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Autore: ToscaSam    05/08/2018    1 recensioni
Perché J.K. Rowling non scrive un prequel sui Malandrini? Bella domanda. Peccato che ancora non si conosca la risposta.
Vorreste leggere un prequel sui Malandrini? (io si, da morire!) Beh, in attesa che J.K. si decida a prendere carta e penna, potreste leggere la mia versione.
Non ci sono OOC.
cerco di essere CANON il più possibile.
sarà una Long Fic (prevedo una trilogia :D)
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James Potter, Peter Minus, Remus Lupin, Severus Piton, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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gli avvertimenti di Albus Silente
 
Il cielo era ormai scuro e l'orario di arrivo si avvicinava.
Sirius e James avevano esaurito le battute e, apparentemente, anche le energie: giacevano scompostamente sulle poltroncine, circondati da resti di giochi e carte di Cioccorane.
Peloso dormiva beato nella cesta.
Mocciosus e la ragazzina non si erano più fatti vedere, né lo scompartimento era stato invaso da altri ficcanaso.
Quando la velocità del treno cominciò a rallentare, James si drizzò come un grillo.
« Ehi Sirius!» disse tirando una carta appallottolata sul suo compagno di viaggio.
« Mhm?»
« Ti pare che il treno rallenti?»
Sirius ci pensò un attimo, poi gli si illuminarono gli occhi: la spossatezza svanì dal suo volto per fare spazio a un largo sorriso.
« Direi di si!» disse alzandosi.
Si erano entrambi cambiati e sfoggiavano le loro nuove uniformi nere. Non appartenendo ancora a nessuna casa, non c'erano colori a decorarle, ma solo una blanda targhetta con nome e cognome.
James non poté fare a meno di notare quanto Sirius fosse già più alto di lui, per essere un ragazzo di undici anni. Aveva anche i capelli più lisci e decisamente meno scomposti. Sua madre gli avrebbe detto: “vedi il tuo amico Sirius com'è ordinato? Perchè non ti fai crescere i capelli come lui?”.
Si passò una mano fra le ciocche ribelli e si preparò a scendere dal vagone.
Una volta affacciati sul corridoio, notarono che già molte altre teste si sporgevano, curiose di scoprire se l'arrivo a Hogwarts fosse davvero imminente.
James voleva essere il primo a scendere dal treno. Sentiva che era una specie di suo diritto personale, una sorta di piccolo trionfo che doveva prendersi. Aveva aspettato undici lunghi anni ed era finalmente giunto il momento di dimostrare al mondo quanto valesse.
Sirius poteva scendere per secondo, pensò. “È davvero in gamba, speriamo che finisca in Casa con me”. Sicuramente anche Sirius ne aveva passate delle belle, con una madre così acida.
James si precipitò a raccogliere i propri bagagli e si appostò alla prima uscita.
Ecco che lentamente una mandria sciamante di ragazzi si accalcò dietro di lui. Sirius era rimasto indietro. Pazienza, pensò James, si sarebbero di certo rivisti.
Il treno stava ora decisamente rallentando, finché a un certo punto, dopo l'ultimo e sostenuto sbuffo di vapore, si fermò.
Le porte si aprirono di scatto e James balzò fuori rapido come la luce. Non riuscì a capire se era stato davvero il primo a scendere, perché la marea di studenti si era già riversata fuori da ogni ingresso.
James intravide il castello, in alto, luminoso e bellissimo. Un brivido di eccitazione lo scosse tutto. Prese il baule e Peloso, poi si lanciò in una corsa irrefrenabile verso le luci lontane della fortezza.
« Ehi tu! Tu! Dove credi di andare?»
Una misteriosa forza sovrumana acciuffò James da dietro le spalle e lo riportò con gli altri studenti. Il ragazzo riuscì a voltarsi in tempo per dire “ah!”: c'era un uomo alto non meno di tre metri, a sostenerlo. Nonostante il buio, si potevano notare dei cespugliosi e folti riccioli nero pece che gli contornavano il viso. Era giovane, in realtà, ma pareva più forzuto e robusto di qualunque altro uomo James avesse mai visto.
« Dì un po', eh? Che cosa credevi di fare?»
« Volevo andare al castello, signore» deglutì James.
« Mica è quella la strada. Forza! Voi del primo anno dovete seguire me! Primo anno! Alunni del primo anno!»
James si ricompose, imbarazzato e si unì alla fila di ragazzi che, come lui, non avevano ancora il distintivo di una delle Case della scuola. Nella piccola folla, James notò un sorriso beffardo che di certo si riferiva alla sua figuraccia appena fatta: era Mocciosus! Rideva di lui!
