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Autore: _Lightning_    04/08/2018    4 recensioni
«Allora, affare fatto?» aggiunse Tony con più verve, e si girò di nuovo verso di lei rivolgendole il sorriso più sfacciato che gli riuscì, appaiandovi anche un'occhiata ammaliante, visto che almeno poteva sfruttare appieno il magnetismo dei suoi occhi scuri.
Incontrò quelli inquisitori di Pepper, che sembrarono valutare la serietà di quell'affermazione e che non vacillarono assolutamente di fronte al suo sguardo languido.
«Delle scarpe e un vestito per un paio di occhiali. Mi sembra uno scambio onesto e anche decisamente sbilanciato in suo favore, signorina Potts.»

[pre-Iron Man // pre-Pepperony]
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Obadiah Stane, Tony Stark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Parte I

 

Di sbronze e discorsi improvvisati

 

 

 

She’s blinding, I’m flying
Right behind the rear-view mirror now
Got the feeling, power steering
Pistons popping, ain’t no stopping now

[Panama – Van Halen]

 

 

 

«È un disastro, signorina Potts!»

«Non potrei essere più d’accordo! Cosa diavolo le è saltato in mente?»

«Devo essermi distratto...»

«Come ha fatto a distrarsi al punto da perdersi un “dettaglio” del genere?»

«Ho una mente geniale molto difficile da tenere a bada, ormai dovrebbe saperlo.»

«Infatti sta divagando.»

«Concordo, è meglio concentrarsi sul problema più urgente.»

«Mi sembra un po’ tardi per pensarci!»

«Non sia così pessimista, non ho ancora perso le speranze.»

«Io sì, considerata la situazione.»

«Aspetti, stiamo parlando della stessa cosa?»

«C’è altro di cui parlare, a parte il fatto di avermi messa in ridicolo?»

Tony si distolse infine dalla sua occupazione principale, ovvero guardarsi intorno freneticamente, scrutando ogni centimetro quadro del mattonato rossiccio che circondava la piscina, tentando allo stesso tempo di farlo tenendo lo sguardo basso per non dare nell’occhio. Non ci stava riuscendo molto bene, visto che dava l’impressione di occhieggiare in modo molto sfacciato le svariate ragazze in costume da bagno che sgallettavano a un palmo dal suo naso.

Riportò l’attenzione alla sua assistente, ritta di fronte a lui e con in volto l’espressione più furibonda che le avesse mai visto da quando l’aveva assunta. Il suo nervosismo e il timore della sua ira funesta vennero sostituiti all’istante da un senso di profondo autocompiacimento nel capire a cosa si stesse riferendo la donna.

«Oh, è di quello che parlava,» rilevò, indicando il suo vestito elegante con aria falsamente sorpresa.

«Che intuito, signor Stark,» sibilò quest’ultima, e Tony ringraziò che gli sguardi non potessero uccidere.

«Trovo invece che le stia magnificamente, signorina Potts. S’intona ai suoi occhi.»

«È un tubino

«Ancora meglio.»

«È una festa in piscina! È totalmente fuori luogo, sembro vestita per un gran galà!»

«Vorrà dire che oggi ruberà il posto sul piedistallo che di solito spetta a me,» sciorinò lui con un sorriso inattaccabile «Sapevo che questa si sarebbe rivelata un’ottima idea...» aggiunse a mezza voce, in un eccesso di audacia.

«L’ha fatto apposta?»

Chissà, forse dopotutto gli sguardi potevano uccidere, e Tony si affrettò a correre ai ripari per non sperimentare la cosa sulla propria pelle.

«Ok, forse avrei dovuto dirle la verità!» disse in fretta, alzando entrambe le mani e rischiando di far traboccare il suo calice di prosecco «Ma così non sarebbe mai venuta, visto che il dress-code da me scelto prevede questo...» accennò alla sua larga camicia di lino bianca con le maniche arrotolate, corredata da bermuda color kaki ed espadrilles variopinte «... e quello.» indicò con un cenno del capo il vasto assortimento di bikini e parei di varia foggia alle sue spalle, che sembravano fare a gara per risultare il più striminziti e il meno coprenti possibili.

«Sarebbe bastato dirmi di indossare qualcosa di estivo,» puntualizzò lei, infervorandosi ancor di più.

«E poi dov’è il divertimento?» le rivolse una smorfia dispettosa «Lo ammetta, se avesse saputo la location non si sarebbe mai presentata,» aggiunse, con un pizzico di serietà in più.

«Detesto le feste in piscina,» confessò controvoglia lei, stringendosi a disagio le braccia lasciate scoperte dal vestito e spostando il peso da un vertiginoso tacco dall’aria scomodissima all’altro.

«Lo so. Ma io le adoro, e volevo che ci fosse anche lei. È merito suo se festeggiamo.»

«Non esageri.»

Lei distolse appena lo sguardo e un tenue rossore andò a nascondere le sue efelidi.

«Non esagero,» garantì lui. «Senza di lei l’azienda sarebbe allo sbando.»

«Lei sarebbe allo sbando.»

«Verissimo,» e confermò le sue parole afferrando con una mossa da giocoliere un altro bicchiere di prosecco da un cameriere di passaggio, scambiandolo col suo ormai vuoto. «E lo sono anche al momento,» aggiunse, storcendo con fare insoddisfatto le labbra e riprendendo a setacciare il perimetro della piscina, di nuovo incupito.

«Qual è il suo problema?» si decise a chiedere Pepper.

«I miei occhiali da sole. Sono spariti,» affermò contrariato, tastandosi il taschino della camicia dove ricordava di averli riposti in via del tutto eccezionale, visto che in pubblico erano praticamente sempre saldati sul suo naso.

Anche senza guardarla poté percepire il suo sguardo perplesso posarsi su di lui, cosa che lo fece sentire lievemente a disagio. Sarebbe stato molto più semplice camuffarlo, se solo avesse avuto quelle dannate lenti a schermargli gli occhi.

«Li avrà lasciati in camera.» Pepper accennò al sontuoso hotel alle loro spalle.

«No,» replicò lui con fermezza. «Li ho sempre con me e li ho indossati per tutto il giorno.»

«Signor Stark, è quasi sera ed è nuvoloso, non mi sembra così grave.»

«Devo tenere un discorso,» ribatté lui, ritenendo che ciò bastasse a spiegare tutto. «Mi servono. Quindi devo trovarli al più presto,» concluse, scolando in un sorso il suo secondo calice con un gesto seccato.

Lei sospirò, senza curarsi di nasconderlo.

«Signor Stark, io mi occupo del suo lavoro d’ufficio, non dei suoi effetti personali,» asserì monocorde.

Tony le lanciò un’occhiata incuriosita, incrociando per un istante le sue iridi cerulee per poi tornare a osservare il party che si stava svolgendo attorno a loro. Di solito Pepper era molto più bendisposta e si limitava a lanciargli silenziose occhiatacce di rimprovero quando faceva qualcosa di indecoroso o disdicevole – ovvero molto spesso – unite a qualche secco commento che lo riportava prontamente nei limiti della decenza come nessun altro era mai riuscito a fare.

Quella sera sembrava che la sua pazienza si fosse notevolmente assottigliata in seguito al “malinteso” del vestiario. Era palese che stesse diventando sempre più insofferente, in quel vestito stretto e troppo vistoso e su quei tacchi che offrivano ben poca stabilità sul pavimento costellato di pozze d’acqua attorno alla piscina e sulla ghiaia del giardino circostante. Avvertì una punta di colpevolezza decisamente imprevista.

«Facciamo così,» esordì illuminandosi. «Se trova i miei occhiali, io le rimedio un paio di scarpe più comode di quelle e un vestito più consono,» propose con brio, fiero della sua idea.

Pepper arrossì ancora e sembrò sul punto di negare l’evidente fastidio che gli stavano causando i décolleté e il tubino, poi sospirò, capitolando a quella proposta evidentemente troppo allettante.

«Penso di poterle recuperare un paio di occhiali, da qualche parte.»

