Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Gian_Snow_91    21/08/2018    3 recensioni
L'attesa per l'ottava stagione è talmente lunga da causarmi un hype immenso. Per questo ho deciso di scrivere la mia versione della storia, incentrata particolarmente su Jon e Daenerys anche se cercherò di descrivere i punti di vista di più personaggi. spero di fare un buon lavoro e di lenire un pò l'attesa. la storia comincia subito prima della partenza per Grande Inverno. in pratica gli unici avvenimenti della settima a non essere ancora avvenuti sono la caduta della Barriera e la scena d'amore tra Jon e Daenerys
Vi prego lasciatemi le vostre recensioni e fatemi sapere cosa ne pensate.
Genere: Azione, Guerra, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daenerys Targaryen, Jaime Lannister, Jon Snow, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 7 - The Song of Ice and Fire

CAPITOLO 7 - The Song of Ice and Fire

 

 

 

[SANSA]

“Le donne hanno altre armi oltre alle lacrime”

Sansa Stark aveva già vissuto un assedio, in passato. Le sembravano passati secoli da quando Stannis Baratheon era entrato nella Baia delle Acque Nere con tutta la sua flotta e il suo esercito, pronto ad abbattere le mura di Approdo del Re e conquistare il Trono di Spade.

Mentre gli uomini difendevano il suo regno, la regina Cersei aveva organizzato una veglia, nel Fortino di Maegor, per tutte le donne di corte e le mogli dei lord che combattevano per re Joffrey.

Nel Nord quella pantomima non sarebbe stata necessaria. Più della metà delle donne di Grande Inverno, quelle che non si erano già messe in salvo a sud almeno, avrebbe combattuto per la propria vita fianco a fianco con i propri uomini. Ed era certa che anche Arya sarebbe stata in prima linea, con Jon. O almeno lo aveva creduto fino a quel momento.

Inclinò lentamente verso il fuoco del caminetto la lettera che Arya aveva lasciato per lei e riconobbe la scrittura sghemba e allungata della più giovane delle sorelle Stark.

 

Cara Sansa,

Ho preferito affidare queste parole ad una lettera perché sapevo che avremo litigato per quanto sto per dirti. Sono diretta ad Approdo del Re. È il momento che Cersei Lannister risponda dei suoi crimini contro la nostra famiglia. Vendicherò nostro padre, te lo prometto.

Spero di rivederti presto, Arya.

 

“E tu l’hai lasciata andare?” Sansa s’infuriò con Jon.

Aye”. Jon era in imbarazzo. “Ma ho fatto in modo che non andasse sola. Gendry e il Mastino la accompagneranno e proteggeranno”.

“Quindi hai mandato qualcuno ad uccidere Cersei senza parlarne prima con me?”. Non cercò in alcun modo di nascondere la rabbia e la delusione che provava. Odiava essere esclusa da una decisione importante, tanto più se questa riguardava il destino di sua sorella. “E Daenerys lo sa o questo è il tuo regalo di fidanzamento?”

Jon aprì la bocca per ribattere ma si bloccò, a mezza voce, non riuscendo a trovare le parole. “Perché non me lo hai detto Jon? Pensavo che ti fidassi di me”

“Mi dispiace San…” Jon esitò ancora. “Avevo paura del tuo giudizio”

“Paura del mio…?” Sansa era stupita.

“…giudizio, si. Le ho ceduto il Nord ma tu mi hai sostenuto lo stesso. Non volevo che pensassi che mi fossi fatto raggirare o che ti abbia svenduta”. Jon si alzò e si diresse al camino.

“Non l’avrei pensato”. Sansa lo raggiunse trattenendolo per costringerlo a guardarla. “Sei mio fratello… e probabilmente l’uomo migliore che conosco. Se mi avessi detto di voi avrei capito che potevamo fidarci”

“Pare che mi sia sbagliato” Jon guardò fuori dalla finestra come a voler sottolineare l’assenza di Daenerys.

“Tornerà” lo rassicurò.

“Anche Arya. È più scaltra di quanto credi. E infinitamente più forte di te o di me”. Aveva qualcosa in mano. “Ti ho fatto un regalo”. Le passò un piccolo scrigno con inciso il meta-lupo di casa Stark. “Aprilo”

Sansa sorrise tastando il bassorilievo con le dita. “Ne ho fatti fare quattro. Uno per ognuno di noi. Quello di Arya l’ho nascosto nella sua bisaccia. Spero che trovarlo l’aiuti a ricordare chi è”

Su un morbido fazzoletto di stoffa era posato un meta-lupo di pietra grigio-argentea appeso ad una sottile collana di cuoio nero. “Lady”. Era sorprendentemente dettagliato e aveva due scaglie di vetro di drago dipinte d’ocra come occhi.

Sansa si asciugò una lacrima mentre Jon le spostava i capelli con gentilezza e le appuntava al collo il suo dono. “È meraviglioso. Grazie”

“Devo ancora darlo a Bran. Ti va di accompagnarmi?”

Sansa annuì. “Convincilo a venire con noi a sud, Jon. Con ser Davos, Sam, Gilly e suo figlio, e anche Tyrion e il seguito della regina”

“Bran dice di dover rimanere qui a Grande Inverno. Dice che le sue abilità saranno utili. E io… credo che abbia ragione”

“Non stai dicendo sul serio. Vero?” Sansa era sconvolta ma l’espressione di Jon non ammetteva repliche.

