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Autore: lmpaoli94    05/08/2018    0 recensioni
Meridian era tornato ad essere un luogo di pace e di prosperità dopo la sconfitta del Principe Phobos.
Gli abitanti del Regno non erano mai stati così felici prima d’ora.
Ma i residui del male non erano scomparsi per sempre.
Un nuovo segreto oscuro era nascosto su quel Pianeta.
Un segreto che avrebbe scosso ancora una volta la pace dell’universo.
P. S.: Questa storia è una “What if?” partendo dalla fine della prima stagione.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Caleb, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il sole stava scendendo dietro l’orizzonte delle verdi colline che costeggiavano il Regno di Meridian.
Gli abitanti, dopo aver festeggiato un’altra bellissima giornata, se ne stavano ritornando nelle loro rispettive case.
Ma un piccolo bambino di circa dieci anni non era del loro stesso avviso.
«Alador, si è fatto molto tardi» gli fece sua madre «E’ tempo di preparare la cena e di andarcene a letto.»
«No! Non ho né fame né sonno!»
«Smettila di fare i capricci. Non è il momento.»
«Madre, lasciatemi giocare ancora un po’ qui fuori. Vi prego.»
«Ma non c’è nessun bambino a tenerti compagnia.»
«Non c’è problema. Giocherò da solo.»
Esasperata, la madre del piccolo esaudì il suo desiderio e tornò dentro l’abitazione.
«Promettimi di non allontanarti, va bene?»
«Promesso.»
Per ingannare il tempo, Alador prese la sua piccola palla malandata e cominciò a giocarci con i piedi.
Sulla Terra, questo sport l’avrebbero chiamato calcio.
Ma su Meridian non esisteva una parola simile.
Per sfogare le sue abilità di calciatore, Alador gettò la palla oltre un recinto abbandonato.
«Oh no! E adesso?»
Il piccolo stava ripensando alle parole di sua madre.
Che fare?
Andare a riprendersi la palla o lasciare perdere e tornarsene a casa?
“Non posso lasciarla lì. È stato il mio primo regalo da quando sono nato.”
Determinato a recuperarla, il bambino scavalcò la recinsione abbandonata.
Doveva fare al più presto se non voleva essere sgridato da sua madre, o peggio ancora, venire messo in punizione.
Alador contrò ogni singolo centimetro della recinsione abbandonata, ma la palla non riusciva a trovarla.
“Eppure deve esse qui da qualche parte.”
Il buio e la nebbia che stavano imperversando in quel territorio, non stavano aiutando il piccolo bambino.
Inavvertitamente, Alador inciampò su un oggetto che si trovava nelle vicinanze, andando a sbattere involontariamente in una botte che era piantata a terra.
A causa del colpo causato, Alador scoprì che la botte era un’entrata sotterranea.
Incuriosito, decise di seguire la quantità enorme di scale che portavano sottoterra.
Una volta arrivato in fondo a queste scale, si rese conto che si trovava a decine e decine di metri di profondità.
Allibito per tutto quello che aveva intorno, decise di fare un rapido sopralluogo del posto.
Alador non aveva mai visto niente di simile.
Quante persone potevano vantarsi di aver scoperto un antico nascondiglio posto sotto il Regno di Meridian?
Il bambino era talmente incuriosito che non si preoccupò minimamente di perdersi.
Ogni momento si girava dall’altra parte per non perdere di vista le scale che l’avrebbero riportato in superficie.
“E’ molto strano che in un posto come questo non ci sia nessuno” pensò il bambino.
Regnava un silenzio surreale.
Si sentiva solo il rumore dei suoi passi.
Arrivato a qualche metro di distanza dall’entrata di quella immensa via sotterranea, Alador si bloccò di colpo.
Sentì provenire verso di lui un suono di tamburi che gli fecero accapponare la pelle.
Se non si fosse nascosto al più presto, sarebbe stato scoperto e finito in guai molto seri.
Ma il bambino non poté andare molto lontano.
Alcune creature misteriose e incappucciate lo raggiunsero circondandolo.
«Lasciatemi andare!» gridò il bambino coprendosi gli occhi dalla paura.
«Non dovresti essere qui» gli sussurrò uno di loro.
«Mi dispiace. Non tornerò mai più qua sotto.»
«Ormai è troppo tardi… Nessun abitante di questo posto può permettersi di venire fin qui. È proibito.»
«Non lo sapevo» replicò disperato il bambino «Lasciatemi in pace, vi prego. Voglio tornare a casa.»
«Non tornerai mai più a casa. Sei destinato a soccombere qua sotto.»
«NO!»
Avendo paura di venire ferito o peggio ancora ucciso, Alador chiuse gli occhi.
