Chi
tende la mano
verso chi è a terra
è il guerriero più
onorevole
verso il nemico più
spregevole
Un silenzio tombale. Prevedibile, data la situazione che si era
generata nella classe, dopo quella presentazione alquanto minacciosa
da parte della professoressa Nukuchi. Anche se ancora in parte scosso
sia per quello che era successo qualche minuto prima, sia per quello
che era accaduto qualche istante fa. Petar, però,
cercò di non
pensarci. Dopo aver preso il libro, una matita, la gomma e il
temperamatite, decise di concentrarsi interamente sulla lezione.
Scoprì che la professoressa insegnava Letteratura
Giapponese, cosa
che non si sarebbe mai aspettato, soprattutto per come si era
presentata all'intera classe. Nel frattempo, il ragazzo
riuscì ad
avere il suo primo contatto con uno dei suoi compagni, in maniera
molto classica. Difatti, mentre era intento ad ascoltare e prendere
appunti, sentì il rumore di qualcosa di leggero cadere al
suo
fianco. Era una gomma. Senza farsi vedere dalla professoressa, che
era intenta a scrivere sulla lavagna con un gessetto, Petar si
abbassò e prese la gomma, cercando di capire a chi
appartenesse.
Presto detto.
<< ...S-Scusami..! La gomma è mia..
>>
Sentì alle sue spalle un sussurro e si girò di
lato per passare la
gomma, entrando in contatto finalmente con un suo compagno. Anzi,
compagna. Era una ragazzina dai capelli lunghi neri ben pettinati
tutti di un lato, occhi castani, carnagione pallida e occhiali
leggermente abbassati sul naso.
<< ...Ah, eccola. >>
<< Mh.. Grazie... Petar.. Giusto..? >>
<< Sì.. Ehm.. >>
<< Ah... Io sono Alexis!
Piacere..! >>
<< Uh, sì.. Piacere.. >>
Questo
fu il dialogo, dopodiché entrambi terminarono di parlarsi,
non
sapendosi cosa dire, e ritornarono sui loro libri per continuare a
seguire la lezione. Nel profondo Petar era sollevato, perché
aveva
potuto comunicare per la prima volta con un suo compagno di classe,
per di più una ragazza, con cui non aveva mai avuto tanto
successo,
anche perché non era molto popolare alle medie, nella sua
terra
natia. Dietro di lui, invece, la ragazza sembrò essere in
parte
imbarazzata e in parte contenta per aver parlato con il ragazzo
davanti a lui, ma cercava di non darci troppo peso, per quanto fosse
possibile. Ad ogni modo, la lezione continuò
finché Petar non ebbe
modo di far conoscenza con un altro suo compagno, questa volta in
maniera alquanto diversa. Infatti, intento a scrivere, sentì
all'improvviso uno strano rumore alla sua destra, come se qualcuno
stesse dormendo. Incuriosito, Petar voltò di poco la testa
verso la
direzione del rumore, notando uno spettacolo alquanto curioso: un suo
compagno, di cui poteva scorgere solo i suoi capelli ricci di color
biondo, aveva la testa totalmente spiaccicata sul banco, con il libro
messo a schermo per coprirlo, che dormiva beatamente durante la
lezione indisturbato. Petar non fu così sorpreso per il
fatto che un
suo compagno schiacciasse un pisolino, ma per il fatto che una mano
del ragazzo scrivesse lo stesso su un qualcosa che non riusciva a
vedere, molto probabilmente un quaderno. Questo lo lasciò di
sasso
per qualche secondo, fintantoché provò qualcosa
che forse era
meglio non fare: tentare di svegliare il suo compagno.
<< ..Ei.. Ei..! Svegliati..! Ei..! >>
Tentò di dire a
bassa voce al ragazzo, senza alcun esito. Provò ad alzare di
pochissimo la voce, ma ancora nulla. Il suo compagno era totalmente
perso nei suoi sogni e sembrava non voler affatto tornare alla
realtà. Mentre tentava ciò, Petar udì
un bisbiglio proprio da
dietro quel ragazzo, proveniente da un altro suo compagno di classe,
un ragazzo dai capelli azzurri legati in un codino, occhi verdi, un
piercing sul naso e un viso gentile ma serio. Una volta capito che
aveva l'attenzione di Petar, si rivolse a bassa voce a lui.