 

Poche ore più tardi, mentre attraversava il cortile diretta al cancello, Sansa si fermò a guardarsi intorno. Il castello dalla parte sud era pressoché deserto, un’ora prima dell’alba. Gli occhi di tutti guardavano a nord, in attesa.

“Andrà tutto bene, mia Lady. Grande Inverno sarà ancora qui al tuo ritorno” la rincuorò Adrian affiancandola.

Sansa aveva chiesto a Brienne di lasciarle il tempo di salutare il capitano delle guardie. “Adrian…”

“No” la interruppe. “Lascia parlare me”. Sansa annuì arrossendo delicatamente e ringraziando la semioscurità che celò quel piccolo momento di imbarazzo.  

Adrian prese le sue mani tra le sue. Mani di guerriero, indurite dalla spada e dalla lancia ma al tempo stesso delicate e amorevoli. “Avrei voluto servirti ancora a lungo. Starti a fianco e provare a curare le tue ferite. Ma gli dei hanno altri progetti per…”

Sansa non gli permise di continuare. Lo tirò a se e lo baciò, con foga, a fondo. Troppo a lungo aveva resistito alla tentazione di invitarlo nel suo solarium a bere una coppa di vino per paura che il ricordo dei soprusi subiti potessero, in qualche modo, rovinare quel piccolo segreto che aveva gelosamente nascosto a tutti, tranne che ad Arya. Anche allo stesso Adrian. Ma ora che non c’era più tempo non poteva negarsi quell’attimo, da ricordare nelle fredde notti che la attendevano. E non poteva negarlo a lui.

Adrian la strinse in un abbraccio feroce, come se non aspettasse altro. Sansa lo tratteneva per i legacci della cotta di maglia, esplorando il suo viso coperto da un ispida barba nera con l’altra mano. Sorrise staccandosi per riprendere fiato.

“Sansa…”

“Ti prego non morire”. Lo baciò ancora. Le loro lingue si trovarono, si conobbero, timide e desiderose.

“Ti stanno aspettando”.  

Si costrinse a voltarsi prima di poter anche solo pensare di cambiare i suoi piani. Pochi attimi ancora e avrebbe potuto stravolgerli tutti, decidendo di restare a Grande Inverno pur di avere anche solo un altro di quei momenti. Che stupida era stata a negarseli così a lungo.

“Ci rincontreremo”.

Tyrion, Sam e Jon la attendevano appena oltre il fossato insieme ad una piccola guarnigione di Grande Inverno al comando di ser Davos Seaworth. Cento Immacolati li aspettavano, invece, a Città della Talpa. Dal primo carro si udivano i pianti del piccolo Sam e le parole di sua madre che cercava di calmarlo. Missandei, Varys e Tyrion condividevano un secondo carro, un po’ più grande del primo, nel quale avrebbe dovuto viaggiare anche lei. Ma Sansa Stark aveva voglia di cavalcare quella mattina.

Jon stava salutando il suo più vecchio amico, Sam. “Non sono un guerriero ma potrei esserti ancora utile. Lasciami restare”

“Mi sei più utile da vivo Sam. Quando tutto sarà finito avremo bisogno di te, mia sorella avrà bisogno di te”.

Samwell Tarly non trattenne le lacrime. “Sei un buon amico, Jon Snow”

“È ora che tu vada”. Sam si arrampicò goffamente sul carro.

Per qualche momento Jon sembrò disorientato.

Tutte le persone su cui contava di più stavano partendo per il sud. In un solo colpo Jon perdeva la saggezza e i consigli di ser Davos e il sostegno della famiglia e del suo amico più caro. “È il destino del Lord Comandante, non avere nessuno con cui condividere il proprio fardello” le aveva detto una sera davanti a uno dei bivacchi dell’accampamento, prima della battaglia di Grande Inverno.

“Occupati di lei, Ser Davos”.

“Lo farò, Altezza”. Ser Davos strinse la mano tesa. “…Jon”

“Ci rivedremo. È una promessa”. Jon la abbracciò e la guardò montare a cavallo al fianco di Brienne. Avrebbe voluto ringraziarlo per averla salvata ancora una volta, perché si stava sacrificando per tutti loro, di nuovo, ma le parole le si impigliarono in gola.

Diede un ultimo sguardo a Grande Inverno e sentì le lacrime congelarsi sulle sue guance.

“Vorrei poter tornare indietro ed urlare a me stessa di non andare!”.

 

 

[JON]

“Un suono per i Ranger di ritorno, due per i Bruti, tre per…”

Tra i soldati di Grande Inverno qualcuno giurava di aver visto il sole tramontare ad oriente la notte precedente. Qualcun altro sosteneva che fosse solo una sensazione dovuta alla minacciosa coltre di nuvole cariche di tempesta che rendevano i raggi del sole solo un lontano ricordo.

Il tramonto era vicino quando il corno del nord lanciò il suo richiamo. Due pattuglie avevano lasciato Grande Inverno ma solo una aveva fatto ritorno. Per questo Jon sapeva che presto sarebbe accaduto. Ma i tre richiami gelarono comunque il sangue nelle vene.

