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Autore: PitViperOfDoom    26/07/2018    2 recensioni
Midoriya Izuku è sempre stato considerato strano. Come se non fosse abbastanza essere un debole quirkless, doveva pure essere debole, quirkless, e pure strano.
Ma in realtà, la parte "strano" è l'unica veritiera. È determinato a non rimanere un debole e, a dispetto di quello che è scritto sulla carta, non è veramente quirkless. Anche prima di incontrare All-Might ed ereditare il potere dello One For All, Izuku non è quirkless.
Anche se nessuno gli avrebbe creduto se lo avesse raccontato.
{The Sixth Sense AU}
Genere: Dark, Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: All Might, Izuku Midoriya, Ochako Uraraka, Shouto Todoroki
Note: AU, Traduzione, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Note traduttrice: Ciao a tutti, per chi ancora non mi conosce sono Nereisi. Sono un'autrice attiva su EFP anche come traduttrice. Questa fic è una delle più belle che abbia mai letto in vita mia. E parlo in generale. Nel fandom di BNHA, questo capolavoro è una vera e propria perla, tantè che ha una pagina su TV Tropes e decine di fanartist e fanwriter l'hanno omaggiata con fanart e fanfiction a essa ispirate. Cercherò di linkarli tutti, capitolo dopo capitolo.
La storia in inglese ha attualmente 50 capitoli e non è ancora finita, quindi direi che ne avremo per un bel po'! Pit ha pubblicato altri lavori, non solo nel fandom di BNHA - tutti delle perle a mio parere che prima o poi conto di tradurre.
Se volete seguire i miei aggiornamenti potete trovarmi sul mio tumbrl, il nick è nerewrites!
E ora, finalmente... Buona lettura!


 
Capitolo 1
 



“Mi scusi? Uhm, mi scusi?”

Ci volle un po’ affinché la donna lo notasse, e ci volle ancora di più per farle alzare lo sguardo. Sedeva con le gambe incrociate su una panchina del parco, incurvata su se stessa mentre si dondolava e piangeva e stava lì seduta a tremare e singhiozzare da quando Izuku era arrivato, dieci minuti prima. Poteva sentire una dolorosa pressione alla gola e gli occhi che gli bruciavano solamente a guardarla. Cercò di scacciare la sensazione. È difficile non piangere quando altre persone stanno piangendo, e quella donna aveva pianto a dirotto per tutto il tempo in cui Izuku aveva aspettato che tutti i presenti a portata d’orecchio se ne fossero andati.

Desiderò di essere sorpreso della situazione, ma nemmeno tre giorni prima un super villain era stato nella zona. Degli Hero di un’agenzia locale lo avevano fermato, ma non prima di aver abbattuto alcuni edifici. Le macerie non erano ancora state portate via.
Finalmente la donna alzò lentamente la testa.

“Stavi parlando con me?” Chiese sottovoce.
Izuku si fece scappare un sorriso. “Sì.” Disse. Non c’era nulla di cui vergognarsi, non ora che non c’era nessuno abbastanza vicino da sentire. “S-scusi se l’ho disturbata. Se vuole che me ne vada-“
Una mano si chiuse attorno al suo polso e Izuku riuscì a rimanere fermo e calmo invece di sussultare. Non poteva farne a meno, lo sapeva che non poteva farne a meno, ma ogni tanto si spaventava ancora. “No,” Disse lei. “No, per favore, non te ne andare.”

Izuku si sedette composto di fianco a lei. “Va tutto bene.” Rispose. “Come si chiama? Io sono Midoriya.”
Dopo un momento, lei sussurrò: “Y-Yamamoto.”
“Piacere di conoscerla signora Yamamoto.” Gli stava ancora tenendo il polso. “Ha bisogno di aiuto per qualcosa?”
Sì.” Esalò lei, e ci fu un singhiozzo non dato solo dalla paura e dal dolore- c’era anche sollievo.
“Per cosa?” Chiese Izuku, gentile come sempre. “In che cosa posso aiutarla?”
“Io…” Con la mano libera cercò invano di asciugare le lacrime che scorrevano sul suo viso. “Io… Ci sto provando. Non riesco a ricordare. Perché non riesco a ricordare?”