James sentì una fitta di vergogna e di antipatia. Se fosse stato alto come quell'omone, gliel'avrebbe fatta vedere lui, a Mocciosus.
L'uomo gigantesco li condusse a una piccola baia, dove erano ormeggiate diverse barchette di legno.
Sembrava troppo bello per essere vero: il cielo trapuntato di astri luminosi si rifletteva sulla superficie piatta dell'acqua, come uno specchio magico. Quando le barchette presero ad attraversare il liquido miraggio, ecco che le increspature aggiungevano disegni e ghirigori alla trama già stupefacente di quello spettacolo.
James era salito insieme a Sirius e una ragazzina coi capelli biondi.
Guardandosi intorno, vide che l'odioso Mocciosus era sulla barca insieme alla sua amichetta coi capelli rossi.
Ma niente poteva turbare quel momento perfetto. Approdati dall'altra parte, ecco che l'uomo gigantesco li diresse su per una ripida salita e poi lungo una scalinata di pietra. Il castello si ergeva maestoso in tutta la sua grandezza.
James pensò con orgoglio che anche suo padre e sua madre erano stati lì e che avevano vissuto un momento come quello. Una volta oltrepassata quella porta, niente sarebbe stato come prima. Il James Potter di adesso stava per cambiare per sempre.
Elettrizzato da quel pensiero, enfatizzò il passo decisivo che lo condusse all'interno della fortezza.
Sorrideva e si sentiva così fiero, come se stesse scrivendo la storia con i suoi passi. Chissà se sarebbe mai diventato un mago famoso. Chissà se mai, nel futuro, qualcuno avrebbe detto “James Potter mise piede a Hogwarts in questa data e da lì iniziò la sua brillante carriera”.
Chissà se, come lui, i suoi figli avrebbero varcato la soglia del castello pensando “anche nostro padre è stato qui”.
Doveva, doveva diventare qualcuno. Hogwarts sarebbe stata la sua seconda casa, la culla entro cui i suoi poteri si sarebbero affinati.
Passò una mano prima fra i capelli arruffati, poi sulla liscia bacchetta di mogano, infilata nella tasca dei jeans, sotto la tunica nera. Lui e quella bacchetta sarebbero diventati amici. Finalmente poteva usarla, poteva fare vere magie, poteva vivere una vita da mago.
 
« Grazie, Hagrid. Da qui li prendo in carica io»
« Di nulla professoressa»
L'omone – che a quanto pareva aveva nome Hagrid – rivolse un mezzo inchino a una figura femminile, in piedi al termine della scalinata. Lui proseguì, varcò un'altra porta e la chiuse con un gran baccano.
Quando l'eco del colpo fu svanito e un lieve chiacchiericcio cominciava a serpeggiare fra i ragazzi, la donna emise fiato.
« Buonasera a tutti».
Il silenzio fu immediato.
Era una donna alta, molto magra, sulla quarantina. Portava i capelli neri stretti in un severo chignon.
Sembrava molto autoritaria, molto inflessibile e molto intelligente.
I suoi occhi, incorniciati da occhiali squadrati, brillarono insieme a una lanterna appesa al muro lì vicino.
« Siete i benvenuti a Hogwarts. Io mi chiamo Minerva McGranitt e sarò una dei vostri insegnanti. Fra poco procederemo con lo Smistamento. Ci sono quattro Case: Tassorosso, Grifondoro, Corvonero e Serpeverde. Verrete assegnati a una di esse e, per tutto il tempo che passerete qui, la vostra Casa sarà un po' come una famiglia. I vostri successi faranno guadagnare punti, i vostri fallimenti ne faranno perdere. Se avrete la cortesia di attendere un istante in perfetto silenzio, verificherò che sia tutto pronto per ricevervi».
Detto questo squadrò uno per uno tutti i volti dei ragazzi, come per sfidarli a contraddirla. Si voltò, poi sparì anche lei oltre la porta in cima alla scalinata. Il suo passaggio fu meno rumoroso di quello del collega.
« Speriamo di finire insieme, amico» bisbigliò Sirius all'orecchio di James.
« Speriamo davvero».
La porta si riaprì e Minerva McGranitt riapparve con un vago sorriso sulle labbra strette.
« Possiamo procedere».
In un baleno, i ragazzi furono dentro.