Ma egli non venne mai attaccato o picchiato.
Qualcuno intervenne in suo aiuto, salvandogli la vita.
Esso era un abitante di Meridian.
Ma non riusciva a capire chi fosse in realtà.
Preso dall’eccitazione, Alador assistette a tutta la scena del combattimento tra l’abitante di Meridian e gli strani individui che abitavano in quel posto.
Ma durante il combattimento, il bambino fu colpito inavvertitamente e gettato contro un pilastro.
Egli fortunatamente, non subì dei gravi danni.
Era solo svenuto, ignaro di tutto quello che sarebbe successo da lì in avanti.
 
 
Quando Alador si risvegliò, si rese conto che si trovava nella sua camera da letto.
Aveva lo sguardo annebbiato e confuso.
Non riusciva a ricordarsi degli ultimi avvenimenti.  
Si precipitò fuori dal letto per raggiungere il piano di sotto in cucina.
Con sguardo serio e rancoroso, c’era sua madre che lo stava aspettando.
«La prossima volta che disubbidirai ad un mio ordine, non ti farò uscire da camera tua per una settimana!» lo sgridò tirandogli uno scapellotto.
«Madre, non volevo… La mia palla…»
«Saresti potuto morire, sai? Ma grazie al Capo dei ribelli, la situazione si è conclusa nel migliore dei modi.»
«Il Capo dei ribelli?»
«E’ stato lui a riportarti a casa sano e salvo. È a lui che devi la vita.»
«Io… non ricordo niente… Ricordo solo di un gruppo di creature incappucciate che mi stavano minacciando, ma poi…»
«Oh cielo! E che cosa ti hanno fatto? Parlami!»
«Non lo so, madre. Non mi ricordo.»
«Brutto monello che non sei altro! Altro che tenerti rinchiuso un mese! A te serve il carcere a vita!»
«Mi dispiace, madre. Non succederà più» replicò il bambino triste.
La madre, s’eppur severa, era una persona comprensiva.
Si accovacciò dinanzi al bambino per parlargli dritto negli occhi.
«Alador, ho già perso un marito al mio fianco… Non voglio che ti capiti niente di male. Mi capisci, vero?»
«Perfettamente, madre.»
«Spero soltanto che quelle creature maligne non ti abbiano lanciato un incantesimo o qualcosa del genere.»
«Sto bene, madre. Non vi preoccupate.»
«Questo lascialo decidere a chi se ne occupa. Tu non lo puoi sapere… Sei sempre un bambino.»
«Ma madre…»
«Niente ma. Dobbiamo recarci dal Capo dei Ribelli. Lui saprà darci una risposta.>»
Il sole stava scendendo dietro l’orizzonte delle verdi colline che costeggiavano il Regno di Meridian.
Gli abitanti, dopo aver festeggiato un’altra bellissima giornata, se ne stavano ritornando nelle loro rispettive case.
Ma un piccolo bambino di circa dieci anni non era del loro stesso avviso.
«Alador, si è fatto molto tardi» gli fece sua madre «E’ tempo di preparare la cena e di andarcene a letto.»
«No! Non ho né fame né sonno!»
«Smettila di fare i capricci. Non è il momento.»
«Madre, lasciatemi giocare ancora un po’ qui fuori. Vi prego.»
«Ma non c’è nessun bambino a tenerti compagnia.»
«Non c’è problema. Giocherò da solo.»
Esasperata, la madre del piccolo esaudì il suo desiderio e tornò dentro l’abitazione.
«Promettimi di non allontanarti, va bene?»
«Promesso.»
Per ingannare il tempo, Alador prese la sua piccola palla malandata e cominciò a giocarci con i piedi.
Sulla Terra, questo sport l’avrebbero chiamato calcio.
Ma su Meridian non esisteva una parola simile.
Per sfogare le sue abilità di calciatore, Alador gettò la palla oltre un recinto abbandonato.
«Oh no! E adesso?»
Il piccolo stava ripensando alle parole di sua madre.
Che fare?
Andare a riprendersi la palla o lasciare perdere e tornarsene a casa?
“Non posso lasciarla lì. È stato il mio primo regalo da quando sono nato.”
Determinato a recuperarla, il bambino scavalcò la recinsione abbandonata.
Doveva fare al più presto se non voleva essere sgridato da sua madre, o peggio ancora, venire messo in punizione.
Alador contrò ogni singolo centimetro della recinsione abbandonata, ma la palla non riusciva a trovarla.
“Eppure deve esse qui da qualche parte.”
Il buio e la nebbia che stavano imperversando in quel territorio, non stavano aiutando il piccolo bambino.
Inavvertitamente, Alador inciampò su un oggetto che si trovava nelle vicinanze, andando a sbattere involontariamente in una botte che era piantata a terra.