Dalla torre di guardia nord, Jon vide quello che nessun uomo avrebbe mai voluto vedere. Pochi metri oltre le trincee scavate dai suoi uomini, migliaia di occhi di un blu spettrale puntavano verso Grande Inverno. Gli uomini agli arpioni scrutavano il cielo in cerca del drago che aveva abbattuto la Barriera. Daenerys e i suoi draghi non avevano fatto ritorno e se il Re della Notte avesse attaccato Grande Inverno con Viserion i dardi in vetro di drago erano la loro unica speranza di abbatterlo.

“Maledizione. Dove sei?”. Non aveva più il tempo di preoccuparsi per lei. Eppure…

Era certo che sarebbe tornata presto. Tyrion e ser Jorah l’aveva rassicurato. Ma Daenerys non si era vista e Jon aveva cominciato a pensare al peggio. Che li avesse abbandonati? Oppure le era successo qualcosa? Non poteva più scegliere cosa credere.

Altri tre richiami di corno. Ne sarebbero seguiti molti altri quella notte.

Tormund lo aiuto ad allacciare gli spallacci. “Sei pronto Jon Snow? Quei soldati la sotto se la fanno addosso. Dannati figli dell’estate. Guardali”. Sulle mura sotto di loro gli uomini restavano immobili tra le merlature in attesa di ricevere i propri ordini. “Tutti tranne i senza-cazzo forse. E per di più la donna grossa se n’è andata a sud con tua sorella. Quindi vedi di trovare un modo per vincere questa battaglia o stavolta ti ammazzò con le mie mani. Haar

Jon allacciò il cinturone con Lungo Artiglio alla vita e annuì a Tormund. “Andiamo”

Quando comparvero in cima alle scale tutti si voltarono a guardarlo. Si aspettavano che dicesse qualcosa, che gli desse una speranza per sopravvivere, per lottare.

“Guardateli”. Indicò con una mano l’orda che continuava ad ammassarsi a Nord. “Non sono qui per conquistare il castello o saccheggiarlo. Non sono qui per un motivo politico o per riparare ad un torto. Sono qui perché è quello che fanno. Avanzano distruggendo tutto ciò che trovano sulla propria strada. Ma fino ad ora, mai hanno incontrato qualcuno che li conosceva abbastanza da sfidarli. Hanno ucciso i nostri amici che scappavano per salvarsi e ora usano i loro corpi come arma contro di noi”. Jon estrasse Lungo Artiglio con uno strappo e la puntò verso il nemico. “Tutti voi oggi siete lo scudo che veglia sui domini degli uomini. Seguitemi e vi prometto che i regni degli uomini saranno ancora qui all’alba di domani”

Furono gli uomini del Nord i primi ad urlare la propria rabbia, la propria paura. Ognuno invocò il motto della sua casata o il nome della donna per cui combatteva. Poi il popolo libero di unì con urla sconnesse e gli Immacolati fecero cozzare le proprie lance e spade contro gli scudi.

Quando i venti dell’inverno soffiarono via l’ultima luce del giorno l’orda cominciò la sua avanzata.

“Suonate il corno” ruggì per coprire l’urlo dell’esercito. “Incendiate la prima trincea”.

“ARCIERI… Incoccare”. Adrian Cassell trasmise il suo ordine. “Tendere. Scoccare”.

Le frecce incendiarie illuminarono l’oscurità andandosi a conficcare nella trincea più lontana dalle mura. La notte fu rotta dal fuoco.

“È cominciata”. Tormund picchiò la sua ascia sulla murata. “L’ultimo a restare in piedi si prenda la briga di bruciare gli altri”

L’orda cominciò ad attraversare la trincea in fiamme. Le prime file di non-morti caddero vittime del fuoco ma altri cadaveri presero il loro posto. L’urlo stridulo dei non-morti riempi la notte e la prima trincea di legno e fango cedette.

“Incoccare. Tendere. Lanciare”

Un’ondata di frecce incendiarie colpì l’armata senza però rallentarla. Jon imbracciò il suo arco lungo e incoccò la prima freccia. Attese un attimo che la punta prendesse fuoco nel braciere e la scagliò.

“Incendiate la seconda trincea”. Mentre incoccava la seconda freccia si accorse che i non-morti avevano smesso di avanzare.

“Maledizione”. Tormund imprecò ad alta voce. Centinaia di giganti si facevano largo tra i cadaveri. Alcuni cavalcavano mammut morti, altri imbracciavano possenti tronchi d’albero diga o pino soldato.

“ARPIONI…”. Jon corse lungo le mura. “Dardi Incendiari. PRESTO. Mirate ai mammut, poi ai giganti”

Un primo mammut cadde colpito al collo da un dardo trascinando nella neve il gigante che lo cavalcava e altri due. Decine di non-morti rimasero schiacciati rallentando solo per pochi attimi l’avanzata.

Altri giganti morirono sotto la seconda ondata di dardi incendiari ma ben presto anche la seconda trincea cedette.

“ARCIERI… Tirate a volontà”.