Dalla sala di Ingresso si ritrovarono in una sala immensa, che lasciò ben poche bocche chiuse: c'erano quattro lunghi tavoli, già pieni di studenti coi cappelli neri a punta, una miriade di candele volteggianti e una volta mozzafiato. Tutti gli studenti si ritrovarono col naso all'insù, mentre cercavano di capire se la sala fosse priva di tetto oppure se le stelle che brillavano davanti ai loro occhi fossero frutto di un qualche incantesimo.
Quando anche James e Sirius riuscirono a distogliere lo sguardo dal magico soffitto, notarono uno sgabello al centro della sala, che ospitava un malandato e logoro cappello, tutto rattoppi e strappi.
James stava per chiedere qualcosa all'orecchio di Sirius, quando uno degli strappi del cappello si mosse e ...:
« Ecco dei nuovi studenti modello!
Voi che guardate, lo so, non son bello.
E pure negli anni son sempre lo stesso;
son io quel famoso, eh si lo confesso.
Antiche le mani che mi diedero vita,
una grande alleanza da loro fu sancita.
Fin quando quei grandi poteron guardare,
fu loro l'onore di dovervi assegnare.
Ma adesso che i quattro sono amici lontani,
lo Smistamento è nelle mie mani.
Messer Grifondoro, con spada potente,
chiamò i coraggiosi che non temono niente.
E Tassorosso, gentile madama,
impegno e fiducia ben presto premiava.
La nobile e bella che fu Corvonero,
soltanto l'ingegno e l'estro più vero.
E al gran Serpeverde dai molti segreti,
i puri e ambiziosi tornarono lieti.
Che dite voi dunque, o nuovi arrivati?
Avete già idee o siete sbandati?
Se i dubbi vi assalgono e le paure son tante,
vi Smisterò io, il Cappello Parlante!»
Dopo un breve istante di silenzio, in cui la fila dei piccoli del primo anno non riuscì a esprimere nessuna emozione, un boato di applausi e risate riempì l'intera sala.
Le mani di tutti gli studenti batterono accompagnati da fischi di giubilo e congratulazioni. La canzone del Cappello era stata un successo: il tavolo dei professori era costellato di sorrisi e battimani.
Fu di nuovo la professoressa di prima a riportare il silenzio.
In piedi, accanto allo sgabello, prese il fantastico oggetto per la punta e lo alzò:
« Questo è il Cappello Parlante. Come da tradizione sarà lui a smistarvi in una delle quattro Case. Attendete il vostro turno, poi venite a sedervi qui».
La donna dall'aspetto severo srotolò una pergamena:
« Avery, Gideon»
Scandì con chiarezza.
Un ragazzo smilzo, tutt'ossa, coi capelli biondi, sussultò e si staccò dalla fila di compagni.
La McGranitt lo osservò mentre si sedeva sullo sgabello, poi gli poggiò il Cappello Parlante sulla testa.
« SERPEVERDE!»
Gridò lo strappo sulla stoffa.
Uno dei quattro tavoli esplose in applausi di benvenuto.
Il ragazzo ossuto divenne tutto rosso e si unì ai suoi nuovi compagni, ricevendo pacche sulle spalle.
Non c'erano altri ragazzi con il cognome in “a”, poiché la professoressa passò direttamente a « Belby, Greta».
Anche per lei, il cappello urlò:
« SERPEVERDE!»
Di fianco a James, Sirius stava tremando.
Due Serpeverde di fila. Il Cappello aveva un brutto andazzo, quella sera.
« Black, Sirius!» esclamò la professoressa.
Sirius fremette. Aveva il voltastomaco.
Tutta la sua vita – e non stava scherzando – dipendeva da quel momento.
Decise che affrontare il Cappello era migliore che starsene lì a boccheggiare, anche perché la McGranitt sembrava in procinto di andare a prenderlo per un braccio.
Alzò la testa, ricacciò la nausea e sperò che i passi per raggiungere lo sgabello non tremassero.
Il mondo fatto di occhi curiosi, candele e tavolate svanì; il cappello gli era caduto sugli occhi.
Sirius credette di sognare, eppure una vocina all'orecchio, che forse era solo nella sua testa, gli stava parlando.
« Ma guarda un po' che bella testolina» diceva: « quanta rabbia! Quanto desiderio di ribaltare le aspettative. E quanto talento, anche. Ambizioso, senza dubbio … eppure non ti vedo fra i Serpeverde. Anche perché lo stai gridando con ogni fibra di pensiero. No, no, no. Non sei proprio il tipo. Credo proprio che ti asseconderò».
La vocina tacque.
Sirius trattenne il respiro.
« GRIFONDORO!»
Non ci credeva.
