Champagne e petali di rosa.

Il proiettile incontrò il panciotto in tweed scuro del capofamiglia Shelby.
Sorpassò il soffice cotone della sua camicia, andando a baciare la sua pelle e insinuandosi nella sua soffice carne. Pareva camminasse pacatamente tra i suoi tessuti muscolari, tentando invano di scavare fino al cuore.
Più che d’acciaio, Thomas avrebbe potuto giurare che quel proiettile avesse il sapore acre del tradimento. Dell’ingenuità. Dell’amore.
Le punte delle sue dita raggiunsero l’apertura nel tessuto madido, gocciolante, e si tinsero di un intenso cremisi.
Nella mente offuscata dell’uomo, tale tinta prendeva vita, iniziando a volteggiare nel palmo della sua mano in un aggraziato passo a due. Mutava in forma e consistenza, fino a rivelarsi un leggero velo di tessuto.
Ondeggiava sinuosamente – un’onda ipnotica – e sbocciava, poi, un minuto corpo femminile.
Ne suggeriva, di tanto in tanto, le delicate forme. I piccoli seni, le spalle sicure, la vita stretta, i biondi e corposi boccoli. Il malinconico sguardo, dei colori dell’acqua marina di coste sconosciute e lontane. Mari preziosi e inesplorati, ben lontani dal cupo oceano che abbracciava loro terre.
Grace si avvicinò a lui – una colomba di pace in mezzo a quella fogna pullulante di ratti – e strinse la sua mano nella propria, chinando moderatamente il capo per concedere lui una danza.
Thomas mosse il primo passo, titubante, e si fece via via più sicuro nel vedere la giovane assecondarlo.
Danzavano stretti l’un l’altra, pronti a null’altro se non abbracciarsi maggiormente qualora si fosse sentito un ulteriore sparo. Roteavano elegantemente su suolo di battaglia – il pavimento della loro sala da ballo un campo minato –, circondati dalle grida di collera e odio dei due branchi feroci al fronte.
Thomas lasciò andare una delle sue morbide mani per permetterle di fare una piroetta. Era incantato dalla sua figura, dalle sue movenze.
Tanto assorto in quella danza da non accorgersi che la sua candida colomba aveva dispiegato ali di pece. E un’arma da fuoco, che teneva stretta con sicurezza tra le dita.
La bocca fredda poggiata al petto dell’uomo.
Il tempo d’inspirare appena e un dolore lancinante gli riempì il petto.
La figura di Grace si screpolò, cadendo in frantumi al suolo. E con lei i tendaggi di velluto rosso che avevano adornato il compassionevole teatrino nella mente di lui.
Il sapore delle menzogne si rivelava, ancora una volta, similare a quello dell’affetto. Metallo e ruggine. Un buco di proiettile in petto. Circondato da sangue caldo ma, nel suo epicentro, freddo come l’acciaio.
Thomas Shelby, non udendo più alcuna martellata al di là della parete della propria stanza, si era permesso di abbassare la guardia, accogliendo così l’angelo della morte tra le proprie lenzuola.
Odorava di Champagne e petali di rosa in fiore.
Un aroma estasiante.
Tanto ingordo e totalizzante da consumare l’aria.

Dear Grace,
without a secretary, I write my own letters. And I write without malice.
I learnt long ago to hate my enemies.
But I’ve never loved one before.

| Flash-Fic, 486 words |

Author’s Corner.
Buongiorno, anime erranti.
Ho finalmente iniziato questa serie e, ahimé, me ne sono subito innamorata.
Fin dai primi minuti di visione sono stata attratta dal personaggio di Thomas e, con l’arrivo di Grace, le idee hanno iniziato a scalpitare nella mia mente. Sopratutto per l’ostilità che ho provato sin dal primo istante nei confronti di quest’ultima – nonostante mi infastidisca, però, non posso fare a meno di shippare i due ;^;
Quindi, ecco qui un piccolo, ipotetico viaggio nei pensieri di Thomas Shelby nell’istante in cui Billy Kimber preme il proprio grilletto, colpendolo – scena presente nel sesto episodio della prima stagione. Spero sia di vostro gradimento!
A presto,

justhevidence.