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Autore: Stria93    16/08/2018    0 recensioni
Gold la osservò senza dire nulla mentre stappava la bottiglia e versava sapientemente il liquido ambrato nei bicchieri con una calma e una concentrazione quasi maniacali. Quando ebbe finito, si alzò di nuovo e gli porse uno dei due drink. - Ecco. Un piccolo rito portafortuna che ogni cacciatore di taglie che si rispetti dovrebbe osservare prima di una caccia. E poi... credo che stanotte tu ne abbia un disperato bisogno.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emma Swan, Signor Gold/Tremotino
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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manhattan

Era ormai scesa la notte sulla Grande Mela. Il signor Gold percorreva le strade di New York con la solita andatura claudicante che gli era propria e che a Storybrooke, lungi dall'essere considerata motivo di pena o compassione, era ormai diventata un tratto distintivo dell'uomo più potente e temuto della città.
La grande metropoli in cui lui, Emma ed Henry erano approdati alla ricerca di suo figlio l'aveva messo a dura prova, più di quanto s'immaginasse. Era difficile accettare il fatto di ritrovarsi senza magia, privo di alcun potere o influenza in un labirinto intricato e sconosciuto di grattacieli, edifici di ogni tipo e strade percorse da auto e mezzi strombazzanti a qualunque ora del giorno e della notte. Era difficile essere uno dei tanti, un semplice uomo sulla cinquantina in giacca e cravatta che doveva camminare con l'ausilio di un bastone da passeggio e che per le migliaia di persone che lo circondavano non rappresentava nulla di più di una singola insignificante goccia in quella marea umana.
Nessuno gli scoccava occhiate intimorite o ostili, come succedeva spesso a Storybrooke, dove tutti lo conoscevano e gli portavano un timoroso rispetto; nessuno sembrava fare caso alla sua presenza se non nel momento in cui lo sorpassavano con il passo rapido e spedito che pareva essere una caratteristica dominante che accomunava gli abitanti eterogenei di quell'enorme agglomerato urbano.
Gold stesso, d'altra parte, si ritrovava senza il minimo punto di riferimento, perso in quella miriade di suoni e movimenti caotici che sembravano orientati a nient'altro che a una sterile e vuota entropia.
Forse non era stata una mossa saggia quella di uscire dal lussuoso hotel dove lui e i suoi compagni di viaggio alloggiavano per fare una passeggiata serale, ma dopo le emozioni di quel giorno aveva decisamente bisogno di allontanarsi dalle chiacchiere incessanti di Henry e dalle occhiate preoccupate e apprensive che Emma gli rivolgeva di continuo.
La zona in cui era ubicato l'hotel non si trovava molto distante da Central Park e l'uomo ne aveva approfittato per concedersi un paio d'ore di quiete in quella macchia verdeggiante che sorgeva come un'isola al centro di un mare di cemento, metallo e vetro.
Starsene in solitudine in mezzo alla vegetazione gli aveva fatto decisamente bene e nonostante si sentisse ancora frastornato da quell'ambiente dove i ritmi, i paesaggi e le regole spazio-temporali gli risultavano del tutto estranei, avvertiva che una parte di lui era molto più calma e fredda, più vicina al suo solito temperamento distaccato e calcolatore. Avrebbe avuto bisogno di tutta la sua lucidità l'indomani, poiché lui, Emma ed Henry sarebbero andati alla ricerca di Bae.
Fosse dipeso esclusivamente da lui, avrebbe iniziato le ricerche quella sera stessa, ma il viaggio era stato stancante per tutti loro, senza contare che la notte prima lui ed Emma non avevano chiuso occhio a causa dei tragici avvenimenti che si erano abbattuti su Storybrooke come fulmini durante una tempesta. La signorina Swan aveva saggiamente suggerito che quella sera si riposassero e iniziassero la loro missione il mattino seguente, ristorati da una bella dormita. Suo malgrado, Gold si era ritrovato a doverle dare ragione, ma non avrebbe sopportato di passare la serata in compagnia della Salvatrice e di suo figlio, il cui ingenuo entusiasmo per quel viaggio non faceva altro che irritarlo.
Tuttavia si era fatto tardi e l'antico orologio di ottone nella reception dell'hotel segnava ormai le 23.30 quando l'uomo rientrò dalla sua passeggiata.
L'ascensore raggiunse in un baleno l'ultimo piano dell'edificio, dove si trovava il grande appartamento che egli si era fatto riservare per la loro permanenza. Gold girò piano la chiave nella porta a due battenti e quando varcò la soglia, si ritrovò immerso nella semioscurità. Dalle finestre, insieme al frastuono ovattato dei clacson e degli allarmi, penetravano alcuni sprazzi delle luci elettriche della città e una piccola abat-jour era accesa sul tavolino posto a lato di un grande divano di pelle nera, sul quale era distesa la Salvatrice, profondamente addormentata.
