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Autore: ToscaSam    03/08/2018    1 recensioni
Perché J.K. Rowling non scrive un prequel sui Malandrini? Bella domanda. Peccato che ancora non si conosca la risposta.
Vorreste leggere un prequel sui Malandrini? (io si, da morire!) Beh, in attesa che J.K. si decida a prendere carta e penna, potreste leggere la mia versione.
Non ci sono OOC.
cerco di essere CANON il più possibile.
sarà una Long Fic (prevedo una trilogia :D)
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James Potter, Peter Minus, Remus Lupin, Severus Piton, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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il primo di settembre
 
Era un giorno molto importante, per il figlio di Maggie. A dirla tutta era un giorno importante per Maggie stessa. Si sentiva sciocca, quella mattina, mentre si acconciava i capelli e canticchiava davanti alla sua figura nello specchio.
« Faremo tardi, tesoro»
disse la voce bonaria e pacata di suo marito.
Maggie però, sapeva che anche lui era compiaciuto.
« Carl, tutte le mamme saranno più giovani di me, al binario. Mi concedi solo un secondo per mascherarmi da giovincella?»
« Dov'è finita mia moglie? Chi è questa ragazzina seduta alla sua toeletta?»
Carl abbracciò Maggie da dietro e le baciò il collo. Maggie rise, senza riuscire a contenersi.
Spazzolò ancora i capelli e con un colpo di bacchetta tentò un'acconciatura sobria ma sbarazzina, che le desse un'aria giovanile. Non le importava davvero l'aspetto esteriore, ma quel bel viso oltre lo specchio le irradiava una freschezza dimenticata da tempo.
Quante volte, pensò, triste, aveva fissato la sua immagine riflessa quando era davvero una ragazza. Quante volte si era vista invecchiare senza un figlio tanto desiderato.
E poi, alla fine, quando ormai non ci sperava più, era arrivato. Il suo tesoro, che oggi diventava grande.
« Mammaaaaa!» gridò la vocina impaziente del figlio undicenne, da sotto le scale.
I bauli erano già pronti da una settimana, anche se erano stati sistematicamente svuotati e riempiti almeno una volta al giorno. C'erano abbastanza calzini? Abbastanza soldi? Erano certi di aver preso il calderone della misura giusta? Gli ingredienti dello speziale erano corretti? Erano tutti?
« Mamma!»
strillò di nuovo il ragazzino, troppo su di giri per ricordarsi l'educazione.
Maggie si alzò in fretta e sorrise al marito. Carl osservò il risultato dell'incantesimo e approvò, schioccando un altro bacio sulla guancia di sua moglie.
« Eccomi, James, scusami» disse Maggie ricordandosi quasi all'ultimo di prendere la cesta con il gatto nuovo che avevano comprato a Diagon Alley. Il micio si svegliò di soprassalto e soffiò da dentro la gabbietta ondeggiante.
La signora e il signor Potter scesero i gradini che conducevano al salotto, con i cappotti già abbottonati e la cesta col gatto in mano.
James Potter, un ragazzino smilzo di undici anni, con spettinati capelli neri e occhiali bene inforcati, saltellava qua e là, in direzione della porta di ingresso.
« Siamo in ritardo?»
« No, tesoro, il treno parte alle undici»
« Che ore sono?»
« Le dieci»
« E se avessero anticipato la partenza?»
« Non l'hanno fatto»
« E se troviamo traffico?»
« Ci smaterializzeremo»
« E dove lasceremo la macchina?»
« James, per l'amor del cielo!»
 
I tre, finalmente, riuscirono ad uscire di casa.
La cittadina di Godric's Allow era tranquilla, anche se si intuiva un brulicare tipico degli inizi di settembre. C'erano babbani di rientro dalle ferie, babbani che partivano per andare a lavorare e figli dei babbani che si incamminavano mogi verso la scuola.
James non poteva essere più diverso: andare a scuola era il suo più grande desiderio. La scuola babbana non doveva essere un granché. Aveva avuto degli amici babbani, da più piccolo, e nessuno di loro mostrava il benché minimo interesse per la futura istruzione.
