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Autore: corvonero83    10/07/2018    2 recensioni
Lo sappiamo tutti che Steve è stato in Wakanda spesso tra la Civil War e Infinity War. Questo è quello che nella mia testa è successo quando Bucky si è risvegliato.
Dal testo:
"Steve strinse ancora di più quella mano calda e Bucky continuò -Come puoi volermi al tuo fianco? Te l’ho già detto io non merito tutto questo. Non merito tutto il tuo amore!-
Steve sospirò -Infatti. Non lo meriti....."
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Steve Rogers
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Come i cerchi negli alberi
hai contato i miei anni
hai creato un silenzio
che non scorderò
l'hai portato con te

C'è la pace che vorrei
chiusa in fondo agli occhi tuoi
due fondali che non hanno età
Cieli estivi limpidi
piovono satelliti
tutto gira forte intorno a noi
Siamo nuove origini
fra le vecchie ingenuità
dimmi che non moriremo mai!
Le panchine tra gli alberi,
tra i graffiti degli anni,
mi hai giurato che il tempo
non ci cambierà.
C'è la pace che vorrei,
chiusa in fondo agli occhi tuoi
due fondali che non hanno età.
Cieli estivi limpidi
si alzano gli oceani,
tutto gira in fretta intorno a noi
che respiriamo liberi
aria e lacrimogeni
stretti contro il tempo che verrà.
Siamo nuove origini
fra le vecchie ingenuità,
dimmi che non moriremo mai…..

Cieli estivi limpidi,
piovono satelliti,
tutto gira forte intorno a noi….

(Subsonica- I cerchi degli alberi)

 

 

Dimmi che non moriremo mai

 

Una lepre incontrò un vecchio Baobab dai folti rami e gli chiese se poteva riposarsi alla sua ombra.
Il Baobab acconsentì volentieri e dopo un po’ chiese alla lepre “Vorresti assaggiare le mie foglie?”.
“Magari” rispose la lepre. Il Baobab fece gustare le sue foglie alla lepre che esclamò: “Sono proprio dolci e saporite le tue foglie”.
Il Baobab rispose: “Perché non hai mai provato i miei fiori: assaggiali e vedrai che buoni”. La lepre non se lo fece dire due volte e subito assaggiò “sono veramente gustosissimi”.
Una iena che passava di lì, invidiosa e affamata, pensò di approfittare di tutto quel ben di dio, e senza chiedere niente, senza dire “per cortesia”, si avvicinò al Baobab per accaparrarsi tutto quello che voleva.
Il Baobab, risentito gli fece cadere in testa un vecchio ramo secco che fece stordire la iena. Quando si riprese, dolorante e zoppicando se ne andò via con la coda tra le gambe.

-La morale di questa storia, bambini è che gli alberi sono generosi. Soprattutto con noi esseri umani e dobbiamo assolutamente rispettarli per questo. Sempre!-

Tanti occhietti vispi la guardavano affascinati e stupiti. I bambini erano entusiasti e tra di loro ce n’era uno un po’ troppo cresciuto che la guardava allo stesso modo, catturato dalle leggende di quella terra incantata.

Gli occhi di Bucky erano fissi su Okoye. Come i bambini avrebbe voluto altre storie ma i piccoli dovevano andare a letto, lui invece si doveva incontrare con la principessa Shuri per un controllo al braccio.

Da quando si era risvegliato in Wakanda il Soldato era seguito, monitorato, quasi ogni ora.

-Sergente Barnes posso accompagnarla dalla principessa Shuri?-

Okoye si avvicinò a quel ragazzo tutto arruffato. Non lo aveva ancora inquadrato bene, il dolore che leggeva nei suoi occhi e soprattutto l’innocenza che vi trovava quando raccontava le sue storie, le davano sensazioni positive.

Il principe T’Challa, la sua piccola panterina ormai diventata re, gliene aveva parlato come di un uomo divorato dai demoni che doveva essere curato.

Purificato e aiutato a tornare al mondo.

Un lupo bianco da civilizzare”

-Volentieri- parlava a monosillabi e piccole parole. Raramente lo aveva sentito fare discorsi lunghi e quasi sempre era stata Shuri a riuscire in quell’impresa. Ma stavolta il ragazzo la stupì.

-Perché si ostina a chiamarmi Sergente e non semplicemente Bucky?- era insistente su quel punto, quasi puntiglioso.

