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Autore: The_RoadSoFar    31/08/2018    0 recensioni
6 Aprile 1953, New York City. Ore 4:01. In un'ospedale della caotica città che non dorme mai, un evento del tutto fuori dall'ordinario cambia letteralmente il mondo allora conosciuto. Da quel giorno, un nuovo tipo di umani entra nella storia: i Niju, uomini dotati di due anime, una umana e una non, dotati di capacità fuori da ogni comprensione..
13 Settembre 2018, Tokyo. Ore 8:01. Nell'Istituto Niju di Tokyo la 17a generazione di Niju comincia le lezioni per diventare Niju idonei alla società. La sezione 1-B, formata da 19 studenti provenienti da ogni angolo del mondo, affronterà sin dal primo giorno una sfida: la professoressa giapponese ventiseienne appena messa in ruolo, Amaya Nukuchi, con un carattere particolare e una katana che porta sempre con sé...
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Chi tende la mano
verso chi è a terra
è il guerriero più onorevole
verso il nemico più spregevole





Un silenzio tombale. Prevedibile, data la situazione che si era generata nella classe, dopo quella presentazione alquanto minacciosa da parte della professoressa Nukuchi. Anche se ancora in parte scosso sia per quello che era successo qualche minuto prima, sia per quello che era accaduto qualche istante fa. Petar, però, cercò di non pensarci. Dopo aver preso il libro, una matita, la gomma e il temperamatite, decise di concentrarsi interamente sulla lezione. Scoprì che la professoressa insegnava Letteratura Giapponese, cosa che non si sarebbe mai aspettato, soprattutto per come si era presentata all'intera classe. Nel frattempo, il ragazzo riuscì ad avere il suo primo contatto con uno dei suoi compagni, in maniera molto classica. Difatti, mentre era intento ad ascoltare e prendere appunti, sentì il rumore di qualcosa di leggero cadere al suo fianco. Era una gomma. Senza farsi vedere dalla professoressa, che era intenta a scrivere sulla lavagna con un gessetto, Petar si abbassò e prese la gomma, cercando di capire a chi appartenesse. Presto detto.
<< ...S-Scusami..! La gomma è mia.. >> Sentì alle sue spalle un sussurro e si girò di lato per passare la gomma, entrando in contatto finalmente con un suo compagno. Anzi, compagna. Era una ragazzina dai capelli lunghi neri ben pettinati tutti di un lato, occhi castani, carnagione pallida e occhiali leggermente abbassati sul naso.
<< ...Ah, eccola. >>
<< Mh.. Grazie... Petar.. Giusto..? >>
<< Sì.. Ehm.. >>
<< Ah... Io sono Alexis! Piacere..! >>
<< Uh, sì.. Piacere.. >>
Questo fu il dialogo, dopodiché entrambi terminarono di parlarsi, non sapendosi cosa dire, e ritornarono sui loro libri per continuare a seguire la lezione. Nel profondo Petar era sollevato, perché aveva potuto comunicare per la prima volta con un suo compagno di classe, per di più una ragazza, con cui non aveva mai avuto tanto successo, anche perché non era molto popolare alle medie, nella sua terra natia. Dietro di lui, invece, la ragazza sembrò essere in parte imbarazzata e in parte contenta per aver parlato con il ragazzo davanti a lui, ma cercava di non darci troppo peso, per quanto fosse possibile. Ad ogni modo, la lezione continuò finché Petar non ebbe modo di far conoscenza con un altro suo compagno, questa volta in maniera alquanto diversa. Infatti, intento a scrivere, sentì all'improvviso uno strano rumore alla sua destra, come se qualcuno stesse dormendo. Incuriosito, Petar voltò di poco la testa verso la direzione del rumore, notando uno spettacolo alquanto curioso: un suo compagno, di cui poteva scorgere solo i suoi capelli ricci di color biondo, aveva la testa totalmente spiaccicata sul banco, con il libro messo a schermo per coprirlo, che dormiva beatamente durante la lezione indisturbato. Petar non fu così sorpreso per il fatto che un suo compagno schiacciasse un pisolino, ma per il fatto che una mano del ragazzo scrivesse lo stesso su un qualcosa che non riusciva a vedere, molto probabilmente un quaderno. Questo lo lasciò di sasso per qualche secondo, fintantoché provò qualcosa che forse era meglio non fare: tentare di svegliare il suo compagno.
