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Autore: Mikarchangel74    21/08/2018    1 recensioni
Non appena Jack Hailey ricevette la lettera di arruolamento e riuscì ad essere assegnato alla squadra del Capitano Steve Rogers e del giovanissimo, intraprendente ed impavido Sergente James Buchanan Barnes con cui legò subito moltissimo, si ritenne fortunato e privilegiato.
Era il 20 ottobre del '41. Gli Stati Uniti erano in guerra contro gli occupanti tedeschi ed il giovane soldato alle prime armi dormiva tranquillo nella propria tenda militare ignaro di quanto sarebbe accaduto pochi attimi dopo e dell'inferno in cui sarebbe precipitato.
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Nuovo personaggio, Steve Rogers
Note: Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Supernatural/Marvel'
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~~Titolo:  Destino crudele
Fandom: Marvel
Ship: nessuna
Warning Rating rosso! Scene cruente. Violenza e abusi sessuali.
Tags: Hurt & Comfort https://www.facebook.com/notes/hurtcomfort-italia-fanfiction-fanart/26-prompts-challenge/1761132400576945/
Partecipo alla Challenge #26promptschallenge 16/26 ‘Guerra’ (1 capitolo)
Parole: 4547

Destino Crudele
(Capitolo 1)

La seconda guerra mondiale segnò tragicamente l'allora poco più’ che ventenne Jack Hailey per sempre.
Quando nel maggio del 1940 Jack decise di arruolarsi e prendere parte alla guerra degli Stati Uniti contro la Germania, non immaginava ciò che sarebbe accaduto circa un anno più’ tardi.
Non appena ricevette la lettera di arruolamento e riuscì ad essere assegnato alla squadra del Capitano Steve Rogers e del giovanissimo, intraprendente ed impavido Sergente James Buchanan Barnes con cui legò subito moltissimo, Jack si ritenne fortunato e privilegiato. Era un onore combattere a fianco del famoso Captain America. Per le nuove leve Steve Rogers era una leggenda.
E quando arrivò il momento di partire era molto eccitato.
Iniziò a scrivere spesso ai suoi genitori per tranquillizzarli dicendogli che era molto entusiasta della sua scelta, che si trovava in un ottima squadra anche se alle volte le marce erano un po’ pesanti, ma che andava tutto bene e che presto sarebbe tornato a casa.
Ma le cose non andarono esattamente così.

