CAPITOLO 5 – THE FALL OF THE WALL
[TYRION]
Gli Immacolati e i Dothraki
raggiunsero Grande Inverno pochi giorni dopo l’arrivo del convoglio della
Regina, solo un giorno dopo l’arrivo di Ser Davos e i suoi uomini con la scorta
di Vetro di Drago.
Su ordine di Jon Snow, gli
accampamenti erano stati attrezzati poche miglia a est del castello, così che
la Regina Daenerys potesse raggiungerli ogni qualvolta lo desiderasse. Verme Grigio
e Jhago, il capo dei Dothraki, avevano fatto immediatamente rapporto. Portavano
notizia di un esercito nemico che si era asserragliato su una fortezza in
rovina pochi giorni dopo il loro passaggio attraverso l’Incollatura. Alcuni
esploratori rimasti indietro avevano riportato la notizia.
“Il Moat Cailin” aveva constatato
Jon con aria preoccupata.
Ma secondo il concilio dei Lord
non aveva alcun senso controllare il Moat, visto che risultava inespugnabile
solo se attaccato da sud. Un esercito ben armato, proveniente da nord, avrebbe
potuto conquistare la fortezza in una giornata o due. Inoltre senza l’appoggio
delle genti dell’Incollatura era praticamente impossibile controllarlo a lungo.
E i Lord della Torre delle Acque Grigie erano tra i più fedeli alfieri di casa
Stark da migliaia di anni.
L’unica spiegazione plausibile
per quel comportamento era che Cersei Lannister non avesse alcuna intenzione di
far marciare il suo esercito fino a Grande Inverno per combattere al loro
fianco. Il suo obiettivo era rafforzare le sue posizioni nelle Terre dei Fiumi
e proteggere al meglio il suo reame.
Daenerys non aveva preso per
niente bene la notizia del presunto tradimento da parte dei Lannister e aveva
preteso spiegazioni da Tyrion. Spiegazioni che ovviamente lui non avrebbe saputo
dargli neanche volendo.
Un patto era stato siglato e
Tyrion si era fatto garante di tale accordo. Non biasimava certo Daenerys per
aver cominciato a dubitare della sua perizia nel ruolo di Primo Cavaliere.
“Era più facile essere Primo Cavaliere di un Re imbecille
come Joffrey” aveva pensato. “Da quando servo Daenerys non ne ho azzeccata una”
A Meeren era stato
raggirato dagli schiavisti e durante la guerra per il Trono di Spade le sue
mosse erano state anticipate da Jaime, che gli aveva lasciato Castel Granito e
il dominio sulle Terre dell’Ovest pur di conquistare l’Altopiano, terra
decisamente più ricca e facile da sottomettere. E ora avrebbe dovuto pagare
anche per la stupidità di sua sorella.
Si domandò cosa
pensasse Jaime di quel comportamento. Probabilmente era complice di tutto ciò.
L’unico Lannister che l’aveva davvero amato come un membro della sua famiglia
alla fine lo aveva tradito, come tutti gli altri.
“Avrei dovuto lasciare che Daenerys bruciasse quella
stupida città e tutti i suoi abitanti come avevo promesso il giorno del mio processo
per regicidio”
Lord Varys aveva
una visione diversa della situazione. Secondo lui Cersei aveva rotto l’alleanza
senza consultarsi con il suo gemello. Dopotutto, quando mai Cersei Lannister
aveva dato ascolto a qualcuno?
Ma se Varys avesse
avuto ragione, cosa ne era stato di Jaime? Aveva accettato senza batter ciglio
le decisioni della sua Regina? Tyrion ne dubitava. Per quanto fosse follemente
innamorato di Cersei, Jaime non era uomo da sottostare ad un regnante che non
difende i suoi sudditi o che addirittura li trucida. Tyrion lo conosceva meglio
di chiunque altro.
Tutti sapevano cosa
era accaduto al Re Folle, ma solo lui conosceva il vero motivo. Jaime glielo
aveva raccontato la prima volta che si erano rivisti dopo il sacco di Approdo
del Re. E ancora, lo aveva sentito lamentarsi talmente tante volte di Robert
Baratheon da temere che prima o poi sarebbe diventato due volte Sterminatore di
Re.
Jon Snow era stato più
comprensivo di Daenerys, impegnato com’era a difendere le sue terre
dall’invasione degli Estranei. Inoltre la diversità di genti che abitavano il
Nord rasentava l’inverosimile. Se Bruti e nordisti avevano trovato il modo di
vivere insieme, l’arrivo degli Immacolati, e soprattutto dei Dothraki, aveva
sconvolto quel fragile equilibrio che si era creato. I guerrieri a cavallo
erano, per natura, dei razziatori e le loro stravaganti usanze erano quanto di
più lontano ci potesse essere dagli usi e costumi del Nord. C’erano già state
diverse scaramucce tra loro e le genti del nord, e Jon aveva dovuto occuparsene
prima che degenerassero in una guerra intestina che avrebbe segnato la fine di
tutti loro. Per questo l’ex Re del Nord era lontano da Grande Inverno
praticamente dal giorno in cui gli eserciti si erano accampati.
In sua assenza era Lady
Sansa a gestire il castello. Da quanto aveva sentito dire dagli uomini di
Grande Inverno la giovane Lady del Nord si era comportata in maniera egregia in
assenza del fratello. Nulla che Tyrion non sapesse già. Sansa era una donna
decisa e risoluta, che era stata capace di sopravvivere a Joffrey, a Ramsey
Bolton e a Ditocorto, cosa che non era riuscita al suo stesso padre e a molti
altri.