<< ..Ei.. Ei..! Svegliati..! Ei..! >> Tentò di dire a bassa voce al ragazzo, senza alcun esito. Provò ad alzare di pochissimo la voce, ma ancora nulla. Il suo compagno era totalmente perso nei suoi sogni e sembrava non voler affatto tornare alla realtà. Mentre tentava ciò, Petar udì un bisbiglio proprio da dietro quel ragazzo, proveniente da un altro suo compagno di classe, un ragazzo dai capelli azzurri legati in un codino, occhi verdi, un piercing sul naso e un viso gentile ma serio. Una volta capito che aveva l'attenzione di Petar, si rivolse a bassa voce a lui.
<< Lascia stare.. Ci ho provato anche io..! Ma niente..! >>
<< Ah.. Ok..! >>
<< Piacere, comunque..! Io sono Philaretos.. Ma chiamami Phil..! >>
<< Oh.. Piacere..! Sono Petar...! >>
E anche qui la conversazione terminò, anche perché la professoressa si voltò ed entrambi tornarono prontamente di testa sui propri banchi, cercando di non pensare a quel ragazzo che dormiva.
Dopotutto, si era promesso che avrebbe aspettato la prima pausa per poter cercare di parlare il più possibile con i suoi compagni di classe. Più che altro, rimase sorpreso anche di come la professoressa Nukuchi spiegasse in modo chiaro e semplice, senza perdersi in dettagli futili o dilungarsi in digressioni alquanto superficiali, pertanto non gli era molto difficile seguirla o prendere appunti nel modo più efficiente possibile. L'ora passò infatti subito, tanto che il bulgaro rimase leggermente sorpreso e anche contrariato. Decisamente l'impressione iniziale che aveva per quell'insegnate era svanita nei suoi pensieri, per cui poté posare per un attimo la matita e sospirare soddisfatto per il suo lavoro, al momento.
<< Mi raccomando.. Non trascurate quel che ho detto a pagina 4, sarà importante per la verifica di metà trimestre. Per il resto, mi aspetto da tutti voi il massimo. Ci vediamo, mocciosi. >> Disse la professoressa, dopo aver riposto tutto nella cartella e aver messo sulla spalla la katana, e uscì dalla porta, che si aprì per via della fine dell'ora, per poi richiudersi. Aveva qualche minuto prima dell'inizio della prossima lezione, poteva interagire con i suoi compagni. Tentò con la ragazza alle sue spalle, Alexis, la prima con cui avesse parlato in classe. La ragazza, che era intenta a prendere i libri della prossima ora, rimase sorpresa dal fatto che il ragazzo davanti a lui si fosse girato.

<< Uhm.. Piacere di nuovo. Sono Petar, Petar Javorov.. >>
<< Ah! Ehm.. Sì.. Io sono Alexis, Alexis Baskerville. Grazie ancora.. sai, per la gomma.. >>
<< Oh.. Ah.. Quella.. No, non era nulla, sai com'è, sono abituato.. >>
<< ..Abituato..? >>
<< … >>
Aveva sbagliato risposta. Abituato? Che cosa voleva significare quella risposta? Per un momento Petar si sentì in panico, come era successo prima per quanto riguarda la porta, ma cercò di non farlo trasparire, per quanto il suo volto fosse teso e le pupille dei suoi occhi immobili, senza alcun segno di apparente vita.
<< …Uhm.. Tutto ok..? >>
<< EHM.. Volevo dire.. Insomma, che non è stato nulla di che, ho visto la gomma lì e non potevo lasciarla lì, no...? >>
Salvato in calcio d'angolo, più o meno. Difatti, dopo che Petar, tutto agitato, diede quella spiegazione muovendo anche le mani come per proteggersi, la ragazza rimase per qualche secondo a fissarlo, per poi ridacchiare leggermente e sorridergli, salvo poi accorgersi che forse non era opportuno farlo.
<< Ah..! Scusa..! Non dovevo.. E' che.. Non c'era bisogno di agitarsi così! >> Disse la ragazza a Petar, accennando un sorriso. << Comunque.. Da dove provieni, Petar? Il nome mi sembra dell'Est europeo.. >>
<< ..Ah, sì.. Hai ragione.. Sono bulgaro, provengo da una piccola città di lì.. Veliko Tarnovo.. >>
<< Uh, davvero? Allora sei europeo come me! Sai, io sono inglese, di Coventry.. Sapevo che non ero l'unica europea.. Però sono felice che ci sia qualcuno nella mia classe proveniente dall'Europa! >> Disse contenta la ragazza, alzandosi di nuovo con due dita gli occhiali che scivolavano.