Jon si trovò un posto tra due merli, appese la faretra al muro e cominciò la sua danza. Incoccare, incendiare, lanciare… Incoccare, incendiare, lanciare. Finì una prima e una seconda faretra prima di fermarsi a riprendere fiato. Aveva le spalle indolenzite per lo sforzo. Il terreno fangoso aveva rallentato l’orda. I mammut e i giganti arrancavano per via del loro peso. I non morti cadevano sotto la pioggia di fuoco. Ancora nessun uomo aveva perso la vita.

“A Grande Inverno cinquecento uomini vincono contro diecimila”

Lasciò il suo posto ad un altro arciere e andò a cercare Adrian Cassell. “Se cambia qualcosa fa suonare il corno. Se superano l’ultima trincea attieniti al piano. Io vado a cercare Bran. Grande Inverno è al tuo comando”

Aye, mio re”

Brandon Stark era, come al solito, al cospetto dell’Albero Cuore di Grande Inverno. Jon si sorprese nel trovarlo riverso a terra con un braccio intorno ad una colossale radice e una mano protesa verso il volto scolpito nel tronco.

“Bran” chiamò. Il giovane Stark non si mosse. “Che succede? Stai bene?”

“Jon”. Brandon sobbalzò, terreo in viso come se avesse visto il Re della Notte. “Per fortuna sei qui. Non c’è più tempo”.

“Non c’è più tempo per cosa?”. Jon si avvicinò a lui.

“Presto! Devi vedere. Devi sapere…”. Indicò il volto greve dell’Albero Diga. “Tieni l’altra mano sulla mia spalla”.

Jon esitò. Il Parco degli Dei tremò intorno a lui fino a svanire. Perse l’equilibrio e cadde in ginocchio accanto a Bran. O almeno così credette. Quando riaprì gli occhi era Bran ad essere in piedi accanto a lui.

“Bran. Tu… cammini?”

“Shhh… Da questa parte”. Si avviò con impazienza nella foresta alle sue spalle.

Jon lo seguì guardandosi intorno. Gli ci volle qualche momento per capire che quella non era la Foresta del Lupo. Non c’erano pini-soldato o alberi di legno ferro. Era una foresta di cedri, betulle e salici albini; e olmi, pioppi, faggi e aceri. Avevano una sola cosa in comune: un volto intagliato nel tronco. Alcuni erano austeri, altri rabbiosi, altri ancora spaventati o concentrati.

“L’Isola dei Volti”. Ricordava ancora le storie che la vecchia Nan raccontava loro quando erano bambini. “Una foresta in cui crescono tutti gli alberi conosciuti. Dove la magia dei Figli della Foresta è ancora forte e gli Oltre Vedenti conoscono il mondo”

In una piccola radura senza alberi Jon riuscì a scorgere il cielo cristallino. “È primavera?”

“Qualcosa del genere” rispose Bran senza voltarsi. “Ci siamo quasi”

Bran lo guidò fino ad una parete rocciosa fessurata da radici bianche come il latte. In una spaccatura nella roccia si nascondevano dei gradini. Jon percepì la temperatura abbassarsi mentre li saliva con una mano lungo la parete rocciosa e pochi passi più su cominciò anche a nevicare. In cima a quella breve scalata un enorme ramo di Albero Diga sbarrava la strada ai visitatori.

“Io non posso passare. Ci ho già provato”. La voce di Bran che giungeva dall’oscurità alle sue spalle andava via via affievolendosi. “C’è qualcuno al cospetto degli antichi Dei. È importante…”. 

La radura che si parò davanti a lui gli tolse il fiato. Una distesa lucente di ghiaccio tenebroso schermata dalle fronde di un Albero Diga millenario. Come aveva detto Bran c’era una figura in ginocchio tra due radici sporgenti.

“Daenerys”. I capelli biondo-argento dell’uomo lo avrebbero tratto in inganno anche se Daenerys non fosse stato un chiodo fisso nella sua mente. I suoi occhi d’ametista erano di una sfumatura più chiara del violetto di Daenerys ma gli fu subito ovvia la sua appartenenza a Casa Targaryen. Indossava una tunica di cuoio bollito, nera con il drago a tre teste vermiglio cucito sul petto e sulla schiena.

Non era solo. Insieme a lui sedeva una piccola figura nascosta nell’ombra. Aveva la pelle chiazzata di noce, più simile al manto di un daino che alla pelle di un uomo, le orecchie larghe e due grossi occhi rossi dalle pupille verticali.

“Un Oltre Vedente”. La sua voce aveva una musicalità sconosciuta a Jon, come se le sue parole fossero i versi di un canto.

“…sei sicuro del significato del mio sogno?” chiese l’uomo.

“Assolutamente” rispose la creatura, lo sguardo impassibile come quello intagliato nell’Albero Diga. “Non puoi far nulla per cambiare il tuo destino”

Il Targaryen sospirò. “E il Canto del Ghiaccio e del Fuoco?”

“Sei sicuro di volerlo ascoltare?”. L’Oltre Vedente si coprì la bocca con le mani in una grottesca imitazione di un’espressione di sorpresa. “Se dovessi davvero capirne il significato…”

“Hai detto che mai un uomo è riuscito a capirne il significato da quando hai memoria”

“Si. Ma nessuno aveva sangue di drago. Ricorda: Ghiaccio e Fuoco

“Cantalo per me, Custode dell’Occhio”. Lo incitò imbracciando una piccola arpa d’argento.