«Preferirei ritrovare i miei. Sono Ray-Ban e sono nuovi,» puntualizzò lui.

«Ci provo, ma se li ha persi in città dubito di poter fare qualcosa,» gli fece notare lei. «Vista la fama di Baltimora1, non mi stupirei se glieli avessero rubati mentre era impegnato a fare shopping,» aggiunse, per poi scrutarlo con improvvisa intensità.

Tony puntò ostentatamente lo sguardo dalla parte opposta, fingendo di concentrarsi sul DJ che si dimenava in un angolo a ritmo coi Duran Duran. Poteva prevedere quale domanda aleggiava nella mente di Pepper e non aveva molta voglia di rispondere, soprattutto senza i suoi fidati compari appollaiati sul naso.

«A proposito, perché proprio Baltimora?» chiese infatti la donna.

Lui alzò le spalle con noncuranza, sempre senza guardarla.

«Perché no?» buttò lì, alzando indolentemente un sopracciglio e chiudendo così il discorso. «Allora, affare fatto?» aggiunse con più verve, e si girò di nuovo verso di lei rivolgendole il sorriso più sfacciato che gli riuscì, appaiandovi anche un’occhiata ammaliante, visto che almeno poteva sfruttare appieno il magnetismo dei suoi occhi scuri.

Incontrò quelli inquisitori di Pepper, che sembrarono valutare la serietà di quell’affermazione e che non vacillarono assolutamente di fronte al suo sguardo languido.

«Delle scarpe e un vestito per un paio di occhiali. Mi sembra uno scambio onesto e anche decisamente sbilanciato in suo favore, signorina Potts,» insistette ancora, cogliendo la sua diffidenza e donando al suo sorriso una sfumatura più suadente per blandirla, inclinandosi appena verso di lei.

Pepper gli aveva già dimostrato più volte che i suoi trucchi da dongiovanni non erano assolutamente in grado di scalfirla come accadeva al resto del genere femminile, ma a parer suo valeva la pena tentare.

«Signor Stark,» esordì infatti, con mortale serietà e uno sguardo truce, «le giuro che se si presenta con un vestito inferiore a questa lunghezza,» e segnò col dito un punto con suo rammarico di poco superiore al ginocchio, «o ad ogni modo inappropriato o ottenuto per vie traverse, e ha capito perfettamente cosa intendo, finirà la sua serata là dentro,» e indicò la piscina con fare minaccioso.

«Non c’è pericolo che mi presenti con nulla di simile addosso: penso di poter fare colpo su di lei anche così come sono,» civettò lui godendosi divertito la sua reazione, che si limitò a un breve ma eloquente lampo omicida che balenò nei suoi occhi «Non si preoccupi, mi impegnerò al massimo per trovare qualcosa di assolutamente discreto e adatto a lei,» la tranquillizzò poi, in tono tutt’altro che convincente.

«Se usasse un decimo dell’impegno che mette in queste sue bravate per gestire l’azienda, il mio lavoro sarebbe molto più leggero,» sospirò Pepper, lasciandosi però sfuggire un sorriso.

«E molto più noioso,» sogghignò lui, schivando il non tanto velato rimprovero per poi lanciare un’occhiata al vistoso Rolex che aveva al polso:

«Rendez-vouz sotto al palco tra un’ora,» stabilì poi in finto tono militaresco, agguantando al volo un altro drink «Ah, ovviamente... niente occhiali, niente discorso,» aggiunse con leggerezza, con lo stesso tono che avrebbe usato per commentare il tempo.
A quelle parole Pepper perse una nota di colore in volto e strabuzzò gli occhi.

«Signor Stark, è una festa per la sua azienda, se non tiene lei il discorso, chi...» s’interruppe nel notare il suo sogghigno eloquente «No. No, non se ne parla,» lo anticipò, facendo un mezzo passo minaccioso verso di lui, che si scostò agilmente.

«Signorina Potts, l’anno lavorativo è andato a gonfie vele anche grazie al suo zelo, sarebbe del tutto naturale che fosse lei a...»

«Lei salirà su quel palco, con o senza occhiali,» lo troncò perentoriamente Pepper.

«Chi lo sa... non dipende mica da me,» la punzecchiò lui con fare sicuro di sé. «Ancora una volta il destino dell’azienda è nelle sue mani,» annunciò pomposamente, facendole un ultimo occhiolino prima di sgattaiolare via tra la folla e lasciarla con un palmo di naso.



 

§


 

 

Tony prese un sorso distratto del suo Cuba Libre, intento ad osservare con scrupolosità lo spazio relativamente ristretto e affollato del gazebo che ospitava il bar, mentre se ne stava poggiato mollemente al bancone.

“Troppo osé,” concluse, osservando criticamente la ragazza che gli era appena passata accanto, con addosso un vestito di raso semi-trasparente che lasciava ben poco spazio all’immaginazione.

A dire il vero la sua, di immaginazione, stava già galoppando a briglia sciolta con un po’ troppo entusiasmo nel figurarsi Pepper in indumenti che gli avrebbero sicuramente fatto vincere una cinquina in faccia, se proposti alla diretta interessata.

“Troppo poco,” commentò ancora tra sé, adocchiando con poca convinzione uno scialbo prendisole a motivi floreali che a parer suo non avrebbe reso giustizia all’innata raffinatezza di Pepper.

Realizzò che probabilmente lei avrebbe l’avrebbe invece accolto a braccia aperte e che, a pensarci bene, sarebbe stato molto più difficile trovare qualcosa che le stesse male. Relegò quella considerazione sensata in un angolino della sua mente, determinato a trovare qualcosa all’altezza della sua assistente e che rispettasse anche i propri parametri. Doveva pur lasciarsi ispirare, prima di inviare Happy nel suo personale martirio a caccia di indumenti femminili.

“Troppo... troppo,” si redarguì dopo poco, e dovette fare un notevole sforzo di autocontrollo per non accodarsi a una donna con le curve a clessidra fasciate da una tutina inguinale di un rosso acceso, la cui scollatura a V arrivava sin quasi all’ombelico.

Si impegnò anche a richiudere la bocca rimasta stolidamente semiaperta occupandola con la cannuccia del suo drink, invece di indugiare in fantasticherie poco appropriate. 

Sbuffò, causando un gorgoglio di bolle nel bicchiere, e perserverò nel gesto come un bambino annoiato a corto di passatempi. Erano già passati venti minuti dalla sua proposta avventata e non aveva ottenuto risultati concreti, se non nel constatare che le le donne in possesso di vestiti che rasentassero la soglia della decenza erano un numero drasticamente esiguo. Buon per lui... un po’ meno per Pepper.

Stava giusto per contemplare l’idea di avventurarsi personalmente per le strade di Baltimora e infilarsi nel primo negozio d’abbigliamento femminile a tiro, in barba ad Happy e alle sue manie di sicurezza, quando aguzzò improvvisamente lo sguardo. A circa venti metri da lì, sul bordo piscina, completamente incustoditi e sorprendentemente non avvolti da un’aura mistica, giaceva un elegante paio di sandali a plateu con un tacco moderato. 

Di scarpe non se ne intendeva, ma sembravano decisamente più comodi dei trampoli infernali su cui era costretta a bilanciarsi Pepper al momento. E lei non doveva necessariamente sapere come li avesse rimediati.

Tracannò senza tante cerimonie ciò che rimaneva del drink, cosa che gli diede leggermente alla testa, e fece per fiondarsi verso le calzature con la stessa foga che avrebbe avuto un rugbista nello slanciarsi verso la mèta. Una mano energica e familiare si abbatté giovialmente sulla sua schiena, troncando il suo movimento affrettato e distruggendo i suoi sogni trionfanti.

«Tony! Eccoti qui!» Obadiah quasi gli stritolò la spalla nei suoi consueti saluti troppo espansivi.

«Ehi, Obie.» replicò lui, con un mezzo sorriso compassato che avrebbe raggelato un vulcano.

