Angolino dell'autrice
Ciao!Eccomi qui con la seconda e ultima parte di questa storia. Che dire, spero che valga l'attesa! ^_-
Grazie infinite a callas d snape che ha inserito la storia tra le seguite e anche ovviamente a chi legge soltanto.
[Storia partecipante alla 666 prompt per essere come il diavolo challenge, indetta da Arianna.1992 sul forum di EFP.]
Disclaimer: i personaggi e la storia di X-Men non mi appartengono e non ci guadagno nulla di materiale a scriverci su.
Buona lettura a tutti! ^_^
Prompt: 139. “A volte la cosa più difficile da lasciar andare è qualcosa che non hai mai avuto veramente.”
Rating: arancione
Genere: introspettivo, romantico, angst
Avvertimenti: AU, slash
Personaggi/Pairing: James “Logan” Howlett, Scott Summers, Logan/Scott, accenni Scott/Jean
POV: Scott
Localizzazione: modern!AU senza poteri
Conteggio parole (totale): 9'940
Stanza 79
- Seconda parte -
[10
marzo, 15:40 – Stanza 79]
“Stanotte
79
E
anche
domani ovviamente”
“Sì
ma
devo andare via prima
Poi
ti
spiego”
Pospone
di nuovo la
sveglia con un gesto meccanico e torna subito a sdraiarsi. Sa che deve alzarsi, che gli ci
vorrà almeno mezz’ora per arrivare
alla clinica e che oltretutto se facesse tardi Jean potrebbe cercarlo a
lavoro
e scoprire che oggi non c’è proprio
andato… ma il fatto è che non ha
nessunissima voglia, di lasciare questa stanza.
Dio,
ora sì che sembra un ragazzino.
«La
rimanderai in
eterno?» lo prende in giro Logan. Scott si volta verso di lui
e abbozza un
sorriso.
«Solo
il più possibile.»
Sorride
anche Logan e
allunga la mano per scostargli i capelli dalla fronte.
«Se
non vuoi andare non
farlo. Mica possono obbligarti… o sì?»
Lo
sguardo di Logan è
carico di silenziosa curiosità, e Scott sospira
internamente: la sveglia non è
l’unica cosa che sta continuando a rimandare.
«No,
non mi obbliga
nessuno… ma devo farlo comunque.»
Logan
aspetta un po’, ma quando è evidente che non aggiungerà
altro si ritira nel suo lato
del letto.
«Beh,
ragazzino, allora
dovresti muovere il culo e cominciare a rivestirti.»
L’irritazione
è
palpabile nella sua voce, e anche se non lo ammetterà mai
Scott lo sa che c’è
rimasto male quando gli ha negato la spiegazione che gli aveva promesso
per
messaggio. Sospira ancora, stavolta più a fondo, e comincia
a parlare.
«Jean
ha una visita alle
quattro e mezzo… una visita ginecologica. E vuole che vada
con lei.»
Logan
continua a fissare
il soffitto, ma Scott sa che lo sta ascoltando.
«Sta
male?» gli chiede
infatti.
«No,
è solo…» ingoia a
vuoto per umettare la gola secca. «È solo la prima
ecografia» conclude in un
soffio.
Per
un paio di secondi
Logan resta in silenzio, poi si volta verso di lui.
«Cosa!?
È incinta?»
Scott
si limita ad
annuire con espressione tesa, ma quella di Logan si apre in un sorriso.
«Wow…
beh, congratulazioni.»
«Grazie»
sussurra di
rimando, mentre la tensione comincia lentamente ad abbandonarlo. A
posteriori,
sente di essere stato uno stupido ad averla fatta tanto lunga prima di
dirglielo… insomma, loro non stanno
insieme, hanno entrambi una vita fuori da questa stanza e dato che
Scott sta
per sposarsi – e Logan già lo sa – era
quasi scontato che prima o poi arrivasse
anche un figlio.
Logan
gli circonda di
nuovo la vita con un braccio e si sporge a baciarlo, poi sorride.
«Sei
emozionato?»
Sorride
anche Scott,
rilassandosi contro di lui.
«Sì…
direi di sì.»
«È
il primo figlio?»
«Che
io sappia…»
scherza. Allunga la mano per pettinargli i capelli
all’indietro e Logan
socchiude gli occhi come un grosso gatto soriano. Il paragone lo fa
sorridere.
«Tu hai figli?» gli chiede dopo un po’.
«Non
che io sappia»
risponde con un sogghigno, facendogli il verso.
Prima
che Scott possa
replicare, però, la sveglia suona di nuovo: le quindici e
cinquanta.
Stavolta
è Logan a
sporgersi sopra di lui per raggiungere il comodino, ma
anziché “posponi” preme
“disattiva”, poi consegna il telefono a Scott.