***

Era il 20 ottobre del 1941. Una fitta nebbia si formò durante la notte, facendo sparire le stelle alla vista della sentinella di turno in quella nottata autunnale, l’aria era già piuttosto pungente e fredda, specie per chi doveva stare fermo di guardia.
La nebbia avvolgeva la postazione militare immersa nel silenzio, eccetto per il sonoro russare di qualcuno, rendendo il paesaggio quasi spettrale e misterioso.
Il soldato rabbrividì leggermente stringendosi nelle spalle, si abbracciò, strusciando velocemente gli avambracci con le mani per darsi un po' di calore e tenersi sveglio e vigile. Lanciò un'occhiata all'orologio, mancavano poche ore all'alba. Con lo spuntare del sole sarebbe arrivato un po' di calore e la nebbia si sarebbe diradata.
Ma qualcos'altro giunse prima del sole.
Ci fu' un rumorino come di una bottiglia di birra che viene stappata, la sentinella abbassò lo sguardo vedendo rotolare davanti ai piedi un cilindretto piccolo, quando realizzò una frazione di secondo dopo di cosa si trattasse i suoi occhi si spalancarono ed urlò quanto più forte possibile
“BOM….” Ma il suo grido d’allarme come pure il suo corpo fu' dilaniato dall'esplosione.
Altre bombe a mano e fumogeni di ogni genere furono lanciati attorno alle tende dell'accampamento americano abbassando ancor di più la visibilità. I fumi bianchi e giallognoli si unirono alla nebbia creando un vero e proprio muro bianco. Non solo, i fumi dei lacrimogeni rendevano l’aria irrespirabile. Irritavano gola occhi e polmoni, destabilizzando entro pochi minuti l’individuo colpito.
Scoppiò il caos.
I soldati avrebbero dovuto essere preparati ad un attacco del genere, ma presi di sorpresa in quel modo, durante il riposo, senza strategie per contrattaccare pronte, fecero l’unica cosa saggia in quel momento. Cercare di salvarsi.
Si alzarono di volata dalle brande, tanto erano già vestiti e con il fucile a portata di mano e si precipitarono all’esterno con l’intenzione di allontanarsi da quell’inferno e restare vivi.
Sparatorie iniziarono a risuonare qua e là, con i colpi rapidi delle mitragliette e quelli dei fucili di chi era già riuscito ad uscire dalla propria tenda e tentava di rispondere all’attacco alla cieca, mezzi soffocati da quell'orribile fumo irritante ed irrespirabile, ognuno cercava una via di fuga sicura da quell’imboscata. Tutti sapevano che in quel momento era l’unica cosa da fare. Fuggire, ritrovarsi poi in un luogo più sicuro, organizzarsi e contrattaccare.
Anche Jack si destò all'improvviso col cuore che pareva impazzito nel petto, la bella spiaggia del suo sogno in cui era immerso attimi prima si dissolse immediatamente. Si svegliò nel terrore iniziando a tossire immediatamente. Si coprì la bocca con una manica perché gli pareva d'avere il fuoco in gola e nei polmoni. Gli occhi gli si riempirono di lacrime, senza averne il controllo.
Si sedette sulla brandina improvvisata piegato in due dalla tosse che gli rendeva difficoltoso riprendere fiato. Cosa stava succedendo? Era quello l’inferno di cui aveva sentito raccontare da alcuni veterani alle volte quando erano seduti la sera intorno ad un fuoco con una birra annacquata in mano?

Si sentiva soffocare e non riusciva a riprendere fiato. Cercò di alzarsi ma ricadde pesantemente sulla branda. Il corpo indebolito e sconquassato. Ma doveva reagire assolutamente.
Afferrò il fucile, si lanciò in piedi e brancolò alla cieca vacillando paurosamente peggio di un ubriaco. Le esplosioni fuori dalla tenda lo assordavano. Sentiva fischiare i proiettili tutt’intorno. Sentiva gridare i compagni e i soldati tedeschi che ormai sembravano molto vicini.
Praticamente era la sua prima vera volta che si trovava in mezzo ad un attacco, con il nemico così prossimo.
Cercò di trovare l'uscita della tenda, ma non aveva la più’ pallida idea di dove fosse, si sentiva sempre più’ debole, in procinto di svenire continuava a tossire così forte che lo stomaco gli doleva e pensava che avrebbe sputato i polmoni da un momento all’altro.
Le voci dei compagni iniziarono a farsi sempre più distanti segno che stavano fuggendo, mentre il dialetto duro e secco del nemico che sbraitava ciò che sembravano ordini, era sempre più vicino e Jack si impaurì maggiormente, come se non lo fosse già abbastanza.
Si sforzò di non farsi prendere dal panico crescente che invece tentava costantemente di impossessarsi del suo corpo e della sua mente. Continuava a ripetersi mentalmente – Ce la posso fare. Coraggio. Scappa.–  Ma nemmeno la sua mente era convinta. Temeva di non farcela.
“Aspettate! Vi prego aspettatemi! Non lasciatemi solo!” Gridò disperato sperando che qualche suo compagno fosse nei paraggi e lo udisse, ma in quella confusione le sue grida risuonarono come un miagolio soffocato e si persero nel frastuono esterno.
Era praticamente cieco, tra le lacrime ed i fumi che gli bruciavano gli occhi e lo costringevano a tenerli quasi del tutto chiusi, intravedeva solamente ombre sfuocate ed i lampi dei colpi sparati qua e là nel buio. Teneva le braccia tese in avanti stringendo il corpo del fucile e procedeva a tentoni, inciampò in un tavolino, lo aggirò e proseguì.
Finalmente trovò l'uscita della tenda, ma ciò che intravide non lo consolò. Alcune ombre si muovevano davanti a lui, dalla forma riconobbe busto, spalle e testa, quindi erano persone, ma non fece a tempo a capire se fossero amici o nemici che sentì un forte dolore dietro la nuca e si accasciò a terra perdendo i sensi.