Svicolò agile dalla sua stretta e si ricompose all’istante stampandosi in faccia l’aria più innocente del mondo, come se non avesse mai avuto intenzione di abbandonare il suo posto in fretta e furia, ma continuò ad occhieggiare il suo obiettivo alle spalle dell’amico per assicurarsi che rimanesse al proprio posto.

«Immaginavo di trovarti qua.» commentò l’altro, accennando alla parete stipata di alcolici con fare complice «Due Martini.» ordinò poi al barman, poggiandosi sul bancone accanto a lui, con una disinvoltura che solo chi indossava un panama abbinato a un’orrida camicia hawaiana gialla e rossa poteva ostentare.

«Oh, magari più tardi, adesso non...» cominciò Tony, ritenendo di dover rimanere lucido almeno il tempo di recuperare quei maledetti vestiti, ma Obie gli cacciò in mano il calice mettendo a tacere le sue proteste senza troppe difficoltà.

Forzò un sorrisetto e il desiderio di avere le sue lenti a schermargli gli occhi si intensificò di colpo.

«Andiamo, ti sembra il momento di fare il bravo ragazzo, proprio ora che dobbiamo festeggiare?» lo prese in giro il suo socio, inclinando verso di lui il bicchiere in un accenno di brindisi.

«Giusto... ho una reputazione da difendere.» lui alzò appena le sopracciglia con fare sardonico, facendo tintinnare i vetri prima di prendere un sorso poco convinto.

Doveva assolutamente liberarsi di lui prima che cominciasse a rintronarlo coi suoi sproloqui riguardo all’azienda, ai consigli d’amministrazione mancati, alla sua assenza al briefing di quella mattina e chissà cos’altro, ma fu battuto sul tempo:

«Hai preparato il discorso, vero?» s’informò infatti, inclinandosi verso di lui con fare inquisitorio.

«I discorsi vanno preparati?» svagò lui, suscitando un’espressione non troppo sorpresa sul volto dell’altro.

«Tony, sei bravo a improvvisare, ma è un’occasione importante. Non puoi lasciarla al caso, come se...»

«Devo solo dire che siamo i migliori, che le Stark Industries sono al loro apogeo, che il prossimo anno porterà ancora più profitti... la solita solfa, no?»

«Sì, certo, certo...» lo assecondò lui, poi frugò brevemente nel taschino della camicia e ne tirò fuori una piccola risma di foglietti «Ma tieni questi a portata di mano, giusto in caso.»

«Obie, sono terribile a seguire il gobbo, lo sai.» si ritrasse d’istinto, senza accennare a volerli prendere direttamente, al che l’altro li posò in un gesto esasperato sul bancone, spingendoli poi verso di lui.

Solo allora Tony si decise ad accettarli, prendendo a sfogliarli in modo svogliato e corrucciandosi dopo poco.

«Non menzionerò mio padre.» sfilò con stizza un cartoncino dalla risma e lo piantò senza tanti complimenti nel ghiaccio del suo bicchiere già vuoto.

«Lo so che ti infastidisce, ma fa sempre buona pubblicità, soprattutto vista la...»

«Basto io a fare “pubblicità”, visto che sono attualmente lo sponsor della Playboy

«Quella non è buona pubblicità. Ma fa’ come vuoi.» sospirò Obadiah, scuotendo sconfitto la testa.

«L’ho sempre fatto e andiamo a gonfie vele, mi sembra.» replicò lui piccato, cacciando comunque i restanti foglietti nella tasca posteriore dei bermuda.

L’altro alzò una mano in segno di resa, a significare che non aveva intenzione di discuterne ulteriormente, ma con un cenno d’assenso al fatto che avesse conservato il gobbo.

«Basta che tu dica quello che devi dire senza farci sfigurare.» lo ammonì poi, con un’occhiata significativa che Tony ignorò, decidendo piuttosto che un Daiquiri era proprio quello che gli ci voleva per sopportare meglio quella chiacchierata molesta.

Apprezzava la dedizione di Obadiah nei confronti dell’azienda: senza di lui sarebbero probabilmente colati a picco da tempo, ma non poteva fare a meno di trovarlo opprimente, quando si fissava su quelle inezie.

«Non farò nulla di più compromettente del solito. Lo sai quali sono i miei standard in pubblico.» lo rassicurò infine, alzando le spalle con totale sicurezza.

«Non fare il finto tonto, ragazzo.» Obadiah gli puntò contro l’indice e sorrise con fare paterno, ma i suoi occhi rimasero seri «Ti ho accordato Baltimora, ma non potrò pararti le chiappe se esageri.»

Tony mescolò il suo drink con fare del tutto disinteressato, senza alcuna intenzione di dargli corda. Il tintinnio del ghiaccio riempì il silenzio, seguito dal rumore della cannuccia che risucchiava intenzionalmente a vuoto. Obie liberò un sonoro sospiro, voltando le spalle al bancone e poggiandovisi coi gomiti, come si fosse infine rassegnato a qualcosa di inevitabile.

«Il CEO della Republic Oil2 e il rappresentante aziendale della Roxxon3 sono qui. Quindi cerca di...»

«Cosa?!» Tony alzò di scatto la testa, adirato «E perché diavolo li hai invitati senza...»

«... non comprometterci. E abbassa la voce.»

«... dirmi nulla? Che mi sentissero pure!»

«Ho dovuto agire diplomaticamente, cosa che tu sei incapace di fare.» lo rimbrottò Obadiah in tono più duro, per poi posargli di nuovo una mano sulla spalla con fare incoraggiante «Non pensarci, ok? Tieni un profilo basso, goditi il successo, fai l’anima della festa e lascia a me i panni sporchi. Siamo un team, no? Tu ci metti la faccia e il genio e io mi occupo del resto per evitarci grane.»

Tony emise un mugugno poco contento, ma non ribatté e prese invece un generoso sorso del suo cocktail, sentendo che i buoni propositi di rimanere sobrio venivano meno grazie a quella notizia inattesa e sgradevole. Ci mancava solo quella feccia tra i piedi.

«Senti, per caso hai visto i miei occhiali da sole?» cambiò repentinamente discorso, col tono più neutrale che gli riuscì.

Obie rimase disorientato per qualche secondo, ma fu abbastanza perspicace da intuire la sua richiesta indiretta e lo assecondò, lasciando cadere l’argomento.

«Mi pareva mancasse qualcosa.» commentò, accennando al suo volto scoperto «Comunque no, ma mi guarderò in giro.»

«Fa niente. Tanto li sta cercando Pepper.» si lasciò sfuggire lui con un sorriso divertito «È come se li avessi già ritrovati.» non sapeva perché, ma gli era venuto spontaneo dirlo, e forse aveva a che fare col notevole quantitativo d’alcol che aveva ingerito in poco meno di dieci minuti.

Obie fece una delle sue risate spezzate, guardandolo con un misto di incredulità e rassegnazione.

«Tony, Tony... è strano sentirti riporre così tanta fiducia in qualcuno. Potrei seriamente preoccuparmi.»

Lui alzò le spalle.

«Si tratta di un paio di occhiali.» minimizzò con tenue perplessità «Non è come se le avessi affidato la mia vita.»

«Il fatto stesso che tu abbia un’assistente personale è degno di nota.»

«È stato Happy a insistere.» si difese lui, storcendo la bocca al ricordo «Ed è meno peggio di quanto avessi pensato.»

«Deve esserlo, visto che da quanto so gestisce tutti i documenti aziendali, le permetti di firmare contratti a nome tuo e ha persino libero accesso al tuo laboratorio. Per uno che non si fida neanche della propria ombra è allarmante.»

«Qual è il problema?» la voce di Tony virò su una nota più dura, stemperata solo in parte dal suo solito sorrisetto di facciata.

«Nessun problema, sto solo commentando i fatti.» lo ammansì evasivamente l’altro.

«Mi sembra che i fatti parlino chiaro: è stata l’unica ad accorgersi di quell’errore di contabilità4 e me l’ha riferito tempestivamente.» insistette lui con veemenza, forse anche un po’ alterato dall’alcol «E per questo l’ho inserita tra la lista di dipendenti meritevoli che ringrazierò pubblicamente stasera.» rivelò in tono di sfida.