“Va tutto bene signora Yamamoto.” Ripeté lui. “Va tutto bene. Niente le farà del male. Solo… Cerchi di respirare.” È una cosa assurda da dirle, ma non riusciva a pensare a nient’altro e, in ogni caso, ripetere l’atto di inspirare e espirare sembrò calmarla lo stesso.
“Io, uhm…” La signora Yamamoto tirò su col naso. “Era… Era qualcosa di importante.”
“Ha bisogno di dire qualcosa a qualcuno?” Chiese Izuku.
“I-in realtà no, non… Non c’è nessuno a cui dire… Non ho nessuno…”
“Okay. Ha bisogno di trovare qualcosa?”
“Sì! Sì, io… Uhm…” Si interruppe; la fredda stretta sul suo polso si allentò. “O forse…”
“Ha perso qualcosa?” Incalzò Izuku. “Ha… Lasciato qualcosa da qualche parte?”
“Sì!” La sua voce raschiò fastidiosamente nelle sue orecchie, causandogli brividi per la spina dorsale, ma lei stava sorridendo tra le lacrime. “Sì, sì! Ecco cos’era! Ho lasciato… Ho lasciato…”
“A casa? A lavoro? Dove l’ha lasciato?”
“A casa.” Disse Yamamoto. “Casa. Portami a casa.”
Izuku annuì e le sorrise, sperando fosse rassicurante. “Mi dica dove.”

La donna lo portò in un complesso residenziale distante solamente qualche via. Gli spiegò di vivere al quinto piano e di prendere tutti i giorni l’ascensore per scendere e salire. Izuku lo evitò e prese invece le scale.
Non c’era nessuna convenientissima chiave sotto lo zerbino, il che fu un piccolo inconveniente per Izuku. Bussò, giusto per essere sicuro, ma quando nessuno rispose lanciò un’occhiata da sopra la spalla per controllare che non ci fossero telecamere di sicurezza. Quando non ne vide nessuna, scassinò la serratura ed entrò.

Aveva appena chiuso la porta dietro di sé quando ci fu un tintinnio flebile e ritmico, accompagnato da un trillo acuto. La signora Yamamoto si lasciò scappare uno singhiozzo quando un piccolo gatto con un occhio solo trotterellò verso l’ingresso dell’appartamento, miagolando a pieni polmoni e sovrastando il suono del campanello appeso al collare. Sotto lo sguardo di Izuku, il gatto si fece strada verso le caviglie della signora Yamamoto facendo le fusa rumorosamente. La punta delle dita della donna sfiorarono il pelo del gatto, toccandolo appena.
Izuku si spostò e esplorò l’appartamento vuoto. Non era particolarmente disordinato ma sembrava ingombro e vissuto e poteva intuire che la signora Yamamoto non avesse avuto altri coinquilini al di fuori del suo gatto. C’era un calendario sul bancone della cucina che mostrava la pagina di tre giorni prima. Ai piedi della dispensa c’era un tappetino con sopra le ciotole di cibo e acqua per il gatto. Entrambe erano vuote e Izuku si corrucciò. Le riempì, dopo aver cercato e spostato varie scatole e contenitori per trovare il cibo per gatti, e attimi dopo il gatto trotterellò verso di lui e si lanciò sulle ciotole. Izuku controllò la medaglietta sul collare; si chiamava Mika.
“L’ho lasciata.”

Izuku si girò verso il suono della voce della signora Yamamoto. La donna stava all’entrata della cucina, le mani che si torcevano lungo i suoi fianchi. “L’ho lasciata.” Ripeté. “Tre giorni fa, quando quell’uomo… Il palazzo è crollato… Non sono stata abbastanza veloce. Lei avrebbe potuto…” La donna sfarfallò come un vecchio video. Per un frangente del sangue le colò per la faccia, i suoi vestiti puliti erano stracciati e insozzati di macchie scure e umide; ma quando Izuku sbatté le palpebre era di nuovo normale. “L’ho lasciata.”
I suoi occhi bruciarono, e quando sbatté le palpebre vide tutto sfocato. “Non è colpa sua.” Sussurrò.