C'erano anche famiglie magiche: la loro vicina, Bathilda Bath, era una vecchietta adorabile. Anche il prestigioso preside Albus Silente, il più grande mago contemporaneo, era originario di Godric's Allow.
La famiglia Potter sfilò con una lieve e allegra furia verso la propria automobile, appostata nel parcheggio pubblico più vicino. Era un'auto di seconda mano, ma che funzionava benissimo con un paio di colpetti di bacchetta magica.
La giornata pareva limpida e né James, né i suoi genitori avrebbero potuto sperare in meglio.
« Allora sei pronto?» disse Maggie Potter con una voce un po' strana.
« Certo!» rispose James, sistemandosi nel posto del passeggero, insieme alla gabbietta con il gatto.
Maggie si schiarì la voce e per un po' trafficò con la borsetta, incapace di alzare gli occhi.
Non riusciva a credere che il suo bel bambino dai capelli scuri fosse già così grande. Era sia una sofferenza che una gioia, sapere che da quel momento avrebbe passato a Hogwarts gran parte del suo tempo e che non sarebbe mai più stato davvero a casa. Maggie pensò con un vago sorriso al Natale e alla cena incredibile che avrebbe preparato a James. Chissà se avrebbe invitato degli amici, chissà che famiglie sarebbero diventate loro amiche, chissà se James avrebbe conosciuto figli di babbani a Hogwarts … Maggie si ritrovò che fantasticava già sul menù e la lista della spesa per il cenone di Natale, tanto che dovette darsi una calmata. Quando riuscì a riscuotersi, suo marito aveva già ingranato la marcia e stavano già sfrecciando alla volta di Londra.
Non fu un viaggio stressante: c'era il solito traffico da primo di settembre. Carl Potter era stato così giudizioso da imparare a guidare l'auto babbana. A detta sua, era un mezzo che consentiva di muoversi agilmente, senza dover per forza ricorrere alla scomodissima materializzazione.
James non stava più nella pelle. Guardava fuori dal finestrino con impazienza, schiacciava il naso e creava disegni sul vetro umido con il dito; cantò un paio di canzoni, ciarlò un po' delle sue aspettative per la giornata e giocò col suo nuovo micio.
« Dovresti dargli un nome, sai?» disse Carl, sorridendo mentre fissava la strada.
« Non riesco a decidermi» confessò James.
« Hai già delle idee?» continuò suo padre.
« In realtà no. Vorrei che fosse un nome semplice, ma anche fantasioso. Credo che aspetterò di sentire che nomi hanno dato i mie compagni ai loro animali, così sarò sicuro di non creare un doppione»
« Mi sembra giusto. Ricordati di scrivercelo, quando l'avrai deciso!»
« Avremmo dovuto comprargli un gufo, Carl?»
Chiese Maggie, improvvisamente in apprensione.
« Ma no, può scriverci con i gufi della scuola. Un gatto sarà più di compagnia»
« Potremmo prendergli anche un gufo, però ...»
Le auto filavano avanti e indietro, la strada so faceva sempre più complicata. Appena si iniziarono ad intravedere le indicazioni per Londra, James non riusciva proprio più a starsene fermo e seduto.
Quando finalmente l'auto fu parcheggiata alla stazione di King's Cross, Maggie Potter ebbe bisogno di un momento per riprendersi: la fiumana di babbani che si dirigeva ai treni le aveva fatto venire il fiato corto. Anche quando si incamminarono, sotto continue sollecitazioni di James, Maggie non riusciva a smettere di sistemarsi l'acconciatura e per poco non inciampò nei tacchi. Suo marito dovette prenderla per mano, per calmarla.
James spingeva da solo il carrello col baule e la cesta del gatto. Più volte si girò per scoprire che i suoi genitori erano a venti passi dietro di lui.
« Mamma, andiamo!» disse, alla terza volta che succedeva.
Quando si girò per continuare la corsa verso il binario 9 ¾, …. crash!