In più occasioni Tyrion
l’aveva vista imporsi, in tutta la sua bellezza, in decisioni difficili, che
era state accettate di buon grado praticamente da tutti, popolino e Lord. Anche
quando queste scontentavano qualcuno. La tempra che aveva levigato negli anni
difficili della sua vita aveva trasformato una ragazza sciocca e sognatrice in
una vera regina, con tutti i vantaggi e le difficoltà del caso.
Dal suo arrivo avevano avuto
solo l’occasione di salutarsi ma la Lady di Grande Inverno gli aveva fatto
sapere che presto avrebbero passato del tempo davanti ad un buon bicchiere di
vino, in ricordo dei vecchi tempi. Non sapeva bene cosa le avrebbe detto. Sansa
era stata sua moglie, un tempo, e questo gli creava un certo imbarazzo. Tyrion
Lannister che si imbarazzava davanti ad una ragazza che aveva poco più della
metà dei suoi anni…
“La mia Lady sarebbe felice
di riceverti nel suo solarium, mio Lord di Lannister”. Brienne di Tarth lo
accompagnò attraverso i corridoi di Grande Inverno, verso le stanze della sua
Signora.
“Posso farti una domanda
Lord Tyrion?” gli chiese.
“Ma certo, Lady Brienne”
“Credi che Ser Jaime sia complice
della Regina?”. Lo disse tutto d’un fiato, tradendo una certa inquietudine.
“Credo che se ne avesse
avuto la forza avrebbe dato lustro al suo soprannome” rispose con schiettezza.
“Quanto alla sua condizione attuale sono preoccupato quanto te”
Lady Sansa lo attendeva in
un piccolo solarium al primo piano della seconda fortezza di Grande Inverno. Un
piccolo fuoco scoppiettava nel caminetto e almeno una dozzina di candele
illuminavano l’ambiente e lo profumavano con una leggera essenza d’agrumi. Sansa
indossava un abito nero di pelle lucida, con due meta-lupi ricamati sul petto e
una leggera pelliccia sulle spalle. I lunghi capelli ramati acconciati in una
treccia.
“Lord Tyrion” lo salutò con
un sorriso. “Accomodati pure. Non ho più bisogno di te per oggi, Lady Brienne.
Grazie”. La donna cavaliere chinò il capo a mo’ di saluto ed uscì.
Sansa stessa riempì due
coppe di vino e gliene porse una.
“Noto con piacere che non
disdegni una buona coppa di rosso, mia Signora” provò a rompere il ghiaccio,
ingollando quasi mezza coppa per sciogliere i nervi e la lingua.
“Ho imparato dal migliore in
tal senso” scherzò lei.
Tyrion rise. “Ho saputo in
che modo hai aiutato tuo fratello a riprendere Grande Inverno e come ti sei
disfatta di Ditocorto. Devo dire che non avrei saputo fare di meglio”
“Uno dei miei momenti
migliori”. Scosse appena la sua coppa in segno di vittoria e si bagnò appena le
labbra. La determinazione nel suo sorriso gli ricordò un’altra regina.
“Potrei aver paura della tua
risolutezza”
Stavolta fu il turno di
Sansa di ridere. “Stamattina è arrivato un corvo di Lord Reed dalle Acque
Grigie. Credo tu voglia leggerlo”
La lettera recava la notizia
di un esercito guidato da Edmure Tully e Jaime Lannister sconfitto dalla
Compagnia Dorata al Moat Cailin. I capitani erano stati presi prigionieri ad
eccezione di Lord Tully. Ma il Lord delle Acque Grigie li informava di star
organizzando un piano per liberarli.
“La Compagnia Dorata?
Maledizione!”.
Tyrion fu enormemente
sollevato che Jaime avesse finalmente sciolto le briglie da Cersei, ma allo
stesso tempo preoccupato per la sua prigionia. Se Jaime aveva abbandonato la
sua gemella non restava nessuno ad arginare i suoi peggiori impulsi, ed ora lui
era prigioniero di mercenari avidi di denaro e sangue.
Quando rialzò gli occhi
dalla missiva Sansa parlò di nuovo. “Ho fatto in modo di parlarne con te per
primo, mio Lord. Informa tu la regina, se vuoi”.
“Cosa penserebbe Jon di
questo sotterfugio, mia Signora? La regina dovrebbe essere la prima a sapere
questo genere di cose”. Tyrion le rivolse un sorriso disarmante.
“Jon si fida del mio
giudizio”. L’espressione di Sansa si era indurita solo per un attimo.
“C’è un’altra cosa di cui volevo
parlarti. Celebreremo l’alleanza con un banchetto. L’etichetta lo richiede,
nonostante la situazione. Spero che questo possa convincere tutti che il Nord e
Daenerys Targaryen faranno fronte unito contro il nemico comune.
Definitivamente” Sansa interruppe il corso dei suoi pensieri cambiando
argomento.
“Hai tutta la mia
approvazione, mia Lady. Non c’è niente di meglio del vino per dimenticare
vecchie scaramucce. O per crearne di nuove”.
Sansa incrociò le braccia
intorno al petto e assunse un’espressione accigliata.
“…ma non è per il banchetto
che mi hai fatto venire qui. E nemmeno per la lettera di Lord Reed. Dico bene?”
“Astuto come sempre, Lord
Tyrion” sorrise Sansa. “Voglio sapere se è un’alleanza esclusivamente militare
quella che lega la regina a mio fratello”. Finalmente Sansa arrivò al punto.
“Dovresti chiederlo a loro,
mia Signora. Io sono solo un servitore di sua Maestà” provò a glissare.
“Sappiamo bene entrambi che
sei molto più di questo, Lord Tyrion. Cersei avrebbe avuto modo di tradirci
solo se tu glielo avessi concesso. E sai meglio di me che anche Daenerys lo
sospetta. Quindi dimmi, c’è qualcos’altro che dovrei sapere?”
