Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Siranne    20/07/2018    3 recensioni
Mike mise su una canzone che stava creando un casino assurdo. Era molto orecchiabile però, e faceva venire voglia di ballare anche al peggior scorbutico del mondo.
Beh, forse non proprio. Il peggior scorbutico era stravaccato accanto a lei su uno sgabello e guardava ciò che succedeva intorno con assoluto disgusto.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Mike Zakarius
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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*All’interno troverete due link a due video musicali che servono esclusivamente a creare “atmosfera”. Se volete potete anche ignorarli ;)

Erwin era seduto sul divano dell’appartamento che i suoi amici, Hanji e Levi, condividevano. A vederli battibeccare ora, Erwin si chiese come quei due fossero riusciti a sopportarsi per tutti quegli anni.
Hanji studiava ingegneria, mentre Levi scienze motorie. Entrambi avevano concluso la triennale e studiavano per la magistrale.
Si erano ritrovati per caso a dover vivere insieme e Erwin aveva da subito guardato con curiosità ai suoi nuovi vicini di casa. Mike, il suo coinquilino, aveva scommesso che non sarebbero durati più di tre mesi, ma ormai erano passati tre anni da allora e i due avevano trovato un equilibrio. Più o meno.
“Non me ne frega un cazzo di cosa fa Mike.”
Levi stava seduto vicino al tavolo, con la sua amata tazza di tè caldo che beveva anche a luglio con 40° gradi e come al solito era incazzato con Hanji.
Erwin tirò un pesante sospiro. La cosa più sorprendente tra tutte era come diavolo fosse riuscito lui a diventare amico con una scienziata pazza e con un maniaco del pulito asociale. Beh, d’altronde doveva ammetterlo, nemmeno lui era mister normalità.
“E dai, solo per una volta”, cantilenò Hanji che stava in piedi accanto a Levi.
“Me l’avete chiesto settecento volte e tutte e settecento la risposta è sempre stata solo una.”
“Forse la settecento uno sarà la volta buona.”
Il metodo di Hanji non stava funzionando. Portarlo allo sfinimento non serviva a nulla. Ormai Levi era diventato resistente alla rottura di scatole che quella ragazza poteva diventare.
“Ascoltami Levi”, iniziò Erwin pacato, “È un’occasione molto importante per Mike. Avrà la possibilità di fare una serata in una delle discoteche più famose della città. Quella che è solo una passione potrebbe diventare una professione. Potrebbe davvero vivere facendo il dj.”
“E credimi, Erwin, sono felicissimo per lui, ma non capisco cosa c’entro io.”
“Ingresso gratuito, nel locale più figo! È stato così gentile da procurarne tre, uno anche per te”, disse Hanji.
“Trovate qualcun altro.”
“Sì, il tuo gemello omonimo”, disse sarcastica Hanji.
“Andiamo lì, ci rilassiamo, beviamo qualcos-”
“È una fottuta discoteca, Erwin, non ci si rilassa con quella musica.”
Hanji fece una delle sue risate perverse di quando le veniva in mente di fare qualche cazzata scientifica, “Vorrei vedere quali livelli di stress raggiungeresti con quella musica.”
“Sempre più bassi di quelli di Moblit, quattrocchi di merda.”
“Dai Levi!”, Hanji iniziò a scuoterlo per una spalla e Levi aveva il volto di chi voleva staccarle la mano a morsi, “Oggi è martedì e io ti romperò il cazzo fino a sabato se non mi dici subito di sì. E lo sai che dirai di sì.”
Levi si voltò esasperato verso l’amico, “Erwin cazzo aiutami!”
“Stavolta sto con Hanji, anzi mi aggiungo io a romperti il cazzo.”
“E Mike”, aggiunse Hanji.
“Tre contro uno, che dici Levi?” chiese Erwin.
“Che palle”, Levi si passò una mano tra i capelli, sbuffando, “Ma tu dovrai pulire il bagno fino a sabato.”
“Eh?! Era un sì quello?” Hanji si voltò verso Erwin, “Hai sentito, ha detto sì!”
“Tu hai sentito quello che ti ho detto io, quattrocchi di merda?”
“Il bagno, sì, certo!”
 
***
 
“Cogli l’occasione.”
“Uhm?”
“Dico, approfitta di questa serata per dirglielo.”
“Eh?”
“Hanji, ma mi stai ascoltando?”
“Sì, Moblit.”
“Sono Mike.”
Venire a farle visita nel laboratorio di chimica dell’università era stata l’idea più infelice che avesse avuto. C’era una puzza insopportabile di sostanze che nemmeno il suo naso sopraffino riusciva ad identificare.
 “Puoi per un attimo staccarti da quel microscopio e darmi un po’ della tua attenzione?”
“Ah, Mike”, Hanji finalmente sollevò la testa e si girò verso la sua direzione. Aveva la faccia di una che si era appena svegliata e che non capiva cosa diavolo stesse succedendo, “Ma dov’è Moblit?”
Mike aggrottò le sopracciglia, “Ma è partito per visitare i genitori due giorni fa.”