La McGranitt gli tolse il cappello dalla testa, sorridendo.
Sirius faticò a scollarsi dallo sgabello ma poi, stordito, si gettò nel mare rosso e oro che gli applaudiva in segno di benvenuto.
Dalla folla dei non smistati, James era al settimo cielo.
La lista che lo separava dal suo amico pareva immensamente lunga.
Al nome « Evans, Lily» riconobbe la bambina snob coi capelli rossi che li aveva apostrofati in treno. Anche lei finì in Grifondoro e James non poté fare a meno di alzare un sopracciglio.
Dopo « Portly, Bertold!» (« CORVONERO!») fu il suo turno.
« Potter, James!»
lui non ci pensò due volte. Uscì dalla fila dei non smistati e corse verso lo sgabello.
La professoressa McGranitt gli calò il cappello sulla testa e James se lo sistemò per bene con l'aiuto delle mani. Adesso l'antico copricapo era così ben serrato al suo cranio che non avrebbe potuto commettere errori di giudizio.
James non sentì nessuna vocina.
Dopo un brevissimo istante, il cappello gridò:
« GRIFONDORO!».
*
Quando anche l'ultimo studente fu assegnato alla propria casa, James e Sirius cominciarono a sentire i morsi della fame. Erano stati troppo eccitati finora, per prestare attenzione allo stomaco.
Fra i generali gorgoglii, un uomo molto alto e molto anziano si alzò dal tavolo cui sedevano tutti gli adulti: era il preside, il professor Albus Silente.
« Dicono che sia il mago più forte del mondo» bisbigliava una ragazza dalla faccia tonda ad un'amica seduta accanto a lei.
Albus Silente aveva il naso lungo, occhi brillanti e un sorriso sornione.
« Potrò saziare il vostro cervello con i discorsi solo dopo che le vostre pance saranno sazie di cibo. Zucca, fagiolini, anatra e caramello»
disse battendo le mani.
« Woah!» esclamò Sirius.
Davanti ai loro occhi era comparso un banchetto che avrebbe fatto invidia a qualunque tavola nuziale. C'era tacchino arrosto, fegato d'oca, stufati fumanti, spiedini di verdure glassate d'aceto, sandwich al formaggio, minestre di cipolla bollenti …tutto quello che si poteva desiderare.
Silente aveva ragione: dopo aver mangiato, James sentiva che non sarebbe potuto entrare nient'altro nel suo corpo se non attraverso le orecchie. Pensava di scoppiare, ma di certo le parole non l'avrebbero ucciso.
E fu così che Albus Silente prese parola per la seconda volta:
« Ancora benvenuti ai nuovi arrivati, bentornati ai vecchi amici. Mi perdonerete se ripeto alcune sostanziali regole che i nostri piccoli del primo anno ancora non conoscono … e anzi a dirla tutta ci saranno alcune novità che dovrete tenere bene a mente tutti quanti. La foresta intorno al castello è zona proibita. È molto pericolosa, quindi consiglio caldamente a tutti di non infrangere il divieto. È vietato girovagare nel castello di notte e siete pregati di assistere alle vostre lezioni durante il giorno. Quanto alle novità: salutiamo tutti con un caloroso applauso la professoressa Vector, che da quest'anno insegnerà Aritmanzia».
Silente applaudì e molti studenti, un po' timidi, si unirono.
« Benvenuta davvero, professoressa. Adesso ascoltatemi tutti molto bene, perché quanto sto per dirvi è di vitale importanza: nel parco del castello è appena stato piantato un rarissimo esemplare di Platano Picchiatore. Si tratta di una specie molto violenta, ma da cui si possono trarre molti benefici. Vi pregherei di non avvicinarvi per nessun motivo. Non è un avvertimento da prendere alla leggera: non avvicinatevi. Ne va della vostra vita. Se tutto vi è chiaro, direi che rimane solo una cosa da fare, oggi: tutti a dormire! Vi auguro un buon inizio di semestre».
La fiumana di studenti prese a srotolarsi verso la porta di ingresso. Alcuni dei ragazzi più grandi strillavano: “alunni del primo anno! Seguiteci! Primo anno!”.
Dirigendosi verso di loro, Sirius disse all'orecchio di James:
« Che gran paura … a quanto pare, le cose più spaventose di questo posto sono gli alberi. Niente foresta, niente Platano coso … non credevo fossimo in un vivaio»
James rise, provocandosi una fitta alle costole: il cibo nello stomaco era ancora così tanto che non l'avrebbe assecondato in caso di risate incontenibili.
  
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