Adesso Sansa lo scrutava
sospettosa. D’altronde se c’era qualcuno che lo conosceva meglio di altri a
Grande Inverno quella persona era Sansa Stark. Gliene aveva appena dato
dimostrazione.
“L’unico modo per ottenere
quello che volevamo era garantire a Cersei… sicurezza” le rivelò esitante.
Per un attimo vide la
sorpresa balenare sul viso della sua giovane interlocutrice. “Sicurezza?
L’unica sicurezza che Cersei ha è che qualcuno prima o poi la ucciderà, che sia
un rivale politico o un popolano arrabbiato per le sue azioni. Non importa. Non
puoi avergli garantito la sopravvivenza di tua iniziativa”
Lady Sansa aveva abbracciato
la causa di Daenerys Targaryen? Oppure il suo era solo un gioco per costringerlo
a scoprire le sue carte? Tyrion Lannister era nato per questo.
“Sei diventata abile nel gioco del Trono, Lady Sansa. D’accordo
ti racconterò tutto ma… abbiamo bisogno di più vino”. Sospirò rumorosamente
riempendo ancora la sua coppa. “Non è per la sua vita che ho garantito, ma per
quella di mio nipote”
[SAMWELL]
Ritrovare Jon, il suo primo
vero amico, era stato fonte di immensa gioia per Sam Tarly. Vederlo sorridere
quando lo aveva salutato nel cortile di Grande Inverno gli aveva dato forza. E
nascondergli la verità era stata una delle cose più difficili che avesse mai
fatto in vita sua, quasi quanto uccidere un Estraneo. Ma quando era stato sul
punto di svelargli tutto gli era bastato incrociare lo sguardo severo e
preoccupato di Bran per desistere.
Tuttavia Sam era consapevole
di non poter tacere a lungo. Jon meritava di sapere la verità, quali che
fossero le conseguenze.
Per fortuna Jon Snow si era
allontanato dal castello per occuparsi di altre questioni, cosicché Sam potesse
tornare alle sue ricerche sulla Lunga Notte senza il continuo tarlo della
verità nascosta all’amico.
Le nevicate erano così fitte
e intense da rendere il mondo esterno un’immensa distesa candida e la coltre di
nuvole talmente spessa da far pensare che mai più avrebbero sentito il calore
dei raggi solari sulla pelle. Qua e là nel castello Sam si diceva a mezza voce
che la Lunga Notte era ormai iniziata.
Sam trascorreva la maggior
parte delle giornate nella biblioteca di Grande Inverno, in compagnia di decine
di antichi tomi e vecchie pergamene.
Quel giorno era chino su un
manoscritto che aveva sottratto alla Cittadella, Miti e Leggende sulla Lunga Notte, alla ricerca di un qualche dettaglio
che potesse aiutarlo. Si era praticamente arreso quando sentì qualcuno scendere
le scale e il bibliotecario precipitarsi ad accoglierlo.
Daenerys Targaryen si fece
largo tra i molti scaffali fino a lui. Sam fu grato che ad accompagnarla
fossero due Immacolati e non un paio di colossali Dothraki. Conosceva qualche
parola di Alto Valyriano per comunicare con i guerrieri eunuchi, ma i Dothraki
gli incutevano timore con le loro espressioni feroci e la loro parlata aspra e
gutturale.
“Vostra Grazia” la salutò
affrettandosi ad alzarsi. Per poco non rovesciò la poltrona su cui sedeva.
“Come posso esserti utile?”
“Lasciateci” ordinò loro Daenerys
in valyriano. I suoi accompagnatori tornarono sui propri passi. “Lady Sansa mi
dice che sei un Guardiano della Notte, Maestro Sam”
“Lo sono, Altezza. Un
Guardiano della Notte almeno. Non sono riuscito a forgiare la catena da
Maestro. Ho vissuto per un po’ alla Cittadella ma ho dovuto abbandonarla quando
ho capito che nessuno lì mi avrebbe aiutato nella mia ricerca” accennò al libro
che stava leggendo.
“Tuttavia sei stato in grado
di curare Ser Jorah dal morbo grigio. Ad Essos nessuno c’è mai riuscito. E per
questo ti sono debitrice”
“Non esserlo, Maestà. Ero io
ad avere un debito da saldare con Lord Mormont. Ho servito sotto suo padre Jeor
quando era Lord Comandante dei Guardiani della Notte. Sono stato l’attendente
personale di un tuo parente, Maestro Aemon”
“Aemon?” chiese Daenerys
Targaryen stupita. “Non sapevo ci fossero altri Targaryen in vita”
“Aemon Targaryen, si. Zio di
tuo padre Aerys”. Sam esitò. “È morto qualche anno fa, a centodue anni. Era un
uomo saggio e gentile. Fino al suo ultimo giorno di vita non ha mai dubitato
che tu avresti ridato lustro al vostro antico nome”
Sam vide Daenerys
rabbuiarsi. Probabilmente sentir parlare della morte del suo ultimo parente in
vita, di cui non conosceva nemmeno l’esistenza fino ad allora, l’aveva
intristita. “Perdonami, Altezza. Non era mia intenzione causarti dolore”
“Non è colpa tua Sam. Un
giorno ti chiederò di parlarmi di lui”. Daenerys gli sorrise. “Sei di nobili
origini dico bene?”
“Lo sono, Maestà. Samwell
Tarly di Collina del Corno. O almeno lo ero prima di prendere il Nero”
“Tarly?” Daenerys distolse
lo sguardo.
“So che la mia famiglia si è
schierata contro di te, Altezza. Ma non hai nulla da temere da me. Io servo Jon
Snow e i Guardiani della Notte” si affrettò ad aggiungere.
“Sono lieta di sentirlo,
Sam. Ti lascio alle tue ricerche” Daenerys si allontanò senza più incrociare il
suo sguardo.