“Ah, già”, Hanji parve rifletterci su, “Sei qui da molto?”
“Non hai sentito una lettera di quello che ho detto.”
“Sei qui da molto quindi.”
Mike si rassegnò a dover ricominciare da capo. Odiava parlare e odiava ancora di più dover ripetere cose già dette, “Mi sono fatto in quattro per questi biglietti, quindi se non vi vedo limonare io… io, beh, farò qualcosa… ah sì, vi chiederò i soldi degli ingressi!” optò per un riassunto breve ed efficace del discorso di prima.
Hanji massaggiò la fronte, “Ma di che stai parlando?”
Niente, ancora non connetteva.
“Sabato, discoteca, Levi.”
“Oh cazzo ancora questa storia”, disse Hanji dopo aver capito, “E io che pensavo che volessi solo mostrarci quando sei bravo come dj. Ehi mi raccomando, urla ‘su le mani!’, non aspetto altro.”
“Ma…”, Mike rimase sconcertato a vederla con le mani per aria ad imitare la voce tipica che attribuivano ai dj.
“Oddio sarà fighissimo!”, Hanji se la rise per qualche minuto.
Mike la ignorò, “Perché non vuoi dirglielo? Sareste una bellissima coppia.”
Hanji continuò a ridere più forte di prima.
“Ok, sareste la coppia peggio assortita al mondo”, concesse Mike, “Ma se vi piacete chi se ne frega.”
“Il punto è questo, Mike. Non capisco se io gli piaccio.”
“Se non glielo chiedi chiaramente come farai a saperlo?”
“Penso che rovinerei tutto…”
Hanji di solito era una persona più decisa che si buttava con (fin troppo) entusiasmo nelle cose. Ma quando si toccava l’argomento “coinquilino” diventava all’improvviso una disfattista.
“Ma perché?”
“Se non ricambia, avrò solo rovinato la nostra amicizia e si creerà imbarazzo e dovrei cambiare casa perché chi diavolo vive col tipo che ti ha friendzonato?” Hanji si portò una mano al mento, “Potrei dirglielo solo quando avrò trovato un altro appartamento. Così se in caso mi trasferisco all’istante.”
“Sei drammatica.”
Hanji lo guardò e sospirò, “Perderei la sua amicizia… non penso potrei perdonarmelo. Sinceramente, mi basta anche solo stargli vicino.”
Mike provò con un'altra tattica, “Mettiamo caso che lui ricambi… secondo te, te lo direbbe?”
“Ma che ne so…”
“Secondo me si metterebbe ad insultarti ancora di più perché è un incapace con certe cose e boh, ti darebbe l’impressione opposta.”
“Mike non ne ho idea”, disse dandosi una sistemata alla coda che era ormai tutta in disordine, “Ci sono momenti in cui mi pare un libro aperto e altri in cui non capisco assolutamente cosa gli passi nella testa.”
“Appunto, se glielo dici scoprirai cosa ne pensa. E l’occasione giusta è una bella serata in disc-”
“Mike, non ho bisogno dei tuoi stupidi consigli”, gli fece cenno con la mano di andare via, “Dona le tue pillole di vita amorosa a qualcun altro che io ho cose più importanti da fare.”
Si rigirò verso il suo microscopio e continuò il suo lavoro. Mike sbuffò, ma fu contento di uscire da quel posto.
 
***
 
La discoteca era piena di gente. Un sacco di ragazzi si dimenavano in pista, altrettanti erano schiacciati contro il bancone del bar. Hanji non era una grande fan di quei posti, ma ogni tanto le piaceva andarci. Per distrarsi niente era meglio di musica a palla e cocktail alcolici.
Mike stava alla consolle a fare i movimenti che fanno tutti i dj e di cui Hanji non ne capiva assolutamente un accidenti. Un paio di ragazze si erano radunate vicino alla sua postazione, era ovvio che un bel biondone ne attirasse parecchie.
Mise su una canzone che stava creando un casino assurdo. Era molto orecchiabile però, e faceva venire voglia di ballare anche al peggior scorbutico del mondo.
Beh, forse non proprio. Il peggior scorbutico era stravaccato accanto a lei su uno sgabello e guardava ciò che succedeva intorno con assoluto disgusto. Fino a quel momento non aveva mai mosso né un dito o un piede al ritmo della musica.
“Quello stronzo ci ha messo una vita”, borbottò Levi, a malapena riuscì a sentirlo. Fece cenno con la testa verso un punto della discoteca.
Tra la folla, Hanji scorse la chioma dell’altro biondone. Si era impacchettato in una bella camicia bianca con qualche bottone aperto a lasciar intravedere il petto e un paio di jeans con risvoltini e strappi, all’ultimissima moda, che le aveva fatto dubitare di tutte le certezze della sua vita. Hai capito il professorino di storia? Se lo avessero visto le sue allieve probabilmente sarebbero già svenute una decina di volte.
“Oh Cristo”, si ritrovò a mormorare Hanji, “Ma sta… ballando?”