Una buona notizia per Petar. Era intento a conversare con un suo compagno di classe, per di più una ragazza che pareva disponibile e gentile, forse quel giorno non era stato del tutto sfortunato. Parlarono, in quei pochi minuti, anche dei loro genitori e di cosa facessero. Scoprì che il padre di Alexis era nient'altro che un parlamentare della Camera dei Comuni e che la madre insegnasse come docente di ruolo ad Oxford, una delle università più prestigiose al mondo, precisamente Lettere Antiche nella facoltà di Lettere.
<< Ah, tuo padre è un generale dell'esercito?! Immagino che sia duro e severo di carattere.. >>
<< Sì.. Ma non così tanto.. In fondo è gentile e si preoccupa sempre per me e mia madre.. E' stato grazie a lui, in parte, se sono qui... >>
<< ..Ah.. In parte, dici..? >> Disse, quasi con un velo di malinconia, anche se Petar non se ne accorse. Mentre erano intenti a parlare, però, nella loro discussione si intromisero le altre ragazze della classe, nove in totale inclusa Alexis, che la circondarono, tappando così ogni possibilità di ulteriore conversazione da parte di Petar con lei.
<< Ciao! Come ti chiami? Io sono Natalie, ma puoi chiamarmi Nat! >> Disse una delle ragazze, dalla pelle abbronzata, dai capelli lunghi fino alla schiena color magenta, occhi con una pupilla doppia color terra e uno sguardo curioso verso Alexis.
<< Uao, che bello smalto nero che hai! Ah, io sono Tamires, per gli amici Tammie! >> Si meravigliò una di loro rannicchiata e poggiata con le mani sul banco per vedere le unghie della sua compagna. Era di carnagione mulatta e dall'accento portoghese, capelli corti neri, a forma di piccolo cespuglio, occhi castani e uno sguardo vivace.
<< Hai capelli ben pettinati.. >>
<< ..Che shampoo usi? >> Esordirono due ragazze, gemelle, entrambe con gli occhiali, dal colore dei capelli sul biondo scuro, lunghi fino alle spalle, occhi sul castano scuro e sguardi che sembravano spenti, a prima vista.
<< Ah.. Scusa.. Io sono Erika. >>
<< E io Barbara, piacere. >> Si presentarono porgendo le mani alla ragazza, che era ancora confusa per via di quel caos creatosi intorno a lei, tanto che non riuscì a coordinarsi per dare la mano alle due ragazze, che rimasero a fissarla senza dir nulla.
<< E dai, ragazze, così la mandate in crisi! Una alla volta! >> Disse una ragazza, molto più alta delle altre, dai capelli a caschetto marroni, occhi scuri, sguardo serio ma gentile, che in parte riuscì a contenere l'entusiasmo delle coetanee, per poi presentarsi lei ad Alexis, che in parte si riprese da quella baraonda e poté sentire con calma. << Ciao! Io sono Darsey, molto piacere! >> Porse la mano, che Alexis strinse con timidezza e insicurezza, come se non fosse per niente abituata a queste attenzioni.
<< Bene! Di nuovo, ragazze, con calma. >> Disse, rivolgendosi alle compagne, che si calmarono e si presentarono nuovamente ad Alexis.
<< ...Ciao, io sono Natalie, per le amiche Nat. >>
<< Io invece sono Tamires, ma per tutti sono Tammie! >>
<< Io sono Erika.. >>
<< ..E io Barbara. E' un piacere conoscerti. >>
<< ..Ah, uhm, ciao! Io sono Safiya! >> Disse una ragazza dalla carnagione simile a quella di Tamires, capelli lunghi come Natalie di color marrone scuro, occhiali che mostravano occhi color scuri, sguardo leggermente timido ma sorridente.
<< Salve! Io sono Yohanna, piacere. >> Disse una ragazza dalla carnagione scura, tipica africana, coi capelli legati interamente con trecce neri e occhi dello stesso colore. Aveva uno sguardo tranquillo e sereno, di quelli che trasmettevano sicurezza, tanto che Alexis in parte riuscì a trovare un po' di coraggio.