***

I rumori attorno a Jack ricominciarono a giungere ovattati e lontani, oltre ai rumori sentì il dolore dietro la nuca causato dal colpo ricevuto e un po’ di indolenzimento al collo, ma con la consapevolezza di essere ancora vivo, tornò rapido anche il terrore e gli ultimi ricordi del loro campo militare e dell’incursione dei nazisti.
Gemette e cercò di svegliarsi, ma dondolò solo un po’ la testa appoggiata sul petto e strizzò gli occhi.
C’erano delle voci intorno a lui, ma il loro linguaggio era incomprensibile e questo gli diede la consapevolezza di esser finito in mano al nemico e forse a questo punto era meglio se non si fosse risvegliato.
Qualcuno lo colpì con la punta dello stivale su una coscia e finalmente aprì gli occhi, sollevando con fatica ed ancora frastornato la testa. Era seduto sul pavimento con le braccia legate strettamente dietro la schiena e attaccato ad un palo portante della tenda militare, che poi riconobbe esser la stessa tenda dove aveva dormito la notte.
I fumi tossici si erano disperi nell’aria e per fortuna adesso poteva respirare nuovamente. Sei soldati tedeschi in uniforme lo stavano guardando dall’alto della loro statura. Tutti nelle loro impeccabili divise grigio verdi o marroni, l’inconfondibile aquila ad ali spiegate appuntata sul petto e le due S a forma di saetta sulle punte del colletto. Lo osservavano con i loro occhi di ghiaccio, la loro inconfondibile pelle chiara anche se coperta di terra o sporcizia in alcuni punti a causa della guerra in atto, ed i loro capelli biondi quasi bianchi, completamente diversi da quel ragazzo dai capelli castano chiari e la pelle olivastra che li guardava spaurito dal basso.
I loro sguardi erano sprezzanti e di disgusto come se stessero guardando la creatura più ripugnante del pianeta. Parlavano tra loro nella loro lingua a bassa voce e ogni tanto ridacchiavano ed il ragazzo aveva l’impressione che stessero parlando proprio di lui.
Jack era molto giovane, ancora non aveva molte esperienze sul campo e ritrovarsi in quella situazione lo terrorizzava.
La reputazione e le atrocità che venivano fatte ai prigionieri dai tedeschi, o meglio da quella particolare tipologia di essi, erano note a tutti e Jack sapeva che ormai era spacciato… Sperava solo che la morte sopraggiungesse in fretta, non voleva essere usato come cavia da laboratorio.
I soldati gli allungarono qualche altro calcio facendolo tremare e sussultare. Non erano tanto più grandi di lui, anche se lo sembravano dal loro modo di agire e dal loro portamento.
Il vederlo così impaurito dette loro maggior diletto.
Uno di loro si piegò in avanti e gli parlò, qualcosa che a Jack risuonò come dubiten drechighen scein, ma Jack non aveva la più pallida idea di ciò che il soldato gli stava dicendo e lo guardò preoccupato, mentre rischiava di andare nuovamente in iperventilazione da come respirava accelerato.
Il soldato sbuffò infastidito e ripeté la frase che altro non era che un insulto, gli stava domandando se lui era un lurido maiale, ma Jack non conosceva una parola di tedesco purtroppo e scosse leggermente la testa prima che il soldato lo colpisse con una forte sberla poco sopra la tempia, mentre un altro lo afferrava da sotto la mascella e dai capelli costringendolo ad annuire muovendogli rozzamente la testa in su ed in giù.
Era talmente spaventato che sarebbe potuto morire d’infarto. Il cuore martellava ad una tale velocità che probabilmente avrebbe fatto scoppiare anche un cardiofrequenzimetro. Respirando a questo ritmo stava mandando così tanto ossigeno al cervello che quasi gli fece girare la testa.
Si sentiva smarrito, abbandonato e perso. I suoi compagni lo avevano lasciato lì, ma non poteva biasimarli, probabilmente lo avrebbe fatto anche lui. Aveva un grosso groppo alla gola riarsa che ancora gli frizzava, ma adesso la paura non gli faceva provare sete, né avere altri bisogni fisiologici, era tutto annientato dal terrore.
Deglutì dolorosamente e con fatica e gli sembrò di avere della carta vetrata che gli attraversava l’esofago.
Le lacrime lottavano per uscire, ma non poteva comportarsi da bambino e non davanti al nemico. Pensò a Bucky e Steve, loro erano il simbolo del coraggio e della forza. Cosa avrebbero fatto loro? Non avrebbero ceduto ed avrebbero lottato fino alla fine.
… Chissà se si erano accorti della sua assenza… Se il suo gruppo era sopravvissuto o se erano tutti nella sua stessa condizione? Ma no, si costrinse a pensare positivo. I suoi compagni dovevano esser riusciti a salvarsi.