Erwin stava accennando qualche passo con i bicchieri in mano nel tragitto dal bar al loro tavolo.
“Sculettando”, disse Levi, “E sta venendo qui, non voglio stargli vicino.”
“Sono un attimino confusa.”
“Quattrocchi di merda non ti starai…?”
Hanji gli diede una pacca sulla spalla, “Oh dai Levi, ammettilo, è oggettivo, è un bono assurdo.”
Levi la guardò per qualche istante, senza nessuna particolare espressione, “Beh, sì, è vero.”
“Ah, siamo d’accordo su qualcosa.”
“Su cosa siete d’accordo?”, urlò Erwin quando si sedette, poggiando i bicchieri sul tavolino.
“Che ci stai facendo cose vestito così.”
“Eh?” Erwin li guardò con finto stupore, “Hanji da te potevo aspettarmelo, ma Levi…”
“Di solito sei vestito come uno stoccafisso”, disse Levi.
“Intende dire che hai un abbigliamento molto serio e professionale.”
“Che non fa sesso intendi dire?” chiese Erwin ridendo.
“Ci sono tante cose che non fanno sesso di te e credimi l’ultima è l’abbigliamento”, rispose Levi.
“Dio santo, mi avete esaltato e affossato nel giro di due minuti.”
Levi assaggiò con calma il cocktail che Erwin gli aveva portato. Aveva un vago sapore alla frutta e si lamentò un paio di volte che faceva cagare, ma comunque lo bevve.
Hanji e Erwin invece ne avevano presi altri due ed erano ormai un po’ troppo allegri per i gusti di Levi.
La musica cambiò verso un ritmo che si faceva sempre più ascendente fino ad un secondo di silenzio totale che poi esplose in una serie di non meglio identificati suoni fragorosi.
“SU LE MANI!”
Si sentì all’improvviso dalla consolle il vocione di Mike.
Tutti sulla pista alzarono le mani.
“Aaah”, urlò Hanji accanto a lui e per poco non gli spacco un timpano, “L’ha detto! L’ha detto sul serio! Andiamo, andiamo anche noi!”
Anche Erwin si alzò ed entrambi si misero a fissarlo.
“No.”
“Levi.”
“Non era nei patti.”
“Pulirò il bagno anche la prossima settimana.”
“Oh cazzo.”
“Ti prego, Levi!” fece Hanji con tono lamentoso.
Si lasciò tirare per un braccio. Erwin ricominciò con quello che a lui pareva puro e semplice sculettare mentre Hanji saltellava e si dimenava come una posseduta. Levi si limitava a spostare il suo peso da un piede all’altro cercando di andare a ritmo e fallendo probabilmente.
Hanji doveva essersi decisa a valorizzarsi un minimo quella sera, dal momento che invece dei soliti pantaloni informi di tuta questa volta aveva scelto dei jeans scuri e aderenti che esaltavano le sue lunghe gambe. Sopra invece aveva una maglia leggera e larga che svolazzava seguendo i suoi movimenti. Un paio di volte questa si era sollevata per mostrare qualche centimetro di addome. Anche se lei era una sedentaria con uno stile di vita anormale era comunque dotata di un buon fisico, atletico.
Hanji gli aveva detto che quando andava a scuola nel tempo libero faceva arti marziali e andava in palestra, ma l’università l’aveva costretta a smettere. Adesso era tutta casa e laboratorio, raramente sgarrava questa routine.
“Hai visto che non è poi così male!”
Hanji si accostò a lui con un balzo. Si era anche decisa a mettersi un filo di trucco. Le sue occhiaie non si vedevano, aveva del mascara e del lucidalabbra.
“Fai cagare meno del solito oggi”, gli uscì spontaneo, senza nemmeno averci pensato.
Hanji rallentò il ritmo dei suoi movimenti. Si portò una mano a grattarsi la nuca, “Oh… ehm, grazie?”
Levi la guardò qualche istante in silenzio, “Prego.”
La musica diede ancora qualche altro scossone prima di, con grande sorpresa di tutti, rallentare inesorabilmente verso un altro genere che con una discoteca c’entrava poco.
 
https://youtu.be/hZBCogVtano
 
“Ma che…?”
Hanji rimase sorpresa dal cambio di ritmo. Diede un’occhiata a Mike che pareva concentrato con la sua consolle.
“Questa canzone l’ho sentita da qualche altra parte…”, disse Levi tra sé e sé.
La gente che si agitava attorno a loro pochi secondi fa, adesso si era quasi tutta accoppiata per ballare questa canzone che Hanji avrebbe definito romantica.
“Ma dove è finito Mister jeans osceni?”
Erwin era sparito nel nulla. Hanji giurava che fosse vicino a loro fino a poco fa. Non sarà che i due biondoni erano in combutta? Non si mettono certe canzoni smielate in una discoteca, non era normale.
Si voltò vero il nano, “Balliamo”, disse Hanji decisa. Forse aveva bevuto troppi cocktail o forse Moblit aveva ragione e a stare sempre a contatto con composti chimici si stava rincretinendo, ma chi se ne importa delle conseguenze, ora doveva cogliere l’occasione.