-Perché lei è un Sergente e io sono il capo delle guardie reali. Le mancherei di rispetto se non riconoscessi il suo titolo- Okoye lo guardò seria mentre si stavano avvicinando al palazzo -Perché le da così fastidio?- ci provò.

Bucky fece spallucce -Non lo so, Bucky mi piace di più-

Non le disse la verità. Non le disse che lui non sapeva ancora bene chi fosse.

Quando gli era tornata la memoria era come se si fosse svegliato di colpo da un sonno profondo. Un coma.

Sapeva di essere tre persone: il Soldato d’Inverno, il Sergente Barnes e Bucky.

Il Soldato era riuscito a seppellirlo in fondo al suo cuore. Portava ancora molte delle sue ferite nell’anima e sul corpo, ma non voleva più essere accostato a quel mostro.

Il Sergente Barnes era Bucky ma allo stesso tempo erano i due lati di una stessa medaglia.

Steve sotto a quel ponte, quando lo aveva riconosciuto, lo aveva chiamato Bucky. Non James ma Bucky. E in quelle poche occasioni in cui si erano scontrati o ritrovati aveva continuato a chiamarlo così.

Quindi lui voleva essere solo Bucky. Nessun’ altro.

Voleva essere il Bucky di Steve. Punto.

E fortunatamente quella pazza di una scienziata che lo aveva rimesso in forze forse era l’unica ad averlo capito.

-Bucky! Bentornato!- Shuri lo accolse come sempre con entusiasmo. Era una ragazza solare e piena di voglia di vivere e soprattutto era un genio della medicina e della scienza. Lo aveva davvero fatto rinascere.

-Ciao Shuri- disse lui timidamente. Era anche l’unica a cui riusciva a dare del tu spontaneamente. Con Okoye non riusciva e con T’Challa si sforzava per non offendere il giovane re.

-Come ti senti oggi?-

-Bene, ancora un po’ spaesato ma bene- aveva quasi paura a dirlo ad alta voce.

Erano passate due settimane dal suo risveglio.

-Domani mattina ti innesto il braccio nuovo- la ragazza sprizzava gioia da tutti i pori.

-Domani?- era stupito -Non dovevamo aspettare qualche settimana in più?-

-In teoria si ma domani ci sarà una sorpresa e devi essere pronto!-

Bucky la guardò senza capire. Il pensiero andò subito a Steve. Nessuno gli aveva più nominato il Capitano. Avevano risposto alle sue domande ma nient’altro, sapeva solo che il suo amico era venuto molte volte mentre era ibernato.

Quasi a volerlo vegliare.

“Pensaci: Stati Uniti-Wakanda per stare con te solo poche ore e tu neanche potevi saperlo!” l’entusiasmo di Shuri.

Già! Magra consolazione. Lui voleva parlare con Steve!

-Cosa succede domani?-

-Arriva il Capitano Rogers!-

Appunto! Bucky sbiancò.

Voleva vedere Steve ma si rese conto solo in quel momento di non essere pronto. Perché questa volta non c’erano ostacoli tra di loro, nessun pericolo, nessuno che voleva ucciderli, anzi si trovavano in un posto bellissimo e pieno di pace dove avrebbero davvero potuto ritrovarsi. E lui capì di avere paura di affrontarlo.

-Ti serve il tuo braccio e...- Shuri annusò l’aria mentre gli stava controllando la pressione -Mio dio Bucky! So che vivi nella parte del villaggio dove stanno i bambini con cui giochi costantemente e che dai una mano con legna e bestiame ma tu hai bisogno di un bagno!- Shuri lo analizzò con cura -Soprattutto i capelli! Da quanto non ti lavi?- era seria ma non sorpresa. Quando non lo vedeva per più di un giorno lui si riduceva così, troppi pensieri nella testa per badare a se stesso.

-Dici?- lui ci rimase male.

-Dico!- lei gli indicò uno specchio.

Bucky si vide smagrito, i capelli arruffati e unti, la barba ispida. Non era proprio una bella visione, vero.

-Domattina vieni qui, ti fai un bel bagno e ti innesto il braccio- era un ordine.

-A che ora arriva Steve?- ma Bucky stava già pensando ad altro.

-Verso sera. T’Challa ha organizzato un banchetto- Shuri percepì la sua agitazione -Vedrai che andrà tutto bene!-

Voleva crederci Bucky, voleva crederci con tutto il cuore ma aveva paura. Dopo tutto quello che era successo, dopo che Steve si era messo contro alcuni dei suoi amici per proteggerlo, dopo che assieme avevano quasi massacrato di botte Tony Stark, verso il quale da Soldato aveva un debito enorme, dopo che Steve aveva rinunciato al suo scudo per lui, come si doveva sentire?