“Forse avresti dovuto tenere per te la tua discendenza,
stupido idiota” si biasimò. L’ultima
cosa che voleva era creare problemi a Jon per via delle stupide scelte di suo
padre.
Richiuse il libro che stava
leggendo con un colpo secco, causando uno sbuffo di polvere. Tossì maldicendo
la sua goffaggine prima di avviarsi su per le scale.
Gilly lo aspettava nelle sue
stanze con il piccolo Sam in un angolo intento a consumare la sua colazione.
“Non sei venuto a letto
stanotte” gli disse con un po’ di tristezza. Ogni volta che la baciava, o anche
solo posava il suo sguardo su di lei, non poteva fare a meno di sorridere
pensando a quanto lei lo aveva cambiato. Ma tutto quello, e condividere le
lenzuola con Gilly, era sempre un patimento per Sam per via del suo giuramento.
Eppure non poteva fare a meno di amarla.
“Ho avuto molto da leggere”
Sam svicolò evitando di arrossire.
Gilly gli andò incontro e lo
baciò brevemente. “Ti ho preparato un bagno. Vieni”. Lo condusse fino al
piccolo lavacro attiguo alla sua camera, dove una tinozza piena d’acqua
bollente lo attendeva, aiutandolo a slacciare il farsetto.
“Ti ringrazio, Gilly”
Qualche ora più tardi, fu
svegliato dall’attendente di Grande Inverno che lo informava che Jon Snow era
finalmente rientrato dalla sua missione e chiedeva di vederlo. Gilly era di
sicuro andata a compiere i suoi doveri di ancella di Lady Sansa così si rivestì
in fretta e raggiunse Jon.
Lo attendeva nel suo
solarium, seduto davanti al caminetto acceso, insieme a Ser Davos Seaworth.
Aveva l’aria particolarmente stanca e sembrava provato dal lungo viaggio.
“Ti prego Sam, dimmi che hai
scoperto qualcosa di utile” andò dritto al punto.
“Mi spiace Jon. Ho trovato
diversi resoconti sulla Lunga Notte ma nessuno sembra contenere un indizio
decisivo. Qua e là si parla di un eroe che sconfiggerà il Re della Notte. Ma
come lo farà non è scritto da nessuna parte”
“Dannazione” imprecò Jon.
“L’Età degli Eroi è finita da quanto? Ottomila anni?”
“Mi dispiace Jon”
“Non è colpa tua” lo
rincuorò. “Dimmi tutto quello che sai su questo eroe”
“Non molto in realtà. In Resoconto della Grande Guerra di maestro
Ballaban si parla di Azor Ahai quale grande condottiero. Uccise la sua amata,
Nissa Nissa, per temprare la sua spada, Portatrice di Luce, la Spada Rossa
degli Eroi, e si fece carico del comando nella Grande Guerra. Ballaban viaggiò
fino ad Asshai delle Ombre, e lì apprese la leggenda di Azor Ahai e altri
dettagli meno importanti. In Miti e
Leggende sulla Lunga Notte di Septon Barth, invece, si attende l’arrivo del
Principe che venne Promesso. Potremo supporre che siano la stessa persona. Ma
chi?” glissò volutamente sulla presunta discendenza del leggendario principe di
cui aveva discusso solo con Bran. Septon Barth riteneva dovesse nascere dalla
linea di sangue di Aerys il Folle e sua moglie, la Regina Rhaella.
“Melisandre credeva che
Stannis fosse questo famigerato eroe” intervenne Ser Davos.
“Ma Stannis…” cominciò Sam
d’impulso, interrompendosi per paura di ferire l’anziano Cavaliere delle
Cipolle.
“…è morto” concluse per lui
Jon.
“C’è un'altra cosa. Secondo
le leggende Azor Ahai rinascerà dal sale e dal fumo” concluse Sam.
Davos e Jon si scambiarono
un’occhiata eloquente. Sam aveva sentito della resurrezione di Jon per mano di
Lady Melisandre ma non aveva avuto il coraggio di chiedere spiegazioni a
riguardo. Non a Jon almeno.
“Quindi questo Principe che
fu Promesso o Azor Ahai dovrebbe salvarci tutti” concluse Jon. “So cosa stai
pensando Davos. Ma io non ho niente in comune con lui. Lady Melisandre e il suo
Dio mi hanno riportato in vita, questo è vero, ma il sale e il fumo? E non ho
nessuna Spada Rossa. La lama di Lungo Artiglio è come tutte le altre spade
valyriane”
“Temo che dovremo fare a
meno di questo grande eroe, almeno per il momento” Ser Davos non sembrava uomo
da appigliarsi ad una leggenda.
“Ho intenzione di partire
per la Barriera da qui a qualche giorno Sam, dopo i festeggiamenti per la
celebrare l’alleanza con Daenerys” gli confidò Jon. “Vorrei che tu restassi al
sicuro, qui a Grande Inverno”
Sam ne fu sorpreso. E fu
ancora più sorpreso dalle parole che uscirono dalla sua stessa bocca. “Io sono
un Guardiano della Notte, Jon. Il mio posto è con i miei confratelli. Il nostro
è un giuramento per la vita”.
“Quando tutto sarà finito
potrebbe non esserlo più” concluse Jon socchiudendo gli occhi dalla stanchezza.
“Adesso non me ne vogliate, ma ho bisogno di riposare per qualche ora”
[DAENERYS]
Grande Inverno l’aveva
accolta sorprendentemente bene. Certo, alcuni Lord non lesinavano di mostrarsi
astiosi ad ogni occasione, ma il popolino di Città dell’Inverno era arrivato
addirittura ad acclamarla quando era atterrata fuori dalle mura in groppa a
Drogon, dopo aver visitato gli accampamenti dei suoi eserciti.