Una signora alta e ben vestita cadde a gambe all'aria e le si intravidero tutte le innumerevoli sottane.
« Ops, mi scusi!» disse James, dispiaciuto.
Quella divincolò le gambe in un groviglio un po' ridicolo, annaspando come se stesse per affogare, poi riemerse dal mare di gonne.
« Moccioso babbano impertinente! Guarda dove metti i piedi!» urlò inviperita.
James rimase a bocca aperta, un po' per essere stato chiamato “babbano”, un po' per la reazione così aspra.
Una giovane donna, che accompagnava la signora, si chinò ad aiutarla. Fu un'operazione complicata, anche perché fra le braccia teneva un bambinone avvinghiato.
Alle spalle delle due donne, sempre impegnate nell'operazione di rialzo, c'era un altro ragazzo. Era più grande di quello che stava in collo; probabilmente aveva la stessa età di James. Stava soffocando dalle risate. James incrociò il suo sguardo e per poco non scoppiarono a ridere a crepapelle.
Maggie e Carl arrivarono trafelati.
« James! Che hai combinato?!»
« Datti una calmata, figliolo»
« Signora, si sente bene?»
« Siamo mortificati»
La gran dama, scossa e scandalizzata dall'incidente, si guardò intorno e infine fissò i piccoli occhi vanesi in quelli di Maggie Potter.
« Ah, deduco che non siate babbani, adesso che faccio caso al baule. Stiamo comunque dando spettacolo, qui, in mezzo a questa gentaglia. Vostro figlio ha un comportamento inaccettabile, signora, sono allibita. Andiamo, Yvonne, non perdiamo altro tempo con questi individui».
Si raddrizzò le sottane, con dignità, poi girò i tacchi. La più giovane sistemò il bambino in braccio con uno scrollone, poi afferrò la mano di quello più grande che ancora sghignazzava sotto i baffi.
James era mortificato e arrabbiato, due sentimenti che proprio non avrebbe desiderato provare in una giornata come quella.
Osservò l'altezzosa famiglia sparire nella fiumana di babbani, incerto se sfogarsi o se rimanere mogio.
« Ma che modi … » commentò Maggie, piano.
James tirò un sospiro di sollievo: era stato perdonato.
« In ogni caso, ragazzo mio, devi guardare dove metti i piedi. Io e tua mamma non ce la facciamo a starti dietro, se corri … e poi guarda che succede» aggiunse Carl, ma James sapeva che non era arrabbiato.
« Scusa, papà»
« Tranquillo, James, tranquillo. Quella dev'essere gente di alto rango. Una Malfoy … o una Crouch … gente che se la tira»
« Beh allora anche noi possiamo tirarcela. Io discendo dai Peverell» disse Maggie ironica, facendo spallucce.
Dette una pacca a suo figlio e lo incitò a proseguire verso il binario.
Il trucco per accedere alla piattaforma magica, era semplice: bisognava appoggiarsi con noncuranza alla barriera che divide i binari nove e dieci, solo che si doveva stare attenti a non farsi vedere dai babbani. James aveva studiato tattiche di dissimulazione per tutta la notte e non vedeva l'ora di metterle alla prova.
Strappando un sorriso sulle labbra dei genitori, scivolò silenzioso come un gatto e scomparve oltre la barriera con un passo da rockstar.
James non riuscì proprio ad aspettare suo padre e sua madre, una volta sbucato dall'altra parte: non riusciva a credere alla meraviglia che gli si apriva dinnanzi agli occhi. Centinaia di famiglie magiche, tutte radunate, che chiacchieravano, si abbracciavano, facevano raccomandazioni (« non rovesciare le uova di rospo sul treno!», « non spendere tutti i soldi in Cioccorane!»).
La locomotiva era già pronta, sul binario: scarlatta, fumante, bellissima. “Espresso di Hogwarts” recitò James, leggendo quel che riportava la fiancata del veicolo.
Stava praticamente già salendo a bordo, ipnotizzato dall'eccitazione, quando si sentì chiamare:
« James! James!»