A quel punto, Obadiah fece tanto d’occhi, per poi passarsi nervosamente una mano sulla folta barba che iniziava a ingrigirsi.

«Non mi sembra una mossa saggia. In quella lista figurano solo veterani del settore, gente che è alle Industries da un decennio. Lei lavora per noi da appena un anno, rischi di sollevare un vespaio.»

«Lavora per me, e già questo dovrebbe bastare a tutti. L’hai detto tu che non mi fido di nessuno, e di lei mi fido.» si lasciò sfuggire nella foga.

Obadiah sollevò con fare saputo le sopracciglia e si illuminò, come se con quelle parole avesse appena confermato i suoi sospetti in modo inconfutabile.

«La cosa è più grave di quanto pensassi.»

Tony a quel punto si voltò verso di lui, senza più celare il suo fastidio.

«Obie, grazie a lei abbiamo evitato uno scandalo che ci sarebbe costato milioni, si merita come minimo una menzione d’onore.»

«Stai ragionando con... con gli occhi per usare un’espressione elegante. Usa questo, piuttosto,» e gli puntò un dito a un soffio dalla fronte «prima che la gente cominci a chiacchierare.»

«Se me la fossi voluta portare a letto, l’avrei già fatto.» ribatté lui a denti stretti, cogliendo la non troppo velata allusione e dubitando in verità delle proprie parole.

«Aspetta, non l’hai fatto?» lo incalzò lui, preso alla sprovvista.

«No.» rimarcò lui, lapidario e sempre più indispettito.

«Insolito, da parte tua.» Obie lo scrutò di sottecchi «Non importa, l’opinione pubblica è comunque convinta che tu l’abbia fatto più volte e che sia proprio quello il motivo per cui è diventata la tua assistente personale.» alzò le spalle, come costernato dall’ingiustizia di quel mondo meschino.

Tony si limitò a rispondere con un verso stizzito, percependo al contempo un sottile velo d’inquietudine posarsi sulla sua coscienza. Non era tipo da farsi turbare dal gossip, anzi, il più delle volte ci sguazzava dentro... ma non aveva mai pensato alle possibili ripercussioni su Pepper e a come lei fosse più vulnerabile agli occhi della stampa. A pensarci, ricordava qualche titolo poco lusinghiero nei suoi confronti, soprattutto nei primi mesi di lavoro, ma lei non aveva mosso alcun commento in proposito. Se si fosse mai sentita attaccata gliel’avrebbe fatto presente. 

“Giusto?”

Prese un sorso nervoso del suo cocktail, col volto basso. Mai come in quel momento avrebbe voluto avere gli occhiali a celare il suo sguardo.

«Pepper è competente, scrupolosa e qualificata. Non l’ho assunta solo per avere un bel faccino in casa.» disse dopo quella pausa, in tono irremovibile.

Obadiah lo scrutò a fondo, mentre un sorrisetto divertito e condiscendente si allargava sul suo volto.

«Ok, l’ho assunta anche per quello.» ammise malvolentieri lui «Ma si è rivelata una scelta vincente, no?»

«L’hai assunta alla cieca mentre smaltivi una sbornia di Capodanno5 e sei fortunato che non si sia ancora rivelata un’approfittatrice o una spia aziendale.»

«Ancora?» ripeté Tony, scandendo la parola in modo ora apertamente ostile, sfidandolo a completare quel commento inespresso.

«È un mondo di squali, Tony. Attento a chi ti tieni vicino.» lo mise in guardia lui con fare noncurante, prendendo l’ultimo sorso di Martini.

Lui si limitò a scuotere sgomento la testa senza degnarlo di una risposta, che in quel momento avrebbe rischiato di essere fin troppo colorita.

«E a proposito, tornando ai nostri amici della Roxxon e della Rep Oil...» continuò poi il suo socio, passandogli un braccio attorno alle spalle «Ricorda quello che diceva tuo padre: “tieni i tuoi amici ricchi e i tuoi nemici ricchi...»

«... e aspetta di scoprire chi è chi.”6» completò meccanicamente Tony in un borbottio seccato, togliendosi di peso il suo braccio di dosso «Sì, me l’ha ripetuto solo milioni di volte. Vuoi citare anche Capitan America, visto che ci sei, così completiamo il revival di Howard Stark?» aggiunse caustico, scostandosi da lui con irritazione crescente.

Obie rispose con un sorriso mesto e un lieve sospiro, lasciandolo andare.

«Non era mia intenzione rovinarti la serata. Voglio solo assicurarmi che tu sappia tutto ciò che c’è da sapere.» spiegò in tono conciliante.

Tony affondò le mani nelle tasche ostentando rilassatezza e si scostò ancora di un mezzo passo, dandosi modo per riflettere su quelle parole. Concluse a malincuore che i timori di Obie erano in parte fondati, considerando la sua media comportamentale in pubblico e la sua scarsa capacità di giudizio per quanto riguardava le donne, anche se si sentiva decisamente seccato per le insinuazioni rivolte a Pepper. Si ripromise di tenere un occhio più attento sul modo in cui il suo socio si poneva nei suoi confronti, possibilmente in modo molto discreto.

«Bene, adesso so tutto e agirò di conseguenza.» abbozzò un mezzo sorriso non molto riuscito, in un debole gesto di riappacificazione «Quindi...» accennò con la testa al party che si svolgeva attorno a loro, col chiaro intento di defilarsi.

«Vai a divertirti, te lo sei meritato.» lo congedò Obadiah, liquidando la questione con una rapida pacca sulla spalla e sfilandosi poi un sigaro dal taschino.

A quel punto Tony sfoggiò un’espressione enigmatica, alzando esageratamente un sopracciglio.

«Prima devo completare una missione.» sogghignò appena con ritrovata leggerezza.

Si diresse quindi a passo di carica verso i sandali ancora abbandonati sul mattonato e li afferrò con un gesto vittorioso, sotto lo sguardo decisamente perplesso di Obadiah.



 

§




Un anno come assistente personale di Tony Stark le aveva insegnato innumerevoli cose.

Per esempio, ad essere molto guardinga rispetto a qualunque invito provenisse da parte sua, a sospettare di ogni evento di cui sembrava stranamente ben informato su location, svolgimento e organizzazione e a declinare garbatamente tutte le richieste di fargli da “accompagnatrice” – termine che la stampa associava a un tipo di compagnia molto specifica che lui sembrava attirare al pari di una calamita.

Dato che il party organizzato a Baltimora aveva fatto scattare questi tre campanelli d’allarme, sottrarvisi, rimanere a casa e godersi un giorno di stacco – sperando che il proprio capo non andasse in coma etilico lasciandola disoccupata – le era sembrata la soluzione più appetibile e sensata. Peccato che si trattasse della festa di fine anno aziendale delle Stark Industries ed era quindi irrinunciabile per l’assistente del loro proprietario, come questi si era premurato di sottolineare pedantemente un centinaio di volte al giorno nel corso dell’ultima, snervante settimana. Tutta quell’insistenza le aveva suscitato un bruttissimo presentimento. Detestava avere ragione.

Non che il fatto di essere oltremodo agghindata per una serata informale la disturbasse più di tanto e, nonostante i tacchi le stessero davvero facendo vedere le stelle, era del tutto in grado di destreggiarsi su un paio particolarmente scomodo per una serata.

Non era neanche troppo irritata col suo capo per lo scherzo in sé, anche se meditava di ricambiare il favore con tanto di quel lavoro d’ufficio extra da inchiodarlo alla scrivania per un mese. In circostanze differenti sarebbe anche stata capace di riderci su, visto che in fin dei conti si era trattato di uno stratagemma per convincerla a presenziare.

Quelle circostanze implicavano il non sentirsi tremendamente a disagio nel percepire ogni singolo sguardo appuntato addosso; almeno, questa era stata la sua impressione nel perlustrare il giardino esterno e poi la hall dell’albergo in cerca di quei dannatissimi occhiali da sole. Le era anche sembrato di cogliere un paio di flash al suo passaggio, cosa che le aveva fatto desiderare di sprofondare all’istante sottoterra.