<<
Lascia stare.. Ci ho provato anche io..! Ma niente..! >>
<<
Ah.. Ok..! >>
<< Piacere, comunque..! Io sono Philaretos.. Ma chiamami
Phil..! >>
<< Oh.. Piacere..! Sono Petar...! >>
E
anche qui la conversazione terminò, anche perché
la professoressa
si voltò ed entrambi tornarono prontamente di testa sui
propri
banchi, cercando di non pensare a quel ragazzo che
dormiva.
Dopotutto, si era promesso che avrebbe aspettato la prima
pausa per poter cercare di parlare il più possibile con i
suoi
compagni di classe. Più che altro, rimase sorpreso anche di
come la
professoressa Nukuchi spiegasse in modo chiaro e semplice, senza
perdersi in dettagli futili o dilungarsi in digressioni alquanto
superficiali, pertanto non gli era molto difficile seguirla o
prendere appunti nel modo più efficiente possibile. L'ora
passò
infatti subito, tanto che il bulgaro rimase leggermente sorpreso e
anche contrariato. Decisamente l'impressione iniziale che aveva per
quell'insegnate era svanita nei suoi pensieri, per cui poté
posare
per un attimo la matita e sospirare soddisfatto per il suo lavoro, al
momento.
<< Mi raccomando.. Non trascurate quel che ho
detto a pagina 4, sarà importante per la verifica di
metà
trimestre. Per il resto, mi aspetto da tutti voi il massimo. Ci
vediamo, mocciosi. >> Disse la professoressa, dopo aver
riposto
tutto nella cartella e aver messo sulla spalla la katana, e
uscì
dalla porta, che si aprì per via della fine dell'ora, per
poi
richiudersi. Aveva qualche minuto prima dell'inizio della prossima
lezione, poteva interagire con i suoi compagni. Tentò con la
ragazza
alle sue spalle, Alexis, la prima con cui avesse parlato in classe.
La ragazza, che era intenta a prendere i libri della prossima ora,
rimase sorpresa dal fatto che il ragazzo davanti a lui si fosse
girato.
<< Uhm..
Piacere di nuovo. Sono Petar, Petar Javorov.. >>
<< Ah! Ehm.. Sì.. Io sono Alexis, Alexis
Baskerville. Grazie
ancora.. sai, per la gomma.. >>
<< Oh.. Ah.. Quella.. No, non era nulla, sai
com'è, sono
abituato.. >>
<< ..Abituato..? >>
<< … >>
Aveva sbagliato risposta. Abituato? Che
cosa voleva significare quella risposta? Per un momento Petar si
sentì in panico, come era successo prima per quanto riguarda
la
porta, ma cercò di non farlo trasparire, per quanto il suo
volto
fosse teso e le pupille dei suoi occhi immobili, senza alcun segno di
apparente vita.
<< …Uhm.. Tutto ok..? >>
<< EHM.. Volevo
dire.. Insomma, che non è stato nulla di che, ho visto la
gomma lì
e non potevo lasciarla lì, no...? >>
Salvato in calcio d'angolo, più o meno. Difatti, dopo che
Petar,
tutto agitato, diede quella spiegazione muovendo anche le mani come
per proteggersi, la ragazza rimase per qualche secondo a fissarlo,
per poi ridacchiare leggermente e sorridergli, salvo poi accorgersi
che forse non era opportuno farlo.
<< Ah..! Scusa..! Non dovevo.. E' che.. Non c'era bisogno
di
agitarsi così! >> Disse la ragazza a Petar,
accennando un
sorriso. << Comunque.. Da dove provieni, Petar? Il nome
mi
sembra dell'Est europeo.. >>
<< ..Ah, sì.. Hai ragione.. Sono bulgaro,
provengo da una
piccola città di lì.. Veliko Tarnovo..
>>
<< Uh, davvero? Allora sei europeo come me! Sai, io sono
inglese, di Coventry.. Sapevo che non ero l'unica europea..
Però
sono felice che ci sia qualcuno nella mia classe proveniente
dall'Europa! >> Disse contenta la ragazza, alzandosi di
nuovo
con due dita gli occhiali che scivolavano.
Una buona notizia per Petar. Era intento a conversare con un suo
compagno di classe, per di più una ragazza che pareva
disponibile e
gentile, forse quel giorno non era stato del tutto sfortunato.
