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Autore: TheSlavicShadow    03/09/2018    0 recensioni
C'era un'idea. Stark ne è informato. Si chiamava "Progetto Avengers". La nostra idea era di mettere insieme un gruppo di persone eccezionali sperando che lo diventassero ancor di più. E che lavorassero insieme quando ne avremmo avuto bisogno per combattere quelle battaglie per noi insostenibili. [Nick Fury]
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Wherever you will go'
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Aprile 2009

 

Se qualcuno le avesse chiesto cosa pensasse dell’amore quando era giovane, avrebbe liquidato tutti con una frase cinica e sarcastica. E da adulta, soprattutto nell’ultimo periodo, aveva ritrovato sé stessa più volte a ripetere una frase collaudata, condita con un bel sorriso stampato sulle labbra e gli occhiali da sole che le nascondevano gli occhi.

“Credo nell’attrazione chimica tra due corpi, che poi si conclude con pelle sudata e letti sfatti.”

A questo modo trovava fin troppo facile mantenere il ruolo che aveva costruito e far contenti tutti i giornali scandalistici. Era tornata ad essere Tasha Stark, lo scapolo d’oro che nessuno riusciva a tenere tra le proprie braccia per un tempo prolungato. Si era fatta fotografare in compagnia di attori e cantanti. A volte anche con qualche uomo d’affari. Una volta era anche uscita con il suo ex storico per parlare di affari, e avevano concluso la serata a letto. E non le importava in alcun modo.

Un tempo era sempre stato così. Non si legava a nessuno perché sapeva cosa potesse fare l’amore alle persone. Aveva visto quanto dolore fosse capace di portare. Aveva anche visto cos’era la disperazione della perdita.

E nonostante tutto questo, nonostante fosse sicura che l’amore non facesse per lei, era caduta anche lei in questa trappola.

Aveva amato con tutta sé stessa una persona. L’aveva amata da sempre, da quando ne aveva memoria. E lo trovava in qualche modo stupido. Aveva sempre cercato di essere una persona razionale. Di credere solo in quello che poteva toccare con le proprie dita o spiegare con la scienza e la tecnologia. Aveva sempre funzionato così. Per qualsiasi cosa aveva sempre cercato di usare solo il suo cervello. Suo padre glielo aveva ripetuto più e più volte fino a quando non era diventato un insegnamento indelebile nella sua testa.

Le emozioni rendevano deboli. E poteva fare affidamento solo sul suo brillante cervello. E lo aveva fatto. Aveva sempre usato solo il suo cervello. Aveva sempre fatto affidamento solo sulla propria intelligenza.

Tranne quando si trattava di Steve Rogers.

Steve Rogers aveva sempre mandato all’aria tutta la razionalità che poteva avere.

 

✭✮✭

 

Dal proprio attico Natasha Stark guardava Manhattan che si estendeva ai suoi piedi. Ricordava quando solo un paio di mesi fa era immersa nell’acqua putrida e gelata del fiume Hudson per cercare di rendere ecosostenibile quel palazzo. Quell’edificio era solo il suo ultimo capriccio. Non era interessata in modo particolare alla salvaguardia dell’ambiente. Doveva essere sincera. C’era già un team alle sue dipendenze che se ne occupava. Anche perché se fosse stata davvero attenta all’ambiente avrebbe dovuto vendere tutte le sue macchine sportive. Ma ne andava fin troppo orgogliosa per potersene liberare o per privarsi della gioia di guidarle.

Solo che doveva far tacere in qualche modo l’opinione pubblica che aveva tutti gli occhi di cui disponeva puntati su di lei. E costruire una torre di un centinaio di piani nel centro di New York aveva suscitato fin troppa notizia. La sua megalomania l’aveva portata a questo alla fine. A costruire un palazzo nel centro di Manhattan, ma in realtà era anche quella una mossa tattica.

Lei voleva farlo. Aveva già pensato di far ritornare le Stark Industries a New York a tutti gli effetti. Aveva pensato a qualcosa di nuovo. E Pepper le aveva dato la spinta che serviva subito dopo la battaglia alla Stark Expo.

E lei voleva fare un esperimento a quel punto.