Ma i suoi pensieri furono bruscamente interrotti da un forte pugno che arrivò alla sua tempia sinistra e che gli fece girare la testa fino al limite e lo stordì. Poco dopo arrivò anche un calcio proprio al centro dello stomaco che lo costrinse a soffiare fuori tutta l’aria dai polmoni.
I soldati non si fermarono a quello e per motivi a lui sconosciuti continuarono ad accanirsi sul suo corpo fin quando non rimase che un ammasso sanguinolento ripiegato su se stesso.
Jack all’inizio si era dimenato, ferendosi i polsi mentre la corda gli fregava e recideva la carne.
Aveva urlato fino allo stremo, impossibilitato a muovere anche un solo dito. Aveva tentato di scalciare ma loro gli avevano allargato le gambe ed un calcio lo aveva fatto ululare disperatamente e boccheggiare perché non riusciva a riprendere fiato. Era convinto che gli avessero strappato i testicoli dal dolore assurdo che aveva provato e che poco dopo gli aveva procurato anche un getto di vomito sporcandosi tutta la sua divisa ed un odore acre e nauseabondo si era diffuso nell’aria.
Alla fine però aveva ceduto, era rimasto abbandonato su se stesso, bloccato dalle costrizioni che lo tenevano ancorato a quel maledetto palo di ferro. Il volto gonfio e livido, il labbro spaccato, uno o due denti erano saltati e un filo di sangue colava dal lato della bocca.
Non una parte del corpo era stata risparmiata e per quale motivo? Lui non lo seppe mai, probabilmente solo per il loro perverso piacere nel torturare un’inerme prigioniero.