“Come?” Levi la guardò confuso.
“Non fare storie e fa quello che ti dico io.”
“Ma…”
Hanji gli mise la mano sinistra sulla spalla e gli tese la mano destra.
“Che cosa dovrei fare?” chiese Levi.
“Penso una mano dietro”, Hanji fissava una coppia accanto a loro. Prese un braccio di Levi e glielo sulle sue spalle, lo stesso fece lei, e poi gli prese l’altra mano, come se stessero per ballare un valzer.
La musica scivolava via e quasi le parve di non sentirla più. Le coppie volteggiavano intorno, sempre più sfumate, i colori dei vestiti che si mescolavano per formare un cerchio multicolore attorno a loro.
“Ehi”, Levi la richiamò alla realtà, “Mi sa che non stiamo concludendo nulla così.”
Hanji concentro la sua attenzione sul ragazzo che stava a pochi centimetri da lei. In effetti facevano pena come ballerini, rasentavano il ricolo, ma in quante occasioni erano stati così vicini? Aveva la possibilità di ammirare da vicino la profondità delle sue occhiaie che, ironia della sorte, erano utili ad esaltare quegli occhi azzurri.
Hanji ruppe la posa da ballerini di valzer e lo abbracciò.
Lo sentì irrigidirsi, come era prevedibile, ma non cercò di liberarsi. Sentiva sotto i polpastrelli, tra le pieghe della camicia, i muscoli delle scapole che spesso si era ritrovata ad ammirare.
La musica danzava attorno a loro, delicata, sopraffatta dal battito del suo cuore che le martellava nelle orecchie. Lui lo sentiva? Era così forte che si stupiva che non fosse udito da tutte quelle persone.
“Levi.”
Forse era il momento. Sentiva il coraggio che le era mancato per anni. Forse aveva davvero bevuto troppo.
“Uhm?”
“Se ti dico una cosa, prometti di non arrabbiarti?” mormorò Hanji sulla sua spalla.
“Dipende da cosa mi dici”, ripose Levi, “È una cosa bella o brutta?”
“Dipende da come la prendi tu.”
“Sei ubriaca?”
“Un pochino.”
“Allora sì che mi arrabb-”
“Levi! Che sorpresa vederti qui!”
I due si staccarono e si voltarono verso chi aveva parlato. Lei si portò una ciocca dietro l’orecchio.
Levi fece un breve sorriso, “Ciao Petra.”
 “Hanji”, fece Petra a mo’ di saluto, “Siete venuti soli?”
“No, c’è un nostro amico alla console e un altro”, diede uno sguardo per cercare di localizzare Erwin, “Da qualche parte.”
Hanji perse tutto il coraggio. Quella ragazza minuta aveva uno dei volti più carini che avesse mai visto. Era gentile e simpatica, con un dolce sorriso che rivolgeva a chiunque.
Era chiaro che a Levi piacesse. Non era un dettaglio che le era passato inosservato. Petra era ancora in triennale e frequentava la stessa facoltà di Levi. Si erano conosciuti grazie all’ossessione che il suo amico Oruo aveva sviluppato per Levi e alla fine Levi si era fatto un gruppetto di conoscenti che lo ammiravano e accettavano i suoi numerosi difetti. Passavano del tempo insieme, Levi dava loro consigli riguardo gli esami e i corsi. Un paio di volte Hanji si era infiltrata nei loro incontri e questo le aveva permesso di capire due cose: che scienze motorie non era solo una facoltà in cui si studiavano le regole del calcio o della pallavolo e che Levi non era un povero disagiato perso nel nulla senza di lei o i due biondoni. Era felice che avesse trovato altre persone a cui teneva e soprattutto che queste tenessero a lui.
Un’altra cosa chiara, se non di più, era che Petra era stracotta di lui. L’aveva capito fin dal primo istante. E aveva capito anche che quell’altro deficiente che si mordeva sempre la lingua era cotto di Petra invece. Era un triangolo che poteva essere divertente: il mangia-lingue, la gentile e il maniaco del pulito. Una bella trama per una commedia romantica. Il problema era che Hanji si sentiva troppo coinvolta dal maniaco del pulito per trovarlo divertente.
La musica cambiò di nuovo e ritornò al tipico ritmo dance e anche Hanji abbandonò le note smielate e romantiche per ritornare quella di sempre.
“È molto bravo il vostro amico”, disse Petra che iniziò a ballare, “E fa anche scelte originali con le canzoni!”
“È probabile che qualcuno gliela abbia chiesta”, disse Levi.
Forse era il caso di lasciarli soli.
“Beh, io vado a prendermi un drink”, disse con la voce più allegra che poteva.
“Cosa? Ma sei già brilla”, protestò Levi.
“Analcolico”, si corresse Hanji, “Bene, buon ballo.”
“Han-”
Lei era già sparita tra la folla in un baleno. Maledette gambe lunghe.
 
*** 
 
“Quattrocchi di merda.”