Aveva passato diverso tempo in laboratorio a studiare il nuovo reattore arc e le sue potenzialità. Aveva davvero un’energia illimitata. Il nuovo nucleo sembrava inesauribile e aveva provato tutto quello che le veniva in mente per provare a scaricarlo. Ma non si esauriva mai. La sua energia era sempre al massimo. Cosa che non si poteva dire di lei quando crollava sul tavolo di lavoro. Solo che doveva sapere. Doveva avere la certezza della inesauribilità del nuovo nucleo.

Forse aveva passato davvero troppo tempo in laboratorio e questo aveva decisamente fatto arrabbiare Steve più di una volta. L’uomo era andato a chiamarla infinite volte. Più di una volta l’aveva portata fuori di peso. E avevano litigato tantissimo. Aveva ancora nelle orecchie la sua voce arrabbiata. Però alla fine ci era riuscita. Aveva trovato un altro modo per contenere la potenza del suo nuovo nucleo e l’aveva messo in uso.

La Stark Tower era alimentata dal nuovo reattore arc. Ricordava ancora quando si era dovuta tuffare nell’Hudson per collegare il nuovo reattore ai cavi dell’energia elettrica. Era un piccolo sacrificio che aveva dovuto fare. E aveva dovuto reprimere tutto lo schifo che aveva provato in quel momento. Mai più lo avrebbe fatto.

O almeno fino a quando non avesse dovuto sostituire il reattore con uno migliore. Perché sapeva che prima o poi lo avrebbe fatto. Si conosceva. Sarebbe morta con un cacciavite in mano mentre continuava ad inventare e migliorare tutto quello che le passava per il cervello.

Erano già trascorsi tre mesi da quando si era trasferita alla Stark Tower. E stava cercando di rendere quel attico la sua nuova casa. Di sentirlo suo come lo era la villa a Malibu. E sperava di riuscirci. Era scappata da quella città a gambe levate quasi dieci anni prima. Ci era ritornata per un periodo, e poi era di nuovo tornata a Malibu. A nascondersi nella sua officina con Dum-E e U e lavorare per non pensare. E ora se ne stava appoggiata contro una finestra da cui poteva osservare dall’alto quella città che una volta le stava molto stretta e da cui non vedeva l’ora di scappare.

“A cosa stai pensando?”

Non si era quasi accorta della presenza dietro di lei fino a quando non lo aveva sentito parlare e aveva percepito le sue mani sui fianchi. Aveva osservato il suo riflesso nel vetro e aveva sorriso.

“Al fatto che non abbiamo ancora fatto una prova di quanto velocemente potresti raggiungere terra se ti lanciassi da qui.”

Si era voltata e aveva appoggiato la schiena contro il vetro. Con una mano gli aveva accarezzato una guancia e l’uomo di fronte a lei aveva sorriso.

“Ora parli come Reed e questo non è eccitante. Non avevamo detto che la scienza la lasciavamo per il tuo laboratorio?”

“Per essere un uomo che è stato nello spazio ed essere stato investito da radiazioni che ne hanno mutato il codice genetico rendendolo un uomo focoso, sei davvero un profano quando vuoi limitare la scienza ad una sola stanza. Lo sai questo, Johnny Storm?”

“Posso dimostrarti anche qui quanto so essere focoso, signorina di ferro.”

Aveva riso attirando Johnny verso di sé e baciandolo. L’uomo era andato a recuperarla in officina, trascinandola fuori con la forza. Era un pattern che si doveva ripetere con chiunque, a quanto sembrava. C’era sempre qualcuno nella sua vita che doveva ricordarle che stava lavorando troppo. Che non poteva passare 24 ore di fila rinchiusa lì con i suoi robot.

Steve glielo diceva sempre. Anche quando passava ore seduto sul divano a leggere qualcosa mentre lei lavorava.

Johnny non restava mai in officina per molto tempo. Si annoiava, le diceva. Restava giusto il tempo di darle fastidio e poi se ne andava ridendo mentre lei gli lanciava contro qualche straccio sporco.

Doveva smetterla seriamente di paragonarlo a Steve. Era pessima.

“Signorina Stark, c’è l’agente Coulson dello S.H.I.E.L.D. in linea per lei.”

“So chi è Coulson. Non serve che lo presenti ogni volta così.” Aveva sbuffato appena, staccandosi dalle labbra di Johnny. J.A.R.V.I.S. sapeva sempre come rovinare il momento. Lo avrebbe sul serio riprogrammato. “Digli che non ci sono. O che sono occupata. Non vedi che sono occupata?”

