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Autore: x_X_Rapunzel    08/07/2018    3 recensioni
[Ispirato a "Suicide Squad"] La storia di come l'ingenua dottoressa Harleen Quinzel diventò la famigerata Harley Quinn.
***
Harleen guardò la pistola per un secondo e poi alzò lo sguardo, incontrando gli occhi azzurri del Joker.
«Sparami, fallo.» disse, nel suo tono non c’era paura solo disperazione «Non voglio vivere senza di te.»
Il clown alzò gli occhi al cielo, infastidito da tutta questa sua devozione per lui. “Stupida ragazzina!” pensò “Mi stai mettendo i bastoni tra le ruote!”. Avrebbe potuto spararle un colpo, dritto alla testa, e se la sarebbe levata di torno per sempre. Ma lei non aveva paura di morire, no. E che gusto c’era nell’uccidere se la tua vittima non ha paura? Dove sta il divertimento?
«Attenta a quello che dici.» l’avvertì
«Sono disposta a morire per te, perché non lo capisci!» urlò Harleen esasperata «Farei qualsiasi cosa per restare al tuo fianco»
Quelle parole risuonarono nella mente del Joker. “Farei qualsiasi cosa per restare al tuo fianco”. Era veramente disposta a tutto per lui? L’avrebbe scoperto, allora. E forse sarebbe anche riuscito a togliersela dai piedi nel frattempo. “La tua assoluta devozione sarà la tua rovina, Harleen Quinzel.”
Genere: Angst, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Harley Quinn aka Harleen Quinzel, Joker aka Jack Napier
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Method to the Madness



 


Il Joker lanciò un ultimo sguardo alla dottoressa Quinzel, il suo corpo era immobile sul lettino mentre le lacrime che aveva versato s’erano ormai asciugate, e fece un lungo, soddisfatto sospiro.
Mise gli elettrodi da parte e prese un set di vestiti puliti dalle mani di Frost. 

«Bella ragazza, capo.» commentò «Un vero peccato che sia dovuta finire così.»

Il Joker s’infilò la nuova maglietta, abbottonandola mentre osservava il suo riflesso nel piccolo specchio della stanza.

«Non avrebbe mai funzionato» rispose, la sua voce sembrava distante «Cercava continuamente di mettermi a posto.»

«E chi ha detto che lei ha qualcosa che non va?»

Il clown sorrise. Non un sorriso qualunque. No, quello era il sorriso.
I lati della sua bocca si alzarono a formare una grande, micidiale smorfia e le sue griglie di metallo iniziarono a scintillare.
Questo era il sorriso di una iena.
Questo sorriso Frost l’aveva già visto, e non smetteva mai di terrorizzarlo.

I due uscirono dal laboratorio medico.
Al di fuori, il comandante dei paramilitari del Joker osservava il direttore dell’Asylum mentre se ne stava rannicchiato in posizione fetale sul pavimento, cosciente del fatto che prima o poi sarebbe morto.
La squadra di militari era vestita con costumi strani, bizzarri, contorti.

Il comandante prese la sua pistola e la spinse contro la tempia del dottor Arkham.
«Bang!» urlò

Scoppiò a ridere mentre indicava ai suoi uomini che il lavoro era terminato. Uscirono tutti, allontanandosi dall’edificio e lasciando dietro di sé caos e distruzione.


 

***

 

Harleen aprì gli occhi di scatto.
La fastidiosa luce della lampada sistemata accanto al lettino l’aveva svegliata.
A fatica, la ragazza si tirò su a sedere. Le cinghie erano state allentate.
Si guadò intorno per capire dove si trovava e cosa fosse successo.

La testa le pulsava costantemente e un senso di nausea le attanagliava lo stomaco.
La sua mente era confusa, i ricordi sbiaditi. Poco a poco, però, iniziò ad orientarsi.
Il lettino, la lampada, il soffitto scuro: si trovava nell’ala medica dell’Asylum. Ma come ci era finita lì?