I suoi draghi non amavano
molto il clima freddo tipico del Nord. Erano irrequieti e particolarmente
irascibili. Perciò ogni volta che poteva, tra un concilio di guerra e l’altro,
Daenerys passava del tempo con loro sperando di riuscire a tenerli a bada.
Lei stessa era furiosa, con
Tyrion in particolare. Cersei aveva tradito gli accordi e l’unica spiegazione
che il suo Primo Cavaliere le aveva dato era stata una semplice alzata di
spalle. Il pensiero che Tyrion potesse nascondergli qualcosa la mandava ancora
su tutte le furie. In un moto d’impeto, era stata sul punto di richiamare i
suoi eserciti e marciare a sud fino alla capitale.
Era scesa a più miti
consigli in seguito al suo incontro con Samwell Tarly. Nella battaglia lungo il
fiume delle Acque Nere aveva giustiziato suo padre e suo fratello. Allora le
era sembrata un’azione necessaria, non aveva pensato minimamente alle
conseguenze negative di quel gesto. Quel giovane uomo goffo e impacciato aveva
salvato Ser Jorah da un destino orribile e lei gli sarebbe stata grata per il
resto della vita, ma di fronte a lui si era vergognata del suo gesto inconsulto.
Quella mattina era uscita a
cavallo con una scorta di Dothraki guidati Ser Jorah. Dopo una breve visita
agli accampamenti, Daenerys aveva guidato il gruppo in cerca dei suoi draghi.
Drogon e Rhaegal avevano sorvolato più volte la loro madre ma si erano entrambi
rifiutati di interrompere il loro volo per raggiungerla. Così Daenerys era
rimasta ad osservarli per un po’, rimanendo in sella al suo cavallo.
“Maestà”. Ser Jorah richiamò
la sua attenzione “Qualcuno si avvicina”.
Daenerys si voltò e
riconobbe Arya Stark cavalcare verso di lei in sella alla sua puledra nera.
“Non volevo disturbarti,
Maestà. Credevo che qualcuno stesse disturbando i draghi e volevo avvertirlo di
allontanarsi”
“Non disturbi affatto, Arya.
Ti va di accompagnarmi?” Daenerys spronò il cavallo al passo.
“Sono davvero meravigliosi”
le disse la giovane Stark affiancandola.
“Non tutti la pensano come
te”.
“C’è qualcosa che ti turba,
Altezza?”
Daenerys incrociò lo sguardo
di Arya e capì che non aveva senso mentirle.
“Cersei Lannister” le rivelò.
“Pagherà anche per questo. È
una promessa”. Arya serrò la mano intorno all’elsa della spada. “Dopo il
banchetto di domani ho intenzione di recarmi a sud per farle scontare tutto il
male che ha fatto”
Daenerys rimase spiazzata.
“Vuoi andare a sud da sola? Ma la tua casa? I tuoi fratelli?”
“Se Jon sarà qui li
proteggerà” rispose Arya con convinzione.
Ma Jon si era allontanato
pochi giorni dopo il loro arrivo e non aveva ancora fatto ritorno. Anche se gli
aveva giurato fedeltà, il Nord rispondeva comunque al Re che si era scelto
prima che a lei e, per quanto questo la infastidisse, Daenerys sapeva bene di
non poter calcare la mano per non generare ulteriori malcontenti.
“Tornerà presto” la rincuorò
Arya come se avesse letto il suo stato d’animo dal suo silenzio.
Rientrarono verso Grande
Inverno costeggiando la Foresta del Lupo. Ser Jorah apriva il gruppo, Arya
cavalcava al suo fianco. Il resto della scorta Dothraki era tornata
all’accampamento dietro suo preciso ordine. Ben presto nel folto della foresta
scorsero del fumo nero pece salire al cielo. Drogon e Rhaegal si erano trovati
un nascondiglio non molto in profondità nella boscaglia.
“È stato bello cavalcare con
te Arya. Ma perdonami, ho bisogno di stare un po’ con loro” accennò al fumo
nero nel cielo.
“Ma certo, Maestà. Vuoi che
ti aspetti qui?” rispose la giovane con un sorriso.
“Sei gentile ma no. Potrei
allontanarmi con loro”.
Richiamò Ser Jorah e gli
ordinò di tornare a Grande Inverno con Arya. L’anziano cavaliere protesto a
lungo, elencando i pericoli che la foresta poteva nascondere.
“Non preoccuparti per me
ser. Drogon e Rhaegal mi proteggeranno”
Ser Jorah Mormont la osservò
allontanarsi a cavallo con aria angosciata. Da quando era giunti al Nord il
cavaliere di Isola dell’Orso era tornato ad essere la sua ombra, come quando,
insieme, avevano attraversato il continente orientale. Questo comportamento un
po’ la infastidiva, ma allo stesso tempo la faceva sentire protetta. Il suo
orso non l’avrebbe mai abbandonata, di questo era assolutamente certa.
Seduta su una roccia
sporgente, con la schiena poggiata all’imponete collo di Drogon, disteso intorno
a lei, Daenerys si ritrovò a pensare a tutto quello che era accaduto da quanto
era giunta a Westeros. Nel bel mezzo della Foresta del Lupo, nella radura che i
draghi avevano scelto come dimora, centinaia di ossa annerite coprivano il
terreno. Ossa di cervi, alci e decine di altri animali diversi.
“È così che i miei draghi avrebbero ridotto Approdo del
Re se fossi stata tanto sconsiderata da attaccarla. Un mucchio di rovine e ossa
bruciate”
Tutt’intorno alla radura un
cerchio di Alberi Diga, faceva la guardia al nascondiglio dei draghi.
Stranamente gli Alberi Diga erano gli unici ad essere completamente intatti.