In realtà si era ritrovata a pensare che, anche con un anonimo vestito addosso, la situazione non sarebbe poi variata molto: erano gli svantaggi di essere la prima assistente personale che Tony Stark avesse mai avuto in vita e in casa sua. Un impiego inaudito, che oltre a far brillare il suo curriculum aveva portato con sé una ventata di dicerie e pettegolezzi che le facevano ringraziare il fatto di dover lavorare la maggior parte del tempo a Villa Stark e solo saltuariamente alle Industries, risparmiandosi il piacere di ascoltare le malelingue di persona.

Finora l’arma dell’indifferenza si era rivelata una carta vincente, soprattutto abbinata all’enorme soddisfazione che trovava nel proprio lavoro, ma andare in giro con l’equivalente di un’insegna luminosa a neon sgargianti a segnalare la sua presenza stava facendo vacillare quelle tenui difese.

Dubitava che il suo capo avesse preventivato gli effetti collaterali del proprio raggiro a fin di bene, nella convinzione errata che vivere perennemente su un palcoscenico coi riflettori puntati addosso fosse qualcosa di piacevole per chiunque e non solo per lui e il suo ego ipertrofico. Lui non aveva mai sentito il bisogno di muovere un dito per smorzare il gossip sfrenato sulla propria vita festaiola e disinibita che si guadagnava la prima pagina almeno una volta al mese, anzi, spesso sembrava divertirsi a fomentarlo tanto per vedere quanto i giornalisti sapessero lavorare di fantasia.

Nonostante la sua affermata fama di donnaiolo, Pepper doveva ammettere che almeno con lei era riuscito a mantenere una condotta più o meno irreprensibile. Questo dopo una spudorata “proposta” da parte sua dopo neanche una settimana di assunzione; proposta che si era guadagnata solo il suo sdegno, una minaccia di dimissioni e una letterale porta sbattuta in faccia. La cosa aveva duramente ammaccato il suo orgoglio maschile: si era limitato a incassare il colpo, esibire un sorrisino un po’ meno tronfio del solito e ribattezzarla prontamente “Pepper”, che, nel linguaggio astruso e sibillino di quell’uomo impossibile per il quale aveva avuto la malsana idea di lavorare, doveva valere come una sorta di “rito di scuse” indiretto per salvarsi la faccia.

Da quel momento aveva troncato qualsiasi avance che non fosse intrisa di una buona dose d’ironia e aveva dato il via al suo nuovo sport preferito, ovvero darle sui nervi in ogni modo immaginabile. Se non fosse stata lei stessa testimone del grado di subdola malignità che potevano assumere le battute del suo capo e di quanto fosse privo di scrupoli nel mettere alla berlina chi non gli andava a genio nel minor numero di parole possibile, avrebbe pensato che si trattasse di una ripicca per il rifiuto ricevuto.

Aveva invece osservato una componente giocosa ben marcata in quel nuovo atteggiamento... oltre a una viva, quasi infantile curiosità per le sue reazioni, come se quello fosse il suo personale modo di metterla alla prova e non potesse credere al fatto che qualcuno fosse effettivamente in grado di dirgli “no” e mantenere il punto. Se all’inizio aveva trovato la cosa estenuante, col passare del tempo ci aveva preso gusto anche lei e aveva affinato l’arte di tener testa a Tony Stark – e anche di tenergli la testa da sbronzo, cosa che sperava non sarebbe mai figurata nel proprio curriculum.

Adesso, avere l’ultima parola era per lei quasi una questione d’onore, e anche quando perdeva verbalmente poteva dire di aver quasi sempre intascato la vittoria morale.

Per questo non si lasciò intenerire, quando quel disgraziato gli si presentò davanti con le mani innocentemente dietro la schiena, sfoggiando lo sguardo più angelico che gli avesse mai visto stampato in faccia. Peccato che, abbinato alla costante e involontaria piega da mascalzone delle sue labbra, le diede l’impressione di stare fissando un lupo con una pelle d’agnello addosso, e anche piuttosto striminzita.

Dal suo passo più adatto al ponte di una nave in balìa delle onde che al solido brecciolino circostante il palco intuì che, ovviamente, aveva alzato un po’ troppo il gomito. L’assenza dei suoi tanto agognati occhiali era un deciso punto a suo sfavore in quel senso, visto che rivelava le iridi nocciola un po’ troppo lucide per l’alcol e, notò, più irrequiete e mobili del solito, forse proprio per il fatto di essere prive di difese.

Pepper si stava giusto preparando a redarguirlo sia per la sbronza che per essersi fatto vivo solo ora per il suo discorso, che fortunatamente Stane stava ritardando grazie alla sua parlantina, quando lui rivelò con uno svolazzo ciò che fino ad allora aveva tenuto nascosto dietro di sé, lasciandola interdetta.

«Questi sono per lei.» annunciò, mostrandole un paio di plateau a dir poco orrendi, che però le fecero brillare all’istante gli occhi «Che non si dica che mi presento a mani vuote.» chiosò, invitandola a prenderli e iniziando subito a rassicurarla sui metodi di disinfezione degni di una clinica privata a cui erano stati sottoposti con la collaborazione di Happy.

Aveva a malapena finito di parlare, che Pepper aveva già calzato le nuove scarpe con enorme sollievo, abbandonando con leggero disgusto e senza troppi rimpianti le sue Louboutin.

«Meglio?» sogghignò nel vederla più rilassata.

«Molto.» confermò lei, ancora intenta a constatare l’integrità dei propri piedi e l’assenza di danni permanenti.

«Per il vestito, nulla da fare.» si rammaricò poi lui, forse con sincerità «Ho spedito Happy a rimediarne uno in città, ma...»

«... non arriverà mai in tempo utile.» completò lei, un po’ delusa e di nuovo in tensione per il fatto di non poter tornare a passare quasi inosservata «Neanch’io sono a mani vuote.» aggiunse però, aprendo la pochette.

Ne estrasse un paio di occhiali da sole a specchio argentati che qualcuno aveva dimenticato al bar poco prima. L’espressione di puro raccapriccio che attraversò il volto del suo capo le confermò che, come aveva sospettato, non erano di suo gradimento.

«Avrebbe potuto dirmi che ci teneva così tanto a fare lei il discorso.» commentò svagato, non accennando minimamente a prendere gli occhiali.

«Avrebbe potuto dirmi che ci teneva così tanto a sfigurare di fronte alla sua intera azienda.» ribatté impassibile, porgendogli l’oggetto della trattativa per una stanghetta.

«Comparire di fronte mia azienda con quelli addosso otterrebbe lo stesso risultato, oltre ad essere un imperdonabile sfoggio di cattivo gusto.» s’impuntò lui, senza cedere di un millimetro.

«Vorrà dire che dovrà farne a meno.» concluse lei, con finto rammarico.

«Non erano questi i patti.» ribatté immusonito lui, come un bambino insoddisfatto del proprio regalo di compleanno.

«I patti non riguardavano il suo discorso. E se anche fosse, le faccio notare che ho ancora un tubino addosso.»

«Ma la sua altezza è notevolmente diminuita.» affermò, indicando con fare compiaciuto i sandali; nel farlo s’inclinò pericolosamente verso di lei e solo allora Pepper si rese conto che era molto più alticcio di quanto avesse pensato.

Puntò fermamente un indice sul suo petto col duplice scopo di impedire un’imminente caduta e di mantenerlo a una distanza ragionevole dal suo volto. Lui a quella pressione piombò di nuovo sui talloni, ripristinando il suo precario equilibrio.

«Le do il tempo di incipriarsi il naso, poi salirà su quel palco.» decretò lei, cacciandogli in mano gli occhiali senza tante cerimonie.