Sua madre lo inseguiva, trafelata. Lo agguantò per un gomito, mentre lui stava già a metà delle scalette di ferro di una carrozza.
« James! Ma che fai? Non ci saluti?»
« Certo, scusa mamma!».
Saltò giù dritto nell'abbraccio ampio di mamma Maggie. Suo padre gli scompigliò i capelli, già spettinati anche senza quel gesto.
« Vi voglio bene» disse James, compiaciuto.
« Anche noi te ne vogliamo» rispose Maggie, baciando la guancia del figlio così forte da lasciarci per un attimo una chiazza bianca.
James si asciugò con una manica, ridacchiando, poi saltò su. Caricò i bagagli e si diresse verso il primo scompartimento vuoto, pronto per l'inizio della sua vera vita.
 
*
 
« Ah! L'autista di carrelli volanti!»
disse una voce ilare alla sua destra.
James si voltò e riconobbe il ragazzo che aveva sghignazzato della signora a gambe all'aria. Scoppiò a ridere:
« Ah, il ridacchione clandestino! Siediti qui, amico»
« Ci puoi giurare» disse quello e senza farselo ripetere, si accomodò.
Era un bel ragazzo, anche lui coi capelli neri, ma li portava più lunghi di James. Gli cadevano a ciocche morbide sugli occhi e gli conferivano un'aria elegante. Il comportamento però non era affatto regale: si sedette a gambe larghe e si lasciò scivolare fino a metà schienale.
« Dimmi un po'» fece James, dopo qualche minuto di osservazione del suo curioso compagno di viaggio: « chi era quella vecchia strampalata che ho investito?»
Il ragazzo emise un suono neutro: « mia madre»
« Acc …! Sono partito male, scusa!»
« Nah, sei partito benissimo. Direi che “vecchia strampalata” è la definizione migliore per lei».
Risero ancora un po'.
« Perché se ne va in giro con tutte quelle sottane?»
« E che ne so?»
Altre risate.
« Credevo che tua madre fosse l'altra donna»
« Quella è Yvonne, la balia. Mia madre non ha molto tempo per me e mio fratello. È strano che sia venuta ad accompagnarmi, oggi»
« Perché dici così?»
« Diciamo che voleva impartirmi qualche regola fino all'ultimo minuto. Sai, forse non te ne sei accorto, ma non sono proprio un tipo obbediente»
« Fico».
Il rumore della locomotiva pervase la stanza. Il paesaggio prese a scivolare via, sempre più veloce.
« Io comunque mi chiamo James»
« Io mi chiamo Sirius»
I due si strinsero la mano, poi ritornarono a bighellonare sulle proprie poltroncine.
Il treno sferragliò per una decina buona di minuti, poi lo scompartimento smise di nuovo di essere silenzioso:
« Ehi, Sirius che nome posso dare al mio gatto? Me l'hanno comprato da poco e ancora non mi sono deciso»
Sirius guardò la pallina di pelo grigio che dormiva dentro la cesta. Alzò un sopracciglio:
« Peccato che non ci facciano portare i cani. Ho sempre sognato avere un cane»
« Che risposta è?!»
« Scusa, scusa … se io avessi un cane, cioè, un gatto … lo chiamerei … mmm ...Peloso?»
« fantastico! Fantasioso al punto giusto. Semplice. Geniale. Mi piace»
« Andiamo, vuoi scherzare? Non lo chiamerai Peloso?»
« Certo! Sentito, Peloso? Questo è il tuo nome! Peloso? Peloso?»
mentre Sirius e James si rotolavano dal ridere per il nuovo nome del gatto, la porta dello scompartimento si aprì ed entrò una ragazzina coi capelli rossi dall'aria molto triste.
« Ma ciao!» disse James.
Lei mormorò un “ciao”, poi si rannicchiò vicino al finestrino.
I due la osservarono, ma poi videro che non era in vena di fare conversazione. Decisero di ignorarla: era troppo cupa e avrebbe contagiato la loro voglia di ridere.
Peloso si era svegliato ed era decisamente contrariato dal rumore emesso dal suo padrone.