“Avrebbe potuto morire di fame.” I suoi occhi – o le orbite opache dove avrebbero dovuto esserci i suoi occhi, tre giorni prima – si girarono verso di lui. “Avrebbe potuto morire, ma tu mi hai aiutato.”
Izuku si costrinse un sorriso tremolante. “Ha bisogno di qualcos’altro?”
“Assicurati- assicurati che stia bene.” Izuku sbatté di nuovo le palpebre e la signora Yamamoto era di fianco a lui, chinata per accarezzare la sua gatta. “Puoi farlo?”
“Certo.”

La signora Yamamoto sorrise e smise di piangere. Izuku sbatté le palpebre un’ultima volta, riaprendo gli occhi su una cucina vuota e una gatta che faceva le fusa ai suoi piedi.
 
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“Non capisco.” Disse sua madre, probabilmente per la quinta volta. Izuku sedeva in silenzio sulle sue gambe, la fronte aggrottata in un’espressione pensierosa. Si sentiva lo stomaco aggrovigliato e pesante e non era abbastanza grande per capire come si chiamava quella sensazione. “I raggi X-“
“I raggi X suggeriscono una… falla nella diagnosi, effettivamente.” Il dottore sospirò. “È vero, ad Izuku manca la falange in più che solitamente hanno i senza quirk. Statisticamente parlando, la sua mancanza di un quirk è altamente inusuale, ma-“
“L’altro dottore aveva detto che era praticamente impossibile.” Lo interruppe sua madre.
“Ma è ora di affrontare i fatti.” Continuò pazientemente il dottore. “Anche se avesse un quirk, non possiamo registrarlo se non sappiamo cosa sia.”
“Cosa intende con ‘anche se’?! Potrebbe solo metterci un po’ più tempo!”

“Con tutto il rispetto, signora Midoriya.” Gli occhi del dottore erano pieni di compassione. “Il suo sesto compleanno è arrivato e passato. Ha superato di gran lunga la finestra di tempo in cui solitamente si manifestano i quirk.” Sua madre sospirò pesantemente; il dottore si chinò in avanti. “C’è un’altra possibilità. È raro, ma alcune persone nascono con quelli che noi chiamiamo ‘quirk invisibili’.”

“Quirk invisibili?” Ripeté il ragazzo del pronto soccorso. Era un po’ più grande di Izuku, stava seduto all’angolo sulla sedia di plastica dove sua madre aveva lasciato la borsa, sgocciolando acqua per terra. Izuku lo aveva visto per la prima volta quando si stava facendo misurare l’altezza e si era presentato come Takada. “Sembrano fighi.”
Izuku si illuminò, speranzoso.

“Per alcune persone, i loro quirk solo talmente incomprensibili che semplicemente non sono distinguibili.” Spiegò il dottore. “Oppure i loro quirk possono essere attivati solo durante una serie estremamente specifica di circostanze. Queste persone possono passare tutta la loro vita senza accorgersi dei propri quirk, semplicemente perché quelle circostanze specifiche non si verificano mai, e non hanno un uso pratico.” Il dottore di strinse nelle spalle, come per scusarsi. “Questa è la spiegazione migliore che le posso offrire.”

Il sorriso di Izuku si sgretolò. Dall’altra parte della stanza Takada fece una pernacchia con la bocca. “Che sfiga.” Commentò. “È brutto quasi come non avere un quirk.”
Mamma stette in silenzio per un po’, le labbra premute in una linea sottile. “E se v-vedesse delle cose?” Chiese, infine. “Ci sono state delle volte… Voglio dire, parla di persone che non ci sono, a volte parla da solo o fissa il muro per ore- Quando aveva tre anni ha detto qualcosa riguardo a suo padre che lo rimboccava, e… e H-Hisashi è morto appena dopo la sua nascita-“

“Signora Midoriya,” Disse il dottore pazientemente. “So che è preoccupata. E so che vuole il meglio per suo figlio e i suoi sogni, ma… è pericoloso nutrire false speranze. I bambini hanno una grande immaginazione e se li incoraggia a vedere qualcosa dove non c’è nulla, potrebbe essere dannoso a lungo termine. Se dovesse effettivamente avere un quirk invisibile, si potrebbe mostrare come no.” Si alzò in piedi, sorridendo. “Nel frattempo, essere tecnicamente quirkless non gli impedirà in nessun modo di vivere una vita normale e felice. È in perfetta salute, e anche beneducato.” Il dottore scompigliò i capelli di Izuku, ma Izuku lo notò appena. Era troppo impegnato a guardare Takada mentre girava gli occhi, si alzava dalla sedia e marciava fuori dalla stanza, colpendo svogliatamente cadere il barattolo di spatole di legno mentre passava.
Il barattolo barcollò per poi rovesciarsi.