Emma indossava una morbida vestaglia sotto la quale s'intravedevano una canotta celeste e dei pantaloni di cotone abbinati. Tra le mani, appoggiate sul ventre, c'era un piccolo libro molto simile ad altri tre che erano sparsi sul tavolo basso di fronte a lei, tutti aperti e con segni e orecchie alle pagine per individuarne con facilità i punti salienti.
Stando attento a non fare rumore, Gold si sfilò il cappotto, che appese ad un gancio d'argento affisso alla parete, si avvicinò lentamente al tavolo e si accorse con stupore che si trattava di copie ed edizioni diverse della guida di New York. Evidentemente Emma aveva cercato di portarsi avanti e di prepararsi al meglio per il compito che li attendeva il giorno dopo.
Un sorriso increspò le labbra sottili dell'uomo, che avvertì un moto di gratitudine e rispetto per la giovane donna addormentata di fronte a lui. Certo, gli doveva un favore ed egli l'aveva praticamente costretta a seguirlo fino a New York senza lasciarle alcun margine di scelta, trascinandola letteralmente in quell'avventura che non la riguardava, lontano da Storybrooke e dalla sua famiglia, ma non si sarebbe aspettato che la Salvatrice mettesse tutto quell'impegno nel cercare di fargli avere successo nell'impresa per la quale aveva atteso tanto a lungo, e che ormai era diventata da secoli l'unica sua ragione di vita.
Il petto della giovane si alzava e abbassava lievemente al ritmo del suo respiro calmo e regolare e, nell'osservarla, Gold si sentì improvvisamente animato da una fiducia e una tranquillità che aveva ricercato per tutta la sera. C'era qualcosa in Emma Swan che lo spingeva a mettere da parte i timori e a credere che tutto sarebbe andato per il meglio. Forse era quello il potere della Salvatrice: portare speranza e forza nei cuori di chi stava cercando disperatamente di raggiungere il proprio lieto fine. Aveva avuto modo di sperimentare la stessa sensazione proprio quel giorno all'aeroporto, quando aveva dovuto cedere la mantella di Baelfire e il suo bastone per poter passare sotto il metal detector. Aveva guardato Emma negli occhi e lei l'aveva rassicurato con decisione: non avrebbe permesso che i suoi ricordi svanissero una volta separato dall'indumento incantato. Senza sapere con esattezza il perché, Gold le aveva creduto e, in effetti, la sua memoria non ne aveva risentito minimamente.
A un tratto, la donna si mosse nel sonno e la guida che teneva tra le mani cadde a terra, producendo un lieve rumore che però bastò a ridestare Emma, i cui sensi erano pronti e in allerta anche mentre dormiva, forgiati da una vita di espedienti.
La Salvatrice si stropicciò gli occhi con un mugolio, si tirò su a sedere sul divano e sobbalzò quando si accorse dell'uomo, in piedi accanto a lei.
- Maledizione, Gold! Mi hai fatto prendere un colpo! Si può sapere che diamine ci fai qui? -
Lui riacquistò immediatamente il contegno arcigno e sarcastico che gli era proprio, ogni traccia della piccola scintilla di sentimentalismo di poco prima svanita. - Fino a prova contraria, dearie, - disse. - questo appartamento è anche la mia provvisoria sistemazione. -
- Mmm... - fece Emma, ancora intontita dal sonno.
- Dov'è Henry? - chiese l'uomo, segretamente sollevato di non vedere il ragazzino in giro per il salotto.
Emma indicò una porta chiusa che conduceva a una delle due camere con bagno di cui era dotato l'attico e che lei condivideva con suo figlio. - Sta dormendo. È andato a letto presto ed è crollato immediatamente. -
- Al contrario di te, dearie. - commentò Gold, scrutandola con un sogghigno appena accennato. Solo in quel momento Emma parve rendersi conto di essere in pigiama davanti a lui e si affrettò ad avvolgersi stretta nella vestaglia.
- Be', non riuscivo a dormire e così ho pensato di cercare qualche informazione che possa esserci utile per domani. Se c'è una cosa che ho imparato quando lavoravo come cacciatrice di taglie, è che, se vuoi avere successo, devi conoscere bene il terreno di caccia. -
Gold annuì. - Un insegnamento saggio. -
Emma recuperò da terra la guida che stava consultando prima di addormentarsi e fece scorrere le pagine aggrottando le sopracciglia con aria pensierosa. - Il problema è che New York non è esattamente il luogo ideale per cercare di rintracciare qualcuno che non vuole essere trovato. Ci sono centinaia di posti che costituirebbero un ottimo nascondiglio, senza contare il caos delle strade che rende difficili gli inseguimenti. - rifletté, più rivolta a se stessa che a lui.