<< Ciao. Sono Ela, piacere di conoscerti. >> Proferì una ragazza dalla carnagione diversa da quella di Tamires, molto più chiara, dai capelli corti color cenere, occhi color rosso scuro, particolare per via dei due punti rossi sulla sua fronte. Per presentarsi, giunse le mani a preghiera e fece un leggero inchino. Dall'accento si poteva intuire che parlasse molto bene l'inglese. Rassicurata anche dal fatto che le ragazze davanti si fossero calmate per metterla a suo agio, la ragazza si presentò a sua volta alle sue compagne di classe.
<< .. U-Uhm.. Ciao a tutte.. Io sono Alexis.. E' un piacere conoscervi.. >>
<< Alexis? >> Si sorprese leggermente Natalie, che piegò il capo di poco a lato. << Sei di origini inglesi, per caso? >>
<< Ah..! Sì! Sono inglese.. Anche tu... Ehm.. >>
<< Nat, non mi piacere essere chiamata Natalie. Sì, solo che io sono statunitense, di Tucson, per l'esattezza. >> Ammise la ragazza dai capelli magenta, quasi come se fosse un vanto.
<< Sei inglese, Alexis? Da dove provieni? >> Chiese curiosa Tamires.
<< Ah.. Da Coventry.. >>
<< Coventry? Mai sentita. >> Disse decisa la ragazza dall'accento portoghese.
<< Beh.. Sì.. Non è una delle città più famose dell'Inghilterra.. >>
<< Se per questo, io provengo da Natal.. E' uno dei posti più sperduti del Brasile.. >> Sbuffò Tamires, come se fosse un dispiacere.
<< Oh.. Beh.. Io credo che ogni posto sia importante.. A suo modo.. >> Disse Alexis convinta, dato che, per via dell'educazione classica ed artistica ricevuta, credeva che ogni luogo al mondo avesse qualcosa da raccontare.
<< Mh, non hai tutti i torti, Al. >> Disse Darsey sorridente e poggiando una mano sulla spalla della ragazza.
<< ...Al? >> Disse quasi a bassa voce Alexis, come se la voce le venisse a mancare.
<< Sì, Al! Perché no? Così non ti staremo a chiamare continuamente Alexis! >>
<< ..Uhm, Darsey.. >> Tentò di dire Yohanna all'enorme ragazza, ma non venne ascoltata.
<< Dato che staremo quattro anni insieme, dobbiamo già entrare in confidenza, non credi? Eh? >> Continuò Darsey, mettendo un braccio lungo le spalle della ragazza, che aveva abbassato la testa e teso le braccia, stringendo i pugni sulle gambe.
<< ..Darsey, davvero.. >> Continuò Yohanna, e subito dopo anche le altre ragazze notarono che cosa la ragazza dalla carnagione scura volesse far notare alla compagna di classe.
<< Che c'è? Dai, siamo tra coetanei! Che male c'è?! Non faccio del male a nessuno! >>
<< Ei! >>
Dal silenzio che si era imposto per via dell'arrivo irruento delle sue compagne di classe, Petar prese parola, alzandosi dalla sedia e girandosi verso le ragazze, in particolar modo verso Darsey.
<< Mh? E tu chi sei? >> Disse poco interessata la ragazza, molto più alta di lui, cosa evidente quando lei ritornò alla posizione eretta.
<< Mi chiamo Petar.. >>
<< Petar? Allora sarai.. Pet! Sì, e' il nome che secondo me ti starebbe a pennello, non credete? >> Rispose la ragazza coinvolgendo le altre sue compagne di classe, che però decisero di non intromettersi nella situazione che andava creandosi.
<< …Ne ho viste tante di persone come te, da dove provengo. Ora lasciala stare, non riesci neanche a provare un po' di empatia, vero? >> Disse il ragazzo, che aveva preso un insolito coraggio e sicurezza, diventando quasi un'altra persona rispetto a prima.
<< ...E a te cosa importa, scusami? Ooooh, non dirmi che ti interessa lei? Che romanticone, neanche vi conoscete e già ci vuoi provare? Ah, voi maschi siete tutti uguali! >> Sospirò Darsey, alzando le mani in segno di resa, per poi mettere una mano sul capo di Alexis, che era ancora in quella posizione, chiusa quasi a riccio, come per difendersi.