«Devi
andare» dice
soltanto.
Scott
annuisce con un
sospiro, posa il cellulare e si costringe ad alzarsi. Si riveste in
silenzio,
senza sapere cosa dire; senza riuscire a scacciare
quell’assurda sensazione di
disagio che non ha nessun motivo di provare.
Logan
gli passa la sua
maglietta – era finita sotto al tavolo – e Scott lo
ringrazia con un piccolo
sorriso.
«Ti
ritrovo qui?» gli
domanda. Lui scuote la testa.
«Non
penso… devo rientrare
per le sette, o salperanno senza di me.»
«Possono
davvero partire
senza il capitano?»
Logan
ridacchia e gli
sistema il colletto.
«A
dire il vero non è
mai successo… ma preferisco non passare alla storia come il
primo capitano che
ha perso la sua nave.»
«No,
infatti…» concorda
mestamente, ignorando il suo tentativo di sdrammatizzare. Sa di
comportarsi da
idiota, ma lui e Logan possono già vedersi così
poco, e detesta dover
rinunciare a quasi tre delle preziose ore che avrebbero potuto passare
insieme…
tanto che, per un momento, accarezza anche l’idea di
saltarla, quella stupida
visita.
Il
momento dopo si sente male per averlo anche solo pensato.
Il
sorriso di Logan si
vena di tenerezza mentre lo stringe in un abbraccio.
«Non
fare quella faccia,
ragazzino…» sussurra, appoggiando la fronte sulla
sua. «Tornerò prima che tu te
ne accorga.»
«Detta
così sembra quasi
una minaccia» ribatte Scott finto serio, ricambiando
l’abbraccio.
«E
infatti lo è.»
Finalmente
sorride anche
Scott.
«Allora
buon viaggio,
capitano.»
Un
ultimo, lungo bacio,
e poi Logan lo lascia andare.
«A
presto, ragazzino.»
[5
aprile, 09:11 – Stanza 79]
“Stanotte
79”
“Domani
mattina”
Quando
entra nella
stanza, Logan sta ancora dormendo. Scott sorride intenerito, chiude
piano la
porta e posa la busta sul tavolo, ma non fa in tempo a fare neanche un
passo
che sente la voce assonnata di Logan.
«Scott?»
Sorride
di nuovo e lo
raggiunge, sedendosi sul letto accanto a lui.
«Buongiorno,
dormiglione» sussurra, abbassandosi per salutarlo con un bacio.
«Credevo che voi
marine vi svegliaste presto, la mattina…»
Logan
mugugna
indispettito quando Scott gli tira via lenzuolo e coperta, poi si
stropiccia
gli occhi.
«Mi
ero svegliato presto, ma da solo mi
annoiavo a morte e mi sono
riaddormentato…»
«Sì,
sì, tutte scuse» lo
prende in giro. «Dai, ti ho portato il
caffè… e qualche ciambella. I muffin me
li sono finiti per strada, però, perché ieri sera
non ho cenato e avevo u-»
Logan
lo zittisce con un
altro bacio e lo strattona fino a bloccarlo contro il materasso.
«Tu
parli troppo»
mormora sulle sue labbra. «Sei irritante.»
Scott
sorride malizioso.
«Sono
in punizione?» lo
provoca, cingendogli la vita con le braccia.
Sorride
anche Logan e lo
bacia di nuovo, ma poi si separa da lui.
«Dopo
il caffè»
borbotta, facendolo ridacchiare.
Mentre
Logan si alza per
andare a prendere la colazione, Scott si sistema meglio sul letto,
appoggiando
la testa sul cuscino.
È
così stanco che potrebbe dormire ventiquattr’ore
di fila.
«Eri
fuori città ieri?»
Un
sorrisino ironico
sale spontaneo sulle labbra di Scott.
«Sì,
direi proprio di
sì.»
«Per
lavoro?»
«No,
io…» esita un
momento, e Logan lo guarda interrogativo. «Ero in luna di
miele. Alle Bahamas.»
Logan
smette di frugare
nella busta di carta e si gira verso di lui.
«Sul
serio?»
«Sul
serio. Ho preso
l’aereo ieri pomeriggio, ma non c’erano voli
diretti e così ho passato la notte
in aeroporto per aspettare la coincidenza. Domattina prendo il volo
diretto e
torno là.»
La
confusione sul volto
di Logan sfuma in un’espressione divertita e compiaciuta
insieme. Posa il
bicchiere che aveva appena preso e torna sogghignando verso il letto
dove Scott
continua a guardarlo.
«Scusa…
sapevo che ti
sposavi a inizio aprile, ma non mi ricordavo la data»
sussurra, sdraiandosi
lentamente su di lui. Lui che allarga le gambe per fargli spazio e lo
stringe a
sé.