***


Intanto in un’altra area sulle isole del Pacifico, scampati all’incursione dei nazisti, il capitano Steve e il sergente Barnes passano tra le file dei soldati informandosi sulle loro condizioni e controllando in quanti si fossero salvati.
Avevano allestito un campo medico improvvisato e chi era in buone condizioni e conosceva qualche nozione di medicina, dava una mano per curare i feriti.
Bucky era diventato molto nervoso ed agitato, continuava a guardare qua e là e girare ogni soldato di spalle per guardarlo in viso. Non riusciva a trovare il suo amico. Dannazione, ne era responsabile, perché non si era accorto subito che Hailey mancava all’appello?
Si passò disperato le mani nei capelli. Steve notò il suo turbamento ed intervenne
“Hey Buc cosa c’è che non và?”
“Hailey… La nuova recluta. Il ragazzino!”
“Quello che si era molto affezionato a te e ti seguiva ovunque?”
“Sì esatto. Non riesco a trovarlo da nessuna parte.”
“Forse .. Ha trovato un altro nascondiglio.. Non è detto che sia ..” Non terminò la frase, per non peggiorare lo stato d’ansia del compagno. Ma in diversi mancavano all’appello, se non erano morti allora potevano essere prigionieri dei tedeschi e Steve pensò che forse era meglio la morte a quel punto.
Appoggiò una mano sulla spalla dell’amico turbato “D’accordo organizziamoci e torniamo al nostro campo, attacchiamo quei bastardi e li rispediamo nel buco merdoso da dove sono usciti e liberiamo i nostri amici se sono loro prigionieri.” Disse risoluto cercando di tranquillizzare James che si morse il labbro inferiore ed annuì sospirando Non del tutto convinto.
Jack era solo un ragazzo alle prime armi, una nuova leva.
Si era rivelato subito molto entusiasta di partecipare nella squadra di Cap, a quanto pare aveva seguito le sue gesta eroiche e si era dimostrato bravo nel maneggiare le armi, ma un conto era la teoria ed un conto era la pratica. Non avevano avuto ancora scontri come quello appena accaduto. Jack non aveva esperienza … non aveva ancora visto morire nessuno e nemmeno aveva ucciso qualcuno. E quel era peggio è che James se ne era preso la responsabilità, lo aveva preso sotto la sua ala, insegnandogli quante più cose possibile. Ma nel momento del bisogno lo aveva abbandonato senza remore. Aveva afferrato il suo fucile ed era scappato a gambe levate senza pensare a niente e nessuno!
Ed ora questa cosa non se la perdonava. Ma come aveva potuto?
Non riuscì più ad avere pace. Nella sua mente scorrevano orribili immagini di quello che i bastardi nazisti avrebbero potuto fare a quel giovane soldato e che cercò di scacciare.
Lui ne sapeva qualcosa, era già stato prigioniero di quei figli di puttana. Una divisione chiamata Hydra l’aveva braccato e torturato, ma fortunatamente il suo grande amico Steve lo aveva trovato e salvato.
Si mise a pulire tutte le armi che aveva per tenersi occupato e pensare ad altro. Andò avanti anche per tutta la notte durante la quale non riuscì a chiudere occhio. Smise solo quando fu convocato dal capitano Rogers insieme a tutti i soldati in grado di combattere, per definire i dettagli del loro contrattacco verso i maledetti crucchi.

***


Dopo il tremendo pestaggio i soldati se ne erano andati ridacchiando e scherzando tra di loro. Jack non si era più mosso, ma una volta da solo, si era abbandonato a qualche singhiozzo e gemito di dolore, era così malridotto che anche piangere era straziante ma alcune lacrime erano riuscite a vincere e tracimare.
Non c’era una singola parte del suo corpo che non bruciasse o facesse un male boia.
Ingenuamente pensò che il peggio fosse passato rincuorandosi leggermente, non avendo idea di ciò che sarebbe accaduto la notte successiva.