Il dottore lanciò un’occhiata sorpresa da sopra la spalla. “Che strano.” Mormorò, raddrizzandolo di nuovo. “Ci dev’essere uno spiffero.”
Izuku fissò il barattolo e non spiccicò parola per il resto della visita medica, anche quando sua madre lottò contro le lacrime, lo baciò su una guancia e lo prese per mano. La sentì appena, percepì a fatica la stretta gentile delle sue dita mentre lo guidava verso l’uscita. Era troppo impegnato a pensare, a passare al setaccio quello che sapeva, quello che pensava e quello che ricordava, pezzo dopo pezzo finché, finalmente, non gli fu tutto chiaro.

Nessun altro poteva vedere i suoi amici, quello lo sapeva già. Ma quella era la prima volta che uno dei suoi amici aveva mai fatto qualcosa che qualcun altro aveva visto.
Aveva visto Papà, quando aveva tre anni, era sicuro di averlo visto, sapeva che di non averlo sognato perché Mamma si ricordava di quando glielo aveva raccontato. Ma Papà era morto.
Takada sgocciolava acqua da tutte le parti, ma il pavimento era asciutto. Izuku però lo aveva visto far cadere il barattolo; e il dottore aveva visto il barattolo cadere ma non aveva visto Takada.
Izuku alzò lo sguardo mentre passavano per il corridoio dell’ufficio medico. L’ospedale era vicino, e Izuku si guardò intorno e vide-

Tra i dottori e le infermiere e i pazienti, c’erano delle persone che camminavano in camicie ospedaliere, pallidi e senza meta. Persi. Una di loro si avvicinò a sua madre, chiamando a gran voce suo marito, e sua madre non girò nemmeno la testa. Izuku allungò la mano e le sue dita sfiorarono della pelle fredda. La donna girò la faccia rigata di lacrime verso di lui, lo guardò negli occhi e vomitò sangue.

Izuku nascose il viso nel fianco di sua madre e pianse. Lei non vedeva quello che lui vedeva. Non aveva modo di sapere che stava piangendo di paura. Lei pensava che fosse perché non aveva un quirk, o perché aveva un quirk talmente inutile che tanto valeva non averlo.

Avrebbe dovuto essere felice. Perché, dopotutto, un quirk ce l’aveva, e non uno inutile. E quando avrà pianto tutte le sue paure, quando saranno al sicuro a casa, allora dirà a sua mamma che non c’è niente per cui lei avrebbe dovuto essere dispiaciuta.
 
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Lasciò a Mika il suo collare quando la portò al rifugio a cui di solito andava per queste cose. Avrebbero chiamato il numero sulla medaglietta, fatto le loro ricerche e scoperto che il proprietario del gatto era deceduto. Era una gatta carina anche senza un occhio. Era amichevole e affettuosa, bianca con macchie grigie e arancioni e delle fusa disarmanti. Aveva delle ottime probabilità di venire adottata e non avrebbe mai più dovuto soffrire la fame.

(Diede il suo numero di cellulare alla donna dietro il bancone, perché non si poteva mai sapere.)

Tutta la faccenda lo fece arrivare a casa in ritardo, ma non troppo tardi da perdersi la cena. Sua madre era ancora impegnata in cucina, quindi Izuku si parcheggiò davanti alla TV e la accese. Il volume era alto tanto quanto bastava per non dare fastidio ai vicini. Lo tenevano sempre alto: soffocava lo strano sussurrare dei tubi, la bizzarra porta che sbatteva da sola e la miriade di rumori che avrebbero potuto essere classificati come “rumori di assestamento” se non fossero stati così frequenti. Izuku cambiò fiaccamente un canale dopo l’altro, fino a fermarsi su quello che cercava.