«Non
penso di avertela
mai detta» mormora di rimando, a un soffio dalle sue labbra.
Un
bacio leggero,
impalpabile.
«Potevi
dirmelo… avrei
capito.»
Un
altro, dolce e casto.
«Volevo
vederti…»
Il
terzo ha il sapore
del sorriso di Logan e le sue mani gli circondano il viso,
accarezzandolo
piano. E non dice nient’altro, ma in fondo non ce
n’è bisogno; perché Logan
l’ha aspettato tutta la notte senza nemmeno saperne il motivo
e ora è qui, con
lui, e le sue dita ruvide e callose lo sfiorano con delicatezza, come
se fosse
fatto di cristallo…
Ti
amo.
Non
glielo dice.
Probabilmente non lo farà mai.
Logan
si allontana
quanto basta per guardarlo negli occhi, e sorride di quel sorriso che
gli fa
perdere la testa.
Ma
forse lui già lo sa… forse neppure lui ha bisogno
di
parole, per capirlo.
[29
aprile, 20:12 – Stanza 79]
“Stanotte
79”
“Arrivo
un
po’ più tardi”
“Prima
o
dopo cena?”
“Prima.
Cinese?”
“Fai
tu”
Arriva
alla porta della
stanza con una busta piena di cibo e il morale sotto i tacchi.
Non
pensava che sarebbe mai caduto così in basso.
Sospira
e si fruga nelle
tasche per cercare il mazzo di chiavi, poi comincia a esaminarle per
trovare
quella giusta.
Insomma,
ieri credeva
che tradire sua moglie incinta fosse già abbastanza
squallido… oggi ha
riesumato il ricordo della morte di Kurt solo per procurarsi un alibi.
Rimane
ad osservare la
piccola chiave argentata con espressione assente.
La
cosa assurda è che,
oltretutto, Jean non solo si è bevuta la storia
dell’uscita con i vecchi amici
di Kurt per brindare alla sua memoria, ma si è talmente
commossa che gli ha
raccomandato di star fuori quanto voleva, e non preoccuparsi per lei.
No,
non avrebbe mai pensato di cadere così in basso.
In
sua difesa, Scott si
dice che ci ha provato, ad essere
più
evasivo, ma ora che vivono insieme le scuse banali con cui rifiutava di
vederla
– o la buonanotte anticipata, nel migliore dei casi
– non bastano più, e se le
avesse detto che usciva con i soliti amici Jean, lo sapeva, avrebbe
insistito
per venire con lui… e non era certo il caso.
Sospira
ancora e cerca
di riprendersi almeno un po’, poi apre la porta.
Logan
è seduto sul letto
a fare zapping, ma quando lo vede sorride e si alza per raggiungerlo.
«Finalmente!»
lo saluta,
chinandosi su di lui per un rapido bacio a stampo. «Stavo
morendo di fame»
aggiunge, prendendogli la busta di mano. Poi però si
sofferma con lo sguardo
sul suo viso, e aggrotta le sopracciglia.
«Problemi?» gli chiede, preoccupato.
Scott
fa un piccolo
sorriso, chiude la porta e si toglie la giacca.
«Niente
di che.»
«Hai
litigato con Jean?»
A
quel nome il suo cuore
di colpevole diventa ancora più pesante.
«Sì…
una specie.»
«Ti
va di parlarne?»
Scuote
deciso la testa.
«No.»
Logan
lo fissa qualche
altro secondo, poi sorride e si avvicina per baciarlo di nuovo,
lentamente,
come se avessero davanti tutto il tempo del mondo.
A
bacio finito, sta
sorridendo anche Scott.
[2
giugno, 00:36 – Stanza 79]
“Stanotte
79
Domani?”
“Ovvio”
Dalla
finestra aperta
entrano i rumori della notte e l’umida aria di giugno. In
lontananza,
seminascoste dai profili di grossi capannoni industriali, le sagome
delle
barche punteggiano l’acqua del golfo.
Una
di quelle, è la nave
di Logan.
«Sai,»
commenta Scott
all’improvviso, continuando a guardare il panorama
«si dice che un marinaio
abbia una moglie in ogni porto…»
Logan
aspira un’altra
boccata di fumo e la soffia lentamente fuori.
«Si
dice anche che una
donna senza un uomo è come un pesce senza una bicicletta1»
ribatte
ironico. «E allora?»
Scott
si stringe nelle
spalle.
«Niente,
era così per
dire» lo rassicura con un sorriso.
Logan
però non sorride:
spenge il sigaro nel portacenere e lo guarda serio.
«Se
vuoi chiedermi
qualcosa fallo e basta, ragazzino… non fare questi giochini
del cazzo.»
Scott
esita un momento
di troppo prima di sviare l’argomento che è stato
così stupido da tirare fuori,
e Logan insiste.