La porta della camera di Hanji fu aperta all’improvviso.
“Questo posto fa cagare.”
Hanji era raggomitolata come un fagotto nel suo letto e dava le spalle alla porta.
“Arriverà mai il giorno in cui eviterai di dire ogni santa volta le stesse cose?” chiese Hanji con la voce impastata dal sonno.
“Allora sei viva. Ho bussato per dieci minuti, scema.”
“Non hai ancora risposto”, Hanji si girò nel letto per guardarlo.
“Finché questo posto farà cagare lo ripeterò ogni volta che ci metto piede.”
“E quando arriverà il giorno in cui non farà cagare che dirai?”
“Urlerò al miracolo.”
“No, è più probabile che sgranerai gli occhi e borbotterai ‘niente male’.”
Levi sbuffò divertito, “Forse.”
Passarono un paio di secondi in silenzio.
“Perché sei andata via? Pensavo ti piacessero quelle cazzate.”
“Mi sentivo male.”
“Ti sentivi male e sei andata via da sola?” disse Levi, con tono di rimprovero.
“Ero brilla e avevo un po’ di nausea.”
“Potevi avvisarmi almeno, ci hai fatto venire un infarto, cogliona. Eri sparita nel nulla e non rispondevi al fottuto cellulare.”
Hanji sentì una fitta di sensi di colpa, “Ho detto che ero brilla.”
Hanji lo vide armeggiare con cellulare.
“Che fai?” chiese, assottigliando gli occhi perché non indossava gli occhiali in quel momento.
“Avviso Erwin e Mike. Jeans Osceni è andato al laboratorio per cercarti e il cane è andato a casa di Moblit.”
“Ma il laboratorio è chiuso di notte e Moblit sta dai suoi genitori.”
“Lo so, ma il problema era capire se lo sapevi tu. Queste cose ti succedono anche quando sei sobria.”
“Ma non è vero.”
“Due domeniche fa sei andata in università convinta che fosse lunedì.”
Hanji sospirò, “Ok, va bene. Domani mi scuserò per bene con loro due”, Hanji parve riflettere qualche istante, “Oh cazzo, vi ho rovinato la serata.”
“Beh, direi che l’hai fatta finire in modo originale”, disse dopo aver rimesso il cellulare nella tasca.
“Ah cavolo”, Hanji si rotolò con la faccia sul cuscino, “Ho rovinato la serata a te e Petra, vero?”
“Come?”
“Non volevo disturbarvi.”
“Che cazzo? Era un fottuto ballo. Penso che occuparsi di un’alcolizzata sia più importante di quattro salti in una discoteca.”
“Non parlo solo del ballo… insomma”, Hanji continuò a parlare con la faccia schiacciata sul cuscino, “Vi piacete no? Non avrei voluto fare il terzo incomodo come Oruo.”
“Ma… no”, Levi aggrottò le sopracciglia, “È troppo… giovane.”
Hanji alzò il volto, “Per un attimo ho pensato che dicessi che è troppo bassa.”
“Cogliona”, prese uno degli orsacchiotti che questa donna troppo cresciuta ancora si ostinava a tenere in camera e glielo tirò in testa. Hanji si abbassò appena in tempo per evitarlo.
Levi fece qualche passo e si sedette sul bordo del letto.
“Cosa volevi dirmi prima?”
“Niente”, borbottò Hanji.
“Non mi arrabbio.”
Hanji affossò di nuovo la faccia nel cuscino.
“L’ho dimenticato.”
Levi riuscì a capire a fatica quello che aveva appena detto.
“Sei strana.”
Hanji sollevò il volto e si girò a lanciargli un’occhiata.
“In che senso?”
“Di solito sei meno… meno quello che sei ora.”
Levi si beccò lo sguardo interrogativo di Hanji. Lei sbuffò, “Sono stanca. Rimandiamo le sedute psichiatriche a domani.”
Hanji si girò nella posizione di prima per fargli capire che intendeva sul serio ritornare a dormire. Levi parve non volersi muovere. Passarono lunghi minuti in silenzio.
“Di cosa hai paura?”
“Vai via.”
“Hanji”, Levi allungò una mano per sfiorarle il capo, “Sono io il coglione che non sa esprimersi. Dimmelo.”
Lei non si aspettava quella carezza e il suo cuore fece un salto nel suo petto.
“Di cosa parli?”
“Di quello che mi stavi dicendo prima in quel posto di merda.”
“E come fai a sapere cosa volevo dirti?”
“Leggo nel pensiero, quattrocchi.”
Hanji fece un risolino e si voltò di nuovo verso di lui.
“E cosa sto pensando ora?”
“Che c’è un coglione di fronte a te.”
“Wow, allora leggi davvero nel pensiero!”
“Credo però che stavolta Jeans Osceni e Fuffi mi abbiano aiutato ad intuire qualcosa.”
Hanji era indecisa se essere imbarazzata, pronta a torturare quei due oppure ridere per quel nome.
“Fuffi?”
“È un nome da cane”, disse piatto.