Decisamente non voleva rovinarsi la serata parlando di altro lavoro. Quella mattina aveva passato ore in una riunione noiosissima e che non aveva avuto nessun capo né coda. Ogni volta che si riuniva il consiglio d’amministrazione era così. E ora non voleva passare altre ore al telefono per qualcosa che riguardava un qualche progetto di Fury. Un po’ perché le bruciava non essere idonea per l’iniziativa della sua boyband speciale. Lei era un supereroe e prendeva molto seriamente questo ruolo, nonostante tutto quello che potevano dire di lei. Anche in quei tre anni dall’incidente della Expo lo aveva dimostrato. Era intervenuta più volte salvando la situazione.

“Vorrei poterlo ignorare, signorina, ma dice è urgente e che vorrebbe parlarle subito.”

Vorrebbe solo godersi quell’attimo con Johnny, ma c’è una piccola parte del suo cervello che ha la tentazione di rispondere a Phil Coulson. Se le telefona a quell’ora di notte qualcosa deve essere successo. Non lo farebbe mai in caso contrario. Hanno delle regole lei e quelli dello S.H.I.E.L.D.. E stranamente le rispettano. Lei non entra nel loro database, se non è strettamente necessario. E loro non la chiamano fuori dall’orario d’ufficio, sempre se non è strettamente necessario.

“Per Coulson è tutto importante.”

Johnny aveva sorriso e l’aveva attirata di più a sé, e voleva davvero baciarlo se solo non si fosse aperta la porta dell’ascensore e Phil Coulson non l’avesse guardata male.

Non voleva lo S.H.I.E.L.D. in casa. Significava sempre guai. E sottolineava la parola sempre.

“Signorina Stark. Signor Storm.” Coulson li aveva salutati con un cenno del capo e Johnny si era subito staccato da lei, neanche fossero due ragazzini colti in flagrante.

“Questa è violazione di proprietà privata. L’orario delle consulenze è dalle 8 alle 17, a giovedì alterni. Altri giorni sono da concordare in anticipo.” Si era mossa anche lei. Aveva raggiunto Coulson davanti all’ascensore e lo aveva guardato negli occhi. Era serio e preoccupato. “E non mi piace che mi vengano porte le cose. Dovresti saperlo ormai.”

“Temo non sia per una semplice consulenza. E’ per l’iniziativa Avengers.”

“Ma se sono stata giudicata non idonea per quel ruolo.”

Non le era piaciuto il tono con cui Coulson aveva pronunciato quelle parole. Aveva drizzato le antenne e, andando contro il personaggio che aveva costruito con tanta cura, aveva preso in mano la cartella elettronica portale dall’agente. Senza pensarci due volte l’aveva aperta e tutti i file si erano materializzati di fronte ai suoi occhi.

“Johnny, credo che dovremo rimandare la nostra serata romantica.”

 

✭✮✭

 

“Signorina, sono le 3 e 45 minuti. Le consiglierei di andare a dormire.”

“Non ho sonno.”

Johnny Storm se n’era andato subito. Non appena aveva aperto il file consegnatole da Coulson, Johnny aveva deciso che la loro serata era finita. Non credeva si fosse accorto di qualcosa. Non poteva esserne accorto in alcun modo. Era sempre brava a mantenere la sua poker face in qualsiasi situazione. Se n’era sicuramente andato perché la conosceva quanto bastava per capire che se anche fosse rimasto ad un certo punto lei lo avrebbe lasciato da solo per andare a studiare i file dello S.H.I.E.L.D.. Scheda per scheda. Le avrebbe lette a fondo. E non sarebbe neppure andata a dormire.

Ed infatti, eccola lì a fissare un volto che non dovrebbe neppure essere sul suo schermo olografico. Si era fatta una promessa un paio di anni prima. Non avrebbe più cercato file su Steve Rogers. Non lo avrebbe spiato come una stalker qualunque come aveva fatto mentre vivevano insieme e lui non le parlava delle sue missioni.

Si era alzata dal divano per sgranchirsi le gambe e prendere qualcosa da bere. Aveva letto le schede di quelli che Fury aveva dichiarato idonei al sua iniziativa. Stranamente c’era ancora il suo file, anche se aveva scritto ovunque che era solo una consulente. Lei e Bruce Banner.