«Vuoi
sapere se mi scopo
anche qualcun altro?» gli domanda. Non è
incazzato, quello no, ma la sua voce è
secca e irritata, e Scott si maledice in silenzio per aver infranto il
loro
tacito accordo di non impicciarsi l’uno degli affari
dell’altro – a meno che
ovviamente non sia l’altro
a parlarne
per primo.
«No,
Logan… io lo so già
che ti scopi anche altri» risponde con un sospiro.
«Onestamente mi stupirei del
contrario.»
«E
allora cosa?»
Quegli
altri sono come me, per te? Siamo tutti uguali?
«Niente.
Te l’ho detto,
era solo così per dire… un pensiero stupido che
mi è venuto in mente guardando
fuori dalla finestra.»
Logan
lo guarda con lo
scetticismo di chi non crede a una sola parola di quanto gli
è stato detto, ma
la sua espressione è comunque più rilassata.
«Sicuro?»
gli chiede:
l’ultima possibilità per essere sincero, per
scoprire la verità anche a costo
di una probabile discussione…
«Sicuro»
conferma Scott,
avvicinandosi a lui con un sorriso malizioso.
Perché
in questa stanza
loro si appartengono, e tanto basta.
In
questa stanza, il
resto del mondo non ha il permesso di entrare.
[3
luglio, 19:35 – Stanza 79]
“Stanotte
79?”
“Sì
E
anche
domani”
“Domani
è
il 4 luglio”
“E
allora?”
“E
tu sei
sposato”
“E
allora?”
“Niente.
A
stasera”
“Logan?”
“Cosa?”
“Tu
domani
ci sei vero?”
“Certo”
“Anche
se
è il 4 luglio?”
“Anche
se
è il 4 luglio”
Quella
di oggi è stata
la peggiore discussione che Scott e Jean abbiano mai avuto, forse
seconda solo
a quella della luna di miele, quando è tornato in
città un paio di giorni per
“un’emergenza di lavoro”: sono settimane
che Jean non vede l’ora di passare il
giorno dell’indipendenza tutti insieme a casa dei suoi, e
all’ultimo momento
lui le ha detto che sarebbe dovuta andare da sola perché
aveva avuto l’ennesimo
imprevisto che purtroppo lo
tratteneva in città. E non
è colpa sua,
maledizione, è solo un mix di sfiga e clienti imbecilli, e,
no, assolutamente,
non è per non vedere sua madre, lo sa che gli vuole bene
come a un figlio e
gliene vuole anche lui, tanto, ma davvero… non
può. Non stavolta.
Sospira
e traffica con
la chiave per aprire la porta della stanza.
È
sposato da soli tre
mesi, e ha già sfiorato il divorzio due volte;
chissà quanto ancora resisterà
il suo matrimonio…
«Bentornato»
lo saluta
Logan con un bacio leggero e un sorriso che sa di casa.
…
chissà se vale davvero
la pena continuare a farlo resistere.
[27
luglio, 17:23 – Stanza 79]
“Stanotte
79
Fa’
presto”
“Che
è
successo?
Logan?
Ehi!
Va
tutto bene?”
Spalanca
la porta con
foga, il fiato corto per aver corso fin lì e il cuore che
batte all’impazzata
per la preoccupazione perché Logan non ha risposto
né ai suoi messaggi né alla
telefonata – l’unica che gli abbia mai fatto.
«Logan!»
esclama,
fiondandosi nella stanza.
Logan,
seduto scomposto
sul bordo del letto, alza lentamente gli occhi su di lui. Ha la divisa
bianca
di rappresentanza tutta sgualcita, la giacca mezza sbottonata e il
cappello
abbandonato in terra senza riguardo.
«Ciao,
ragazzino…» lo
saluta, la voce incerta e impastata dall’alcol. Si alza in
piedi e lo raggiunge
con passo malfermo, stringendolo a sé con il braccio che non
è impegnato a
reggere la bottiglia mezza vuota di rum.
Scott
affonda il viso
nel suo collo e lo abbraccia più forte che può,
quasi come se cercasse di
diventare un tutt’uno con lui e di prendere su di
sé qualunque cosa l’abbia
ridotto così. Allenta la presa parecchi minuti dopo solo per
chiudere la porta
a chiave, poi conduce Logan a sedersi di nuovo sul letto. Lui beve un
altro
sorso di liquore, ma con la mano libera cerca la sua. Scott la stringe
forte.
«Logan…»
mormora infine,
spezzando quel silenzio che lo stava facendo impazzire.
Logan
sospira e si porta
di nuovo la bottiglia alle labbra, poi sospira di nuovo.
«Sono
diciotto» borbotta
senza guardarlo.
Scott
attende paziente
che aggiunga qualcosa, ma Logan sembra essersi incantato a fissare il
vuoto.