Il gruppo di soldati si ripresentò dopo cena, erano tutti ubriachi o quasi, comunque erano molto su di giri.
Si erano portati dietro la bottiglia di Rum.
Jack trasalì e sollevò la testa che era ancora abbandonata sul suo petto.
Il suo cuore dal terrore, riprese a battere come un martello pneumatico impazzito nel vederli.
I soldati parlavano ad alta voce e a momenti intonavano parti dell’inno americano per poi ridere e Jack suppose dalle loro espressioni che dicessero volgarità.
Li guardò con gli occhi spalancati, supplichevoli e sconvolti, ansimò rendendosi conto che respirava così veloce che pareva avesse corso gli ottocento metri piani.
I sei individui sembravano apparentemente gli stessi della mattina, lo circondarono, gli parlavano e poi gli rovesciarono in testa parte della bottiglia di Rum, che bruciò come il fuoco sulle ferite.
Jack scosse la testa per non farlo colare sugli occhi e questo provocò alcune risatine ed altre battute tra i suoi carcerieri. Uno di loro si accovacciò lo afferrò per i capelli tirandogli indietro la testa, costringendolo ad aprire la bocca dove ci versarono altro Rum. Jack tossì e sputacchiò il liquido rischiando di soffocarsi.
Dio come bruciava!! Sembrava piombo fuso nella gola irritata per il troppo gridare.
I soldati intanto si guardarono e due di loro si sbottonarono la patta tirando fuori il loro membro e mentre Jack veniva tenuto ancora con la bocca aperta verso l’alto, i due diressero i loro getti d’urina proprio nella sua bocca.
Jack si dimenò, scosse furiosamente la testa nel tentativo di liberarsi, il dolore divampò di nuovo ovunque nel suo corpo, ma la repulsione per quello che stavano facendo era maggiore. Cercò di chiudere la bocca sputando lo schifoso liquido caldo. Gridò con gli occhi serrati e tossì per alcuni conati di vomito che gli strizzavano lo stomaco e che gli fecero andare l’urina in gola.
Ovviamente i soldati trovarono il tutto molto esilarante.
Una volta svuotate le loro vesciche afferrarono Jack da sotto le ascelle, liberandogli i polsi e tirandolo in piedi. Lo dovettero sorreggere perché le sue gambe non volevano proprio collaborare.
Adesso era completamente fuori di sé per la paura non avendo idea di cosa avessero in mente quegli esseri orrendi che non potevano esser definiti umani.
I soldati lo sbatterono a pancia sotto sul rozzo tavolino di legno lì accanto e senza alcun ritegno gli abbassarono i pantaloni ed i boxer fino alle caviglie. Jack cercò di ribellarsi, l’adrenalina che di colpo si era sprigionata per l’improvvisa raccapricciante consapevolezza riguardo le loro intenzioni, gli dette una rinnovata energia.
Cercò di puntellare le mani sul tavolo e tirarsi su, ma due di loro lo presero per le braccia tenendolo giù. Per loro era tutto così spassoso ma non per il giovane soldato che si sentì esposto e vulnerabile. La sua mente si rifiutava di credere che a breve sarebbe stato violato intimamente. Si dibatté, continuando a ripetere urlando “Vi prego No! Questo No!” Si mise persino ad implorarli piangendo, perché ormai non vi era più un briciolo di orgoglio o dignità in lui, ma non servì proprio a niente, iniziarono a sodomizzarlo a turno senza pietà, e per aumentare l’annientamento psicologico gli lasciarono persino il liquido seminale dentro.
Jack lanciò un grido terrificante che avrebbe raggelato il sangue nelle vene della persona più coriacea.
Il dolore era indescrivibile e non solo fisico ma anche psicologico.
Qualcosa fece click o si ruppe nella sua testa, nel suo essere. Piano piano le sue urla si spensero fino a rimanere solamente dei lievi singhiozzi.
Tutti e sei si divertirono a seviziare il povero Jack rincarando la dose con le loro risate crudeli. Jack però ormai era come se fosse uscito dal proprio corpo. Non riusciva a credere, realizzare che ciò che stava subendo fosse reale. Non era suo quel corpo profanato e straziato.
Le lacrime cessarono di uscire. Il suo sguardo si spense e si perse nel vuoto, lasciando che si divertissero e pregando perché tutto quell’orrore finisse presto.