Ma il file di Steve era quello che aveva letto più volte. Aveva fatto partire tutti i video più e più volte. Alcuni erano i vecchi video che anche suo padre le aveva fatto vedere quando era piccola e tutti fomentavano la sua sempre crescente ammirazione per Capitan America. Howard. Peggy. Dugan e gli altri. Suo padre era così ossessionato dal ritrovare quell’uomo, che aveva passato quella ossessione anche a lei. Era sempre stata sicura che se Howard non lo avesse mai trovato, quel compito avrebbe fatto parte dell’eredità. Non aveva mai capito del tutto se la ossessione di suo padre per Steve fosse solo scientifica e lui si sentisse una sorta di dottor Frankestein che non poteva abbandonare la sua creatura, o se Howard fosse sempre stato bravo a nascondere una qualche omosessualità latente. Non se ne sarebbe stupita. Steve era davvero affascinante e aveva visto più volte anche degli uomini cercare di corteggiarlo. Ed era sempre fin troppo esilarante vederlo imbarazzato.

“Signorina Stark, credo abbia visto i video del capitano Rogers a sufficienza. Le consiglierei di guardare anche quello della signorina Romanoff. O del signor Barton.”

Aveva ignorato per qualche istante la sua intelligenza artificiale mentre tornava a sedersi sul divano e si portava dietro una bottiglia di whisky e un bicchiere.

“E’ per la scienza. Scientificamente parlando è impossibile dormire per 50 anni e poi svegliarsi come se nulla fosse, anche se protetti dal ghiaccio. Soprattutto se protetti dal ghiaccio. Ci sono celle criogeniche costruite apposta. Il ghiaccio lo avrebbe dovuto uccidere, non farlo diventare la bella addormentata dei nostri giorni. Un comune essere umano sarebbe morto non appena la sua temperatura corporea avesse iniziato a scendere sotto i 33°C.” Si sentiva stupida in quel momento. Aveva lasciato andare Johnny per passare la notte bevendo whisky e guardando vecchi filmati in bianco e nero del suo ex. E non riusciva a staccare gli occhi dal suo sorriso. Adorava guardare quei video in cui sorrideva e rideva con il suo Bucky. Quanto le aveva parlato di quell’uomo. Sentiva quasi di conoscerlo anche lei e non lo aveva mai incontrato. Non aveva mai potuto farlo, al contrario degli altri Howling Comandos. Bucky era quello che lo svegliava di notte. Era quello che li vedeva protagonisti di lunghe ore sul divano bevendo tisane. E Steve le parlava. Le parlava e lei pendeva dalle sue labbra.

Aveva svuotato velocemente il bicchiere per riempirlo subito dopo. Voleva solo annegare tutti i pensieri nell’alcol. Non riusciva a smettere di guardare quei filmati. Non riusciva a togliere gli occhi da ogni movimento del suo corpo, o smettere di ascoltare la sua voce. C’era qualcosa che le opprimeva le viscere nel guardarlo, ma non poteva fare in modo diverso.

“J, sai dove si trova adesso?”

“Non dispongo di questo tipo di informazioni e lei stessa mi ha detto di attivare il protocollo EX ogni volta che la vedo con un bicchiere di whisky in mano.”

“Non sei simpatico. Anche quel protocollo l’ho inventato quando stavo bevendo whisky subito dopo che Steve…” Si era morsa un labbro. Non era finita bene. Non era finita bene di nuovo e quasi doveva esserci abituata. Anche con Steve. Non solo con tutti gli altri. “Credi che abbiano mandato un file così anche a lui? Non dico così tecnologico perché stiamo comunque parlando di Steve e quindi sicuramente sarà tutto cartaceo come si usava 70 anni fa. Stampato e messo in quelle cartelline beige così brutte. Dio, quante ne ho viste nello studio di papà di quelle cartelline.”

“Sì, signorina.” J.A.R.V.I.S. l’aveva interrotta prima che avesse continuato il suo discorso che non avrebbe portato a nulla se non a pensieri che non voleva avere. E il suo AI lo sapeva. J.A.R.V.I.S. sapeva sempre quando qualcosa nella sua testa stava degenerando e la riportava alla realtà. “Se lei ha un fascicolo su di lui, sicuramente il capitano Rogers ne ha uno su di lei. Conoscendolo ora sarà nel suo appartamento, seduto al tavolo della cucina, a leggere la sua scheda personale.”