Nessuno di loro portava il segno della presenza di un drago. Querce, pini e
molti altri alberi erano stati bruciati dal fuoco dei suoi figli, ma non gli
alberi dal tronco bianco come ossa e le foglie rosso sangue.
Drogon si mosse, girando la
colossale testa cornuta verso l’ingresso della radura, ma Daenerys se ne
accorse appena.
“Ser Jorah mi ha detto che
ti avrei trovato qui”
Daenerys sobbalzò nell’udire
la voce di Jon. Drogon sbuffò fumo nero, ringhiando verso il suo visitatore.
“Buono Drogon” lo
tranquillizzò carezzando le scaglie incandescenti.
“Non volevo spaventarti…
spaventarvi”. Jon si mosse cautamente aggirando Drogon e andandosi a sedere al
suo fianco.
“Ero solo distratta. Trovo
strano che i miei draghi abbiano scelto una radura di Alberi Diga come rifugio”.
“Per fortuna non li hanno
distrutti. Questa è l’unica radura di Alberi Diga a sud della Barriera”.
Per qualche attimo restarono
in silenzio, l’uno accanto all’altra, ad osservare Rhaegal che era riapparso
nei cieli grigi.
“Sansa mi ha informato di quello
che è successo sul Moat”. Jon sembrava preoccupato dagli ultimi sviluppi.
“E tu credi alla storiella
dello Sterminatore di Re prigioniero della sua amante?”
“Non so a cosa credere in
realtà. Abbiamo problemi molto più grossi. Dalla Barriera arrivano notizie
preoccupanti. Orde di non morti sono state avvistate vicino al Forte Orientale
e a Lungo Tumulo già prima che noi arrivassimo a Grande Inverno. E non
riceviamo notizie fresche da almeno una settimana. Ho un brutto presentimento”
“Dobbiamo andare a Nord
allora. Non possiamo più aspettare”
“Prima dobbiamo presenziare
a questo stupido banchetto”. Jon sbuffò sonoramente.
“Tua sorella non sarebbe
contenta di sapere che la ritieni una cosa stupida” lo rimproverò.
Lasciò che Drogon
strisciasse sotto il suo braccio e la liberasse dal suo abbraccio. Il drago
nero e rosso batté violentemente le ali sollevando copiosi sbuffi di neve.
“Un altro colpo d’ali e
avremo dovuto scavare nella neve per rivedere il cielo” sorrise Jon facendole
scudo con il suo mantello nero.
Daenerys si ritrovò con il
viso a pochi centimetri da Jon. Profumava di pino e di neve.
“Vorrei che tu provassi ad
avvicinarti a Rhaegal, Jon” gli disse d’impulso. “Potresti essere il suo
cavaliere”
“Io? Cavalcare un drago?”
Jon era spiazzato e preoccupato allo stesso tempo. “Non saprei da dove
cominciare”
“Non è più difficile che
andare a cavallo” Daenerys sorrise radiosa. “Conosci già un po’ d’Alto
Valyriano. E Drogon non ti ha arrostito quando ti sei avvicinato a lui. Magari
piaci anche a Rhaegal”
“Non lo so Daenerys. Io…”
“Quando hai detto che mi
avresti aiutato a proteggerlo mentivi dunque?” quasi lo supplicò.
“No. Io… lo farò”
Non sapeva bene come la cosa
la facesse sentire. Non aveva mai creduto che qualcuno potesse avvicinarsi ai
suoi draghi senza che questi schioccassero le mascelle minacciosi e
arrostissero sul posto l’impavido aspirante cavaliere. Ma Drogon si era
comportato in maniera sorprendente con Jon. Daenerys non aveva percepito
nessuna inquietudine in lui quando Jon si era avvicinato. L’idea che anche Rhaegal
avesse un cavaliere la rassicurava tanto quanto la preoccupava.
Il drago verde e bronzeo
ridiscese volando in cerchio sulla radura. Quando fu abbastanza vicino,
Daenerys notò che stringeva tra le fauci una grossa carcassa di un alce. Restò
sospeso a pochi metri da terra, battendo con violenza le ali palmate. Jon
avanzò di qualche passo sostenendo lo sguardo infuocato di Rhaegal.
Per tutta risposta, il drago
toccò terra con un tonfo e scaraventò la carcassa alle sue spalle, ruggendo il
suo disappunto verso l’uomo che gli stava davanti. Jon quasi perse l’equilibrio
ma fece un altro passo in avanti.
Daenerys trattene il fiato. Era
sul punto di richiamare suo figlio quando quello che accade fece perdere al suo
cuore almeno un battito.
Rhaegal schioccò le fauci
minaccioso, la sua coda fendette la radura alle spalle di Jon. Se solo avesse
voluto, avrebbe potuto ucciderlo in un istante. Ma non lo fece. Si piegò ad
incontrare la mano tesa di Jon. Lui la scostò appena al primo tocco, ma Rhaegal
insistette spingendolo con l’enorme testa cornuta.
L’uomo e il drago restarono
l’uno di fronte all’altro per qualche attimo. Gli occhi grigio ghiaccio di Jon
Snow fissi negli occhi ocra infuocati di Rhaegal. Fino a quando Jon sussurrò
qualcosa. Daenerys non capì cosa, ma Rhaegal riprese il volo sollevando altri sbuffi
di neve tutt’intorno.
Entrambi lo seguirono con lo
sguardo fino a che non fu lontano.
[JON]
Aveva visto la sala grande
di Grande Inverno agghindata in modo così ricercato solo un’altra volta nella
vita, quando Re Robert Baratheon aveva fatto visita al Lord suo padre. Drappi
bianchi col meta-lupo grigio ornavano l’intero perimetro. Qua e là altri
vessilli si alternavano: un orso bruno su sfondo verde, un pugno di ferro su
sfondo rosso scarlatto, un tritone bianco e verde su sfondo blu-verde e molti
altri. Tra tutti gli emblemi del Nord solo uno sembrava fuori luogo, il drago
rosso su sfondo nero di casa Targaryen. Affiancava il meta-lupo alle spalle del
palco della famiglia Stark, nero e rosso contro bianco e grigio-argento.