<< ...E' vero, non la conosco, hai ragione. So solo come si chiama, dov'è nata e cosa fanno i suoi genitori.. Non so altro di lei. Non dovrebbe fregarmene nulla di lei, se ragionassi come te. Però... >> Strinse i pugni, per poi guardare deciso Darsey, con occhi sicuri e del tutto deciso ad andare in fondo alla faccenda. << …Non riesco proprio a starmene fermo quando qualcuno si sente come mi sono sentito io altre volte, è più forte di me. Quindi, te lo chiedo di nuovo, lasciala stare. >>

Tomba. L'aula, ancora privo dell'insegnante che era in procinto di arrivare, era tutta intenta ad osservare la situazione generatasi all'improvviso, solamente il primo giorno di scuola, anche se non si erano ancora conosciuti tutti. Però, tra Darsey e Petar vi era già un'enorme tensione, come una bomba sul punto di esplodere. Le ragazze, che avevano altre intenzioni rispetto alla loro compagna Darsey, non sapevano ancora se intervenire, e i ragazzi, invece, non ne avevano nessuna intenzione. Erano intimoriti dall'imponenza della ragazza e dalla sua corporatura, evidentemente allenata e più robusta rispetto a Petar, che però non era per nulla spaventato.
<< …Come, scusa? Chi ti credi di essere per dirmi cosa posso o non posso fare..? Sei solo un maschio.. E come tale hai proprio bisogno di capire qual è il tuo posto.. >> Disse Darsey, che mostrò l'altra faccia della moneta: il suo volto serio e gentile divenne alquanto tetro e minaccioso, tanto che si schioccò le dita come se fosse pronta a scatenare una rissa.
<< ..Non sono nessuno, così come tu non sei nessuno per fare quel che vuoi. Te l'ho chiesto con gentilezza. >> Rispose Petar, che non si mosse da dov'era, benché le sue gambe tremassero, cosa che venne notata solo da Tamires ed Ela, le uniche che potessero vedere dalle loro postazioni per intero Petar.
<< Allora sei sordo. Chi ti credi di essere, formica? >> Minacciò Darsey che si mise poco distante da Petar, con i pugni stretti, come se fosse sul punto di usarli contro il ragazzo.


La tensione aumentò ancora, nessuno aveva ancora avuto il coraggio di frapporsi tra i loro due compagni per tentare di fermare qualsiasi cosa volessero scatenare in classe. Non potevano neanche avvisare un professore, poiché non potevano aprire la porta per il sistema di sicurezza di cui era dotata. Le ragazze erano ancora ferme, Alexis invece aveva iniziato a tremare e si vedeva, tanto che Ela e Tamires si avvicinarono per cercare di calmarla. I ragazzi, invece, erano bloccati per via della imponenza della loro compagna di classe, irraggiungibile, secondo loro. Se avesse voluto, avrebbe potuto stendere ognuno di loro senza fatica, ma a Petar questo pensiero non passò neanche per la testa. Non era una questione di essere cavalleresco per lui, ma una questione di essere umani: fin da piccolo si era cacciato in guai del genere e non sempre era finita bene per lui, tanto che era stato anche picchiato alle medie pur di far valere i suoi principi. Per lui, ogni persona doveva essere trattata egualmente, con rispetto e gentilezza, senza mai osare, esagerare o vantarsene. Non era un guerrafondaio, anzi, se era possibile evitava sempre di usare la violenza, però si era reso conto, nelle sue esperienze, che se fosse usata come legittima difesa, allora sarebbe stata giustificata. Quella, però, non era la situazione idonea. Se la sua compagna gli avesse tirato un pugno, non avrebbe risposto, perché non sarebbe stata necessaria e avrebbe solo combattuto il fuoco con il fuoco. Fortunatamente, questo caso non avvenne. Proprio nell'istante in cui sembrava che tutto dovesse degenerare, la porta segnalò l'arrivo dell'insegnante, il professore di Storia Igor Dostoevskij, e a quel rumore Darsey ritornò improvvisamente al suo stato d'animo precedente, tanto che sorrise a Petar e decise di tornare al suo banco, non senza prima avergli sussurrato qualcosa.