Ad un tratto li vide. Gli elettrodi appoggiati sul tavolo degli strumenti accanto a lei, ancora sporchi di gel.
Qualcuno l’aveva presa di forza e l’aveva portata qua.
Poi l’avevano immobilizzata e…Mr. J le aveva fuso il cervello usando l’elettroshock.
Barcollando, Harleen riuscì a scendere dal lettino e camminare verso l’uscita.
La porta era stata fatta esplodere ed il corridoio su cui si affacciava era quasi totalmente distrutto, numerosi corpi erano a terra.

«Mr. J?» chiamò la ragazza, guardandosi intorno «Sei qui? Dove sei?»

Niente. Nessuna risposta. Solo l’eco della sua voce. L’aveva abbandonata lì. Da sola.
Aveva promesso che sarebbe restato con me” pensò, le lacrime ora le rigavano il viso pallido.
Le parole di Frost, quella mattina, le ritornarono in mente. L’aveva avvertita ma lei non aveva voluto ascoltarlo. Un’improvvisa voglia di accasciarsi a terra e lasciarsi morire le balenò in testa.
Come avrebbe fatto a vivere senza il suo Mr. J?

Ma qualcosa scattò dentro di lei, prima che potesse fare qualsiasi cosa. No, non si sarebbe lasciata morire.
Lei non era una vigliacca. “Non può finire così!” urlò dentro di sé.
L’avrebbe trovato, anche a costo di cercare per giorni e giorni.
E quando finalmente avrebbe trovato Mr. J, niente e nessuno sarebbe più riuscito a dividerli.

«Dottoressa…Q-quinzel?»

Harleen si girò di scatto. E poi lo vide. Il dottor Arkham, rannicchiato in posizione fetale, tremante e in evidente stato di shock.

«Dottor Arkham» mormorò Harleen, accucciandosi sul pavimento accanto a lui.

«U-una carneficina…hanno ucciso tutti…» balbettò l’uomo, cercando con fatica di mettersi a sedere.

«Lei ha visto dov’è andato?» domandò Harleen

«Chi?» chiese il direttore, chiaramente spaesato.

«Il Joker,» rispose «devo trovarlo»

Il dottor Arkham sgranò gli occhi «È impazzita? No, lei deve restare qua e a-aiutarmi a contattare la polizia.»

«Mi dispiace, ma devo trovarlo. È una questione di vita o di morte.» protestò Harleen

«No, non lo faccia!» esclamò il dottor Arkham, la sua schiena era ora contro il muro ma il corpo ancora gli doleva «Lui le ha dato una grande possibilità, dottoressa. L’ha lasciata vivere. Non le basta questo?»

Harleen scosse la testa, rassegnata «La mia vita non ha senso senza di lui. Arrivederci, dottor Arkham.»

Senza perdere altro tempo, si levò il camice di dosso gettandolo a terra ed iniziò a correre verso l’uscita dell’Asylum, mentre la voce del dottor Arkham le urlava di fermarsi e tornare indietro.

Chissà quanto tempo era già passato, non poteva permettersi di perderne dell’altro se voleva riuscire nel suo intento.
L’aria fredda della notte colpì la sua pelle e la fece rabbrividire.
La ragazza si guardò intorno: ora che era all’esterno, riuscì a comprendere l’enorme devastazione che aveva colpito l’edificio.

Brandelli di muro erano a terra, insieme a numerosi cadaveri di prigionieri e guardie, alcune parti erano addirittura esplose lasciando il nulla assoluto al loro posto.
Più in là, sul marciapiede della strada, una motocicletta parcheggiata attirò la sua attenzione. Harleen si guardò attorno cautamente, assicurandosi che nessuno fosse nei paraggi, prima di montare a bordo e sfrecciare via nella note tra le strade di Gotham.
 


Harleen era in sella alla moto, sfrecciando a tutta forza. “È passato troppo tempo” continuava a ripetersi “Non lo troverò più. Mi ha abbandonata”.
Passò dell’altro tempo finché, improvvisamente, il rumore del motore di un’auto sportiva attirò la sua attenzione. Una Lamborghini di un inconfondibile color porpora stava sfrecciando pochi metri davanti a lei.
L’aveva trovato. Era lui.

La ragazza iniziò ad accelerare sempre di più, il vento le sferzava nei capelli biondi con violenza, facendoli andare in tutte le direzioni. In poco tempo, riuscì ad affiancarsi all’auto. Lo vide dentro all’abitacolo. 

