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Autore: Riikah    17/08/2018    0 recensioni
Min Yoongi, figlio di una prostituta, fin da bambino è cresciuto suonando un pianoforte abbandonato nel bosco. Park Jimin è invece nato da una prestigiosa famiglia di pianisti, e l'unico amico è sempre stato il suo pianoforte. La loro comune passione li porterà ad incontrarsi.
{Ispirato all'anime Piano No Mori}
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Jung Hoseok/ J-Hope, Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: AU, Cross-over, Otherverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 1: Quel Ragazzo

Jimin è un ragazzo delle medie proveniente da una famiglia benestante di musicisti. Suona il pianoforte da quando era molto piccolo per tante ed interminabili ore al giorno, ma non più per divertimento. Si è presto reso conto che il suo obiettivo è quello di diventare un grande pianista come il padre o forse anche di più: Il più grande pianista della Corea del Sud. Questo è ciò che ogni giorno ripete a se stesso per poter superare ogni inconveniente che incontra sul suo cammino verso il proprio destino, come il trasferimento con sua madre da Seoul in un piccolo quartiere a Daegu, per accudire la nonna malata. E' quindi costretto a cambiare scuola ed amicizie.

Dopo qualche ora di viaggio si ritrova distrattamente ad osservare il ricco paesaggio naturale dal finestrino dell'auto, sprofondando sempre di più nel sedile. Avrebbe volentieri approfittato di farsi una piccola dormita, ma dopo un paio di tentativi ha capito che dormire in macchina non è il massimo della comodità. Poco dopo la sua attenzione viene catturata dall'improvvisa voce di sua madre.

«Tra qualche mese quando la nonna si sarà ripresa potremo tornare a casa.»

La mano di Jimin si stacca dalla sua guancia e pigramente costringe la sua testa, nonostante la stanchezza, a girarsi per poterla guardare negli occhi. Sua madre è davvero una giovane donna: Ha i capelli spesso raccolti in una coda, un paio di occhiali rotondi poggiati sulla punta del naso ed è sempre vestita elegantemente. Non capisce come sia possibile che non mostri neanche un sintomo di affaticamento. Una volta metabolizzato ciò che gli è stato detto, annuisce.

«L'unica cosa che mi dispiace è che in questo periodo tu sarai costretto a cambiare scuola.»

La voce di sua madre si abbassa di qualche tono e quando Jimin capisce che è davvero dispiaciuta, si affretta subito a non farla preoccupare troppo. Dal momento che suo padre è sempre in giro per il mondo ad esibirsi, al contrario sua madre è invece costantemente stata presente e Jimin ne è molto grato.

«Sta tranquilla, non è un gran problema per me.»

«Alla nonna farà molto piacere sapere che la cosa non ti preoccupa. Mi ha detto di dirti che il pianoforte in sala musica l'ha fatto accordare ieri. Puoi suonarlo già da oggi.»

Prima che Jimin possa festeggiare per la notizia appena saputa, la sua visione viene riempita con più verde del solito. Si gira di nuovo verso il finestrino per scoprire che sul lato del quartiere c'è una grande e maestosa foresta. La trova davvero magnifica, pensa che non ha mai visto così tanti e alti alberi dal momento che ha sempre vissuto in città. I suoi pensieri vengono interrotti da una leggera melodia. E' dolce e bassa ma riesce ad ascoltarla e crede che non sia solo la sua immaginazione. Onestamente non ne vuole una conferma, e non vuole neanche rimanerci male nel caso in cui finisse per sentirla solo lui, quindi decide di rimanere in silenzio e farsi cullare da suoni così delicati. Chiude gli occhi e finalmente riesce ad addormentarsi grazie a quel pianoforte.

🎵🎼🎶

La donna batte le mani un paio di volte per attirare l'attenzione di tutti.

«Ho il piacere di presentarvi un nuovo compagno, Park Jimin. Hai voglia di raccontarci chi sei?»

Tutti gli occhi dei suoi futuri compagni sono puntati su di lui e Jimin è sicuro di non essersi mai sentito così sotto pressione, neanche quando ha incontrato il suo primo insegnante di pianoforte. Cerca di smettere di torturarsi le dita perché sa che non porterà a nulla di buono, le mani sono davvero importanti per lui ed è consapevole che deve prendersene sempre cura. Prende una boccata d'aria, un po' di coraggio e parla.

«Mi chiamo Park Jimin e sono nato a Busan, mi sono trasferito da Seoul ieri e studio pianoforte da quando avevo quattro anni. Il mio sogno è quello di diventare un grande pianista.»

La voce esce piccola ma spera di essersi sentito poichè si ritiene soddisfatto della sua presentazione. O almeno così credeva quando ha smesso di parlare e non ha fatto altro che ascoltare alcuni commenti e risatine dei suoi nuovi compagni di classe.

«Vuole suonare anche se è un ragazzo?»

«Ma cosa sta dicendo?»

«Modesto il ragazzo eh?»

Attraversando alcuni banchi per dirigersi in uno vuoto, pensa che ineffetti la scelta delle sue parole l'abbia portato a fare la figura del presuntuoso. Quando finalmente si siede le voci spariscono, chiaro segno dell'inizio delle lezioni. Si prende cinque minuti per guardarsi un po' attorno volendo familiarizzare con l'ambiente il più presto possibile. Finisce per continuare a far finta di non accorgersi del ragazzo vicino a lui che l'ha fissato per tutto il tempo.