 

Anche dalle tenebre nasce la luce.

E le ceneri generano fuoco.

Dalla morte, la vita.

 

Spada di ghiaccio, annienta, distrugge

Tempeste e tormente di candide ombre

Re della Notte, sovrano del male.

 

Spada del Fuoco, destino oscuro.

Nato nel voto, di sangue celato.

Ha il cuore del drago e canta dal Ghiaccio.

 

Respinge le tenebre, dei vivi lo scudo

Figlia tempesta, dal folle passato

Ha il sangue di ghiaccio e narra del Fuoco.

 

Sconfiggi le Notte, Portatrice di Luce

Sangue di lupo, è il tempo del drago

È il Canto del Fuoco e del Ghiaccio.

È il Figlio del Ghiaccio e del Fuoco.

 

Quando il canto finì, Jon si ritrovò in ginocchio sul ghiaccio freddo, incapace di muovere un muscolo.

“Lo canterai una sola volta. Prima che i rubini si perdano nella corrente”. L’Oltre Vedente saltò giù dalla radice sulla quale sedeva e si voltò verso di lui come se potesse vederlo o in qualche modo sapesse che lui era lì. “Visita l’Occhio e avrai le risposte che cerchi”.

“Ma sono qui ora e non ho ottenuto nessuna risposta”. Il Targaryen era infuriato e confuso.

“Non era destinato a te, Rhaegar Targaryen. Non è tuo il Canto del Ghiaccio e del Fuoco”. Il Custode dell’Occhio scomparve nella foresta.

“Rhaegar Targaryen?”

 

Tre suoni di corno squarciarono la notte. “Sta nevicando”

Barcollò in avanti, disorientato. Un senso di nausea gli attanagliava le viscere. Era di nuovo nel Parco degli Dei di Grande Inverno con una mano posata sulla spalla di suo fratello Bran.

“Stai bene Jon? Cosa hai visto?”. Bran si tirò su a forza di braccia.

“L’uomo era Rhaegar Targaryen e il Custode dell’Occhio… credo mi abbia parlato”. Aiutò Bran a sedere sulla sua sedie a ruote.

Altri tre suoni di corno. “Devo andare. Tu…”

Bran scosse il capò con un’espressione inquietante. “Non pensare a me. Non è oggi il giorno in cui muoio”. Jon corse fuori dal Parco degli Dei voltandosi solo un attimo a guardare suo fratello rituffarsi in uno dei suoi Sogni dell’Oltre.

Nel cortile gli Immacolati erano schierati a difesa dei cancelli nord ed est. Le grate erano abbassate ma poco oltre la battaglia infuriava.

“Non possono già aver superato le trincee” pensò.

“Dove diavolo sei stato?” lo apostrofò Tormund quando comparve al suo fianco sul mastio principale. Era ricoperto di fango e sangue.

“Io… non importa. Come hanno fatto a superare l’ultima trincea?”

“L’ultima trincea”. Tormund si lasciò andare ad una risata amara. “…ha ceduto da ore. Abbiamo seguito il piano alla lettera ma avevano altri mammut, altri giganti. Guarda tu stesso”. Spinse via un soldato con un grugnito. I non-morti aveva superato anche il fossato e ora assaltavano le mura.

“Due maledettissimi mammut sono morti vicino alle mura ovest. È lì che si è concentrata la battaglia”

“Se i giganti raggiungono le carcasse di mammut è la fine” capì Jon.

“Ringrazia il tuo capitano delle guardie. Se non fosse per lui a quest’ora il tuo castello sarebbe solo un cumulo di pietre, Re Corvo”

“Non sono più un corvo, Tormund”. Sfoderò Lungo Artiglio e si avviò nella direzione indicata dal bruto.

“Una volta che sei corvo ti resta dentro. Lo sei per tutta la vita. Haar

 

 

[DAENERYS]

Nella notte di Grande Inverno centinaia di fuochi resistevano all’oscurità imminente. Quello che vide la lasciò senza fiato. Morte, ovunque.

Le mura ovest erano state abbattute e migliaia di non-morti si riversavano nella fortezza. Vide uomini cadere e altri fuggire urlanti calpestare i propri compagni.

Drogon planò sul castello ruggendo di rabbia.

“Dracarys”. Le bastò pensarlo. Il fuoco di drago spazzò via gli assaltanti, ma la voragine nelle mura venne spazzata da detriti e cadaveri. Un danno collaterale inevitabile. Daenerys cercò Jon volgendo intorno lo sguardo.

“Non è troppo tardi” continuava a ripetersi lungo tutto il viaggio verso nord. “Fa che sia ancora vivo”.

Un’altra fiammata e i difensori di Grande Inverno ebbero il tempo di riorganizzarsi, ma ormai il danno era fatto. I non-morti assalivano il varco guidati da decine di giganti.

Bruti, Immacolati e soldati Stark si preparavano ad affrontarli. “Serrate i ranghi”. Ser Jorah Mormont e Verme Grigio li guidavano.