«Mr. J!» urlò con tutta la sua voce, senza staccare gli occhi da lui. Il clown si voltò leggermente verso di lei e roteò gli occhi. Con una mano poi si massaggiò la tempia mentre l’altra teneva il volante.
Come diavolo ha fatto?” pensò “Pensavo di essermela tolta dai piedi per sempre”.

Harleen digrignò i denti, la stava ignorando. Non l’avrebbe lasciato scappare, fosse l’ultima cosa che faceva.
Presa dalla rabbia, iniziò ad accelerare ancora fino a superare l’auto di diversi metri.
Si guardò indietro una sola volta prima di spingere la moto verso terra e, con un veloce salto, riuscì ad arrampicarvisi sopra. La motocicletta iniziò a raschiare il terreno, diverse scintille fuoriuscirono dall’attrito, fino a che non si fermò completamente a terra.
Senza perdere tempo, Harleen iniziò a camminare dritto andando incontro alla Lamborghini che stava sfrecciando verso la sua direzione.

Il Joker grugnì infastidito e frenò di colpo l’auto a pochi passi dalla ragazza. Harleen batté le mani sul cofano dell’auto, in preda all’ira e alla disperazione.

«Non voglio che mi lasci!» urlò con le lacrime agli occhi

«Tu…piccola rompiscatole.» mormorò il Joker prima di uscire dall’auto.

«Ho fatto tutto quello che mi hai detto…ogni sfida, ogni prova…ti ho dimostrato che ti amo, adesso tu devi accettarlo!» la voce di Harleen era alta ma il suo fiato corto. Era esausta, stanca e disperata.
Tutto quello che voleva era lui.

«Capito, capito, capito» parlò il Joker, gesticolando «Io, non sono qualcuno che può essere amato. Sono un’idea, uno stato d’animo.»

Harleen lo fissava, le lacrime che si erano affollate nei suoi occhi azzurri le impedivano di vedere chiaramente.
Il Joker iniziò a camminare, girandole intorno «Io realizzerò i miei desideri secondo il mio piano e tu, dottoressa, non fai parte del mio piano.»

«Tu devi fidarti di me, mi devi credere» sospirò, afferrandogli delicatamente il viso tra le sue mani «Prometto che non ti farò del male.»

Il Joker si allontanò da lei con un bruscamente, ridacchiando «Prometti, prometti?»

Con una mossa veloce, Harleen infilò la mano nella giacca del clown, estraendo la sua pistola e puntandogliela sulla fronte.
«Non farmi male…» sussurrò il Joker a voce bassa fingendo di avere paura, alzando le mani in segno di resa «Sei brava a sparare? Allora, avanti… fallo, fallo, fallo, fallo…»

«Il mio cuore ti terrorizza e una pistola alla fronte no?» gli domandò Harleen piangendo, la voce le tremava.

«Fallo!» urlò il clown e vedendo l’esitazione negl’occhi della ragazza, ne approfittò per strapparle la pistola di mano, iniziando a ridere come un matto.

«Se tu non fossi così pazza, penserei che sei folle» parlò di nuovo, il suo tono ora era serio.

Harleen rimase immobile a guardarlo. Le lacrime non accennavano a smettere e il suo cuore si era appena spezzato.
«Vattene via.» minacciò il Joker ma Harleen non si mosse di un centimetro. Dopo tutto quello che aveva fatto, non se ne sarebbe andata così facilmente.

«No…» sussurrò

«Cosa hai detto?» il clown s’avvicinò a lei con grandi passi, il suo tono era tutto fuorché affabile.

«Non me ne andrò via, non ti abbandonerò come tu hai fatto con me!»

«Stai tirando troppo la corda, ragazzina» la voce del criminale era bassa, intimidatoria. Iniziò a maneggiare la sua pistola, sicuro che al più presto sarebbe potuta tornargli utile.

Harleen guardò la pistola per un secondo e poi alzò lo sguardo, incontrando gli occhi azzurri del Joker.
«Sparami, fallo.» disse, nel suo tono non c’era paura solo disperazione «Non voglio vivere senza di te.»