A quel gesto lui sobbalzò quasi gli avesse dato la scossa, prendendo a cincischiare a mezz’aria; dopo qualche volteggio se li fece sfuggire dalle dita, destinandoli a una fatale caduta sul ghiaino. Per un istante rimasero entrambi a fissare allibiti le lenti specchiate irrimediabilmente incrinate ai loro piedi, per poi tornare a guardarsi in faccia.

«Lo sa che odio che mi si porgano le cose.» le rammentò in un borbottio seccato, ma apparentemente non troppo dispiaciuto per la misera fine degli occhiali.

«Inizio ad avere serie difficoltà a ricordarmi tutte le sue stranezze, signor Stark.» sbottò lei, con una punta d’esasperazione ben palpabile nella sua voce.

Lui parve preso alla sprovvista da quell’improvvisa veemenza, perché non ribatté istantaneamente come suo solito, forse anche rallentato dalla sua sbronza incipiente; Pepper ne approfittò per precludergli del tutto la possibilità di farlo:

«Ho passato la serata a caccia dei suoi occhiali perché è distratto, e ad essere paparazzata per colpa del suo opinabile senso dell’umorismo; adesso, come minimo deve...»

«L’hanno paparazzata?» la interruppe lui, in un barlume di lucidità «Perché l’hanno...»

«Secondo lei perché?» lo interruppe lei, con un gesto eloquente al suo tubino attillato di un vivo blu elettrico e ai suoi tacchi dodici abbandonati lì accanto.

Forse, per una volta, vide una fugace ombra di colpevolezza fare capolino sul suo volto, prontamente soffocata dalla sua solita aria indifferente. Si sfregò il pizzetto e fece per dire qualcosa, quando quel momentaneo silenzio fu spezzato da un applauso improvviso che soffocò il sottofondo monotono della voce di Obadiah, come sempre intento a coprire i proverbiali ritardi del suo socio. Doveva aver appena annunciato il suo ingresso, perché dopo una breve pausa riprese a parlare in tono gioviale:

«A quanto pare il nostro Tony non sa tenersi lontano dal lavoro neanche alle feste... dev’essere ancora impegnato in quella telefonata coi nostri clienti in Medio Oriente, quindi dovremo aspettarlo ancora un po’...» continuò a blaterare, probabilmente pensando che Tony fosse in realtà “impegnato” al casinò, al bar o in qualche stanza dell’hotel in prevedibile compagnia.

A quel punto Pepper lo fulminò con l’occhiata più minacciosa che riuscì a produrre.

«Signor Stark, ha tre secondi per...»

«Sto andando!» si arrese d’un tratto lui, alzando gli occhi al cielo «E mi occupo io dei paparazzi, lei non ha di che preoccuparsi; e poi conosco un po’ di giornaliste e sono sicuro di poter contrattare per...»

«So benissimo quali giornaliste conosce e non voglio sapere come intende contrattare.» lo bloccò subito, realizzando perché alcuni volti le fossero risultati familiari e sentendosi ancor più irritata «Adesso si sbrighi, prima che Obadiah attacchi di nuovo con le sue filippiche e faccia morire di noia gli invitati.» lo incitò sospingendolo senza mezzi termini verso le scalette e salendo lei stessa sul primo gradino per ostruirgli ogni via di fuga.

«Giusto, è ora di movimentare la serata.» concordò lui, illuminandosi di colpo e rassettandosi con un gesto deciso il blazer blu notte che aveva indossato per darsi un tono durante il discorso.

«Non combini disastri.» si raccomandò lei, allarmata da quelle parole che, in bocca a Tony Stark, non potevano promettere nulla di buono.

«Si goda lo spettacolo!» ribatté invece lui in modo un po’ troppo allegro, prima di voltarle le spalle e salire i gradini con passo inaspettatamente pimpante all’ennesimo richiamo di Stane.



 

§




Pepper si prese la radice del naso tra le dita, inspirò a fondo e si costrinse a distendere il volto mentre tentava di mimetizzarsi tra la folla, che nel frattempo aveva accolto l’ingresso di Tony con uno scroscio di applausi intervallati da fischi entusiasti.

Lui si stava come sempre beando di quelle acclamazioni e sfoggiava un ghigno più arrogante del solito mentre si profondeva in mezzi inchini a destra e a manca, con un contegno invidiabile anche da brillo. Strinse la mano a Obadiah che gli stava cedendo il posto d’onore e Pepper colse un brevissimo scambio di parole tra i due; un lampo di fastidio attraversò il volto di Tony, prima di tornare alla consueta impassibilità.

Quando l’ovazione scemò,intrecciò le mani dietro la schiena e scrutò brevemente il suo pubblico, come a valutarlo, infine si accostò al microfono e iniziò a parlare con voce bassa e pacata:

«Signori e signore,» regalò uno sguardo ammiccante alla sua audience femminile e Pepper trattenne un sospiro rassegnato «buonasera e benvenuti alla nostra tradizionale festicciola di fine anno.» esordì quasi formalmente, nonostante quelle parole fossero accompagnate da un’espressione beffarda «Stavolta ho voluto organizzare qualcosa di contenuto, ma sono modestamente sicurissimo che l’idea sia stata di vostro gradimento.»

A quel punto scoccò un’occhiata proprio nella sua direzione e le fece un occhiolino; Pepper si chiese se un lancio ben assestato della pochette sarebbe bastato a farlo cadere dal palco. A giudicare dalla portata dell’applauso che seguì quella dichiarazione gli invitati sembrarono invece concordare con lui, complici probabilmente l’open bar e il buffet illimitato.

Lui alzò le mani a schernirsi da quell’entusiasmo e al contempo quietare il pubblico per riottenere il silenzio. Pepper si stupì che non gli fosse spuntata una coda di pavone e che non avesse iniziato a fare la ruota, tanto si stava compiacendo per l’apprezzamento che gli pioveva addosso. Occhiali da sole o meno, rimaneva pur sempre la quintessenza dell’egocentrismo.

«Forse dovrei dire due parole sulla nostra azienda, ma credo che il mio socio abbia fatto in tempo a ripercorrere la sua storia dalle origini ai giorni nostri mentre mi aspettavate.» fece un gesto di finto rammarico «Quindi mi limiterò a dire che vado molto fiero dei successi e dei guadagni di quest’anno, che sono stati possibili grazie a voi. E grazie al mio contratto con la Playboy.» sorrise sfrontato e si levò qualche risatina qua e là.

Tony si permise a sua volta una breve risata e Pepper si accigliò appena: a un occhio inesperto sarebbe apparso solo molto su di giri per la serata, ma riconobbe nei suoi movimenti quei piccoli, ben noti segni che tradivano quanto stesse iniziando ad accusare l’alcool, dal modo in cui continuava a spostare il peso da un piede all’altro, alla sua postura fiacca con un pollice nella tasca anteriore dei bermuda, al fatto che si concedesse di ridere alle sue stesse battute invece di mantenere il suo solito aplombe disincantato. Sperò solo che fosse in grado di portare a termine il discorso senza afflosciarsi sul palco stroncato dal tasso etilico fuori norma, anche perché ciò avrebbe significato un pronto intervento da parte sua e di Happy.

Quando riprese a parlare si appoggiò di peso all’asta del microfono facendole credere che i suoi timori fossero sul punto di avverarsi, ma fortunatamente la sua voce risuonò ancora abbastanza salda da far passare inosservato il suo modo di fare sopra le righe:

«A dir la verità non so cos’altro dovrei fare quassù, a parte blaterare felicemente riguardo a quanto le nostre azioni siano cresciute nell’ultimo anno...» fece una pausa ad effetto attendendo la replica del pubblico, che non tardò ad arrivare sotto forma di ovazione «... al fatto che abbiamo rinnovato il nostro contratto col Dipartimento della Difesa per il terzo anno consecutivo...» un altro boato riempì il patio «... e ad essere fiero per il nostro primato assoluto nel campo dell’industria bellica e tecnologica a livello mondiale.» a quel punto fece un mezzo inchino e poco ci mancò che perdesse l’equilibrio, ma riuscì a farlo passare per uno svolazzo voluto.