Anche il cortile degli
addestramenti era irriconoscibile. Tutta l’attrezzatura era stata rimossa e la
neve fatta sciogliere da decine di falò. Parte del cortile era stata coperta
con una struttura in legno per ripararsi dalle intemperie. Panche e tavoli erano
stati allineati per permettere a tutti i gli abitanti del castello di sedere e
festeggiare l’alleanza tra gli Stark di Grande Inverno e la Regina Daenerys
Targaryen.
Jon sarebbe stato contrario,
in linea di principio, ad organizzare un banchetto vista la situazione, ma
Sansa aveva argomentato che celebrare l’alleanza avrebbe contribuito a rinforzarla
e nessuno aveva avuto argomenti per contraddirla. Si era premurata anche di
organizzare il banchetto per gli eserciti accampati fuori dalle mura.
Quella sera, tutti i Lord
del Nord sarebbero stati presenti ai festeggiamenti nella sala grande e Jon
sapeva bene che gli occhi di tutti sarebbero stati puntati sul palco reale.
Lord Glover e Lord Cerwyn,
che lo avevano accompagnato, insieme a Ser Davos, a sedare i disordini sorti tra
gli uomini della regina e i Bruti desideravano l’indipendenza del Nord e
avevano l’appoggio anche di Lady Mormont e Lord Manderly. Tutti loro avrebbero
cercato la minima crepa nel rapporto tra lui e Daenerys per perorare la propria
causa. Per fortuna Sansa si era dimostrata ferma nell’appoggiarlo, altrimenti
quelle semplici richieste sarebbero potute diventare ben presto delle pretese.
Camminava sul versante nord
delle mura del castello quando Arya lo raggiunse. Lo faceva tutte le mattine,
scambiando qualche battuta con i soldati di guardia.
“Ti va di allenarti?” chiese
la sorella con aria di sfida.
“Non dico mai no ad un
duello con la spada ma il cortile è pieno di gente che prepara il banchetto. E
non credo che Sansa sarebbe felice di vederci fare a pezzi tutto”
Arya sorrise. “C’è pur
sempre la palestra”
Dopo pochi minuti avevano
indossato la cotta di maglia ed erano pronti a battersi. La palestra era
pressoché vuota ma ben presto una piccola folla si radunò ad osservare il Re
del Nord e sua sorella allenarsi.
Jon le girò intorno con
circospezione, studiando il suo stile di difesa.
Arya assunse la sua posizione
da battaglia. “D’accordo. Se non ti decidi ad attaccare lo faccio io”.
Era un bersaglio
sorprendentemente piccolo da colpire, sottile come la spada che brandiva.
“Sei tornato e non ti sei
nemmeno degnato di avvertirmi” Arya attaccò in avanti, con un affondo preciso.
Jon deviò di lato evitando il colpo. Nel tono scherzoso di Arya scorse
dell’altro. Paura?
“Va tutto bene?” le chiese
studiando allo stesso tempo un modo per attaccarla.
“Sei tu quello che evita la
sua famiglia. Eri tornato solo da un paio di giorni e sei subito ripartito”
Arya lo scrutò con sguardo indagatore. “Che succede Jon?” le loro spade
cozzarono a mezz’aria.
Per un attimo rimasero
immobili l’uno di fronte all’altra.
“Sono solo preoccupato per
la guerra che ci aspetta”.
Con uno strattone Arya
liberò Ago e balzò indietro preparandosi ad affrontare un nuovo attacco.
“E Daenerys Targaryen non
c’entra niente con questa tua preoccupazione?”. Arya era sempre stato una che
va dritta al punto, tenace e pragmatica. Scartò verso sinistra attaccandolo
alla vita. Jon indietreggiò in difficoltà.
“Cosa intendi dire?”. Si
mosse di lato per riprendere fiato.
“Credi che non abbia visto
come ti guarda? O come hai sorriso parlando di lei quando ci siamo rivisti al
ruscello?” Jon parò l’ennesimo colpo e cominciò ad avanzare mulinando la spada.
Arya evitò i suoi attacchi danzando a destra, a sinistra e poi di nuovo a
destra.
“Sei un’ottima osservatrice.
E io che credevo preferissi la strada della spada a quella della politica”
provò goffamente a cambiare argomento, ma Arya continuò ad incalzarlo con
un’espressione di rimprovero sul viso.
“Io invece credevo che non
ci fossero segreti tra noi”. Arya si immobilizzò, Ago in posizione d’attacco,
l’altra mano chiusa a pugno su un fianco.
“Aye. Lo credevo anch’io.
Invece scopro che stai per partire per Approdo del Re” ricambiò lo sguardo di
rimprovero di lei.
“Quindi avevo ragione su te
e Daenerys” lo colpì alla spalla e al ventre con un solo aggraziato movimento,
scartando per evitare il suo fendente in risposta.
La sua lama calò di nuovo
costringendo Arya ad arretrare vistosamente per riguadagnare una buona difesa.
Le restituì molti dei colpi che fino a quel momento aveva incassato e quando si
rese conto che sua sorella era in grado di assorbire i suoi attacchi come
qualsiasi altro avversario si lasciò andare ad un duello più intenso. Fu l’acciaio
a concludere il loro battibecco, come un tempo facevano le gare di tiro con
l’arco e le corse a cavallo fino alle porte di Città dell’Inverno.
“Combatti bene” Jon appese
la spada al piolo.
“Aye. La prossima volta sarò
io a vincere” rispose Arya rinfoderando Ago.