Parlarono, in quei pochi minuti, anche dei loro genitori e di cosa
facessero. Scoprì che il padre di Alexis era nient'altro che
un
parlamentare della Camera dei Comuni e che la madre insegnasse come
docente di ruolo ad Oxford, una delle università
più prestigiose al
mondo, precisamente Lettere Antiche nella facoltà di Lettere.
<< Ah, tuo padre è un generale dell'esercito?!
Immagino che
sia duro e severo di carattere.. >>
<< Sì.. Ma non così tanto..
In fondo è gentile e si
preoccupa sempre per me e mia madre.. E' stato grazie a lui, in
parte, se sono qui... >>
<< ..Ah.. In parte, dici..? >> Disse, quasi
con un velo
di malinconia, anche se Petar non se ne accorse. Mentre erano intenti
a parlare, però, nella loro discussione si intromisero le
altre
ragazze della classe, nove in totale inclusa Alexis, che la
circondarono, tappando così ogni possibilità di
ulteriore
conversazione da parte di Petar con lei.
<< Ciao! Come ti chiami? Io sono Natalie, ma puoi
chiamarmi
Nat! >> Disse una delle ragazze, dalla pelle abbronzata,
dai
capelli lunghi fino alla schiena color magenta, occhi con una pupilla
doppia color terra e uno sguardo curioso verso Alexis.
<< Uao, che bello smalto nero che hai! Ah, io sono
Tamires, per
gli amici Tammie! >> Si meravigliò una di loro
rannicchiata e
poggiata con le mani sul banco per vedere le unghie della sua
compagna. Era di carnagione mulatta e dall'accento portoghese,
capelli corti neri, a forma di piccolo cespuglio, occhi castani e uno
sguardo vivace.
<< Hai capelli ben pettinati.. >>
<< ..Che
shampoo usi? >> Esordirono due ragazze, gemelle, entrambe
con
gli occhiali, dal colore dei capelli sul biondo scuro, lunghi fino
alle spalle, occhi sul castano scuro e sguardi che sembravano spenti,
a prima vista.
<< Ah.. Scusa.. Io sono Erika. >>
<< E io Barbara, piacere. >> Si
presentarono porgendo le
mani alla ragazza, che era ancora confusa per via di quel caos
creatosi intorno a lei, tanto che non riuscì a coordinarsi
per dare
la mano alle due ragazze, che rimasero a fissarla senza dir nulla.
<<
E dai, ragazze, così la mandate
in crisi! Una alla
volta! >> Disse una ragazza, molto più alta
delle altre, dai
capelli a caschetto marroni, occhi scuri, sguardo serio ma gentile,
che in parte riuscì a contenere l'entusiasmo delle coetanee,
per poi
presentarsi lei ad Alexis, che in parte si riprese da quella baraonda
e poté sentire con calma. << Ciao! Io sono
Darsey, molto
piacere! >> Porse la mano, che Alexis strinse con
timidezza e
insicurezza, come se non fosse per niente abituata a queste
attenzioni.
<< Bene! Di nuovo, ragazze, con calma. >>
Disse, rivolgendosi alle compagne, che si calmarono e si presentarono
nuovamente ad Alexis.
<< ...Ciao, io sono Natalie, per le
amiche Nat. >>
<< Io invece sono Tamires, ma per
tutti sono Tammie! >>
<< Io sono Erika.. >>
<< ..E io Barbara. E' un piacere
conoscerti. >>
<< ..Ah, uhm, ciao! Io sono
Safiya! >> Disse una ragazza dalla carnagione simile a
quella
di Tamires, capelli lunghi come Natalie di color marrone scuro,
occhiali che mostravano occhi color scuri, sguardo leggermente timido
ma sorridente.
<< Salve! Io sono Yohanna,
piacere. >> Disse una ragazza dalla carnagione scura,
tipica
africana, coi capelli legati interamente con trecce neri e occhi
dello stesso colore. Aveva uno sguardo tranquillo e sereno, di quelli
che trasmettevano sicurezza, tanto che Alexis in parte
riuscì a
trovare un po' di coraggio.
<< Ciao. Sono Ela, piacere di
conoscerti. >> Proferì una ragazza dalla
carnagione diversa da
quella di Tamires, molto più chiara, dai capelli corti color
cenere,
occhi color rosso scuro, particolare per via dei due punti rossi
sulla sua fronte. Per presentarsi, giunse le mani a preghiera e fece
un leggero inchino. Dall'accento si poteva intuire che parlasse molto
bene l'inglese. Rassicurata anche dal fatto che le ragazze davanti si
fossero calmate per metterla a suo agio, la ragazza si
presentò a
sua volta alle sue compagne di classe.