Lui era ancora convinto di non essersi meritato le gesta eroiche dell’amico. Non si sentiva di valere così tanto. Anche quando ripensava al passato, quel passato che era tornato a riempirgli la testa di ricordi, anche se pensava a loro due bambini, ragazzi e quasi adulti, sapeva di non essere lui l’eroe. Lo scricciolo di Brooklyn che lottava per i suoi ideali era sempre stato il suo eroe. Solo non glielo aveva mai detto, aveva sempre e solo approfittato dell’adorazione che leggeva negli occhioni azzurri del piccolo Steve, adorazione verso di lui, James Barnes: più grande, fisicamente perfetto, bello e sfacciatamente arrogante.

Ma dentro di se Bucky si era sempre sentito nulla in confronto al piccolo amico.

Non dormì sereno quella notte. Era impossibile per lui.

Aveva voglia di vedere Steve. Forse sarebbe stato meglio dire che aveva voglia di Steve, e molto probabilmente la cosa più sensata e giusta da fare era confessare all’amico che quello che lo legava a lui non era solo un senso di profonda e fedele amicizia. Si ma come? Soprattutto dopo che Steve aveva baciato quella biondina! Peggy poteva essere una infatuazione ma il bacio era stato vero. Bucky pensò molto a quel bacio e rimuginò tra se che quando aveva sorriso meccanicamente in realtà dentro di se aveva provato una fitta improvvisa. Una rottura che associata alle vicende che erano accadute in seguito gli avevano fatto capire che il bene che voleva al Capitano era amore,

semplice, puro amore.

Si sentì stupido perché comunque non era più un ragazzino e decise di agire, seguire il cuore.

Sapeva benissimo che non sarebbe stato facile ma doveva farlo. Riuscì a dormire un poco e quando si svegliò al mattino si sentì pronto ad affrontare quell’incontro.

 

-Eccolo il mio paziente preferito!- l’allegria di Shuri fu contagiosa. Sorrise e la ragazza notò che per una volta quel sorriso era sincero, non forzato, non tirato. Sopratutto non velato di timidezza. Era un sorriso sincero. Finalmente lesse negli occhi di Bucky felicità e la collegò subito all’arrivo del Capitano Rogers.

-Guarda!- aprì una valigetta in metallo e il ragazzo si trovò davanti il suo braccio. Anzi era un braccio nuovo, bello e luccicante, sicuramente funzionale.

Ma l’emozione venne presto sostituita da un senso di angoscia. Quel braccio era il suo male. La sua arma di difesa e di offesa. Quel braccio l’aveva trasformato nel Soldato d’Inverno. Quel braccio era il Soldato d’Inverno.

Un moto di disgusto gli si formò in viso.

Shuri se ne accorse e in un primo momento ci rimase male. Aveva lavorato sodo per fare tutto in tempo.

-Cosa c’è?- era titubante -Non ti piace?-

-No! Assolutamente!- Bucky si rese conto di averla ferita -E’ bellissimo e credo sia molto più funzionale dell’altro...- la fissò con i suoi occhioni da cucciolo.

-Ma?- lo vide sincero e voleva capire.

-Questo braccio è il mio incubo, Shuri. Dovrò imparare a conviverci ma per ora se non ti dispiace non voglio metterlo. Sto imparando a cavarmela anche con un arto solo- abbassò lo sguardo -So di non essere una bella visione ma credo che Steve mi potrebbe apprezzare di più senza questo. Io con questo braccio ho cercato di ucciderlo...- abbassò il tono di voce che Shuri percepì incerto e la ragazza capì benissimo cosa intendeva.

-Credo che il Capitano Rogers ti appezzi in qualsiasi modo. Ma se tu ti senti meglio così non mi offendo Bucky. Anzi posso solo capire . Però una cosa è certa: fila a lavarti!-

Gli diede una cassetta con vari prodotti per lavarsi.

-Fila! E quando sei pronto chiamami che ti aiuto con i capelli- Shuri rise e quella dolcezza lo aiutò a non sentirsi un bambino imbranato. Lei non ebbe problemi abituata com’era a gestire i monelli del villaggio, lavare i capelli era per lei un passatempo rilassante. Non le importava se quello a cui stava districando i nodi non era un bambino ma un ragazzone timido e impacciato.