«Diciotto
cosa?» gli
chiede allora in un sussurro udibile a stento.
«Diciotto
volte che ho
dovuto farlo… che ho dovuto dire che era morto qualcuno dei
miei.»
Scott
ingoia a vuoto:
vorrebbe dire qualcosa, ma è come paralizzato. Logan,
però, sembra non farci
caso.
«Sono
morti diciotto
sulla mia nave» continua, come in trance. «E
lui… cazzo, lui è morto proprio in
modo stupido… uno stupido ritorno di fiamma. Qualche
stronzetto non aveva
pulito bene il fucile, e lui… all’improvviso era
lì. A terra.» Beve un altro
sorso e la mano gli trema tanto che un po’ di rum gli cola
sul mento. «C’era
così tanto sangue, ragazzino… e io non ho potuto
fare altro che stare lì a
dirgli che andava tutto bene, anche se non andava bene per un cazzo,
perché
stava morendo e lo sapevo… lo sapeva anche lui.»
Scott
lo guarda col
cuore stretto in una morsa di ghiaccio, poi gli toglie la bottiglia di
mano,
l’appoggia sul pavimento e zittisce le sue proteste con un
bacio. Si lascia
scivolare a terra per inginocchiarsi di fronte a lui e comincia a
spogliarlo
senza mai smettere di accarezzarlo, ma all’improvviso Logan
lo ferma. Non dice
niente, ma lo guarda così intensamente che Scott si sente
quasi andare a fuoco.
«Permettimi
di farti
sentire vivo» sussurra. «Scacciamolo insieme, il
fantasma della morte.»
Come
la prima volta… come quando si sono conosciuti.
Logan
continua a
rimanere in silenzio ma poi annuisce appena, gli prende il viso tra le
mani e
lo bacia con tanta dolcezza che gli fa venire le lacrime agli occhi;
alcune
scivolano lungo le guance, quando si separano, e finalmente Logan
accenna un
piccolo sorriso mentre le asciuga coi pollici. Sorride anche Scott e
appoggia
la fronte sulla sua.
«Sono
qui…» mormora
sulle sue labbra.
Logan
lo bacia di nuovo.
«Lo
so.»
[20
agosto, 23:12 – Stanza 79]
“Stanotte
79
E
per cena
prendi qualcosa di freddo se puoi”
“Gelato?”
“Il
gelato
è un dolce non una cena”
“Dipende
quanto ne mangi”
“Senti
fai
come ti pare
Basta
sia
roba fredda”
“Signorsì
signor capitano!”
Il
ronzio del
ventilatore che Logan si è fatto portare dal gestore
– perché “non
mi interessa se serve a te, ti ce ne compri
dieci coi soldi che ti do ogni fottutissimo mese!”
– è rimasto l’unico
rumore della stanza, dopo che anche gli ultimi gemiti sono volati fuori
dalla
finestra aperta.
«Questo
caldo mi sta
uccidendo…» si lamenta Logan
all’improvviso, alzandosi stizzito dal letto.
Scott
apre pigramente
gli occhi e lo vede sparire oltre la porta del bagno.
«Se
continui a farti
docce fredde non ti acclimaterai mai» gli dice con quella
punta di saccenteria
di cui proprio non riesce a privarsi, in situazioni del genere; per
tutta
risposta, sente lo scroscio dell’acqua e i borbottii
indistinti di Logan in cui
è sicuro di riconoscere almeno un paio di insulti.
Alza
gli occhi al cielo
e allunga la mano per prendere il cellulare, ma il gioco che aveva
aperto non
si è nemmeno caricato del tutto che Logan è
già di ritorno e si lascia cadere a
peso morto sul materasso, ancora completamente bagnato.
«Certo
che quello
stronzo potrebbe pure metterla, l’aria
condizionata» mugugna quasi tra sé e
sé.
Scott sorride divertito e si sporge verso di lui, giocherellando con le
gocce
d’acqua sul suo addome.
«Se
volevi il lusso
potevi scegliere un cinque stelle» lo prende in giro.
«Io non mi sarei certo
lamentato.»
Logan
sbuffa e lo guarda
male.
«Non
voglio il lusso,
solo un po’ di fresco» ribatte. «Non
è mica chiedere la luna, sai… quasi tutti
gli altri motel dove vado ce l’hanno la stramaledetta aria
condizionata.»
Il
sorriso si congela
sulle labbra di Scott, e all’improvviso è come se
nella stanza facesse
decisamente più freddo. Anche Logan sembra essersi accorto
della gaffe perché
lo guarda con qualcosa di molto simile all’imbarazzo, ma
Scott distoglie subito
lo sguardo dal suo.