Una pacchiana musichetta simil-eterea segnalò la fine di una pausa pubblicitaria, accompagnata da un applauso generale da parte del pubblico mentre il presentatore entrava nello studio. I suoi vestiti erano kitsch sotto ogni punto di vista: un gilè ricoperto di lustrini sopra una camicia bianca inamidata e pantaloni blu acceso. A coronare il tutto, un cravattino texano – un cravattino texano, per l’amor del cielo – con una spilla decorativa a forma di mezzaluna. L’annunciatore presentò l’appariscente conduttore con un monologo che fece vergognare Izuku per lui, desiderando di cancellarlo immediatamente dalla sua memoria.

C’erano molti effetti sonori, gesticolazioni frenetiche e annunciazioni pompose con una voce amplificata che allungava ogni vocale. Alcuni spettatori si avvicinarono al centro del palco per avere il quarto d’ora di notorietà in televisione e il presentatore vestito in modo fin troppo appariscente procedette a esorcizzare un demone da uno, entrò in contatto con il defunto marito di un’altra e curò qualcuno dai suoi ricorrenti incubi. Ad un certo punto crollò in ginocchio, indebolito dalla ‘fatica’ che comportava usare il suo ‘quirk’. Una signora dal pubblico scoppiò in lacrime quando il conduttore si imbarcò in una conversazione a senso unico con la sua sorella gemella morta da piccola.
Il palco era vuoto, eccezion fatta per il conduttore e la donna che piangeva. Non stava parlando con nessuno. Aveva parlato al nulla sin da quando Izuku aveva iniziato a guardare.

“Non riesco a capire come tu possa guardare cose del genere.” Sua madre entrò e si mise proprio dietro Izuku. Si appoggiò sullo schienale del divano e sospirò, scuotendo la testa con disapprovazione. “Mi chiedo chi abbia approvato questo programma.”
“Perché pensi che la gente faccia queste cose?” Chiese Izuku. Non si aspettava per davvero una risposta, né ne stava cercando una. “Solo… Perché inventarsi cose di questo tipo e spacciarle per vere?”

Sua madre sospirò di nuovo. “Penso che forse sia perché… anche in un mondo come il nostro, ci sono ancora cose impossibili. O meglio, cose che tutti credono impossibili.” Gli schioccò un bacio sulla testa. “Anche se si sbagliano. E fin quando ci saranno cose impossibili, ci saranno persone che vorranno renderle reali.” Sbuffò, un po’ divertita. “E finché la gente vorrà qualcosa, ci saranno altri che useranno quel desiderio per fare soldi facili.”
“Ma non è impossibile.” Disse sommessamente Izuku. Sentiva la gola stringersi. “Nel mondo in cui viviamo, non possiamo nemmeno sapere cosa sia l’impossibile.” Gesticolò vagamente verso lo schermo. “È solo per colpa di roba come questa che la gente pensa che sia tutta una presa in giro.”

Stava ancora fissando lo schermo, guardando la colorata messinscena, ma poteva sentire gli occhi di sua madre su di lui. Sapeva che si preoccupava per lui.
“Lo so, Izuku.” Disse dopo un po’. “E certo che non è impossibile. Tu ne sei la prova, non è vero? E un giorno… un giorno la gente lo saprà. Non so molto riguardo ai fantasmi, ma se qualcuno può trovare un modo, quello sei tu.” Un altro bacio, e Izuku riuscì a sorridere. “Ringrazia la tua stella fortunata che hai ereditato il cervello di tua madre. Non ti preoccupare di truffatori come quello. Il tuo quirk è tuo e di nessun altro.”

“Sarebbe bello se fosse utile per lavorare come hero.” Mormorò Izuku. “E anche se lo fosse, sono ancora quirkless sulla carta, quindi nessuna scuola mi vorrebbe-“
“Hey.” Sua madre gli sfiorò gentilmente la guancia. Lui alzò automaticamente la testa, e il suo cuore sprofondò un po’ vedendo la pietà sul suo volto. “Mi dispiace Izuku. So che non è quello che volevi. Ma sai, non devi essere per forza un pro hero per aiutare le persone. Tu aiuti persone che gli hero nemmeno sanno abbiano bisogno di aiuto.” Sorrise di nuovo. “E io credo che sia davvero incredibile, non pensi?”