<< ..Sei stato salvato in calcio d'angolo, formica. Non sperare che sia finita qui. Nessuno di voi maschi può dirmi che cosa dire o fare, ficcatelo in quella testa vuota che ti ritrovi. >>
Nulla. Petar non accennò alcuna reazione a quella minaccia, tanto che continuò a fissare deciso l'energumena senza battere ciglio, finché non la vide tornare al proprio posto. Dopodiché, come se fosse in apnea, il ragazzo scivolò sulla sedia, tutto sudato e tremante alle gambe, tirando un enorme sospiro di sollievo. Dovevano capitare tutte a lui oggi, tutto nel giro di poche ore, era assurdo, era come se la sfortuna aleggiasse intorno a lui quel giorno. Salutato il professore, un uomo sui cinquant'anni, con una lunga barba nera e grigia, capelli arruffati neri con una striscia bianca al lato, vestito con giacca marrone, camicia bianca, cravatta rossa, pantaloni marroni, scarpe nere di pelle e calzini dello stesso colore, la classe tentò di tornare allo status che aveva avuto l'ora precedente, anche se a fatica, soprattutto per Petar ed Alexis, che in parte si era ripresa anche se la mano le tremava, tanto che la matita le scivolò proprio sotto le gambe di Petar, che la raccolse e si voltò verso Alexis, notando un espressione che aveva potuto immaginare, per via della posizione che aveva assunto, una posizione che aveva potuto provare ed anche vedere più volte. Era spaventata, i suoi occhi non potevano mentire, ma era anche in preda ai sensi di colpa, poiché tutta quella tensione si era generata a causa sua, una cosa che non avrebbe mai voluto che capitasse, non ora che aveva potuto iniziare una nuova vita scolastica, lì, in Giappone. Petar non sapeva cosa dirle o cosa pensare: era stato necessario intervenire? Aveva davvero agito in linea con i suoi principi oppure dal suo ego?
Eppure, date le sue esperienze, anche in prima persona, riguardo queste situazioni, era convinto che avesse fatto bene ad agire in tal modo. Non aveva causato nessuna rissa, nessuno si era fatto male, nessuno era dovuto intervenire. Allora, perché si sentiva come se fosse stato lui a far del male? Perché sentiva, in cuor suo, che era stato tutto sbagliato? Non lo capiva, nonostante si sforzasse a trovare una soluzione. I suoi occhi divennero pieni di rammarico, tristi, non sapeva davvero che dire, pertanto si limitò a posare la matita sul banco di Alexis. Era giusto così. 

<< ..A-Aspetta.. >> D'un tratto, proprio l'istante dopo che la mano aveva lasciato la matita sul proprio banco, Alexis sembrò per un attimo tornare in sé. Era ancora tremante, spaventata e in parte si sentiva anche lei colpevole, come Petar, però usò tutte le energie che aveva per accennare un sorriso e smettere di tremare, solo per poter sfiorare le dita di lui con la sua mano. Per lei era stato uno sforzo enorme, tanto che respirò piano a fatica, per non farsi notare.
<< ...I-Io... Voglio solo dirti... Grazie. >>
Dopo quella risposta, tutti i dubbi di Petar furono spazzati via, come un tornado che sradica gli alberi e spazza via intere abitazioni, e dopo che il vento cessa, il tempo si rasserena e vige solo il silenzio e la pace sul territorio totalmente sconvolto, così il ragazzo fu sorpreso dal vedere che, nonostante la sua compagna fosse ancora inquieta, lei avesse tentato di rassicurarlo e di far cadere ogni preoccupazione nei suoi confronti. Petar non seppe che dire a quelle parole e a quel gesto, non lo sapeva davvero, perché era dura rispondere quando vedeva che qualcuno si sforzava di comportarsi nella maniera opposta in cui si sentisse.
<< …Di nulla. >>








n.d.r. Darsey chiama Petar Pet poiché nell'inglese parlato nelle nazioni oceaniche tale termine non indica solo il cucciolo di un animale, ma anche i neonati. Qui viene usato in modo ovviamente dispregiativo.
Coventry, città da cui proviene, Alexis, durante la seconda guerra mondiale, fu la prima città al mondo ad essere rasa al suolo per via di un bombardamento aereo. Da lì si coniò il termine 'coventrizzare' per indicare il bombardamento a tappeto su un area popolata o ad indicare una persona che è stata distrutta sotto ogni profilo: psicologico, fisico e mentale.

   
 
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