumato, disintegrato, e niente avrebbe potuto tenerlo insieme, tranne Faith.
Perché adesso io ci credo.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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«Alla fine sei rimasto qui.» La sua non è una domanda, ma una semplice constatazione.

«Non avrei mai potuto andarmene» rispondo tenendo lo sguardo fisso sugli occhi chiusi di Ellie.

«E pensare che quando ti ho conosciuto credevo non valessi un dollaro bucato» dice ancora, riempiendo il silenzio di questa stanza che detesto, ma che allo stesso tempo non vorrei mai lasciare.

«In realtà è così John... non sono stato in grado di proteggerla.» Stringo la mano di Ellie mentre nell'altra ho il bicchiere di caffè dal quale non ho ancora bevuto.

«Harry non è stata colpa tua, non avresti potuto fare niente per lei, quante volte devi sentirtelo dire per capirlo?» Mi sta rimproverando, lo fa sempre quando tocchiamo questo argomento, ma io non sono del tutto sicuro che sia così.

Nessuno mi toglie dalla testa che se non l'avessi fatta sforzare quella notte, o se fossi stato io a scendere per prepararle la colazione, ora le cose potrebbero essere molto diverse.

Forse avrei potuto farla innervosire qualche volta di meno, forse avrei potuto darle meno pensieri. Ho cercato di fare del mio meglio per farle vivere una vita felice, ma non è bastato, perché lei è distesa su questo letto, completamente incosciente, letto dal quale non potrà mai più alzarsi.

«Mia figlia era felice Harry...» dice lui come se mi avesse letto nel pensiero. «... tu l'hai resa felice. Non faceva altro che parlare di te ogni volta che chiamava casa dal college, e lo faceva anche quando vi siete sposati. Ti ha sempre amato moltissimo e tu sei riuscito a farle sentire tutto quello che provavi per lei... non faceva che ripeterlo...» Sapere queste cose non mi consola, niente lo fa, perché lei non tornerà più da me.

«Vado a prendere una boccata d'aria, resti tu con lei?» Gli pongo questa domanda senza aspettare una vera risposta e mi reco fuori dalla stanza.

Cammino lungo il corridoio che porta all'ascensore, premo il pulsante di chiamata e, nell'attesa, butto il bicchiere di caffè nel cestino anche se è ancora mezzo pieno. Ho bisogno di uscire da qui, giusto pochi minuti... Giusto per poter piangere senza farmi vedere da nessuno...

L'ascensore arriva al piano terra ed io cammino velocemente fino all'uscita. Supero le porte scorrevoli con lo sguardo basso, svolto a destra, e dopo qualche passo mi ritrovo nel vicolo che costeggia l'ospedale. Mi appoggio al muro con entrambi i palmi aperti, chiudo gli occhi e abbasso la testa cercando di lasciare andare tutto quello che ho trattenuto in questi mesi.

Faccio un paio di respiri profondi ed è come se, così facendo, riuscissi ad innescare un meccanismo per il quale tutto il dolore che ho trattenuto a stento, viene espulso fuori dal mio corpo come un colpo di cannone. Mi fa male il petto, tanto che istintivamente porto una mano all'altezza del cuore per stringere con forza il tessuto della camicia che indosso. Sento gli occhi farsi via, via più umidi. Sento venirmi meno le forze mentre cado in ginocchio come se mi fossi sgonfiato all'improvviso. Devo dirle addio e non sono affatto pronto a farlo.

Sono triste, disperato, ma sono anche arrabbiato e furioso. È tutto così ingiusto: avevo tutto, un lavoro, una casa, una moglie meravigliosa che stava per darmi una bambina, era tutto perfetto, e in un attimo tutto è cambiato. È bastato un attimo per distruggere ogni speranza che avevo per il futuro, un fottutissimo attimo che ha cambiato per sempre tre vite.