«Scott-»
«Ho
sete» dice a mezza
voce, alzandosi in piedi. «Ti va un po’ di
birra?» aggiunge con una finta
naturalezza che speri risulti convincente.
«Scott…
guardami.»
Speranza
vana, a quanto pare.
Si
ferma a metà strada
verso la borsa frigo, ma non si gira. Sente Logan sospirare e alzarsi a
sua
volta dal letto per raggiungerlo.
«Senti…
so che magari
non significa molto, ma tutti gli altri…»
«Non
importa, Logan,
da-»
«Lasciami
finire» lo
interrompe con insolita gentilezza – la stessa con la quale
lo fa voltare verso
di sé per incrociare di nuovo i suoi occhi.
«È vero che mi vedo anche con
altri, quando non sono con te, ma loro non sono…»
esita un momento, portandosi
una mano dietro al collo. «Sono tutte storie da una sola
notte, Scott… spesso
anche meno. Di qualcuno non sapevo neppure il nome, e comunque non ho
mai
cercato nessun altro una seconda volta… solo tu. Solo con te
ho… quello che
abbiamo. Qualunque cosa sia» aggiunge con un sorrisetto, come
per alleggerire
l’atmosfera dal peso di quella confessione inaspettata.
Scott
gli sorride di
rimando, sorpreso, commosso e un mucchio di altre cose, mentre
un’ondata di
emozioni che non ha nessuna voglia di analizzare gli chiude la gola
impedendogli di rispondere alcunché.
Perché
Scott lo sa di essere nel torto, di
avere a
casa una moglie che lo aspetta con in grembo suo figlio e di non avere
quindi
nessun diritto di pretendere nulla da Logan, eppure… eppure
quelle sue parole
lo hanno fatto stare così bene che tutto il resto non gli
interessa. Non
adesso. Gli prende il viso tra le mani e lo avvicina lentamente al
proprio,
baciandolo con tutta la tenerezza di cui è capace mentre
Logan lo stringe forte
a sé.
Sì,
probabilmente è solo
un dannato egoista… ma è anche felice come non si
sentiva da tanto, troppo
tempo.
E
allora va bene così,
ancora per un po’.
[24
settembre, 19:32 – Stanza 79]
“Stanotte
79”
“Porta
qualcosa per brindare”
«Allora,
qual è la
novità?»
Scott
sorride sotto i
baffi mentre chiude la porta a chiave senza rispondere, posa la cena
sul tavolo
e infine si avvicina a Logan.
«Indovina»
lo provoca,
portandogli le braccia al collo.
Logan
sbuffa piano e gli
circonda la vita con le sue, si avvicina per un rapido bacio e poi si
allontana
di nuovo, studiando la sua espressione. E poi sorride.
«È
nato?»
Il
sorriso di Scott
adesso è così grande che gli fanno male le guance.
«La
settimana scorsa»
risponde col tono di chi ancora quasi non ci crede che sia successo
davvero, e
anche il sorriso di Logan si amplia a dismisura. Lo stringe forte a
sé, gli dà
un altro bacio e poi un altro e un altro ancora, e la sua sincera
felicità per
quella notizia è il regalo più bello che Scott
potesse desiderare.
«Prendi
i bicchieri» lo
invita Logan, lasciandolo andare. «Io stappo lo champagne.
«Addirittura
lo
champagne?» lo prende in giro Scott; lui si stringe nelle
spalle.
«Solo
perché l’ho
trovato in offerta» scherza, tirando fuori la bottiglia dalla
borsa frigo. «Tre
per due.»
«Oh,
e le altre due dove
sono?»
«Al
negozio» ribatte
prontamente. «Ho preso solo quella gratis.»
Scott
ridacchia e prende
due bicchieri dalla busta sul tavolo.
«Ma
te le studi di notte
‘ste cazzate?»
«Beh,
in mare aperto non
è che ci sia molto altro da fare…»
Il
tappo salta con un
piccolo scoppio e poco dopo entrambi esibiscono un bicchiere in pura
plastica
pieno fino all’orlo di bollicine. Logan solleva il suo.
«Allora,
a…» comincia,
solo per fermarsi quasi subito col braccio a mezz’aria.
«Scusa, com’è che si
chiama il tuo moccioso?»
A
quella domanda
innocente e prevedibile il cuore di Scott comincia a battere come un
forsennato.
Ora
o mai più.
«James»
sussurra,
studiando la sua reazione. Logan gli restituisce uno sguardo confuso, e
Scott
sorride appena. «L’ho… l’ho
chiamato James.»
Come
te.
Finalmente
Logan capisce
e sgrana gli occhi, e per qualche secondo rimane come senza fiato.
«Oh»
mormora poi. «È… un
bel nome.»