Lo lasciarono lì, volgarmente piegato ed esposto sul tavolo, mentre il liquido seminale biancastro gli colava lungo le cosce giù fino a terra, rinfoderarono i propri organi genitali e se ne andarono come se fossero stati in un bagno pubblico a pisciare.
Jack rimase lì fermo per un po’, poi si lasciò scivolare a terra, perché le gambe non lo sorressero. Il corpo scosso da tremore incontrollabile. Non tentò nemmeno di ricoprire le proprie nudità. Si raggomitolò su un lato stringendo forte le ginocchia al petto e battendo i denti come se avesse freddo, ma non era la temperatura la causa, era un freddo che nasceva dentro, nel petto in cui adesso sembrava ci fosse un peso di una tonnellata. Non aveva nemmeno più lacrime da versare.
Di colpo girò la testa e vomitò, ebbe i conati anche quando non uscì più niente dalla bocca. Ebbe l’impressione di vomitare anche l’anima, anzi, quella l’avrebbe vomitata volentieri per non sentire più niente. Né più il dolore, né quella cosa straziante e devastante che si era impossessata di lui.
Avrebbe voluto vomitare il cervello per non ricordare più niente!
Avrebbe voluto vomitare la sua vita per poter chiudere gli occhi e riposare in eterno. Perché ormai del Jack che tutti conoscevano non era rimasto più niente. Lo avevano già ucciso interiormente.
Rimase lì, nel suo vomito, sporco in ogni senso del termine, con lo sperma che andava seccandosi sul suo corpo e la sporcizia che vi si depositava sopra, la polvere e la terra che vi si attaccava.
Seminudo, ripiegato su se stesso, come una bambola rotta a fissare il vuoto e tremare… e respirare.

 

E fu’ così che lo ritrovarono i compagni d’armi il giorno dopo.

Quando Captain America e gli altri arrivarono pronti a cacciar via gli invasori, i nazisti avevano già tolto le tende.
Trovarono molti dei compagni morti lì intorno e James non trovando Jack da nessuna parte si stava angosciando terribilmente.
Si divisero e si misero a controllare tutte le tende e tutti i cadaveri, ma di Jack non c’era traccia.
Poi da una tenda un soldato chiamò il capitano ed il sergente.
James riconobbe la tenda era proprio quella del ragazzo. Gli salì un tremendo presentimento, deglutì della bile amara che era risalita in gola per l’ansia ed entrambi corsero ad affacciarsi.
Il soldato gli indicò il corpo ancora in giovane età ripiegato su se stesso a terra, immobile.
“Oh Dio Jack!” Disse Bucky con le mani sulla bocca ansimando come se non avesse più fiato, pensando fosse morto e stava per gettarsi sul corpo del ragazzo, ma Steve lo bloccò trattenendolo per un braccio
“Guarda..” Gli indicò il fianco del ragazzo che era voltato di schiena a loro e, dove finivano le costole si poteva notare un leggero movimento “..Sta’ respirando, non è morto.”

Fu’ subito chiaro ai due quale orribile sorte era toccata a Jack Hailey, nuova recluta della milizia degli Stati Uniti d’America.

James non sapeva come o cosa fare, non aveva proprio idea di come accostarsi ed approcciare quel piccolo riccio umano senza aculei profondamente e tragicamente violato e ferito.
Il soldato di prima portò una coperta per coprire Jack, ma come gli venne appoggiata sopra il ragazzo trasalì, soffiando fuori l’aria tra i denti che ancora battevano tra loro. Durante la notte si era morso anche la lingua staccandosi la punta, ma non ci aveva fatto nemmeno caso.
James guardò Steve come in cerca d’aiuto. Una cosa era certa, non potevano certo lasciarlo lì, così, molto cautamente e lentamente gli si avvicinò e si accoccolò vicino alla schiena
“Jack .. ? Hey ragazzino sono Jam… Bucky, ci siamo tutti, c’è anche Steve …” gli parlò dolcemente cercando di notare eventuali piccoli movimenti, ma non cambiò niente. Barnes lanciò un’altra occhiata interrogativa a Steve che lo incoraggiò a riprovare con un cenno della testa
“Jack, so che mi senti. … Siamo tornati tutti per salvarti. Non ti lasceremo qui. Adesso ti prendo ok? Ti porto con me, ti riporto a casa, che ne pensi?” Poi James allungò le braccia per prenderlo, ma come lo toccò il ragazzo iniziò ad urlare e contorcersi come un pazzo.
Spaventò tutti Bucky per primo che non sapeva veramente cosa poteva o doveva fare, ritirò le mani portandole al viso angosciato.
Steve temette che se i tedeschi fossero stati ancora in zona potevano sentirli e tornare.
Non potevano restare lì, non era prudente. Aveva già avvertito il comando centrale per mandare una squadra di recupero ed un elicottero per portare via il giovane soldato. Per lui la guerra era finita tragicamente ancor prima di poter avere vere missioni.