A causa del colpo causato, Alador scoprì che la botte era un’entrata sotterranea.
Incuriosito, decise di seguire la quantità enorme di scale che portavano sottoterra.
Una volta arrivato in fondo a queste scale, si rese conto che si trovava a decine e decine di metri di profondità.
Allibito per tutto quello che aveva intorno, decise di fare un rapido sopralluogo del posto.
Alador non aveva mai visto niente di simile.
Quante persone potevano vantarsi di aver scoperto un antico nascondiglio posto sotto il Regno di Meridian?
Il bambino era talmente incuriosito che non si preoccupò minimamente di perdersi.
Ogni momento si girava dall’altra parte per non perdere di vista le scale che l’avrebbero riportato in superficie.
“E’ molto strano che in un posto come questo non ci sia nessuno” pensò il bambino.
Regnava un silenzio surreale.
Si sentiva solo il rumore dei suoi passi.
Arrivato a qualche metro di distanza dall’entrata di quella immensa via sotterranea, Alador si bloccò di colpo.
Sentì provenire verso di lui un suono di tamburi che gli fecero accapponare la pelle.
Se non si fosse nascosto al più presto, sarebbe stato scoperto e finito in guai molto seri.
Ma il bambino non poté andare molto lontano.
Alcune creature misteriose e incappucciate lo raggiunsero circondandolo.
«Lasciatemi andare!» gridò il bambino coprendosi gli occhi dalla paura.
«Non dovresti essere qui» gli sussurrò uno di loro.
«Mi dispiace. Non tornerò mai più qua sotto.»
«Ormai è troppo tardi… Nessun abitante di questo posto può permettersi di venire fin qui. È proibito.»
«Non lo sapevo» replicò disperato il bambino «Lasciatemi in pace, vi prego. Voglio tornare a casa.»
«Non tornerai mai più a casa. Sei destinato a soccombere qua sotto.»
«NO!»
Avendo paura di venire ferito o peggio ancora ucciso, Alador chiuse gli occhi.
Ma egli non venne mai attaccato o picchiato.
Qualcuno intervenne in suo aiuto, salvandogli la vita.
Esso era un abitante di Meridian.
Ma non riusciva a capire chi fosse in realtà.
Preso dall’eccitazione, Alador assistette a tutta la scena del combattimento tra l’abitante di Meridian e gli strani individui che abitavano in quel posto.
Ma durante il combattimento, il bambino fu colpito inavvertitamente e gettato contro un pilastro.
Egli fortunatamente, non subì dei gravi danni.
Era solo svenuto, ignaro di tutto quello che sarebbe successo da lì in avanti.
 
 
Quando Alador si risvegliò, si rese conto che si trovava nella sua camera da letto.
Aveva lo sguardo annebbiato e confuso.
Non riusciva a ricordarsi degli ultimi avvenimenti.  
Si precipitò fuori dal letto per raggiungere il piano di sotto in cucina.
Con sguardo serio e rancoroso, c’era sua madre che lo stava aspettando.
«La prossima volta che disubbidirai ad un mio ordine, non ti farò uscire da camera tua per una settimana!» lo sgridò tirandogli uno scapellotto.
«Madre, non volevo… La mia palla…»
«Saresti potuto morire, sai? Ma grazie al Capo dei ribelli, la situazione si è conclusa nel migliore dei modi.»
«Il Capo dei ribelli?»
«E’ stato lui a riportarti a casa sano e salvo. È a lui che devi la vita.»
«Io… non ricordo niente… Ricordo solo di un gruppo di creature incappucciate che mi stavano minacciando, ma poi…»
«Oh cielo! E che cosa ti hanno fatto? Parlami!»
«Non lo so, madre. Non mi ricordo.»
«Brutto monello che non sei altro! Altro che tenerti rinchiuso un mese! A te serve il carcere a vita!»
«Mi dispiace, madre. Non succederà più» replicò il bambino triste.
La madre, s’eppur severa, era una persona comprensiva.
Si accovacciò dinanzi al bambino per parlargli dritto negli occhi.
«Alador, ho già perso un marito al mio fianco… Non voglio che ti capiti niente di male. Mi capisci, vero?»
«Perfettamente, madre.»
«Spero soltanto che quelle creature maligne non ti abbiano lanciato un incantesimo o qualcosa del genere.»
«Sto bene, madre. Non vi preoccupate.»
«Questo lascialo decidere a chi se ne occupa. Tu non lo puoi sapere… Sei sempre un bambino.»
«Ma madre…»
«Niente ma. Dobbiamo recarci dal Capo dei Ribelli. Lui saprà darci una risposta.>»
   
 
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