Il clown alzò gli occhi al cielo, infastidito da tutta questa sua devozione per lui. “Stupida, ragazzina!” pensò “Mi stai mettendo i bastoni tra le ruote!”.
Avrebbe potuto spararle un colpo, dritto alla testa, e se la sarebbe levata di torno per sempre. Ma lei non aveva paura di morire, no. E che gusto c’era nell’uccidere se la tua vittima non ha paura? Dove sta il divertimento?

«Attenta a quello che dici.» l’avvertì

«Sono disposta a morire per te, perché non lo capisci!» urlò Harleen esasperata «Farei qualsiasi cosa per restare al tuo fianco»

Quelle parole risuonarono nella mente del Joker. “Farei qualsiasi cosa per restare al tuo fianco”. Era veramente disposta a tutto per lui? L’avrebbe scoperto, allora.
E forse sarebbe anche riuscito a togliersela dai piedi nel frattempo. “La tua assoluta devozione sarà la tua rovina, Harleen Quinzel.” pensò mentre un sinistro sorriso si fece strada sul suo volto.

«Qualsiasi cosa, dici?» le chiese. Harleen annuì. Si, qualsiasi cosa. «Bene, allora sali in auto. Adesso.»

Harleen esitò per un istante, incredula. Aveva cambiato idea? L’aveva davvero convinto?

«Muoviti» ruggì il Joker «Prima che cambi idea…»

Harleen non se lo fece ripetere due volte: salì nel sedile del passeggero e il Joker mise in moto la Lamborghini.



 
***


 
Il Joker la stava trascinando su per le tortuose scale d’acciaio mentre lei ridacchiava guardandosi intorno, cercando di capire dove si trovassero.
Erano all’interno di un’enorme, sterminata fabbrica, grande almeno quanto un campo da football.
Harleen fissò la grossa rete di condutture ancorate appena sotto il tetto, delle condotte inferiori svuotavano un liquido luminoso all’intero di grandissime cisterne aperte.
Un cartello d’acciaio era stato fissato su un lato della vasca:
 

 
ACE CHEMICALS
Fondato nel 1921
 

«Qui,» le disse, interrompendo i suoi pensieri «Io sono nato proprio laggiù.»
Nelle vasche.

Ne osservò una, rimanendo incantata dal movimento della sostanza chimica sotto di lei. Il suo luogo di nascita, la sua origine. Harleen voleva disperatamente la stessa cosa.

Lui l’afferrò per le spalle e la fissò con i suoi occhi ipnotici. Quasi sembrava volesse leggerle l’anima.
«L’hai detto prima, dottoressa. Moriresti per me?» le chiese

Harleen annuì con certezza «Sì.»

«No. Troppo facile.» s’avvicinò, i suoi occhi l’attirarono a sé «Saresti disposta a…vivere per me?» poi sorrise, quel suo sorriso maniacale che la terrorizzava.
La ragazza tremò. C’era del potere in lui che non poteva negare, e voleva che quel potere la distruggesse. Era come un leone sul punto di ingoiare un topo e lei non vedeva l’ora di essere divorata.

Ma lui non la lasciò andare. Non ancora.
«Accoglierai me e solo me?» le chiese. Annuì vigorosamente.

Certo. Mai ci sarà qualcun altro.

«Unirai il tuo spirito con il mio, nell’odio?»

Se non te, chi altro?

«Consegnerai la tua anima a me?»

Sì, è quello che ho cercato di fare per tutto questo tempo. 

«Ridi del mondo con disgusto?»

L’ho sempre fatto, sempre lo farò. Soprattutto se potrò riderne insieme a te.

Tutto quello che gli rispose fu semplicemente “Sì.”

Il Joker si allontanò da lei di qualche passo. L’osserva, la studiava. Ora era lui il dottore e lei la sua paziente.
«Non promettere una cosa così, con leggerezza» disse, la sua espressione si era fatta seria «Il desiderio diventa resa e la resa diventa…potere!
Lo vuoi veramente?»

Lo guardò. C’era immenso amore nei suoi occhi mentre osservava l’uomo per cui avrebbe fatto qualsiasi cosa le avesse chiesto.
«E quindi, chi scegli?» le chiese, avvicinandosi a lei e accarezzandole il viso «Harleen Quinzel oppure me?»