<< .. U-Uhm.. Ciao a tutte.. Io
sono Alexis.. E' un piacere conoscervi.. >>
<<
Alexis? >> Si sorprese leggermente Natalie, che
piegò il capo
di poco a lato. << Sei di origini inglesi, per caso?
>>
<< Ah..! Sì! Sono inglese..
Anche tu... Ehm.. >>
<< Nat, non mi piacere essere
chiamata Natalie. Sì, solo che io sono statunitense, di
Tucson, per
l'esattezza. >> Ammise la ragazza dai capelli magenta,
quasi
come se fosse un vanto.
<< Sei inglese, Alexis? Da dove
provieni? >> Chiese curiosa Tamires.
<< Ah.. Da Coventry.. >>
<< Coventry? Mai sentita. >>
Disse decisa la ragazza dall'accento portoghese.
<< Beh.. Sì.. Non è una delle
città più famose dell'Inghilterra..
>>
<< Se per questo, io provengo da
Natal.. E' uno dei posti più sperduti del Brasile..
>> Sbuffò
Tamires, come se fosse un dispiacere.
<< Oh.. Beh.. Io credo che ogni
posto sia importante.. A suo modo.. >> Disse Alexis
convinta,
dato che, per via dell'educazione classica ed artistica ricevuta,
credeva che ogni luogo al mondo avesse qualcosa da raccontare.
<< Mh, non hai tutti i torti, Al.
>> Disse Darsey sorridente e poggiando una mano sulla
spalla
della ragazza.
<< ...Al? >> Disse quasi a
bassa voce Alexis, come se la voce le venisse a mancare.
<< Sì, Al! Perché no?
Così non
ti staremo a chiamare continuamente Alexis! >>
<< ..Uhm, Darsey.. >> Tentò
di dire Yohanna all'enorme ragazza, ma non venne ascoltata.
<< Dato che staremo quattro anni
insieme, dobbiamo già entrare in confidenza, non credi? Eh?
>>
Continuò Darsey, mettendo un braccio lungo le spalle della
ragazza,
che aveva abbassato la testa e teso le braccia, stringendo i pugni
sulle gambe.
<< ..Darsey, davvero.. >>
Continuò Yohanna, e subito dopo anche le altre ragazze
notarono che
cosa la ragazza dalla carnagione scura volesse far notare alla
compagna di classe.
<< Che c'è? Dai, siamo tra
coetanei! Che male c'è?! Non faccio del male a nessuno!
>>
<<
Ei! >>
Dal silenzio che si era imposto per via dell'arrivo
irruento delle sue compagne di classe, Petar prese parola, alzandosi
dalla sedia e girandosi verso le ragazze, in particolar modo verso
Darsey.
<< Mh? E tu chi sei? >>
Disse poco interessata la ragazza, molto più alta di lui,
cosa
evidente quando lei ritornò alla posizione eretta.
<< Mi chiamo Petar.. >>
<< Petar? Allora sarai.. Pet! Sì,
e' il nome che secondo me ti starebbe a pennello, non credete?
>>
Rispose la ragazza coinvolgendo le altre sue compagne di classe, che
però decisero di non intromettersi nella situazione che
andava
creandosi.
<< …Ne ho viste tante di
persone come te, da dove provengo. Ora lasciala stare, non riesci
neanche a provare un po' di empatia, vero? >> Disse il
ragazzo,
che aveva preso un insolito coraggio e sicurezza, diventando quasi
un'altra persona rispetto a prima.
<< ...E a te cosa importa,
scusami? Ooooh, non dirmi che ti interessa lei? Che romanticone,
neanche vi conoscete e già ci vuoi provare? Ah, voi maschi
siete
tutti uguali! >> Sospirò Darsey, alzando le
mani in segno di
resa, per poi mettere una mano sul capo di Alexis, che era ancora in
quella posizione, chiusa quasi a riccio, come per difendersi.