Bello, questo era evidente, con due occhi magnetici che ti rapivano il cuore, ma lei aveva ben capto che il suo cuore, quello di quel ragazzo, era già stato conquistato dal capitano Rogers. Il rossore che invadeva le guance di Bucky quando si parlava di Steve era la prova più evidente.

Li avrebbe volti vedere felici. Forse ci sarebbero riusciti.

-Ecco!- mise uno specchio davanti agli occhi di Bucky che si fissò serio -Meglio?-

-Decisamente!- il ragazzo sorrise riconoscente.

-E non è finita!- Shuri lo accompagnò dietro un paravento -Ecco! È un vestito cerimoniale. Ti starà benissimo!-

La tunica era nera con ricami grigi, legato alla vita con delle corde argentate come era argentato il foulard legato alla spalla del braccio mancante.

Si guardò allo specchio. Curato, sbarbato, con quell’abito sembrava quasi una persona distinta.

Già, una persona.

Quanta voglia aveva di sentirsi solo una semplice persona? Che Steve fosse una comune persona? Niente Soldato e Capitano. Solo persone normali.

Dovevano recuperare anni, anni di silenzio che si erano portati dentro fino ad allora. Voleva pace, quella pace che poteva trovare solo in fondo agli occhi di Steve.

-Andiamo? Tra una cosa e l’altra è arrivato il momento dell’incontro!- Shuri gli tese la mano e Bucky la prese senza esitazione. In un attimo erano fuori, nel giardino che si estendeva davanti al palazzo.

Il jet che aveva portato Steve da lui era già atterrato e per Bucky non fu un problema individuare subito l’amico che, come aveva desiderato, era in abiti civili.

Finalmente niente armature ma solo un uomo in jeans e giacca di pelle, spettinato e con la barba incolta ma curata. Bucky lo voleva così, se lo aspettava così ma rimase comunque turbato. Steve gli si avvicinò lentamente. Gli occhi, quei fondali senza tempo che da anni davano pace al cuore di Bucky, si illuminarono di gioia e reprimere la voglia di stringersi fu impossibile.

-Bucky!-

-Steve!-

Anche se incompleto per lui, Bucky si perse in quell’abbraccio forte. Per un attimo maledì la sua idea di non aver voluto il braccio ma la felicità che lesse sul volto dell’amico lo rassicurò. Steve non si era neanche accorto di quella assenza pesante.

-Come stai?- era solo preoccupato per lui.

-Bene, molto bene. Ora che sei qui anche meglio- ed era vero.

-Ti dona molto questo abito- il sorriso di Steve mandò Bucky in tilt, sentì le guance infiammarsi e se ne vergognò.

Rimasero a fissarsi per secondi quasi eterni. T’Challa dovette riportarli alla realtà, sapeva che quei due avevano da raccontarsi mille cose, dovevano recuperare tutto il tempo che gli era stato strappato dalle mani ma lui, da re, doveva osservare i convenevoli di benvenuto.

-Venite! c’è un banchetto tutto per voi!-

E fu così che dovettero passare le seguenti ore: un banchetto sontuoso, musiche e danze tribali, ospiti regali e discorsi, tanti discorsi semplici e complicati, soprattutto tante parole di affetto. Si guadarono tutta la sera. Scrutandosi, leggendo l’uno il timore dell’altro all’idea di ritrovarsi soli, stavolta per davvero. Ma c’era anche la voglia di stare soli, per dirsi quelle mille cose che stavano facendo a botte con le loro emozioni per venire finalmente a galla.

-Non credi sia tempo di lasciarli soli?- Shuri spronò il fratello a prendere una decisione per loro.

-Forse si...- il principe T’Challa si alzò e richiamò l’attenzione di tutti -Bene, credo sia tempo di andarsi a godere il fresco della sera nei giardini dove continueranno le danze e gli spettacoli- poi si avvicinò ai due amici -Vi ho fatto preparare una tenda, ai margini del giardino. Credo abbiate voglia di stare un po’ per conto vostro!-

Bucky a quelle parole abbassò la testa timidamente, non arrossì, si riuscì a controllare ma non poté sostenere lo sguardo complice di Shuri.

-Grazie T’Challa. Sei molto gentile- Steve si alzò e strinse la mano dell’amico. Era molto probabile che il Capitano non avesse colto la vena di malizia di quell’invito. Fatto sta che Bucky seguì il suo esempio ed assieme si avviarono, soli, verso quella tenda che li aspettava.