Pepper continuò ad applaudire meccanicamente, chiedendosi se non fosse il caso di recuperare Happy per impedire a Tony di rompersi l’osso del collo.

«Davvero, non so cos’altro dovrei aggiungere, ma proverò a improvvisare!» annunciò nel mentre, compiaciuto «E il mio infallibile istinto mi suggerisce di concludere in fretta per arrivare al rinfresco e di passare quindi ai ringraziamenti... primo fra tutti il mio socio e amico Obadiah Stane, al quale sarò sempre grato per aver permesso alle Industries di arrivare fin qui.» Tony protese una mano a indicarlo con un gesto teatrale tra la folla.

Pepper lo intravide mentre gli rivolgeva un cenno di ringraziamento per la menzione per poi allontanarsi in direzione dell’hotel. Riportò lo sguardo su Tony, adesso praticamente accasciato sul microfono mentre scrutava con insolita intensità il pubblico, come se cercasse qualcuno. Si riscosse bruscamente e trasse un foglietto dal taschino del blazer, iniziando a declamare i nomi dei dipendenti meritevoli di quell’anno, donando a ciascuno di essi il proprio momento di gloria, oltre alla promessa implicita di un bonus nel successivo stipendio.

Dopo la prima dozzina di nomi Pepper smise di prestare attenzione, meditando se defilarsi per fare una capatina alla toilette e allentarsi per qualche minuto quel vestito dal corpetto soffocante, che le faceva apprezzare di non essere nata nel Settecento. I suoi propositi di fuga furono demoliti dalle successive parole di Tony:

«... e dulcis in fundo, la mia assistente personale, Virginia Potts...»

Pepper sobbalzò tanto violentemente che credette di perdere l’equilibrio, e intuì molte teste girarsi verso di lei.

«... che ci ha evitato l’imbarazzo di dover spiegare alla Oracle7 perché mancassero un paio di milioni dal loro pacchetto azionario e che si fa carico del compito non indifferente di provare a farmi partecipare alla vita aziendale senza causare troppi danni.» concluse con leggerezza, prima di iniziare lui stesso un applauso che era tardato ad arrivare e che crebbe ben presto d’intensità.

Pepper sfuggì lo sguardo di chiunque la circondasse e ringraziò che la frangetta scivolasse a celarle almeno in parte gli occhi. Forzò un imbarazzato sorriso di circostanza, perfettamente conscia di aver acquisito almeno due tonalità di rosso in più sul volto.

Non aveva idea di come interpretare quel gesto inatteso da parte del proprio capo, ma era certa che avrebbe preferito un ringraziamento in separata sede, piuttosto che davanti a molti di coloro che, pur applaudendo ipocritamente, avevano fatto commenti maliziosi sulla natura della sua relazione con Tony Stark e sul suo “dubbio iter di assunzione”.

Per fortuna la cerimonia sembrava giunta al termine e avrebbe avuto occasione di battere in ritirata direttamente nella sua stanza d’albergo: conciata così dubitava di poter sopportare anche il rinfresco, gli assalti dei giornalisti e gli incontri molesti coi membri del consiglio d’amministrazione, che si sarebbero sentiti in diritto di squadrarla dall’alto in basso ancor più di quanto facessero alle Industries. Avrebbe solo intercettato il suo capo per ringraziarlo della menzione e informarlo che non avrebbe preso parte al resto della festa: d’altronde non credeva di dovergli alcuna spiegazione, visto che quella sera era lui il principale responsabile dei suoi travagli.

Ancora una volta fu proprio lui a troncare i suoi programmi sul nascere, quando sganciò il microfono dal suo supporto e s’incamminò vacillando verso l’estremità del palco con un sorriso fin troppo gioviale stampato in faccia:

«Signori, pazientate ancora un momento!» li sollecitò «Perdonatemi, ma mi ero quasi dimenticato di ringraziare il nostro ospite d’onore... Signor Durden!8» esclamò, rivolto a qualcuno in particolare ai margini della folla, e si esibì in uno sfrontato cenno della mano che sembrava più adatto a richiamare un cane che una persona.

Pepper si mise subito in allarme nell’udire la chiara nota provocatoria nel tono dell’uomo e che, unita al suo stato decisamente non lucido, non poteva che essere il preambolo dello “spettacolo” annunciatole poco prima. Si fece largo verso di lui con la massima discrezione che le riuscì, ma non riuscì a vedere a chi si stesse rivolgendo.

«Ehi, dove va? Non sia timido!» a quel punto Tony saltò giù dal palco in un guizzo d’agilità inaspettato, e la folla si aprì in due ali per permettergli di avanzare verso il suo interlocutore ancora invisibile.

Pepper scorse infine un individuo piuttosto anonimo sulla trentina, magro, allampanato e coi capelli scuri, che spiccava solo per il vivace rosso delle foglie d’acero stampate sulla sua camicia9. Anche lui aveva l’aspetto di chi ha abusato un po’ troppo dell’open bar e forse fu per quello che non riuscì a sottrarsi quando Tony gli gettò un braccio attorno alle spalle con allegra disinvoltura, in quella che sembrava più una presa di wrestling che un gesto amichevole. Si divincolò debolmente e un’espressione a metà tra lo spaesato e l’infastidito gli attraversò il volto, come se volesse uscire da quella situazione ma non riuscisse a trovare un modo per farlo passando inosservato.

«Andiamo, un bell’applauso per il signor Durden, il nostro ultimo acquisto!» annunciò con entusiasmo Tony «... letteralmente.» aggiunse, a voce più bassa ma ancora ben distinguibile.

L’applauso che seguì fu scarno e incerto, ma ciò non sembrò turbare più di tanto Tony, che sembrava invece godersi appieno il suo “spettacolo” nonostante la chiara perplessità che aleggiava attorno a lui.

«Il nostro amico fa parte del pacchetto della Roxxon, che abbiamo avuto il piacere di acquistare giusto un paio di mesi fa, con somma gioia di tutti... vero?» battè fin troppo vigorosamente la mano sulla spalla dell’amico in questione, che adesso aveva assunto un’espressione torva e corrucciata «Ma a parte le chiacchiere: ci tenevo a ringraziare la Roxxon per aver fatto la scelta giusta e aver accettato il nostro aiuto invece di lasciarsi colare a picco. E visto che ci sono volevo dire alla Republic Oil di non dispiacersi troppo per essere stati messi da parte: saremo ben disposti ad aiutare anche loro quanto prima.» annunciò con enfasi, sfoggiando un sorriso tanto grande quanto falso.

Pepper ascoltava tormentandosi la fascia del vestito e chiedendosi cosa diavolo gli fosse saltato in testa, senza peraltro capire appieno di cosa stesse farneticando. Certo, ricordava le pratiche svolte per acquisire la casa automobilistica Roxxon e strapparla al controllo della Republic Oil, gigante petrolifero in storica rivalità con le Industries; le era però sfuggito che la cosa avesse un profilo così personale e sentito per il suo capo.

Cercò con lo sguardo Happy tra la folla senza trovarlo, prima di ricordarsi che probabilmente era ancora a zonzo per Baltimora in cerca del suo vestito d’emergenza. E nessuno sembrava intenzionato a intervenire per disinnescare quella che ai suoi occhi sembrava molto una bomba ad orologeria sempre più vicina alla detonazione ad ogni parola che lasciava la bocca di Tony.

«Per concludere, volevo congratularmi col signor Durden per la sua brillante carriera della quale sono stato testimone: ricordo che quando l’ho incontrato era solo un banale consulente assicurativo per la Roxxon, mentre ora è addirittura un rappresentante aziendale. Un notevole scatto di qualità, devo dire.» commentò, in un modo che non poteva che essere definito minaccioso.

A quel punto l’altro borbottò qualcosa che risultò inudibile; Tony s’illuminò come se avesse sentito la notizia più bella della giornata:

«No, non faccia il modesto: si è meritato ogni successo.» le sue labbra si schiusero in una piega malevola «Così come si merita di ricevere direttamente da me l’annuncio del suo licenziamento, ad effetto immediato.»