“Che intenzioni hai?” la
trattenne per un braccio costringendola a guardarlo. “Con Cersei intendo? Non
puoi affrontare tutto il suo esercito”
“Non affronterò nessun esercito.
Ho un piano” tagliò corto Arya.
“Finalmente avete finito” la
voce di Sansa li riportò alla realtà. “Possibile che io sia l’unica con un po’
di discernimento qui? Dovreste andare a prepararvi”. Si voltò infastidita e andò
via.
“Sarà meglio che vada a
vedere cosa succede” Arya seguì la sorella, lasciandolo con le sue domande e le
sue paure.
I bracieri rendevano l’aria
calda e opprimente. La sala grande era un turbinio di voci che si
sovrapponevano l’una all’altra.
Quando Jon varcò la porta
con Sansa al braccio gli uomini di Grande Inverno inneggiarono ai loro Signori.
Arya camminava poco dietro di loro con Samwell Tarly che spingeva la sedia a
ruote di Bran. Il giovane Stark avrebbe preferito restare nel Parco degli Dei
ma ancora Sansa aveva preteso anche la sua presenza. Bran aveva l’aria stanca e
malaticcia ma aveva rassicurato tutti quando gli avevano suggerito di restare
nel castello, anche se in modo piuttosto tetro. Si era limitato a rispondere
alle loro proteste dicendo che non era ancora giunta la sua ora.
Daenerys e la sua corte li
raggiunsero poco dopo. Il loro ingresso non suscitò lo stesso successo, ma gli
occhi di tutti seguirono comunque la regina Daenerys attraversare la sala in
tutto il suo splendore. Vestiva i colori della sua casata. Un abito nero, la
gonna a più strati e sul corpetto ricamato un drago a tre teste in filo rosso
scarlatto. Indossava anche la corona d’oro rosso modellata in tre teste di
drago e un mantello nero bordato anch’esso d’oro rosso e pelliccia. I capelli
bianco-argentei erano acconciati nella classica maniera Dothraki: una miriade
di trecce tenute insieme da tante campanelle d’argento.
Sedette alla sua sinistra
rivolgendogli un sorriso. Tyrion Lannister caracollò al suo fianco fino al
posto d’onore accanto alla regina. Anche Ser Jorah, Missandei e Verme Grigio li
affiancarono, sedendo al tavolo reale.
I festeggiamenti si
prolungarono per tutta la sera. Un giovane cantastorie li intrattenne
accarezzando la sua arpa di legno levigato. Cantò L’Orso e la Fanciulla bionda e Il
Coraggioso Danny Flint per omaggiare il Nord e La Danza dei Draghi e Alysanne
in onore della regina Daenerys Targaryen. Concluse la sua esibizione con Sette Spade per Sette Fratelli per tutti
i guerrieri che avrebbero difeso le loro terre dagli Estranei.
Per ringraziarlo Sansa lo
invitò a sedere al tavolo reale e godere della loro ospitalità, ma il giovane
declinò gentilmente l’offerta preferendo sedere nella sala insieme a lord e
lady.
La prima portata fu una
densa zuppa di verdure e funghi servita in ciotole di legno istoriate, seguita
da frittelle di grano che accompagnavano un abbondante arrosto di cacciagione.
Jon mangiò poco e bevve anche meno. Al contrario del resto dei suoi commensali.
Tyrion Lannister non lesino il cibo né, tantomeno, il vino. E persino Daenerys
si profuse in complimenti per i cuochi di Grande Inverno.
Le ancelle stavano servendo
tartine al limone accompagnate da grosse ciotole piene zeppe di olive, cipolle
bollite al rosmarino e taglieri ricolmi di ogni tipo di formaggio, quando Sansa
si sporse verso di lui. “Dovresti dire qualcosa per ringraziarli di essere qui”
Quando Jon finalmente si
alzò in piedi la cena volgeva ormai al termine. Tyrion, che aveva decisamente
esagerato con il vino, e Gendry, seduto accanto ad Arya, cominciarono a battere
le coppe sul tavolo per richiamare l’attenzione.
Gli occhi di tutti si
posarono su di lui e sulla sala calò un’immobilità quasi surreale, rotta
soltanto dalle ancelle che svolgevano le loro mansioni.
Si schiarì la voce. “Miei
Lord… Amici”. Alzò la coppa e tutti lo imitarono.
Ma non ebbe tempo di
brindare alla loro alleanza. Il silenzio fu rotto dal suono di un corno,
talmente vicino da far vibrare le finestre e gelare il sangue nelle vene. “Aaaaauuuuuuu”.
L’intera sala trattenne il
fiato.
“Fa che sia solo uno”
piagnucolò Sam Tarly sporgendosi per rassicurare il piccolo Sam in braccio a
Gilly.
Dopo interminabili attimi di
attesa, quando apparve chiaro che non vi sarebbero stati altri richiami di
corno, Ser Davos raggiunse Jon al centro del palco reale.
“Dovremmo andare a vedere
cosa succede, mio Signore” gli sussurrò.
Jon si accomiatò in fretta
dai suoi commensali scambiando solo uno sguardo preoccupato con Daenerys.
Il cancello nord era aperto
e la folla nel cortile si accalcava per osservare i nuovi arrivati. Non
portavano alcun vessillo quindi fu impossibile capire di chi si trattasse fino
a che non se li ritrovò di fronte.
Tormund Veleno dei Giganti e
Lord Beric Dondarrion conducevano i cavalli per le briglie seguiti da non più
di una trentina di uomini, Bruti e Guardiani della Notte. Alcuni di loro
reggevano delle torce improvvisate, altri arrancavano per scendere da cavallo
sostenuti da qualche compagno.
“La Barriera è stata
spezzata. Forte Orientale e il Castello Nero sono caduti. Arrivano”