<< ...E' vero, non la conosco,
hai ragione. So solo come si chiama, dov'è nata e cosa fanno
i suoi
genitori.. Non so altro di lei. Non dovrebbe fregarmene nulla di lei,
se ragionassi come te. Però... >> Strinse i
pugni, per poi
guardare deciso Darsey, con occhi sicuri e del tutto deciso ad andare
in fondo alla faccenda. << …Non riesco proprio
a starmene
fermo quando qualcuno si sente come mi sono sentito io altre volte,
è
più forte di me. Quindi, te lo chiedo di nuovo, lasciala
stare. >>
Tomba. L'aula, ancora privo
dell'insegnante che era in procinto di arrivare, era tutta intenta ad
osservare la situazione generatasi all'improvviso, solamente il primo
giorno di scuola, anche se non si erano ancora conosciuti tutti.
Però, tra Darsey e Petar vi era già un'enorme
tensione, come una
bomba sul punto di esplodere. Le ragazze, che avevano altre
intenzioni rispetto alla loro compagna Darsey, non sapevano ancora se
intervenire, e i ragazzi, invece, non ne avevano nessuna intenzione.
Erano intimoriti dall'imponenza della ragazza e dalla sua
corporatura, evidentemente allenata e più robusta rispetto a
Petar,
che però non era per nulla spaventato.
<< …Come, scusa?
Chi ti credi di essere per dirmi cosa posso o non posso fare..? Sei
solo un maschio.. E come tale hai proprio bisogno di capire qual
è
il tuo posto.. >> Disse Darsey, che mostrò
l'altra faccia
della moneta: il suo volto serio e gentile divenne alquanto tetro e
minaccioso, tanto che si schioccò le dita come se fosse
pronta a
scatenare una rissa.
<< ..Non sono nessuno, così come
tu non sei nessuno per fare quel che vuoi. Te l'ho chiesto con
gentilezza. >> Rispose Petar, che non si mosse da
dov'era,
benché le sue gambe tremassero, cosa che venne notata solo
da
Tamires ed Ela, le uniche che potessero vedere dalle loro postazioni
per intero Petar.
<< Allora sei sordo. Chi ti credi di
essere, formica? >> Minacciò Darsey che si
mise poco distante
da Petar, con i pugni stretti, come se fosse sul punto di usarli
contro il ragazzo.
La tensione aumentò ancora, nessuno
aveva ancora avuto il coraggio di frapporsi tra i loro due compagni
per tentare di fermare qualsiasi cosa volessero scatenare in classe.
Non potevano neanche avvisare un professore, poiché non
potevano
aprire la porta per il sistema di sicurezza di cui era dotata. Le
ragazze erano ancora ferme, Alexis invece aveva iniziato a tremare e
si vedeva, tanto che Ela e Tamires si avvicinarono per cercare di
calmarla. I ragazzi, invece, erano bloccati per via della imponenza
della loro compagna di classe, irraggiungibile, secondo loro. Se
avesse voluto, avrebbe potuto stendere ognuno di loro senza fatica,
ma a Petar questo pensiero non passò neanche per la testa.
Non era
una questione di essere cavalleresco per lui, ma una questione di
essere umani: fin da piccolo si era cacciato in guai del genere e non
sempre era finita bene per lui, tanto che era stato anche picchiato
alle medie pur di far valere i suoi principi. Per lui, ogni persona
doveva essere trattata egualmente, con rispetto e gentilezza, senza
mai osare, esagerare o vantarsene. Non era un guerrafondaio, anzi, se
era possibile evitava sempre di usare la violenza, però si
era reso
conto, nelle sue esperienze, che se fosse usata come legittima
difesa, allora sarebbe stata giustificata. Quella, però, non
era la
situazione idonea. Se la sua compagna gli avesse tirato un pugno, non
avrebbe risposto, perché non sarebbe stata necessaria e
avrebbe solo
combattuto il fuoco con il fuoco. Fortunatamente, questo caso non
avvenne. Proprio nell'istante in cui sembrava che tutto dovesse
degenerare, la porta segnalò l'arrivo dell'insegnante, il
professore
di Storia Igor Dostoevskij, e a quel rumore Darsey ritornò
improvvisamente al suo stato d'animo precedente, tanto che sorrise a
Petar e decise di tornare al suo banco, non senza prima avergli
sussurrato qualcosa.