Vorrei davvero aprire gli occhi per poterla guardare, ma è più grande la tentazione di continuare a far finta di dormire per godere fino all'ultimo delle carezze leggere sulla mia schiena scoperta. Non è la prima volta che tenta di svegliarmi in questo modo, ma questa gravidanza non è stata facilissima finora e, durante queste diciassette settimane, le volte che sono riuscito a fare l'amore con lei si possono contare sulle dita di una mano.

Non intendo ridurre il nostro rapporto al del banale sesso, ma poter vivere quel momento di intimità solo io e lei - specialmente da quando è incinta - mi fa sentire ancora la sua priorità. So bene che tra pochissimo tempo non lo sarò più e, anche se so che è giusto così, non riesco ad evitare di provare un piccolo senso di fastidio.

«Harry?» La sua voce sussurrata vicino al mio orecchio mi porta a sorridere. «Allora sei sveglio...» Dev'essersi accorta della mia espressione felice, la mia messinscena è finita.

«Non del tutto in realtà» le dico voltandomi lentamente verso di lei che resta appoggiata al mio petto mentre mi osserva con occhi pieni di gioia.

«E se ti portassi io la colazione a letto stamattina?» Sorrido di nuovo alla sua domanda.

Da quando è rimasta incinta, ogni domenica, mi alzo e le preparo la colazione per portargliela a letto. Voglio poterla coccolare e viziare fino a che c'è ancora abbastanza tranquillità in questa casa, perché dal momento in cui saremo in tre, non so quando potrò godermi ancora mia moglie in questo modo.

«In effetti sarebbe carino da parte tua... sono piuttosto stanco dopo stanotte...» La mia battuta provoca una piccola risata in lei.

Adoro sentirla ridere e adoro vederla felice. Il suo sorriso illumina ogni cosa intorno a sé, la sua felicità arriva a chiunque le stia vicino e, sapere che quel sorriso è per me, mi rende l'uomo più felice nell'intero universo.

«Non dirmi che Harry Styles si è rammollito?» mi prende in giro con un tono di voce decisamente divertito.

«Se non fosse per quel piccolo essere, ora saresti già sotto di me e ti farei vedere io chi è rammollito.» Rispondo a tono, perché alla fine mi piace quando lei mi prende in giro.

«Piccolo essere?» dice con evidente ironia nella voce.

«Perché? Non è un piccolo essere?» le chiedo portando una mano sulla sua pancia che inizia ad essere più evidente.

«È una bambina Harry, la nostra bambina e smettila di essere così geloso. Io ti amerò sempre.» Sono passati anni dalla prima volta in cui me l'ha detto, ma non smette mai di farmi lo stesso incredibile effetto. Ogni volta che dice di amarmi io mi innamoro di lei un'altra volta.

«Sono io ad amare te Ellie e... non sono geloso... è solo che...» Forse ha ragione lei quando mi dice che mi sono rammollito.

«Ho paura anche io Harry. Non esiste un manuale per fare i genitori e sbaglieremo infinite volte, ma di una cosa sono assolutamente sicura. Sarai un padre meraviglioso e lei ti amerà come se fossi il suo eroe.» Le sue parole mi colpiscono dritto al cuore, incastrandosi in ogni piega di me. «Già ti immagino mentre giochi con lei al parco, o mentre le dai un bacio dopo averla accompagnata a scuola o ancora fare il papà geloso quando ti porterà a conoscere il suo fidanzato...»

«Questo non succederà mai!» Affermo convinto mettendomi a sedere di scatto sul letto.

Proprio ieri siamo stati a fare l'ecografia di controllo, e quando ci hanno detto che avremmo potuto conoscere il sesso del piccolo essere, Ellie è impazzita dalla gioia. Io un po' meno quando sono venuto a conoscenza del fatto che fosse una femminuccia.

Lei mi sorride ed io mi sento rassicurato. «Sarai un padre premuroso e attento» dice a voce più bassa.