La
sua voce è carica di
emozioni non dette, troppo grandi per essere espresse con le sole
parole, e
Scott si sente come sull’orlo di un baratro, e vorrebbe
abbracciarlo e baciarlo
e stringerlo fino a diventare una cosa sola… e invece resta
soltanto a
guardarlo, a godersi quel sorriso che si affaccia quasi timido sulla
sua
espressione sorpresa e che dice così tante cose che ci
vorrebbe una vita intera
a ripeterle tutte.
Si
schiarisce la gola e
inspira a fondo per cercare di riprendersi, poi sorride anche lui.
«Sì»
risponde in un
soffio. «Sai… mi piaceva il suono.»
Logan
continua a
guardarlo rapito ancora qualche secondo, poi scuote piano la testa come
per
tornare alla realtà.
«Allora,
al piccolo
James» brinda con un sorriso.
«A
James» ripete Scott,
cozzando piano il bicchiere col suo prima di bere un sorso di
champagne.
«Vorrei che lo conoscessi» mormora poi, quasi
parlando tra sé e sé. Il sorriso
di Logan si tinge di una sfumatura strana, e Scott si affretta a
rimediare.
«Insomma, non adesso ovviamente… magari tra un
po’, quando… quando potrà stare
qualche ora senza sua madre…» l’ultima
parte della frase sfuma in un silenzio
imbarazzato, ma Logan sta continuando a sorridere.
«Mi
piacerebbe» dice
soltanto.
Scott
non riesce a
credere alle proprie orecchie.
«Davvero?»
«Davvero.
Magari tra un
po’, come hai detto tu… e magari fuori di
qui» aggiunge, con una smorfia. «Non
è precisamente il posto migliore per un neonato.»
Lancia un’occhiata critica
allo squallido arredamento della stanza, e Scott guardandolo sente una
quieta
sensazione di euforia dilagarsi in lui, come se lo champagne fosse
entrato
direttamente in circolo nel sangue.
Fuori
di qui. Si vedranno “fuori di qui”.
«Sì…
forse hai ragione.»
[19
ottobre, 17:48 – Stanza 79]
“Stanotte
79”
“Jean
è
dai suoi
Vengo
appena stacco da lavoro”
“Ti
aspetto”
«E
la cena?»
Scott
sbuffa e si
richiude la porta alle spalle.
«Ciao
anche a te»
ribatte acido, lanciando le chiavi sul tavolino; neanche il tempo di
togliersi
il giubbotto che si sente abbracciare da dietro.
«Ciao,
ragazzino…»
sussurra Logan direttamente nel suo orecchio. «La
cena?»
Nonostante
i suoi
sforzi, Scott non riesce a trattenere un sorrisetto.
Gli
è impossibile arrabbiarsi sul serio con lui… e
Logan lo
sa.
«Mi
andava la pizza, e
non volevo mangiarla fredda» risponde poi. «La
ordino più tardi e ce la
facciamo portare qui.»
Logan
mugugna contro la sua
nuca qualcosa del tipo “non troppo tardi”, ma prima
che Scott possa replicare
si sporge per dargli un bacio sulla guancia e scioglie
l’abbraccio, lasciandolo
libero di muoversi.
Che
tipo…
Con
la coda dell’occhio
lo vede andare a sedersi sul letto, poi alza la testa verso di lui.
«Come
sta James jr?»
Scott
sorride intenerito
a quel nomignolo, finisce di appendere la giacca e va a sedersi accanto
a lui.
«Sta
bene. Mangia un
sacco e cresce a un ritmo spropositato… guarda.» E
così dicendo si sfila il
cellulare dalla tasca per andare alla galleria, seleziona una delle
ultime foto
e la mostra a Logan.
«Accidenti!»
esclama lui
sorpreso. «È praticamente raddoppiato, in un
mese!»
Scott
annuisce
orgoglioso e gli fa vedere qualche altra immagine, poi apre un breve
video.
«E
quello che era?» gli
chiede Logan confuso e divertito insieme mentre il bimbo solleva di
scatto le
braccia nel bel mezzo di un pisolino.
«Riflesso
di non so che
2»
risponde Scott, guardando suo figlio con un sorriso affettuoso.
«Secondo il
pediatra è normale, i neonati lo fanno quando sentono rumori
forti… ma era
troppo buffo per non registrarlo.»
Logan
scuote la testa e
gli circonda la vita con un braccio.
«Allora
dovremo portarlo
in un posto tranquillo, quando me lo presenterai» commenta
con finta noncuranza
mentre Scott si appoggia a lui. «Tipo un qualche
parco… o anche alla spiaggia.»
Prima
di ribattere Scott
si prende qualche momento per assaporare quelle parole, godendosi la
felicità
quasi imbarazzante che hanno saputo scatenargli: non era una proposta
campata
in aria… Logan vuole conoscerlo davvero il suo piccolo James.