 

Il vociare della gente fuori, nel giardino, la musica e i canti facevano loro compagnia o meglio li facevano sentire meno in imbarazzo. T’Challa con la complicità di Shuri aveva pensato a tutto: luce soffusa, cuscini morbidi, tappeti colorati e ottimo sidro di mele.

Fu Bucky nella sua impazienza a rompere il silenzio.

-E’ vero che sei venuto a vedermi mentre ero ibernato?-

Steve annuì -Più di una volta. Mi sentivo responsabile per te, per quello che era successo. E poi….- si fermò titubante ma riprese subito a parlare -Sapere di averti ritrovato ma non potere stare con te, non potere parlarti, guardarti negli occhi, non poter condividere con te questo mondo. Mi stavo distruggendo. Allora venivo qui e ti parlavo, guardandoti addormentato in quella specie di macchina infernale che però ti dava la vita-

-Hai vegliato su di me Rogers. Mi sa tanto che si sono ribaltati i ruoli- Bucky sogghignò.

-Già...- l’amico lo fissava di sottecchi rendendosi conto che Bucky, il suo Bucky, l’amico di una vita non riusciva a sostenere il suo sguardo.

-Bucky?- era preoccupato.

-Dimmi?- ma gli occhi restavano legati a terra. Ipnotizzati quasi dalla stoffa del tappeto.

-Perché non mi guardi?- e nel dirlo Steve gli prese la mano. E la strinse.

Silenzio. Un silenzio pesante che poteva far pensare al peggio ma Bucky lo sorprese e sorprese anche se stesso.

-Sono un peso per te, Steve. Solo un peso. Il mio passato è chiuso dentro di me. Cicatrizzato sulla mia pelle. Non potrò mai cancellare quello che sono stato. Quel Soldato, quella maledetta macchina da guerra, quell’assassino senza scrupoli...sono io! Vorrei poter togliermi la pelle di quell’uomo. Rinascere. Crearmi un nuovo passato, nuove origini sorte dalle vecchie storie che ci appartengono da prima della guerra, ma...-

Steve strinse ancora di più quella mano calda e Bucky continuò -Come puoi volermi al tuo fianco? Te l’ho già detto io non merito tutto questo. Non merito tutto il tuo amore!-

Steve sospirò -Infatti. Non lo meriti. Tu meriti molto di più perché quell’uomo non eri tu! Io morirei per te Bucky!non puoi capire come mi sono sentito in tutti questi anni,quando mi sono risvegliato in un mondo non mio, senza di te. Credendoti morto per colpa mia! Ero solo, sono sempre stato solo da quando Tony mi ha tirato fuori da quel maledetto ghiaccio….-

-Steve, tu hai degli amici. Io li ho visti prendere le mie difese ad occhi chiusi solo perché era la tua volontà! Solo per tua cieca fiducia!Stark soffriva mentre combatteva contro di te per causa mia!-

-Si ma loro, loro non sono te! Tony non potrà mai essere te!in tutti questi anni mi sono portato dentro un silenzio che non scorderò mai, incolmabile!-

-Ti ricordi quando poco prima che io partissi per la guerra mi hai fatto promettere che il tempo non ci avrebbe cambiati mai? Che saremmo sempre stati noi due? Steve e Bucky?-

Il Capitano annuì sorridendo. Un sorriso sorto sincero a quel ricordo.

Sincero e pulito come erano sempre stati i sorrisi di Steve Rogers.

-Ti invidiavo da matti, ti ho quasi odiato per una frazione di secondo quando ti ho visto in quella divisa!-

-Invidioso perché andavo in guerra, ti rendi conto?eri uno sciocco, un piccolo sciocco adorabile….-

Finalmente Bucky alzò lo sguardo e si ancorò all’azzurro di Steve.

-Tu mi hai sempre ritenuto il più forte, il migliore. Ma ti sbagliavi. Sei sempre stato tu il più forte tra noi due. Ti ho sempre ammirato, in silenzio vero, ma ti ammiravo. Forse c’è stato un momento in cui ti ho adorato. Soprattutto ti aspettavo. Ti aspettavo e sapevo che ti avrei aspettato sempre, in guerra e dopo la guerra….-

-Mi aspettavi?- Steve non capiva.

-Si. Aspettavo che crescessi. Non fisicamente, anche se non mi sarei mai aspettato di trovarmi davanti Capitan America! Aspettavo che maturassi un po’ e ti rendessi consapevole di te stesso-

-Perché?- la curiosità negli occhi di Steve fu un invito che spinse Bucky ad agire.

-Volevo che crescessi perché tu potessi capire questo….-

Caddero le inibizioni.