Izuku cambiò canale. Quando non rispose, sua madre lasciò la stanza. La sua mano era diventata un pugno, dolorosamente stretta intorno alla matita mentre cercava di ritornare con la mente ai compiti. A dispetto dell’incoraggiamento di sua madre, il programma gli aveva lasciato una sensazione disgustosa in fondo allo stomaco. Non era giusto. Era come gridare ‘al lupo’, solo che tutti quanti avevano già urlato prima di lui, e ora che aveva davvero un lupo per le mani non sapeva cosa fare.

Sperando di risollevarsi il morale, Izuku fece zapping fino al telegiornale per vedere se riusciva a sentire dei report su qualche hero. Non c’era molto – ad un certo punto, durante il pomeriggio, Kamui Woods aveva fermato una rapina a mano armata in un negozietto; ma a parte quello era stata una giornata tranquilla. L’interesse di Izuku sfumò e finalmente concentrò la sua attenzione sui compiti per casa mentre le notizie si dilungavano in sottofondo.

Aveva quasi finito i compiti di matematica quando la voce dell’inviata sibilò fino a esaurirsi. All’inizio non lo notò, ma poi l’interferenza esplose e la penna gli scappò di mano, segnando una linea scura sulla carta. Brontolando tra sé e sé, scoccò un’occhiataccia alla televisione. Lo schermo tornò normale, poi statico. Il bianco singhiozzò, diradandosi, e per un secondo fu come se l’immagine stesse tornando normale. O meglio… un’immagine. Non sembrava il telegiornale. Sembrava il video di una vecchia stanza, ma svanì troppo in fretta perché Izuku potesse esserne sicuro. Mentre guardava, lo schermo sfarfallò di nuovo, lasciando nuovamente spazio all’interferenza.
“Oh cielo.” Mormorò sua madre mentre passava di nuovo per la stanza. Prese il telecomando e cercò di cambiare canale, senza successo, prima di consegnarlo a Izuku. “È la terza volta questa settimana, sai?”

L’interferenza sussultò violentemente. Mentre Izuku guardava, una mano pallida emerse dallo schermo, artigliando l’aria. La mano raggiunse il pavimento, le unghie che graffiavano per cercare sostegno, e di seguitò uscì una testa. Capelli neri, arruffati e sfilacciati si rovesciarono fuori dallo schermo bianco, seguiti da delle spalle e un’altra mano che tastava in giro; infine la pallida apparizione artigliò il pavimento per uscire del tutto dallo schermo.

“Beh, fammi sapere se cambia qualcosa.” Sospirò sua madre. “La cena è quasi pronta.”
“Okay.” Disse Izuku. La figura simile a un cadavere si trascinò sul tappeto, la faccia nascosta dai capelli neri. Izuku terminò l’ultimo problema di matematica. Sua madre lasciò la stanza.

L’apparizione gli afferrò una caviglia.

“Sono abbastanza sicuro che faccia male alla TV.” Disse Izuku, scuotendo il piede. Poteva sentire il freddo della mano anche attraverso il calzino.

Il verso che fece in risposta non somigliava a nulla che una bambina di otto o nove anni avrebbe potuto fare, ma suonava stranamente simile all’interferenza della TV. Come per provarlo del contrario, lo schermo sfarfallò di nuovo e il telegiornale tornò visibile.
“Mamma, la TV va!” Urlò verso la cucina.
“Oh, perfetto! Ora fate i bravi voi due!”

Il cuscino del divano non si affossò quando il fantasma cinereo gli si sedette di fianco, ma i suoi lunghi capelli umidi lo intralciarono quando lei si piegò a sbirciare i suoi compiti. Izuku scivolò un po’ più in là, posizionandosi in modo da avere spazio per lavorare e lasciarle una vista migliore. “È abbastanza noioso, Rei.” Disse, quasi scusandosi. “Solo matematica.”

Altri rantoli da fantasma. Izuku non l’aveva mai sentita parlare da che la conosceva, ed era un’amica vecchia quasi quanto Bakugou. Ma andava tutto bene. Non aveva bisogno di parlare per farlo sentire meno solo.










Link alla storia originale: 
https://archiveofourown.org/works/8337607/chapters/19098982
Pagina TV Tropes: https://tvtropes.org/pmwiki/pmwiki.php/Fanfic/YesterdayUponTheStair
   
 
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