«Te.» rispose, senza esitazione «Sceglierò sempre te

Il Joker sorrise soddisfatto. Era nel palmo delle sue mani. Avrebbe potuto farle qualsiasi cosa desiderasse e lei non si sarebbe opposta.

«Allora addio, dottoressa Quinzel.» fece un passò indietro e le indicò il bordo della vasca. Senza esitare, Harleen saltò giù dalla piattaforma e si tuffò nel liquido che ribolliva al di sotto.
 



Colpito dal suo gesto, Il Joker la guardò sparire in quella miscela infernale. Era sparita.
Per sempre” pensò “Problema risolto”. Si allontanò dal bordo e si ripulì le mani, ma poi si fermò e si mise una mano sul cuore.

Sentiva qualcosa dentro di lui. Un dolore, un fastidio pungente. Scosse la testa. Non poteva essere. Qualsiasi cosa stesse provando era solo un’illusione della sua mente.

No, no, no… non ho bisogno di qualcuno che mi completi. Sono già solo abbastanza per due famiglie.
Ma il dolore era nel suo cuore, e non accennava ad andarsene.

Si voltò e osservò la vasca, ma non c’era ancora nessun segno di lei.
Non l’aveva vista ritornare in superficie, soffocare a causa delle sostanze chimiche e infine galleggiare a faccia in giù in quella melma e morire. Questo era il piano che aveva in serbo per lei.

Senza pensare ancora, si gettò dalla piattaforma e s’immerse nel liquido ribollente. Sparì nella vasca. Il tempo passava.
 

Tic…

Tic…

Tic…
 

Improvvisamente, riemerse dalla superficie.
Il corpo della ragazza era morbido tra sue braccia.
Mentre galleggiavano nel liquido, osservò la sua pelle ed iniziò a ridere.
La sua carne era diventata bianca, proprio come la sua. L’unica differenza era che quella della ragazza risplendeva, aveva un seducente bagliore alabastro. La guardò a lungo prima di accorgersi che non stava respirando. Era già morta?

«No, no, no, no» disse «Non ho ancora finito con te. Ho ancora molti anni di umiliazioni da infliggerti, dottoressa.»
Posò le labbra sulle sue, infondendo di nuovo la vita nel suo corpo.

Finalmente, i suoi occhi si aprirono.
«Aspetta, aspetta,» le disse «Tu non sei la dottoressa Quinzel.»

Ancora non sapeva se doveva  essere entusiasta del fatto che fosse ancora viva, oppure irritato che non fosse più la donna che sarebbe stata disposta a morire per i suoi peccati.
«I tuoi occhi. La tua pelle. I tuoi capelli. È tutto diverso. Se non sei la dottoressa Harleen Quinzel, allora chi sei?»

Lo guardò negl’occhi e sorrise.
«Sono Harley Quinn,» gli disse «Tu sei il mio Puddin’.»

Il Joker sì avvicinò e la baciò forte sulle labbra.
Quando si staccarono per riprendere fiato, lei continuò «Tu sei il mio Mr. J



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Note dell' autrice:
E qui si conclude la storia. 
Questo capitolo è stato il più difficile da scrivere per me ma spero che sia venuto fuori bene.

Come avevo scritto nello scorso capitolo, anche qui ci sono state delle traduzioni.
Nella prima scena e per quanto riguarda l'ultima parte (la scena dell'acido) ho deciso di tradurre dal libro "Suicide Squad", aggiungendo dettagli del film (come avrete potuto riconoscere alcune frasi) e qualcosa di mio. 
Ci tengo però a precisare che il libro da cui ho tradotto queste parti è stata l'ispirazione maggiore. 

Voglio ringraziare tutti coloro che hanno recensito la storia e chiunque l'abbia letta. 
Questa storia l'avevo scritta tempo fa, poco dopo aver visto Suicide Squad ed è stata una mia amica a convincermi a pubblicarla qui. 

Ho un altro pezzo già pronto riguardo Joker e Harley, che sarebbe una specie di sequel a questa storia diciamo, se siete interessati a leggerlo sarò contenta di pubblicarla. 

Se questa storia e il capitolo vi sono piaciuti, lasciatemi delle recensioni. 

Grazie per essere arrivati fin qua :)

E ci rivedremo 
(forse) nella prossima storia ♥

 
  
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