Hanji rise di cuore, ma all’improvviso si sollevò e si mise seduta, serissima.
Erwin e Mike gli avevano messo la pulce nell’orecchio? Altro che scusarsi, a schiaffi gli avrebbe presi.
“Ma io li ammazzo!”
Levi la guardò con la sua solita espressione, solo gli occhi un po’ sgranati tradivano la sorpresa, “Quindi è vero?”
Hanji si sentì una stupida e in completo imbarazzo. Scivolò giù dal letto e si mise in piedi.
“Mi cercherò un altro appartamento tranquillo”, borbottò.
“Eh?”
“Non penso sia più il caso di vivere insieme.”
“Non era il caso che noi vivessimo insieme dal primo giorno. Fai cagare e sei insopportabile”, Hanji iniziava a pensare di dover usare la copia che aveva delle chiavi della casa di Moblit e andare lì a vivere finché non avesse trovato un altro appartamento, “Ma non voglio che tu vada via.”
I suoi piani di occupare illegalmente la casa del suo collega andarono in frantumi. Perché tra tutte le persone proprio lui? C’era Erwin o Fuffi o qualsiasi altra persona di cui si poteva innamorare, ma non lui, non il coinquilino rompicazzi.
 “Ma capisci che c’è qualcosa di diverso…”, Hanji cercò le parole giuste, “…nel modo in cui concepiamo il nostro rapporto?”
 “E io quando ti avrei detto questa cosa?”, disse Levi, “Tu non mi hai ancora detto nulla quindi come puoi sapere…”
Cosa stava dicendo? Lei ormai aveva perso il bandolo della matassa e non capiva più cosa stava succedendo. Voleva una dichiarazione? Una dichiarazione per poi risponderle ‘no, non sono interessato’? Lui non era così crudele, vero? O forse le stava dicendo, a modo suo, nel ridicolo modo in cui quel nano parlava, che c’era una possibilità?
“Mi piacciono i muscoli delle tue spalle”, disse la prima cosa che le venne in mente. Avrebbe voluto dirglielo da anni, ma suonava sempre troppo strana nella sua testa. Era molto strano anche dirlo a voce.
Levi rimase a bocca aperta. Si aspettava tutto ma non questo.
“E la tua nuca. Quando ti vedo da dietro faccio pensieri osceni”, continuò. Hanji non era una romantica, anzi non ne sapeva assolutamente nulla, le commedie romantiche e i romanzi rosa le facevano venire l’orticaria proprio perché erano tutti una sequela di battute trite e ritrite dette da personaggi completamente irreali e fuori dalla realtà.
“Più osceni di quelli che hai fatto sui jeans di Erwin?”
Hanji fu colta alla sprovvista dalla domanda. La stava seguendo! Non sembrava offeso, o sconvolto, o schifato. Aveva la sua solita faccia, senza nessuna espressione e rispondeva alle sue battute e alle cose assurde che diceva. A volte lo pensava davvero che riuscissero a leggersi nel pensiero.
“Questo è difficile da dire, ma di sicuro non vorrei abbracciare i jeans di Erwin…”
“Sarebbero questi i tuoi pensieri osceni?”
“Quando si tratta di Levi ‘che-schifo-gli-umani’ Ackerman anche un abbraccio diventa un’oscenità.”
Levi scosse il capo divertito. Ovviamente da una come lei non si poteva aspettare niente di prevedibile.
“Mi piace anche il fronte comunque! Beh… sei ben fatto… quasi.”
“Quasi?”
Hanji annuì come se volesse dire che il suo unico difettuccio erano quegli abbondanti centimetri che la natura si era rifiutata di fornirgli.
“È un piccolo dettaglio comunque… ops, volevo dire che non è importante.”
Gli pareva strano che non arrivasse la frecciatina sulla sua altezza.
“E poi tu sembri uno stronzo”, continuò, arrivando al sodo, “Ma lo sembri soltanto, non lo sei davvero. Anzi, sei una delle persone migliori che io conosca.”
Levi corrugò le sopracciglia. Si chiese che persone di merda frequentasse di solito.
Lei aveva un piccolo sorriso sul volto e poteva vedere bene le sue guance arrossate. A volte era un libro aperto.
“Hai un senso dell’umorismo letteralmente di merda, che io adoro.”
Di solito la gente nemmeno si accorgeva delle sue battute, quando ne tirava fuori una. Un paio di persone ne ridevano, ma solo Hanji riusciva a capirle appieno e a stare al gioco.
“Sei strano e a volte sei impossibile, ma sono felice di poter far parte della tua vita.”
Levi la guardò per qualche istante. Sono felice di poter far parte della tua vita. Della sua vita fatta di pulizie, insulti, scarsa comunicazione ed esami? Cosa ci poteva trovare di speciale? Perché stava dicendo queste cose? A lui? Un povero stupido con un caratteraccio?
“Oh”, riuscì a farfugliare, “Ok.”