Bucky lo baciò. Forse in quel momento fu la spavalderia di James Barnes a farlo agire, si avvicinò all’amico e si prese quello che voleva da una vita. Le sue labbra. Morbide e ben delineate.

Steve fu colto alla sprovvista ma ci mise un secondo a realizzare che quello che stava succedendo era quello che anche lui desiderava da anni.

Le labbra che si era sempre immaginato ruvide e prepotenti si rivelarono dolci e morbide, premurose, le lingue si incontrarono dopo poco insicure ma consapevoli di volersi fare solo del gran bene.

Il Capitano si aggrappò ferocemente a quel bacio, con le mani tra i capelli profumati di Bucky rispose con trasporto a quel gesto di amore voluto, ricercato e quasi disperato.

Quando riuscirono a staccarsi per riprendere fiato Bucky lo guardò sorpreso -Steve io pensavo mi allontanassi, che tu….-

-Tu sei quello che ho sempre voluto. Quando ti ho visto cadere da quel treno sono morto con te. Peggy la trovavo bellissima ma era solo una grande amica e Sharon, be’ con lei ho solo sbagliato e tanto. Quello che mi lega a te va oltre tutto….-

-E io che pensavo avessi problemi solo di timidezza!- Bucky cercò di sdrammatizzare.

-Il mio unico problema era averti creduto morto per anni!- Steve lo teneva stretto a se, non voleva vederlo sparire un’altra volta, vederlo strappato, allontanato ancora da lui da forze malvagie.

-Mi vuoi anche così?- un dubbio nella mente di Bucky. Atroce e doloroso.

-Così come?- Steve non capì a cosa si riferisse il compagno.

-Privo di un braccio!- Bucky sospirò -Non ho volto metter la nuova protesi. Mi ricorda solo chi era il Soldato e mi fa stare male. Ora sto imparando molto da questa gente e me la cavo anche solo con una mano….solo che….-

-Solo che niente! Tu sei perfetto così. Ti vorrei anche a pezzi credimi! Ma con me, di fianco a me!- Steve era sincero.

-Ho comunque paura. Sai che la pace dura sempre troppo poco-

-Lo so. Anche io ho paura. Ma voglio pensare ad ora, al presente dove tu sei qui con me. Ed ora non c’è nessun nemico, io e te senza nessuno che vuole ucciderci o metterci in prigione-

Sorrise Steve alle sue stesse parole e sorrise di gioia. Si trovò in un attimo a fare cose che non avrebbe mai pensato di avere il coraggio di fare. Sciolse il nodo del foulard di Bucky e lentamente sciolse anche le corde che trattenevano la tunica.

-Cosa fai?-

-Quello che voglio fare da una vita. Averti e poterti dare tutto quello che ci è stato tolto in questi anni!-

In un gioco di sguardi, sorrisi e sospiri, persi nella musica che ancora invadeva la notte del Wakanda si diedero l’un all’altro. La voglia di aversi era talmente tanta che Steve si dimenticò di essere alla sua prima esperienza e Bucky dimenticò di averla avuta solo con donne nel suo passato.

In quella tenda saldarono ancora di più il loro legame, come non avrebbero potuto fare in altro modo.

Fondali senza età gli occhi di Bucky, fondali in cui il Capitano si lasciò annegare.

Cieli estivi limpidi quelli di Steve, gli unici cieli in cui Bucky trovava la sua pace.

Con i loro corpi, la pelle e il sudore, in un misto di piacere e dolore si scambiarono tutta la sofferenza provata in quegli anni in cui furono costretti a stare l’uno lontano dall’altro. Ritrovarono il loro mondo in quella tenda, la tranquillità delle loro stanze di bambini, di nuovo ragazzi a giocare assieme ad un gioco decisamente più pericoloso ma molto più appagante di quelli che facevano per passare il tempo a Brooklyn.

-Promettimi una cosa?- la voce di Bucky spezzata da un gemito.

-Cosa?- Steve, che si stava facendo guidare dal compagno, era perso nei battiti del cuore di Bucky, in un ritmo incalzante che lo stava trascinando in un oblio senza fine di piacere. Un piacere che mai avrebbe pensato di poter provare in vita sua.

-Dimmi che non moriremo mai….- una richiesta. Una supplica?

-Te lo prometto, noi due assieme non moriremo mai….-

 

 

I personaggi non mi appartengono e la storia è frutto solo della mia testolina che li vuole vedere felici e contenti una volta per tutte!

Abbiate pietà!

  
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