Gold la osservava quasi affascinato. Era evidente che, da ex cacciatrice di taglie, fosse abituata a progettare quel genere di operazioni, anzi sembrava perfino che la cosa la intrigasse. Be', aveva tutto da guadagnare se Emma metteva in campo l'esperienza e i trucchi imparati negli anni addietro. Ancora una volta, si sentì afferrare da quel senso di fiducia incondizionata nei confronti della donna, che stava ancora fissando con espressione seria e assorta una pagina della guida che teneva in grembo e che raffigurava la cartina con i percorsi delle linee metropolitane.
Passò qualche istante in cui nessuno dei due disse nulla, ciascuno perso nelle proprie riflessioni; alla fine Emma soffocò uno sbadiglio, chiuse il piccolo manuale e lo ripose sul tavolo, insieme ai suoi compagni.
Sotto lo sguardo di Gold, si alzò dal divano e si diresse verso un mobile di legno lucido all'interno del quale erano stipate diverse bottiglie di liquori pregiatissimi e bicchieri di cristallo.
Con disinvoltura, Emma scelse una bottiglia di scotch whisky, afferrò due bicchieri e tornò a sedersi, sparpagliando le guide sul tavolo per fare spazio.
Gold la osservò senza dire nulla mentre stappava la bottiglia e versava sapientemente il liquido ambrato nei bicchieri con una calma e una concentrazione quasi maniacali. Quando ebbe finito, si alzò di nuovo e gli porse uno dei due drink. - Ecco. Un piccolo rito portafortuna che ogni cacciatore di taglie che si rispetti dovrebbe osservare prima di una caccia. E poi... credo che stanotte tu ne abbia un disperato bisogno. -
Gold prese il bicchiere dalla mano di lei, provando una sgradevole fitta di disagio nell'udire quelle parole. Chiaramente non era riuscito a dissimulare l'ansia e la preoccupazione per ciò che sarebbe accaduto il giorno seguente e ad Emma non era sfuggito il suo nervosismo.
Decise che, in effetti, un drink non gli avrebbe fatto male.
La Salvatrice fece tintinnare il proprio bicchiere contro il suo. - Alla famiglia. -
- Alla famiglia. - replicò lui, dopodiché buttò giù il liquore tutto d'un fiato, godendo della sensazione di calore che gli scendeva giù per la gola e scioglieva immediatamente gran parte della tensione, come coraggio liquido.
Emma sorbì il suo drink con calma e alla fine fece schioccare la lingua, soddisfatta.
- Be', ora credo proprio che me andrò a dormire. Ci aspetta molto lavoro domani mattina. - disse, stiracchiandosi e reprimendo un nuovo sbadiglio.
Gold non rispose e si limitò ad un lieve cenno del capo. La Salvatrice lo scrutò intensamente per qualche secondo, poi allungò piano il braccio e gli strinse una spalla. - Ehi, lo troveremo. Andrà tutto bene. Capisco che questo non sia il tuo mondo, ma è il mio; e trovare le persone è la mia specialità. Non falliremo. -
L'uomo incrociò gli occhi verdi di Emma, colmi di quella ferrea determinazione che aveva apprezzato in lei fin dal loro primo incontro, e si sentì più forte e sicuro che mai. Sapeva che la Salvatrice non l'avrebbe deluso e che avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per onorare l'accordo e aiutarlo a ricongiungersi con Baelfire. Aveva riportato a tutti gli abitanti di Storybrooke il lieto fine, e ora l'avrebbe fatto anche con lui. Era il suo destino. A un tratto ebbe la certezza che tutto sarebbe andato per il meglio.
Emma non aspettò una risposta, che in ogni caso non sarebbe arrivata, gli voltò le spalle e si diresse verso la porta della camera che divideva con Henry. L'aprì piano e poi sparì dietro di essa, silenziosa come un'ombra.
Rimasto solo, Gold si lasciò cadere sul divano con un sospiro e si riempì nuovamente il bicchiere, lasciando che una seconda ondata di calore invadesse il suo corpo e dissipasse le ultime preoccupazioni.
Da qualche parte un orologio batté la mezzanotte e in quel momento Gold ringraziò il cielo che Emma Swan fosse con lui in quel viaggio.




Da Stria93: Rieccomi, dearies!
Questa breve shot nasce soprattutto grazie al rewatch che, grazie a Rai4, mi sto godendo da qualche settimana. Avendo rivisto la 2x14 mi è balenata in mente l'idea per questo scorcio del soggiorno newyorkese di Rumpel, Emma ed Henry e quindi ecco qui il risultato del mio trip mentale.
Spero vi piaccia! Grazie come sempre a tutti coloro che leggeranno e magari vorranno farmi sapere le loro impressioni.
Baci, dearies! :)

  
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