Levi si alzò in piedi e la raggiunse. Le prese il volto tra le mani e affondò le mani tra i capelli. Per quella serata erano stati miracolosamente lavati, erano morbidi e profumavano come il suo shampoo, dannata quattrocchi.
Con la mano seguì la linea della sua guancia e della mandibola. Non riuscì a resistere alla tentazione di sfiorarle le labbra.
Gli occhi di Hanji brillarono di consapevolezza.
Levi non sapeva come rispondere alle sue parole, se non con i suoi stupidi insulti. Era un uomo che agiva, di solito le sue parole rovinavano tutto.
Si era immaginato spesso che si sarebbe ritrovato delle labbra secche e screpolate, ma come era prevedibile non si era nemmeno degnata di struccarsi prima di andare a letto.
C’erano ancora tracce del suo lucidalabbra e il suo pollice scivolò sulle sue labbra, seguendone le curve e i contorni. Il polpastrello ne accarezzava la pienezza e la morbidezza. Il fiato sfuggiva dalle sue labbra socchiuse.
Hanji gli prese la mano e lasciò piccoli baci sulla pelle sottile del suo palmo. Sembrava una di quelle notti di festa in cui i fuochi di artificio scoppiavano a raffica. Prima uno forte, luminoso nel buio che ti faceva tramare nel profondo delle viscere, poi arrivava l’altro, altrettanto forte e l’altro e l’altro ancora. C’erano solo labbra, piene e vellutate.
Sollevò il volto. Era troppo alta. Lei si chinò.
Le sue labbra erano rosse e soffici, la sua bocca calda e fruttata. Non si era nemmeno degnata di lavarsi i denti. L’avrebbe rimproverata. Domani però.
Levi sentì le mani di lei che raggiungevano i suoi fianchi. Scivolarono finché non trovarono l’orlo della maglietta e si insinuarono per sfiorare la pelle della sua schiena.
“Sei ancora ubriaca”, mormorò nell’incavo del suo collo.
 
***                                 
 
Levi riaprì gli occhi intontito. La luce che entrava dalla finestra era chiara, doveva essersi fatta una certa ora. Spostò con attenzione il braccio che lo teneva ancorato e diede uno sguardo all’orologio che Hanji aveva sul comodino. Le otto e qualcosa. Tardissimo per uno che era abituato a dormire solo un paio di ore e ad alzarsi alle sei.
Tutto sommato non aveva poi ancora grande voglia di alzarsi. Si riprese il suo braccio e lo rimise dove stava, come se si fosse rimboccato la coperta. Lei mugugnò nel sonno. Non si svegliava nemmeno con le cannonate. I capelli erano sparati, com’era giusto che fosse, in ogni direzione sul suo cuscino. Levi si chiese quante leggi della fisica quella chioma ribelle infrangesse.
Respirava piano, il lenzuolo che la ricopriva si muoveva con il suo respiro. Voleva girarsi su un fianco perché si era improvvisamente scoperto interessato dal modo in cui respirava, ma il suo piede sfiorò qualcosa di molliccio.
Si trattenne dall’imprecare e adocchiò cosa ci fosse vicino al suo piede. Lo vide e non resistette.
“Ma quello è un fottuto trancio di pizza?” disse, con la voce rauca per il sonno.
Si mise seduto ed esaminò con attenzione quello schifo.
Ovviamente quella scema ancora dormiva. Diede qualche colpo di tosse per schiarirsi la voce.
“Quattrocchi di merda!”
“Mh?” aprì gli occhi.
“Perché c’è un trancio di pizza sul tuo letto?”
Hanji si guardò intorno frastornata, come se nemmeno capisse dove si trovava o chi fosse il tizio che stava per avere un esaurimento nervoso.
“Non capisco…”
Levi glielo indicò con foga, “Un trancio di pizza! Tra l’altro la pizza l’abbiamo mangiata tre giorni fa, cazzo! E su questo fottuto letto da tre giorni?”
Hanji guardò in quella direzione, “E quindi?” farfugliò.
“Come 'e quindi'?”
“Sì, poi lo butto.”
“Ora.”
“Che palle.”
“Quattrocchi di merda.”
“Ti sto già pulendo il bagno.”
“Non è una scusa per tenere il cibo sul tuo letto.”
Hanji prese il cuscino che aveva sotto la testa e glielo lanciò addosso, “Nano di merda.”
“Vaffanculo”, Levi cercava di proteggersi dai suoi attacchi con il braccio, “Non so come faccio a sopportarti.”
“Ma quanto sei cattivo”, disse Hanji con un finto broncio, “Io ti sopporto alla grande, anzi ti adoro”, decise di sostituirsi al cuscino e gli si buttò addosso.
Hanji aveva la testa sul suo petto, poteva sentire il battito del suo cuore.
“Ti sei pentito?”
Levi ci mise qualche istante per formulare una risposta, “Ti sembro uno che si è pentito?”
Hanji si sollevò per guardarlo dritto in faccia, “Quindi anche tu?”
“Cosa?” Levi la guardò confuso.
“Avevi una cotta segreta per me?”
“Hanji…”
“Perché non mi hai mai dato un segnale?”