Drogon fece un altro ampio giro sul castello prima di riscendere sulla battaglia. La Torre Spezzata crollò per metà, quando il drago provò ad appendersi ad essa. Vide Tormund Veleno dei Giganti affrontare da solo quattro cadaveri e poco oltre Jon Snow, Adrian Cassell e altri uomini che lottavano con un gigante che imbracciava un enorme tronco bianco latte e diversi cadaveri che brandivano armi rudimentali e vestivano pelli nere. Disposti in cerchio gli uomini si coprivano le spalle l’un l’altro. Non poteva intervenire senza rischiare di uccidere anche loro.  

“Nooo…” urlò quando il gigante colpì di lato. Alcuni uomini furono sbalzati lontano dalla violenza del colpo e Jon scomparve dal suo campo visivo.

“Proteggete la regina”. Ser Jorah Mormont e Verme Grigio arrivano al suo fianco e altri Immacolati andarono a frapporsi fra il drago e i non-morti.

“Khaleesi. Non dovresti essere qui”. Ser Jorah era sconvolto dalla lunga battaglia ma ancora abbastanza lucido per correre a proteggerla non appena l’aveva vista.

Verme Grigio aveva una ferita ad una spalla ma nel complesso sembrava stare bene.

“Sono qui per combattere, ser Jorah” il suo tono non ammetteva repliche. Il vecchio cavaliere annuì capendo di non poterle far cambiare idea.

Fu sul punto di chiedergli di Viserion ma le parole le si spezzarono in gola. Il Re della Notte non si era visto, questo era ovvio, e per ora tanto le bastò.

“Se mi volto indietro sono perduta”

Drogon spazzò via con un colpo di coda alcuni cadaveri che stavano per aggredirli alle spalle. “Non abbiamo tempo per parlare ora” cominciò ser Jorah. “Combattere dall’alto sarà più sicuro per te, Altezza”

“No. Devo trovare Jon” rispose testarda. “Va. Drogon mi proteggerà”

Quando finalmente lo trovò, Jon stava cercando di portare i salvo i suoi uomini guidandoli verso il cancello a sud. I non-morti li inseguivano.

Come se avesse intuito le sue paure, Drogon balzò giù dalla torre andando a frapporsi fra loro e i nemici che si avvicinavano. I non-morti non ebbero nessuna esitazione neanche di fronte al drago. Lo assalirono con i loro coltelli e le loro asce senza però scalfire minimamente le scaglie dure come l’acciaio. Una lingua di fuoco li respinse lontano, uccidendoli.

“Dany…”. Finalmente Jon corse verso di lei. “Il castello è perduto, dobbiamo andarcene via di qui”.

“Dove sono Tyrion e gli altri?” chiese Daenerys dopo essere scivolata lungo il dorso di Drogon direttamente tra le braccia di Jon.

“Sono partiti due o tre giorni fa verso sud. Ho paura che il Re della Notte possa attaccarli. Qui non si è visto”. Jon la sorresse. “Stai bene?” le chiese allontanandosi appena.

“Sto bene” risolse lei in fretta anche se non era la verità. Non mangiava bene da molti giorni e il suo corpo era al limite.

“Non sembra”. Due non-morti aggirarono la guardia di Drogon ma Jon se ne occupò in fretta. Parò gli attacchi con la sua lama bastarda e con due colpi ben assestati i cadaveri caddero senza vita.

“Ho fatto preparare provviste per tutti prima che…”. Le porse una bisaccia che portava in spalla. “Prendi e vola verso sud. Proteggi la mia famiglia, la nostra famiglia”

“Non posso lasciarti qui”.

“Certo che puoi Dany. Tu sei la regina ed io il comandante del tuo esercito. È mio compito proteggere te, non il contrario”

“No…”. Dany scosse il capo.

Altri non morti si scagliavano contro gli Immacolati a difesa della voragine nelle mura. Centinaia di Dothraki in sella a cavalli morti, migliaia forse. “Il mio Khalasaar?!”. Daenerys sentì le lacrime scorrerle sulle guance. In quel momento anche Rhaegal si aggiunse alla battaglia. Il suo alito infuocato respinse i Dothraki non-morti dando modo agli Immacolati di uccidere i pochi rimasti.

Solo una piccola pausa prima della nuova ondata di morte.

“Non so come sia potuto accadere. Gli avevo ordinato di restare a Forte Terrore”. Jon la scosse per un braccio con tutta la delicatezza che riuscì a racimolare. “Dany, ci sono altri uomini da proteggere, donne da salvare e bambini a cui dare un futuro. Non puoi arrenderti, non ora”.

Daenerys lo guardò, e nei suoi occhi color pece trovò la forza di fare ciò che doveva. Per un attimo fu sul punto di baciarlo. Di dirgli che era suo e che non lo avrebbe lasciato. Poi ricordò le parole che l’avevano tormentata per tutti quei giorni. “Il sole… è tramontato ad oriente. L’ho visto”

“Non sei l’unica a dirlo, ma non possiamo fare niente per…”

Tormund arrivò di corsa in sella ad un purosangue nero mulinando la sua colossale ascia da guerra a decapitare un nemico che si avvicinava. “Jon Snow. Farai all’amore più tardi con la tua regina, Haar. Abbiamo qualche grattacapo da risolvere”

“Dany…”. Jon provò ancora a risvegliarla dal torpore che si era impadronito di lei. “Dany… Sali su Drogon, prendi Rhaegal e va a cercare Sansa, Tyrion e gli altri. Sono diretti a Nido dell’Aquila. O almeno credo”

“D’accordo Jon, lo farò”. Quando Jon fece per parlare ancora, Daenerys lo baciò. Senti il sapore del sangue laddove Jon si era morso la lingua in combattimento e l’odore della polvere che gli incrostava la barba ispida.