Poco dopo l'entrata della ragazza mogia, la quiete dello scompartimento fu ancora turbata: entrò un ragazzo magrolino, già in divisa da Hogwarts.
Non disse una parola a James e Sirius, ma si sedette di fronte a lei. Dovevano essere amici. Iniziarono a parlottare fra loro.
Ad un certo punto James e Sirius sentirono che il nuovo arrivato diceva:
« Speriamo che tu sia una Serpeverde!»
James si voltò e trattenne a stento una risata.
Guardò meglio chi aveva pronunciato quella frase: era un tizio pallido, con degli spaventosi capelli neri e unti, una faccia bislacca e un gran nasone. Gli venne ancora di più da ridere.
« Chi vuol diventare Serpeverde? Io credo che lascerei la scuola, e tu?» disse, rivolto a Sirius.
Sirius non sorrise.
« Tutta la mia famiglia è stata in Serpeverde» disse, improvvisamente amareggiato.
« O, cavolo! E dire che mi sembravi a posto!».
Sirius ghignò:
«Forse io andrò contro la tradizione. Dove vorresti finire, se potessi scegliere?»
James alzò una spada invisibile:
«'Grifondoro... culla dei coraggiosi di cuore!' Come mio padre».
Il brutto ragazzino pallido fece una smorfia. James decise che era veramente patetico:
« Qualcosa non va?» gli chiese.
Possibile che in quella giornata che doveva essere perfetta, avesse già incontrato così tanta gente antipatica? Prima la madre di Sirius, ora quei due mocciosi imbronciati, soprattutto il ragazzo …
« No» rispose l'antipatico: « se preferisci i muscoli al cervello… »
Sirius si riscosse:
« E tu dove speri di finire, visto che non hai nessuno dei due?»
James non si trattenne più e scoppiò in una risata fragorosa, che contagiò anche Sirius. Adesso si ragionava.
La bambina, che ancora non si era rivolta loro, si raddrizzò nel sedile, nervosa. Guardò i due con sommo disprezzo e commentò:
« Andiamo via, Severus, cerchiamo un altro scompartimento».
James e Sirius imitarono la sua voce altezzosa:
« Ooooooooh...».
Mentre gli sgraditi compagni di viaggio si alzavano, con insopportabile aria di superiorità, James allungò una gamba e per poco non riuscì a fare sgambetto al ragazzino unticcio.
« Ci si vede, Mocciosus!» gli gridò, mentre quello chiudeva la porta scorrevole.
Risero a crepapelle per una buona ventina di minuti. Severus, che razza di nome! A Sirius piacque particolarmente l'appellativo “Mocciosus” e cercò di convincere James a cambiare il nome del gatto in quello. James, fra le lacrime, disse che non avrebbe mai rinunciato a “Peloso”, ma che anche “Mocciosus” era così bello da meritare di essere pronunciato di tanto in tanto.
Stabilirono che l'antipatico individuo si sarebbe sempre chiamato Mocciosus. Un soprannome così bello non si poteva dimenticare.
Il treno procedeva verso nord ad un'andatura piacevole. La mattinata stava svanendo verso il pomeriggio e con esso arrivò anche una signora col carrello per il pranzo.
Quando bussò ai due ragazzi, erano sempre lì che ridevano.
Non bastò la scorta di Cioccorane – che poteva bastare per anni – a placare i risolini e i discorsi frivoli.
James era certo di aver trovato il primo nuovo amico e sperò con tutto il cuore che non finisse, come tutta la sua famiglia, in Serpeverde.

 

 

**angolo autrice**
Salve a tutti e un grazie infinite per aver letto il capitolo!
Ci tenevo a precisare che cercherò di essere il più Canon possibile, ma che con questo intendo solo ed esclusivamente le informazioni contenute nei 7 libri di Harry Potter.
Non riesco a stare dietro a dettagli rilasciati su Pottermore, interviste o altro. Per cui, quello che leggerete qui si attiene solo e soltanto ai libri della saga.
Grazie! <3
Sam
  
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