«La
spiaggia non è che
sia molto tranquilla, sai?» gli fa notare alla fine, giusto
per non dargliela
vinta subito.
«Basta
andarci la sera tardi
o la mattina presto… così vedrebbe il
mare.» L’ultima parte della frase la
soffia contro il suo collo per poi cominciare a baciarlo lentamente.
Scott
sospira e inclina la testa per lasciargli più spazio, ma poi
gli solleva il
mento per cercare le sue labbra.
«Mi
sei mancato…»
mormora, accarezzandogli il viso in punta di dita. Logan sorride e lo
bacia di
nuovo.
«Mi
sei mancato anche
tu, ragazzino» sussurra di rimando. «E per quanto
possa essere bello tuo
figlio, ora ho voglia di guardarmi meglio il papà»
aggiunge malizioso,
insinuando le mani sotto la sua felpa. Scott ridacchia e posa il
telefono sul
comodino, poi si alza in piedi.
«Ai
tuoi ordini, mio
capitano» lo provoca, cominciando a spogliarsi con tutta la
calma di questo
mondo: prima rimane a petto nudo, poi si dedica al bottone dei jeans.
Sorride
compiaciuto nel notare gli occhi di Logan seguire quasi ipnotizzati i
suoi
movimenti, e quando i pantaloni sono ormai scivolati a terra gli prende
le mani
e se le porta sui fianchi in un invito che Logan non esita ad
accettare,
liberandolo anche da quell’ultimo inutile pezzo di stoffa.
E
poi rimane lì, nudo
nel corpo e nello spirito, a lasciarsi guardare da quell’uomo
che con la sua
sola presenza è riuscito a sconvolgere la sua
vita… e allo stesso tempo a darle
finalmente un senso.
[17
novembre, 18:56 – Casa di Scott e Jean Summers]
Lo
vede arrivare dalla
finestra del soggiorno: divisa di rappresentanza e sguardo contrito.
Ma
che diamine…
«Puoi
tenerlo un
momento?» chiede a sua moglie cercando con scarso successo di
sembrare naturale
– il piccolo James lo guarda
confuso
quando lo passa bruscamente alla madre; Scott abbozza un sorriso di
scuse e gli
fa una carezza.
Apre
la porta prima
ancora di sentire il campanello e se la richiude subito alle spalle.
«Tu
devi essere Scott»
dice quell’uomo senza nome.
«Dov’è
Lo… il capitano
Howlett?» gli domanda in risposta.
Lui
lo fissa
intensamente per alcuni lunghissimi secondi, poi abbassa lo sguardo.
«Mi
dispiace» sussurra,
e il ricordo di quando ha sentito Logan dire quelle stesse parole a
Ororo – e del messaggio che
sottintendono – lo
colpisce con tutta la violenza di un fulmine; il gelo gli penetra fin
dentro le
ossa, la vista si oscura e le gambe minacciano di cedere. Si appoggia
al muro
alle sue spalle e respira a fondo, costringendosi a restare in piedi.
Non è possibile… non può, non deve essere possibile! Lo
sconosciuto resta in
rispettoso silenzio fino a quando non riapre gli occhi che non si era
neppure
accorto di avere chiuso, poi si schiarisce la gola.
«Voleva
che tu avessi
questo» mormora semplicemente, porgendogli un pacchettino
– l’unico ricordo che gli
resta di lui,
l’unico diritto che può accampare su
quell’uomo che per il mondo gli era del
tutto estraneo. «Io e il capitano non eravamo molto
legati,» aggiunge con
un sorriso triste «ma credo di essere stato quanto di
più vicino a un amico lui
avesse. E so per certo che tu sei quanto di più vicino a una
famiglia abbia mai
avuto.»
Scott
annuisce e non
risponde, le dita strette spasmodicamente attorno a quel piccolo
involto di
carta. Sente gli spigoli bucargli la carne. Capisce
cos’è, e stringe più forte.
Ascolta
a metà le
condoglianze del marine, i suoi discorsi vuoti su quanto sia stata eroica la morte di Logan, e quando
infine se ne va si incammina anche lui verso la strada, prende un taxi
e torna
in quel motel. Di fronte a quella porta.
Strappa
l’involucro che
contiene la chiave – la mano trema
così
tanto che centrare la serratura sembra impossibile –
e poi si chiude dentro
alla stanza 79.
E
lì, su quel letto, nel
loro mondo, finalmente si concede di
piangere.
Intorno al mondo senza amore come un pacco postale,
senza nessuno che gli chiede come va;
col cuore appresso a una donna, una donna senza cuore,
chissà se ci pensano ancora, chissà.
senza nessuno che gli chiede come va;
col cuore appresso a una donna, una donna senza cuore,
chissà se ci pensano ancora, chissà.