“Questa non è la fine per noi. Te lo prometto. Ora va”

Drogon si alzò in volo con un violento colpo d’ali. E Daenerys percepì il sangue gelarle le vene. Un freddo innaturale riempiva l’aria, d’un tratto immota. Lo stesso freddo che aveva percepito a nord della Barriera quando aveva perso Viserion. Una lunga lancia di ghiaccio sibilò vicino alla testa del drago nero. Poi un’altra e un’altra ancora. Gli Estranei avevano fatto la loro comparsa a Grande Inverno. Centinaia di ombre bianche, armate di spade di ghiaccio affilate come rasoi.

“Stavano aspettando i draghi come hanno fatto al lago di ghiaccio”

“Rhaegal” chiamò mentre Drogon si lanciava in picchiata verso gli Estranei che lo assalivano. Ma il drago verde non rispose al suo richiamo, sembrava lottare contro se stesso oltre che provare ad evitare l’attacco delle ombre bianche.

Anche gli Estranei riuscirono ad entrare nel cortile della fortezza. Dall’alto vide Verme Grigio e gli Immacolati confrontarsi con loro. Vetro nero contro ghiaccio candido. Le armi in acciaio si frantumavano al contatto con le lance degli Estranei e Immacolati e uomini del nord morivano sotto i colpi del gelo.

Drogon schivò un’altra lancia ghiacciata e si lanciò in picchiata. Ma il fuoco di drago non ebbe alcun effetto sugli Estranei, sembrò passargli attraverso senza colpirli.

“Il fuoco uccide i non-morti, ma gli Estranei sono fatti di ghiaccio e antica magia, potrebbe non essere così facile sbarazzarsi di loro” aveva detto Samwell Tarly in un concilio di guerra. E in quel momento Daenerys seppe che le sue parole corrispondevano a verità.

Il drago verde e bronzeo si contorse a mezz’aria e per un attimo Daenerys credette di vederlo cadere. Ma non c’era traccia di sofferenza in lui. Non lo aveva mai visto comportarsi in quel modo.

Gli Estranei erano pronti a sferrare un altro attacco e data la vicinanza stavolta non ci sarebbe stato scampo per Drogon. Ma il drago nero sferzò l’aria con la gigantesca coda colpendoli in pieno e mandandoli a rotolare lontano. Alcuni morirono, altri si rialzarono, ma Daenerys e Drogon erano ormai lontani.

L’ultima cosa che vide fu Rhaegal che planava, atterrando nel cortile della fortezza spuntando le sue fiamme incandescenti a difesa di Grande Inverno e Jon correre verso di lui.

“Guidalo in battaglia Jon Snow. Salvalo” sussurrò prima di volare via.

 

 

[BRAN]

“Non camminerai, ma imparerai a volare”

Nell’anno passato nella caverna del Corvo a Tre Occhi, Bran aveva imparato a controllare tutti gli animali che popolavano le terre a nord della Barriera. Dal semplice corvo fino ai colossali alci del nord. Era addirittura riuscito ad insinuarsi nella mente di Hodor, causandone così lo sconvolgimento.

In sogno aveva visto Aegon il Conquistatore cavalcare Balerion il Terrore Nero verso i Sette Regni e sottometterli al suo volere, ma mai avrebbe immaginato di poter cavalcare un drago.

Grande Inverno era pronta a cadere sotto l’assalto dell’esercito degli Estranei. Da quando Jon lo aveva lasciato nel parco Bran aveva cercato il Re della Notte in lungo e in largo sfruttando gli insegnamenti del vecchio Corvo. Forte Terrore era caduto sotto il fuoco del drago di ghiaccio, dopodiché di lui non aveva trovato traccia. Così si era concentrato sulla battaglia.

Centinaia di uomini morivano sotto l’assalto dei non-morti a ovest del castello, dove le mura erano crollate sotto i colpi di giganti e mammut. Gli Immacolati erano gli unici ad affrontare il nemico in formazione compatta. Il resto dell’esercito era in rotta e Jon Snow cercava di guidarli verso la salvezza. L’arrivo di Daenerys e dei suoi draghi aveva migliorato anche se di poco la situazione. Il fuoco di Drogon, che a Bran ricordava un giovane Balerion, aveva respinto diversi assalti. Ma Jon le aveva chiesto di andare via, verso sud, per proteggere Sansa ma anche per proteggere se stessa.