«E se non ne fossi capace? Se combinassi qualche disastro?» Sono sinceramente preoccupato per il futuro. Non che non sia felice di diventare genitore, ma è qualcosa di così complicato che non so se sono in grado di prendermi cura di una piccola creatura che dipenderebbe da me in tutto e per tutto.

Ride per le mie parole, ma poi prende la mia mano e la posa sulla sua pancia. «Sono sicura che farai disastri. Probabilmente non riuscirai a cambiare il pannolino, o non riuscirai a scaldare il latte ad una giusta temperatura o le darai un sacco di vizi perché sarà la tua bambina, ma Harry... hai un cuore grande e lei riuscirà a sentire quanto le vuoi bene in ogni tuo gesto o in ogni parola che le dirai. Non devi avere paura... sarai un ottimo padre Harry.»

«Lo pensi davvero Ellie?» le domando con il cuore carico di speranza.

«Lo penso davvero... Ho sempre pensato che ci fossimo incontrati per una ragione, e adesso so qual è.» Resto sempre senza parole quando mi parla con questa determinazione. «E con un po' di pratica diventerai bravissimo anche a cambiare i pannolini.» Mi sorride ancora mentre tiene ferma la mia mano sulla sua pancia.

«Su quello posso anche accettare di non essere capace» le dico con un espressione di finto disgusto.

«Oh... Sarà la prima cosa che ti insegnerò. Adesso scendo a prepararti la colazione, non muoverti da qui.» Mi si avvicina e mi bacia dolcemente, poi, quando sta per allontanarsi la richiamo.

«Ellie?» È seduta sul bordo del letto e ruota di poco il busto, giusto quel po' che le basta per guardarmi. «Ti amo Ellie.» Sento il bisogno di dirglielo, come se non potessi trattenerlo.

Lei mi sorride ancora, poi torna verso di me e mi bacia di nuovo. «Ti amo Harry... Ti amo...» La sua mano scivola via dal mio viso ed io resto seduto a guardarla uscire dalla stanza.

Incrocio le braccia dietro la testa, rivolgo lo sguardo verso l'alto e chiudo gli occhi. Questo periodo della mia vita è pressoché perfetto ed io ho intenzione di godermi ogni secondo perché so bene che non durerà per sempre.

D'un tratto il silenzio viene rotto dal rumore di qualcosa che si infrange sul pavimento e sorrido al pensiero che per una volta non sono stato io a rompere una tazza per la colazione.

«Stavolta io non c'entro!» le urlo per prenderla un po' in giro come fa sempre lei con me, ma non ricevo nessuna risposta. «Ellie è tutto ok!?» urlo più forte, ma non sento altro che silenzio.

Mi metto dritto sentendo uno strano senso d'inquietudine stringermi il petto. «Ellie?» Ancora silenzio.

Mi alzo dal letto velocemente e cammino verso la cucina indossando solo i miei boxer, mi guardo intorno, ma non la vedo. Faccio il giro del bancone e mi si gela immediatamente il sangue nelle vene.

«No, no, no, no, no! Ellie!» Mi inginocchio accanto al suo corpo steso a terra, completamente privo di conoscenza. «Ellie!» La chiamo ad alta voce, le prendo la mano, ma non si muove. «Cazzo Ellie apri gli occhi!» Le accarezzo il viso, le sollevo la testa mentre provo a farla risvegliare. «Ellie... Ti prego Ellie, svegliati!»

Sento la disperazione farsi largo nella mia mente, sento la paura, il terrore... Sì, sono terrorizzato perché lei è sdraiata a terra, esanime, con i cocci della tazza sparsi sul pavimento intorno a noi. «Ellie!» ed io che non riesco a fare altro che pronunciare il suo nome. «Cazzo Ellie rispondimi!»