Ci fu un breve attimo di gelido silenzio in cui Durden sembrò ipnotizzato dalla punta delle proprie scarpe, mentre Tony emanava solo puro, spietato compiacimento condensato in un sorriso a trentadue denti.

«Bene, ora che abbiamo terminato le formalità, direi di fare un ultimo applauso al nostro ex-rappresentante e di...»

Fu interrotto dal movimento improvviso di Durden, che alzò di scatto la testa per piantare gli occhi scuri in quelli di Tony, col volto deformato dalla rabbia. Proferì qualcosa che il microfono non captò, ma Pepper vide con sgomento Tony illividire e contrarre il braccio, come se fosse sul punto di stringere la presa per strozzarlo. Invece, si disimpegnò bruscamente da quella posa falsa, lasciò cadere il microfono in un fracasso di altoparlanti e gli assestò un deciso spintone verso la piscina.

Ogni traccia di scherzo o giocosità era evaporata dai suoi occhi mentre lo apostrofava aspramente, la voce persa nel coro sorpreso e allarmato che si levò dalla folla e a cui si unì involontariamente anche Pepper. Stava pregando che qualcuno, chiunque, intervenisse, o che Durden avesse poco orgoglio e abbastanza buonsenso da lasciar correre la cosa. Ma quest’ultimo barcollò, recuperò l’equilibrio appena in tempo e ricambiò il gesto con altrettanta violenza, scaraventando a terra un Tony troppo alticcio per mantenersi in piedi.

Lo vide impattare di schianto sul mattonato, dove rimase immobile e stordito. Sperò che fosse troppo ubriaco per muoversi ancora. Fu smentita quando si rialzò di scatto e si scagliò come una furia contro Durden, assestandogli un pugno in pieno volto.

Il pubblico si profuse in esclamazioni sorprese e si scansò d’istinto, ostruendole la visuale e sballottandola qua e là. Si formò una sorta di arena semicircolare per i due contendenti, ora occupati ad azzuffarsi a pochi metri dal bordo della piscina. Ancora una volta sembrò che nessuno avesse intenzione di separarli.

Pepper perse di vista Tony e si decise ad agire: recuperò il cellulare dalla pochette e compose il numero di Happy, cercando allo stesso tempo di farsi largo oltre il muro di persone che le sbarrava il passo. Riuscì infine a fare capolino oltre il divisorio di spalle e schiene davanti a lei: in quel breve lasso di tempo, qualche colpo era andato a segno da entrambe le parti, come dimostravano l’occhio già pesto di Durden e lo spacco sanguinante sul labbro di Tony. Quest’ultimo si stava trovando in svantaggio nonostante la stazza nettamente superiore a quella dell’avversario, che al contrario di lui riusciva a insultarlo e picchiarlo senza incespicare nei suoi stessi piedi.

Scorse Tony che schivava per un soffio un colpo in pieno viso, ma non il diretto all’addome che lo lasciò a boccheggiare in cerca d’aria, aggrappandosi di peso all’avversario per non cadere. Pepper sussultò e fu poi trascinata indietro di qualche passo da un movimento improvviso del pubblico; adesso sì che quei tacchi le avrebbero fatto comodo...

Finalmente lo squillo del telefono fu interrotto dallo scatto della risposta:

«Harold! Dove sei?» esclamò sollevata, cambiando postazione per seguire con gli occhi i due che continuavano ad accapigliarsi senza demordere in un concerto di urla e grugniti soffocati.

L’unica reazione degna di nota attorno a loro erano i flash delle macchinette fotografiche e qualche incitamento e fischio da stadio, neanche fossero a un incontro di boxe.

«Ehi, Virginia.» rispose lui, tranquillo e beatamente ignaro dello scompiglio che si era appena scatenato «Sono appena rientrato all’hotel e ho trovato giusto quello che ti...»

«Lascia perdere tutto e vieni qui subito, è un’emergenza!»

Ci fu una brevissima pausa, inframmezzata da un capo dal respiro affannato dell’autista che scattava in una corsa e dall’altro dal secco suono di un pugno che trovava il suo bersaglio. Pepper sperò che quest’ultimo non fosse di nuovo Tony.

«Non dirmi che è un’altra rissa.» sbottò infine Happy, probabilmente captando la pittoresca cacofonia di insulti che il suo capo aveva appena proferito, un attimo prima di essere placcato e inchiodato duramente a terra dall’avversario.

«Vieni a vedere coi tuoi occhi, magari prima che Tony finisca all’ospedale!» ribatté lei, alterata per la solita flemma del suo collega e allarmandosi nel vedere Tony che, soverchiato, aveva smesso di reagire portando le braccia a pararsi il volto.

Non riuscì a trattenere un moto di sollievo quando riuscì infine a districarsi da quella posizione critica mettendo a segno una sonora testata sul naso di Durden, non prima di aver incassato una raffica di colpi.

In quel momento, vide finalmente Happy precipitarsi fuori dall’hotel, tallonato ad ampie falcate da Stane. Non riuscì ad incalzare ulteriormente l’autista, che l’ennesima colluttazione tra i due sfidanti divenne anche l’ultima: Tony afferrò Durden per il bavero e gli rifilò un gancio, ma questi riuscì a rompere il suo già precario equilibrio con una ginocchiata all’addome che gli fece perdere la presa, lasciandolo a mulinare le braccia in bilico sul ciglio della piscina.

Pepper ebbe appena il tempo di emettere un sottile sospiro rassegnato, prima che il suo capo piombasse a peso morto in acqua.




 


Note:
1 Baltimora: una delle città col più alto tasso di criminalità negli Stati Uniti.
2 Republic Oil: multinazionale petrolifera realmente esistente nell’universo Marvel, storicamente rivale delle Stark Industries. Nei fumetti viene incorporata alla Roxxon Oil Company.
Roxxon: un’altra multinazionale petrolifera nei fumetti che ha avuto contrasti con le Industries; in questa storia è una casa automobilistica, ma comunque subordinata alla Rep Oil.
Nei fumetti Pepper lavora come impiegata alle Stark Industries e viene promossa ad assistente da Tony stesso quando lo informa di un grave errore di contabilità sfuggito ai suoi superiori. Nella storia, questo fatto avviene dopo la sua assunzione.
Riferimento a una mia altra one-shot, Di brutta musica e coincidenze (mancate), riguardante l’assunzione di Pepper.
Citazione da Age of Ultron, qui liberamente attribuita a Howard Stark.
Oracle Corporation: multinazionale informatica realmente esistente, menzionata in Iron Man 2.
Durden: per chi ha letto/visto Fight Club, questo personaggio risulterà familiare ;)
La camicia è una di quelle di Tyler Durden nel film, ma immaginate che sia Edward Norton a indossarla, non Brad Pitt. Non che in effetti faccia molta differenza :P


Note Dell’Autrice:

Buonasera <3
Dopo la sfilza infinita di note, ecco a voi altre note!
Questa storia è nata per caso qualche mese fa ed è cresciuta e si è ampliata più o meno di sua volontà, fino a svilupparsi in due parti distinte (per evitare una one-shot di 40 pagine decisamente indigesta).
C’è Tony, c’è la sua faccia da schiaffi pre-Iron Man, c’è Pepper costretta a destreggiarsi in un mondo (e su dei tacchi) molto scomodi, c’è un Obadiah già manipolativo e con le redini dell’azienda in mano e c’è un ospite speciale da uno dei miei libri preferiti. E se volete di più, c’è il prossimo capitolo :P

Mollo qui questo papiro prima di partire per una settimana in un luogo privo di internet, quindi non disperate se tardo a rispondere. Al rientro pubblicherò la seconda parte, quella conclusiva :)
Spero di aver suscitato la vostra curiosità e che la lettura sia stata gradevole. Grazie a chiunque leggerà e/o recensirà, ogni commento è bene accetto :) E grazie a quel santo del mio ragazzo che si è preso la briga di istruirmi al magico mondo delle risse maschili <3
A presto,

-Light-

   
 
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