“Te li ho dati i segnali, sei tu la stupida che non capiva”, Levi distolse lo sguardo e decise che il soffitto era molto interessante quella mattina.
“Che segnali erano, scusa?”
“Possiamo riparlarne un’altra volta?”
“Che rompicazzi.”
“Non volevi dormire? Sta zitta e dormi.”
Hanji parve voler seguire il suo consiglio e usò di nuovo il suo petto come cuscino, ma dopo un po’ chiamò il suo nome.
“Che c’è?”
Hanji rimase qualche secondo in silenzio, “C'è che mi sono innamorata di te”, iniziò a canticchiare, “c'è che io ora vivo bene se solo stiamo insieme, se solo ti ho vicino.”
Hanji fece attenzione ad ascoltare bene e notò una piccola accelerata del suo battito.
“Beccato”, rise.
Vide un braccio sollevarsi, “Levi che ti prende? Sono stata troppo aperta sulla mia vita emotiva e questo destabilizza il tuo stato d’animo?”, usò un tono giocoso perché sapeva che Levi le emozioni non sapeva gestirle affatto.
Hanji si voltò per guardarlo. Aveva una mano a coprirgli il volto, “Ma stai arrossendo?”, chiese sinceramente curiosa, “O hai la mano così, non so, tipo facepalm? Canto così male?”
Quando Hanji guardò meglio, in effetti riuscì a vedere un colore diverso dal suo pallore cadaverico.
“Oddio che carino! Sei adorabil-”
“Hanji cazzo smettila”, mugugnò.
Hanji si morse la lingua, ma dentro si stava sciogliendo dall'euforia, “Ok, rispetterò i tuoi spazi e la tua asocialità.”
“Perché non ci credo affatto?”
“Farei qualsiasi cosa per te in questo momento, dopo avere visto la cosa più bellina di questo pianeta puoi chiedermi qualsiasi cosa, a patto che mi fai vedere tutta la tua faccia!”
Levi sapeva che non l'avrebbe finita finché non gliela avesse mostrata e fece quello che gli aveva chiesto, “Contenta?”
“Oh, sei bellissimo”,
“Smettila”, si mise seduto, “Adesso devi fare una cosa per me.”
“Cosa?”
Levi guardò la sua espressione allegra e cercò di ignorare il fatto che aveva notato solo ora che erano ancora tutti e due nudi.
“Butta quel fottuto trancio di pizza.”
Lei sbuffò sonoramente, allungò una mano sul comodino per infilarsi gli occhiali, prese il trancio e si alzò.
“Rompipalle!” gridò dalla cucina.

Note dell'autrice: Salve a tutti! Torno con un’altra sciocchezza, stavolta un’au! Innanzitutto fatemi ringraziare Princesofdarkeness_23 che mi ha dato l’idea di Hanji e Levi che ballano insieme e che mi ha permesso di farmi questo film mentale (ormai lei è la mia fonte di ispirazione XD).
Hanji è una studentessa di ingegneria (ovviamente), Erwin ha già finito il suo percorso di studi e ha iniziato a lavorare come insegnante di storia, il dramma però è stato ficcare Levi in una qualche facoltà e alla fine mi sono decisa per scienze motorie ahahahah. Siamo in un contesto diverso, ma spero comunque di non essere andata troppo ooc.
Il primo video è un video random di musica per ggggiovani, il secondo è una canzone che adoro tratta da un film (Call me by your name) che adorissimo (?) e anche il bacio è vagamente ispirato al bacio che i due protagonisti si scambiano.
La canzone che canticchia Hanji è un classico italiano ed è una canzone che mi piace molto proprio perché è semplice è diretta ( eccola, https://youtu.be/r4P77Mf7dc4 ).
La reazione di Hanji e Levi all’outfit di Erwin è la stessa reazione che ho avuto io a questa immagine promozionale di Erwin che mi ha fatto cose in una maniera vergognosa (toh, visto che sto in vena di link eccolo:  https://twitter.com/ersmimmm/status/1013907940263133184 https://twitter.com/ersmimmm/status/1013907151725551616 ). Ci sono pure Levi e Hanji (e altri) vestiti con abiti “normali” e anche l’abbigliamento che ho descritto per Hanji è ispirato a questo, per Levi immaginatevelo come volete XD (per dovere di cronaca: http://ackerqueen.tumblr.com/image/175248060290 [poi possiamo pure parlare del fatto che in questa foto Mikasa coi tacchi è alta quanto Levi ma sorvoliamo])
Avviso che scrivere questa storia mi ha divertita molto e mi piace il contesto universitario (story of my life) e boh è plausibile che mi verrà in mente di scriverci altro.
Ormai la terza stagione è alle porte e sono in super hype, non vedo l’ora di soffrire male (yeahhhh!!! ToT ). Anche per il prossimo capitolo non manca moltissimo e ciao sanità mentale e felicità, ma chi se ne frega, Isayama sono tutta tua, fammi del male.
Detto questo la smetto,
alla prossima :)
 
 
   
 
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