Rhaegal però era rimasto a Grande Inverno a combattere il loro eterno nemico. Il drago verde e bronzeo aveva provato ad opporre resistenza quando Brandon Stark era scivolato dentro di lui. Non era stato come entrare dentro Estate o Spettro, e nemmeno come entrare nella mente indebolita di Hodor. Rhaegal riusciva a tenerlo lontano da se scuotendo violentemente la testa cornuta e battendo le ali nel tentativo di scacciarlo. Ci provò ancora e ancora fino a quando il drago atterrò nella fortezza piegandosi al suo volere.

Jon era lì vicino, circondato dai nemici. Gli bastò una sola fiammata per aiutarlo a liberarsi.

Il drago ruggì con violenza. “Guidami” pensò Bran.

E Jon Snow sembrò capire quello che Rhaegal e Bran cercavano di dirgli. Si aggrappò alle scaglie sporgenti e si tirò su, come se fosse la centesima volta che lo faceva.

“Hai sangue di drago”

Dall’alto riuscirono a vedere che la situazione era davvero critica. Una prima falange di uomini si stava dirigendo a sud, la ritirata coperta da un ampio cerchio di fuoco. E un secondo gruppo era pronto a partire.

Bran percepì Jon dare dei comandi in valyriano al drago e capì cosa fare. Proteggere la ritirata degli uomini verso sud.

L’uomo e il drago volarono sulla fortezza uccidendo tutti i non-morti che incontravano. Ancora, e ancora, e ancora.

Grande Inverno bruciava e nessun uomo era più rimasto al suo interno. Lance di ghiaccio sibilarono intorno a loro. Una di queste colpì Rhaegal ad un’ala. Il dolore fu così intenso da scaraventarlo fuori dalla mente del drago. La paura si impossessò di lui. Il terrore che il drago avrebbe scaraventato via il suo cavaliere una volta resosi conto di averlo in groppa.

Il Parco degli Dei era invaso dai non-morti. Un uomo che brandiva una spada fiammeggiante e un meta-lupo bianco come la neve lo proteggevano dall’assalto dei morti.

“Andate via. Non dovete morire per me. Sono solo un ragazzo storpio” urlò.

“È proprio quello che farò. Il Signore della Luce mi ha tenuto in vita proprio per questo. Ora lo so” rispose Beric Dondarrion colpendo un nemico e incendiando le sue vesti di pelli d’orso.

Spettro si lanciò sul nemico successivo, sbranando la carne putrida all’altezza della spalla.

Il fiato del meta-lupo si condensava nell’aria gelida quanto gli Estranei invasero il Parco degli Dei. Alcuni brandivano grosse asce d’acciaio.

“Vogliono abbattere l’Albero Diga” capì Bran. “Sono qui per me”

Beric Dondarrion rise. Una risata folle, di un uomo spezzato che sa che la sua fine è ormai prossima.

“Lotta Brandon Stark. Io sono morto molti anni fa. Tu, invece, hai tanto altro da fare”. Con queste parole Beric Dondarrion impugnò a due mani la sua spada in fiamme e si lanciò in un attacco suicida. Lo stridio con cui morì il primo Estraneo che affrontò sembrò spaccargli in due i timpani. In pochi attimi però il Lord della Folgore fu sopraffatto dai nemici, trafitto da una lancia di ghiaccio al petto. Ma non crollò neanche stavolta. “Perché la notte è oscura e piena di terrore” furono le sue ultime parole, sussurrate al buio che lo stava avvolgendo.

Spettro ululò. Era la prima volta che Bran lo udiva farlo. Forse il meta-lupo sentiva di stare per raggiungere i suoi fratelli e in qualche modo voleva avvertirli del suo arrivo. L’Estraneo più vicino si preparò a colpire con tutta la sua forza, calò la spada di ghiaccio e Brandon seppe che per Spettro era giunta la fine.

Il ruggito di Rhaegal irruppe nel Parco degli Dei. Jon Snow in groppa al drago arrivò a salvarli. Le acque termali ribollirono al contatto con le scaglie incandescenti del drago che sbuffava le sue fiamme verso i loro nemici.

Jon balzò giù. “Presto Bran”. Se lo caricò sulle spalle con facilità, come faceva Hodor, mentre Rhaegal fronteggiava gli Estranei e Spettro lo seguì sul dorso del drago, mordendo le scaglie sporgenti per non perdere la presa.

Prima di abbandonare Grande Inverno, Jon fece volare Rhaegal sulla fortezza ad incendiare tutto quello che ancora non bruciava. L’ultima cosa che videro fu la casa dei propri avi divorata dal fuoco e dalla morte.

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTORE

Lo so sono terribilmente in ritardo ma pubblicare un capitolo nel mese d’agosto è stato tremendamente complicato. Per ultimo ci si è messo il mal tempo ad interrompere la connessione. Ma finalmente ce l’ho fatta.

Winterfell è caduta e altri personaggi sono morti. Il Night King però non si è ancora mostrato, ha altri piani e nei prossimi capitoli capirete quali. Questo capitolo è incentrato interamente sul nord ma nel prossimo vedremo anche quello che succede a sud, a King’s Landing e all’Incollatura.

Concludo ringraziando chi ha recensito lo scorso capitolo giona, QueenInTheNorth e Reyf e tutti i lettori che silenziosamente continuano a seguire la storia… mi piacerebbe sapere cosa ne pensate anche voi!

Grazie a tutti, a prestissimo :*

   
 
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