Ho chiamato un'ambulanza e, per tutto il tempo che il mezzo di soccorso ci ha messo ad arrivare, non ho fatto altro che urlare il suo nome, ma non ho più sentito la sua voce, non ho più potuto guardarla negli occhi e non l'ho più vista sorridere.

Aneurisma cerebrale: sono state queste due parole pronunciate dal medico del pronto soccorso a mettere fine alle mie speranze, al nostro futuro.

Hanno fatto vari controlli, sono intervenuti un neurologo, un rianimatore e un medico legale, hanno effettuato i loro accertamenti più volte, ma l'esito è stato sempre lo stesso: morte cerebrale. Ellie non si sarebbe più svegliata, ma il suo cuore batteva ancora, batteva per la piccola creatura che portava in grembo ed io non ho potuto far altro che implorare i medici di tenerla in vita abbastanza da riuscire a salvare la nostra bambina perché è questo il motivo per cui Ellie ha continuato a lottare.

La mia vita si è fermata, ma la sua gravidanza no. Ellie si è dimostrata determinata anche priva di conoscenza, la sua forza di volontà è stata così grande da riuscire ad arrivare ad oggi.

La mia vita si è fermata quel giorno, nella cucina della nostra casa e, da allora, non è più andata avanti. Ho raccolto i pezzi di quella tazza e li ho messi dentro ad un piccolo contenitore che ho chiuso dentro la vetrina. So che è stupido, ma è l'ultima cosa che lei ha toccato ed io non riesco a separarmene.

Le lenzuola sono ancora le stesse di quel giorno, io non sono più riuscito a dormire in quel letto. Mia madre si è offerta più volte di aiutarmi a rimettere in sesto la casa, ma io non ho voluto toccare nulla finora, ma so che a breve dovrò farlo.

Marzo non sembra così lontano, e giugno è arrivato troppo in fretta. Ellie ha superato la 29° settimana, la piccola dovrebbe essere quasi fuori pericolo e i medici mi hanno detto che c'è stato un notevole calo di pressione, che la bambina è a rischio. Se le condizioni restano le stesse io devo acconsentire di lasciarla andare per permettere alla piccola creatura che ha portato in grembo, di venire alla luce.

Sto cercando di dire a me stesso che è la cosa giusta da fare, che lei vorrebbe così, ma come posso lasciarla andare senza che il mio cuore si distrugga in milioni di pezzi? Come posso dormire la notte con questo peso sulla coscienza? Io la amo, la amo da impazzire e non erano questi i nostri progetti per il futuro.

La mia crisi isterica ed esistenziale viene interrotta dal mio telefono che vibra con insistenza nella tasca dei jeans.

«Dimmi John» cerco di tenere ferma la voce mentre mi rimetto in piedi.

«Harry... mi dispiace...» so bene cosa sta per dirmi, e so che è arrivato il momento. «... i medici ti stanno aspettando...» Se mi avessero sparato un colpo in pieno petto avrei sentito meno male.

«Arrivo» rispondo con voce piatta, poi chiudo la comunicazione, metto il telefono in tasca e mi strofino con forza le mani sul viso.

Faccio il percorso inverso fino ad arrivare alla stanza di mia moglie dove trovo suo padre e un'infermiera che sta facendo dei controlli.

«Signor Styles il dottor Morris la sta aspettando nel suo studio» mi dice l'infermiera mentre rimette a posto la cartella clinica di Ellie.

«Può dire al dottor Morris che preferisco aspettarlo qui?» I miei occhi restano puntati su Ellie perché non riesco a vedere altri che lei adesso.

«Certamente.» La sua risposta arriva lontana, come se mi stessi allontanando da qui.

Voglio restare con lei più a lungo possibile. Il dottore mi ha spiegato che è rischioso farla nascere, ma è ancora più rischioso portare avanti questa gravidanza. L'idea di dover scegliere tra loro due mi sta mandando fuori di testa.