Concluse le lezioni nessuno lo lascia tornare a casa, perché a differenza della sua vecchia scuola qui gli studenti puliscono le proprie aule ogni fine giornata. Jimin è stato assegnato con metà della sua classe a pulire l'aula di musica: Sostanzialmente una piccola stanza con un pianoforte e qualche strumento.

«Park, allora che ne dici del piano nella foresta?»

Jimin ferma ogni suo movimento e alza lo sguardo alla sua menzione, ritrovandosi davanti un ragazzo alto e robusto.

«La foresta?» Domanda e aggrotta la fronte non capendo di cosa stia parlando.

«Come fai a non averla vista?»

«L'ho vista, ma di cosa parli?»

«In quella foresta c'è un pianoforte mezzo rovinato. Beh diciamo che è proprio rotto, se premi i tasti non si sente nulla. Eppure certe volte di notte si mette a suonare, senza che nessuno lo tocchi.» Le parole pronunciate dal ragazzo fecero salire un brivido per tutto il corpo di Jimin. Amava i pianoforti, ma non le storie dell'orrore. «Sembra che una volta sia stato trovato un cadavere lì vicino. E' sicuramente il suo spirito che torna nel luogo della morte e si mette a suonare il piano per avvicinare le vittime e vendicarsi.» Jimin ingoia a vuoto mentre il ragazzo continua il suo discorso e incrocia le braccia. «Ora ascolta, c'è una prova di coraggio che devi superare. Andare da solo nella foresta e suonare quel pianoforte.»

«Cosa? Non hai appena detto che il pianoforte è rotto? Come faccio? E' impossibile suonarlo!»

«Sono sicuro che tu ce la farai, dopotutto hai detto che è da quando hai quattro anni che suoni il pianoforte. Non puoi rifiutare, hai capito? Per far parte del nostro gruppo devi dimostrare di essere un uomo. Hai due possibilità: O vai nella foresta a suonare il piano oppure dovrai abbassarti i pantaloni e mostrarcelo. A te la scelta.»

Questo mi sta bene per aver fatto il presuntuoso, pensò Jimin. Il resto dei loro compagni si erano ormai fermati ad ascoltare la discussione, incuriositi dalla risposta che avrebbe dato il nuovo arrivato. Jimin non tralasciò alcuni commenti che arrivarono alle sue orecchie.

«Sono sicuro che sceglierai la foresta, non puoi fartela sotto.»

«La seconda scelta è da fifoni.»

«L'importante è provare, se vuoi puoi anche cantare mentre suoni.»

Improvvisamente le note gravi del pianoforte presente nell'aula risuonarono nelle pareti, accompagnati da una sprezzante e ruvida voce.

«Un pianoforte non è mai muto, Jimin non ascoltarli. Quel pianoforte funziona benissimo.»

Jimin seguì la voce fino a voltarsi verso colui che aveva parlato vicino al piano. Il ragazzo era minuto e pallido, forse alto quanto lui e con una massa di capelli neri come il petrolio. I suoi occhi felini gli donavano uno sguardo freddo e misterioso. Lo riconobbe come il ragazzo che lo fissava durante le lezioni.

«Sciocchezze, quando ho provato io non è uscito nemmeno un suono.»

«Chi lo sa magari avevi talmente tanta paura da non vedere nemmeno dove fossero i tasti. Secondo me dovresti abbassarti i pantaloni, o ti vergogni perché ce l'hai troppo piccolo?» Risponde il ragazzo con nonchalance. Jimin cercò di reprimere una risatina mentre osservava la reazione dell'altro ragazzo, ormai arrossito fino alla faccia. Ha urlato un paio di minacce cercando di acciuffarlo, mentre continuava a venir preso in giro dal ragazzo che gli sfuggì scivolando via sotto il piano. Jimin ha iniziato a preoccuparsi quando il ragazzo pallido è stato afferrato per la maglietta e spinto per terra.

«Sei un bugiardo, non si può suonare!»

«Non è vero, lo so bene perché quel pianoforte è mio.» Ringhiò.

«Adesso salta fuori che è tuo? Dimmi come fa uno che viene da una famiglia povera come la tua dal distretto a luci rosse ad avere un piano tutto suo? Oh forse l'hai rubato? Con tutti i ladri che hai in casa avrai capito anche tu come si fa. Magari un cliente di tua madre ti ha fatto un regalo?»

Jimin voleva davvero aiutare il ragazzo, ma non è mai stato bravo a compiere certe azioni. Rimane lì fermo, paralizzato e tremolante. Ogni altra persona presente nell'aula non faceva altro che ridere di quelle cattiverie dette, e lui quasi si sentiva in colpa.

«Qualcuno l'ha buttato e io l'ho preso. Non l'ho comprato, l'ho trovato. Non tutto si può comprare sai? Ora smetti di parlare, hai il cervello così marcio che quando apri bocca riesco a sentire la puzza.»

Prima che l'altro ragazzo potesse reagire e fargli davvero molto male, un professore entra nell'aula e invita tutti a tornare a casa intimidendoli di prendere seri provvedimenti. Tutti gli alunni escono come se nulla fosse successo mandando diversi sguardi a Jimin, il quale sussurra balbettando un “arrivederci” all'insegnante. Ancora frastornato da tutte le informazioni ricevute e da quello che è successo, si prende un po' di tempo per riflettere mentre cammina per tornare alla sua abitazione. Non è molto distante, è sicuro di non perdersi. Si appunta mentalmente di ringraziare il misterioso ragazzo che l'ha aiutato.

Quella sera decide di andare direttamente a dormire dopo la cena e le troppe domande sulla nuova scuola da parte della madre e della nonna. Finisce così per sognare una foresta, un pianoforte e un ragazzo pallido.

   
 
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