“Prendilo! Dobbiamo andarcene prima che ci sentano e tornino. Afferralo e tienilo stretto” Gli disse Steve controllando nervosamente fuori dalla tenda.
James esitò un attimo, poi cinse il corpo esile di Jack con le braccia avvolgendolo nella coperta e sollevandolo da terra. Appena si sentì sollevare Jack rilasciò anche la vescica e l’urina colò a terra. Era una visione orrenda e l’odore acuto che emanava era anche peggio, nemmeno un barbone avrebbe avuto lo stesso odore.
Il ragazzo era fuori di sé, continuava a gridare con gli occhi serrati, in preda ad un panico che nessuno era in grado di valutarne l’intensità, ma doveva essere indescrivibile. Scalciava e colpiva le braccia del suo migliore amico con i pugni anche se non riusciva a mettere forza nel suo delirio.
Bucky sentiva il corpo di Jack scuotere così forte contro il suo petto e le braccia da tremare lui stesso.
Cercava di consolarlo con sussurri e parole dolci contro il suo orecchio, ma il ragazzo sembrava non sentirle affatto.
E mentre si recavano al punto di incontro con la squadra di recupero Steve ordinò di sedarlo, non potevano continuare con quegli urli disumani, era uno strazio per tutta la squadra e un segnale della loro presenza per i nazisti. Non poteva mettere a repentaglio tutte quelle vite… Ne aveva già perse fin troppe.
E Jack anche se lottò contro la soluzione calmante, alla fine crollò e si addormentò in collo a Bucky, che però continuò a sentir tremare il corpo del giovane soldato finché non lo depose sul lettino medico dell’elicottero del soccorso militare.

James non si sentì di lasciarlo solo, dopo tutto si sentiva in colpa per averlo lasciato indietro, abbandonato in quel dannato campo, si sentiva in colpa di averlo fatto finire nelle mani del nemico e così si promise che se ne sarebbe preso cura personalmente, non importava quanto tempo ci sarebbe voluto per far tornare a galla il suo giovane amico, ma sentiva di doverlo fare. Doveva in qualche modo redimere la propria coscienza.
Scambiò due parole con il Capitano Rogers, che gli diede il permesso e James salì sull’elicottero, sedendosi a fianco di quel povero ragazzo che adesso pareva riposare tranquillo. Gli prese una mano tra le sue, sul volto di Jack scese una lacrima ed il sergente l’asciugò con il pollice, poi guardò fuori mentre il velivolo si sollevava da terra, osservando serio e triste il suo amico Steve che lo guardava dal basso coprendosi il volto per il vento provocato dalle pale dell’elicottero. Si guardarono fin quando l’apparecchio non sparì tra le nubi basse del cielo sparendo dalla vista.

 

(to be continued..)


N.B. Questa è la prima volta che decido di affrontare un rating ROSSO. Lo ho sempre avuto in testa, ma tra l'immaginare e lo scrivere c'è una bella differenza. Spero di esser riuscita a tradurre bene le immagini che scorrevano nella mia testa. Premetto che la guerra è una cosa che cerco di evitare, purtroppo c'è nel mondo e ciò che ho scritto sono fatti reali che ho preso documentandomi molto prima di affrontarli. Quindi siate buoni nelle recensioni, ma se non provavo ad affrontarlo con questo prompt un rating rosso, non credo sarebbe ricapitato e così ho voluto fare questo tentativo, vi prego però ditemi le vostre impressioni e le critiche, mi aiuteranno a migliorare. Grazie.

   
 
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