Mi avvicino al suo letto, mi siedo accanto a lei, con una mano tengo la sua, mentre l'altra finisce sulla sua pancia e sento i suoi piccoli movimenti come a dirmi che lei c'è.

«Torno subito.» Anche la voce di John arriva lontana e non riesco a rispondergli perché i miei pensieri sono interamente concentrati sul viso della donna sdraiata su questo letto.

I suoi lineamenti sono completamente distesi, come se stesse dormendo, e mi piace pensare che sia così, che stia solo riposando.

«Non sono pronto Ellie, non voglio lasciarti andare, ma i medici hanno detto che la nostra bambina potrebbe soffrirne se la lasciassi ancora qui...» Stringo appena la presa sul punto in cui ho sentito un piccolo calcio. « Non sono forte come te... Come diavolo farò a cavarmela con il piccolo essere?» Cerco di trattenermi perché, nonostante lei non possa vedermi, non ho mai pianto dentro a questa stanza, ma in questo momento mi è decisamente impossibile trattenermi. «Torna da me Ellie... Ti prego...» So bene che dopo tre mesi in queste condizioni lei non tornerà, ma mi è impossibile non farle questa domanda tutti i giorni.

La sua mano non stringe mai la mia, i suoi occhi restano chiusi, ma il mio cuore non vuole arrendersi. «Ti amo Ellie e non smetterò mai di amarti... Mai...» Mi avvicino, le lascio un lungo bacio sulla fronte, le accarezzo il viso e resto a guardarla ancora un po'.

«Signor Styles...» Sento la voce del dottor Morris che mi richiama e mi provoca un dolore simile ad una coltellata al centro del cuore.

La guardo ancora, le sorrido e so che devo salutarla prima di parlare con il medico. «Ciao amore mio...»

**********

Infilo le chiavi nella serratura e apro la porta entrando in casa. Arrivo fino all'isola al centro della cucina e poso i sacchetti della spesa. Entrare in questa stanza è ancora una fitta al cuore, ma non posso permettermi di lasciare andare il dolore - che sembra non attenuarsi mai - non adesso che lei sta per arrivare.

La sua tazza in frantumi è ancora nella vetrina, non sono ancora riuscito ad occupare la sua parte del letto e ho imparato ad usare l'ombrello perché non posso permettermi il lusso di ammalarmi.

Mi appoggio con entrambe le mani al ripiano e prendo un gran respiro mentre faccio sparire dal mio viso questa espressione stanca per tornare ad essere quello di sempre. Non è questo il momento di lasciarmi andare, quello posso farlo solamente quando resto solo nella mia stanza.

E poi, come se avvenisse una magia che unicamente lei riesce a compiere, il sorriso torna spontaneo e sincero. Quando sento aprirsi la porta di casa e dei piccoli passi veloci farsi sempre più vicini le mie labbra si piegano ampiamente all'insù.

«Papà, papà, papà!» Mi volto nella direzione della piccola voce che mi chiama con tanto entusiasmo. Mi piego sulle gambe, allargo le braccia e il piccolo essere si fionda verso di me.

«Ehi! Dove hai lasciato la nonna?» La tengo in braccio e il mio cuore ritrova il suo battito regolare quando le sue manine arrivano sul mio viso per infilare le dita nelle mie fossette non appena le sorrido.

«La nonna è qui!» La voce di mia madre attira la mia attenzione e le vado incontro con la mia piccolina ancora in braccio.

«Ciao mamma.» Mi sorride dolcemente mentre risponde al mio saluto.

«Hai già detto a papà della nostra idea?» Mia madre posa la borsa contenente le cose della mia piccola bambina, sul divano vicino all'ingresso dopo aver chiuso la porta.

«Quale idea?» chiedo curioso osservando da vicino il viso del mio piccolo angelo.

«Voglio andare al mare papà, mi porti?» Le sorrido sapendo già che non posso dirle di no.