<< ..Sei stato salvato in calcio
d'angolo, formica. Non sperare che sia finita qui. Nessuno di voi
maschi può dirmi che cosa dire o fare, ficcatelo in quella
testa
vuota che ti ritrovi. >>
Nulla. Petar non accennò alcuna
reazione a quella minaccia, tanto che continuò a fissare
deciso
l'energumena senza battere ciglio, finché non la vide
tornare al
proprio posto. Dopodiché, come se fosse in apnea, il ragazzo
scivolò
sulla sedia, tutto sudato e tremante alle gambe, tirando un enorme
sospiro di sollievo. Dovevano capitare tutte a lui oggi, tutto nel
giro di poche ore, era assurdo, era come se la sfortuna aleggiasse
intorno a lui quel giorno. Salutato il professore, un uomo sui
cinquant'anni, con una lunga barba nera e grigia, capelli arruffati
neri con una striscia bianca al lato, vestito con giacca marrone,
camicia bianca, cravatta rossa, pantaloni marroni, scarpe nere di
pelle e calzini dello stesso colore, la classe tentò di
tornare allo
status che aveva avuto l'ora precedente, anche se a fatica,
soprattutto per Petar ed Alexis, che in parte si era ripresa anche se
la mano le tremava, tanto che la matita le scivolò proprio
sotto le
gambe di Petar, che la raccolse e si voltò verso Alexis,
notando un
espressione che aveva potuto immaginare, per via della posizione che
aveva assunto, una posizione che aveva potuto provare ed anche vedere
più volte. Era spaventata, i suoi occhi non potevano
mentire, ma era
anche in preda ai sensi di colpa, poiché tutta quella
tensione si
era generata a causa sua, una cosa che non avrebbe mai voluto che
capitasse, non ora che aveva potuto iniziare una nuova vita
scolastica, lì, in Giappone. Petar non sapeva cosa dirle o
cosa
pensare: era stato necessario intervenire? Aveva davvero agito in
linea con i suoi principi oppure dal suo ego?
Eppure, date le sue
esperienze, anche in prima persona, riguardo queste situazioni, era
convinto che avesse fatto bene ad agire in tal modo. Non aveva
causato nessuna rissa, nessuno si era fatto male, nessuno era dovuto
intervenire. Allora, perché si sentiva come se fosse stato
lui a far
del male? Perché sentiva, in cuor suo, che era stato tutto
sbagliato? Non lo capiva, nonostante si sforzasse a trovare una
soluzione. I suoi occhi divennero pieni di rammarico, tristi, non
sapeva davvero che dire, pertanto si limitò a posare la
matita sul
banco di Alexis. Era giusto così.
<<
..A-Aspetta.. >>
D'un tratto, proprio l'istante dopo che la mano aveva lasciato la
matita sul proprio banco, Alexis sembrò per un attimo
tornare in sé.
Era ancora tremante, spaventata e in parte si sentiva anche lei
colpevole, come Petar, però usò tutte le energie
che aveva per
accennare un sorriso e smettere di tremare, solo per poter sfiorare
le dita di lui con la sua mano. Per lei era stato uno sforzo enorme,
tanto che respirò piano a fatica, per non farsi notare.
<<
...I-Io... Voglio solo dirti... Grazie. >>
Dopo quella
risposta, tutti i dubbi di Petar furono spazzati via, come un tornado
che sradica gli alberi e spazza via intere abitazioni, e dopo che il
vento cessa, il tempo si rasserena e vige solo il silenzio e la pace
sul territorio totalmente sconvolto, così il ragazzo fu
sorpreso dal
vedere che, nonostante la sua compagna fosse ancora inquieta, lei
avesse tentato di rassicurarlo e di far cadere ogni preoccupazione
nei suoi confronti. Petar non seppe che dire a quelle parole e a quel
gesto, non lo sapeva davvero, perché era dura rispondere
quando
vedeva che qualcuno si sforzava di comportarsi nella maniera opposta
in cui si sentisse.
<< …Di nulla. >>
n.d.r. Darsey chiama Petar Pet poiché
nell'inglese parlato nelle nazioni oceaniche tale termine non indica
solo il cucciolo di un animale, ma anche i neonati. Qui viene usato
in modo ovviamente dispregiativo.
Coventry, città da cui
proviene, Alexis, durante la seconda guerra mondiale, fu la prima
città al mondo ad essere rasa al suolo per via di un
bombardamento
aereo. Da lì si coniò il termine 'coventrizzare'
per indicare il
bombardamento a tappeto su un area popolata o ad indicare una persona
che è stata distrutta sotto ogni profilo: psicologico,
fisico e
mentale.