«Questa sì che è un'idea grandiosa! Ci andiamo domani?» La mia bambina sorride ed io sento i pezzi del mio cuore tornare ad unirsi saldamente.

«Siii!» urla lei felice.

«Adesso vai a lavarti le mani e poi mangiamo.» Sorride ancora e la lascio scendere per andare in bagno, ma mi manca una cosa.

«Faith?» Richiamo il mio piccolo essere che si ferma di colpo poco prima di lasciare la stanza e mi guarda con i suoi occhioni azzurri, uguali a quelli di Ellie. «Dimentichi niente?»

Lei sorride dopo aver capito al volo, e corre velocemente nella mia direzione. Mi piego di nuovo sulle gambe e la sua piccola boccuccia arriva sulla mia guancia, poi sorrido nel sentire lo schiocco del suo bacio per me. «Ti voglio bene papà.»

Ogni volta che lo dice io la amo un po' di più, un po' come succedeva con Ellie quando diceva di amarmi. «Ti voglio bene anche io tesoro, ora vai.» Corre via andando verso il bagno mentre io mi rimetto in piedi senza riuscire a smettere di guardarla.

«Stai andando alla grande Harry» dice mia madre facendomi voltare verso di lei.

«Io ci provo mamma.» Non è facile essere un genitore, ancora meno essere un padre single, ma non sono solo e Faith riempie la mia vita molto più di quanto avrei creduto.

Assomiglia a sua madre in maniera impressionante, dal colore dei capelli a quello degli occhi, dal suo sorriso al suo modo di guardarmi. Ellie una volta mi disse che c'è una ragione per cui ci siamo incontrati ed io credevo che il motivo fosse quello di stare insieme per sempre, ma ora, quando quei piccoli occhioni azzurri mi guardano, io so che la ragione è lei.

Faith, l'ho chiamata così perché quando l'ho tenuta tra le braccia per la prima volta, dopo mesi ho creduto che avrei potuto ricominciare a vivere perché sentivo che Ellie era ancora con me. Mi manca ancora come l'aria, ma la presenza di Faith, così simile a sua madre, mi fa sentire bene.

«Ellie sarebbe orgogliosa di te» dice posandomi una mano sul braccio.

Faith è l'unica che riesce a tenere insieme il mio cuore. Lei rappresenta il mio amore per Ellie, rappresenta l'amore di Ellie per me e, quando la guardo, mi rendo conto di quanto avesse ragione quando diceva che abbiamo fatto un capolavoro.

Non lo so se sto facendo bene, quello che so è che sto facendo del mio meglio. In un certo senso Ellie è ancora con me, sento il suo sostegno nei momenti difficili e il suo incoraggiamento in quelli più incerti. Io ci provo a fare il padre e quando vedo il sorriso sulle labbra di mia figlia, ho qualche speranza di stare facendo un lavoro quantomeno discreto.

********

Here I am waking upstill can't sleep on your side 
There's your coffee cup, the lipstick stain fades with time 
If I can dream long enoughyou'd tell me I'll be just fine 
I'll be just fine

So I drown it out like I always do 
Dancing through our house with the ghost of you 
And I chase it down, with a shot of truth 
Dancing through our house with the ghost of you

"Ghost Of You"

Seconds Of Summer

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SPAZIO ME

Ed eccomi qui con la seconda parte di questa one-shot nata dal momento in cui ho sentito una terribile notizia al telegiornale di una mamma che ha dato alla luce il proprio figlio dopo settimane in ospedale nella stessa condizione della nostra protagonista.

Dopodiché ho sentito la canzone dei 5SOS "Ghost of You” e, oltre ad essermene innamorata, ho pensato a quella donna, alla sua vita e alla sua famiglia, così ho provato ad immaginare come avrebbe potuto essere e dare loro un piccolo lieto fine.

Spero vi sia piaciuta e grazie per essere arrivati fino a qui.

Eeeeee niente, buona lettura 😍

   
 
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