Aveva sorriso a quella descrizione. Steve si sedeva sempre al tavolo della cucina quando leggeva qualcosa per lavoro. Corrugava sempre le sopracciglia e spesso si portava una mano sulla bocca mentre i suoi occhi scorrevano velocemente le parole stampate. E anche ora era facile immaginarlo così. Se chiudeva gli occhi poteva vederlo seduto sul tavolo retrò del suo appartamento di Brooklyn. Poteva anche immaginare la sua espressione mentre leggeva che anche lei era stata coinvolta in quella missione. Come un civile. Come Steve aveva più volte detto che sarebbe stato giusto. E Steve doveva sapere bene che lei non avrebbe mai potuto accettare solo il ruolo di consulente. Riusciva a sentire la sua voce che le diceva di non pensarci neppure a portare con sé una delle armature. Aveva già davanti agli occhi la faccia che avrebbe fatto quando l’avrebbe vista arrivare sull’helicarrier dello S.H.I.E.L.D.. Si sarebbe vestita di tutto punto. Sarebbe stata una perfetta donna d’affari che era lì solo per rompere a Fury, facendo il gradasso e interprettando al meglio il ruolo di Natasha Stark.

Provava però ansia. Quell’ansia che le comprimeva tutti gli organi interni e le faceva venire da vomitare. Non avrebbe dovuto avere paura di incontrarlo. Era solo lavoro. Avrebbe solo dovuto aiutare il dottor Banner a trovare il Tesseract e sarebbe potuta tornare a casa. Sarebbe dovuta essere solo una cosa da un paio di giorni al massimo. Non era un Avenger. Non faceva parte della cerchia di gente superdotata di Fury. Neppure Banner doveva farne parte. Forse lo aveva chiamato solo perché era una delle menti più brillanti del secolo ed era il più grande esperto di raggi gamma del mondo.

“Signorina Stark, forse sarebbe il caso che lei andasse davvero a letto. Lo S.H.I.E.L.D. farà arrivare un elicottero alle 9 del mattino e le consiglierei di essere pronta.”

“Non sarò disponibile prima di mezzogiorno, e questo non è negoziabile. Pepper vorrà la mia testa su un piatto d’argento se non mi presenterò alla riunione con i giapponesi.” Si era alzata dal divano e aveva appoggiato il bicchiere ora vuoto sul primo mobile a portata di mano. Con un gesto della mano aveva chiuso tutti i file che aveva lasciato aperti e aveva sospirato. Era solo lavoro. Doveva vederla in questo modo. Aveva incrociato Steve un paio di volte in quei ultimi due anni. Si erano ignorati a vicenda e così avrebbero fatto anche questa volta. “J, manda a Fury un messaggio che sarò pronta alle 13, non prima. Digli che ho letto tutti i file e che aiuterò Banner a trovare questo Tesseract.”

“Come desidera, signorina Stark. Avvertirò anche la signorina Potts.”

“Sì, sì. Fai come preferisci.” Aveva salito le scale ed era entrata nella propria stanza. Si era buttata sul letto ancora vestita, affondando il viso nel cuscino e soffocando un gemito. Domani sarebbe stata una giornata pesante. Domani avrebbe dovuto parlare con Pepper. Domani avrebbe dovuto rivedere Fury. E sempre domani avrebbe dovuto cercare di stare più lontana possibile da Steve Rogers. Non era sicura di quello che avrebbe potuto dire in sua presenza o direttamente a lui. Perché si conosceva. Un commento fuori luogo lo avrebbe fatto al 100% e poi se ne sarebbe pentita nel momento in cui le parole avessero lasciato le sue labbra.

 

✭✮✭

 

“Buongiorno, signorina Stark.”

Natasha aveva solo spinto di più sul naso gli occhiali da sole che aveva indossato mentre usciva sul terrazzo fin troppo spazioso della Stark Tower. Dal quinjet appena atterrato era sceso un agente dello S.H.I.E.L.D. vestito esattamente come era solito presentarsi Phil Coulson. Aveva mandato un messaggio a quest’ultimo. Gli aveva chiesto se sarebbe venuto lui a prenderla, e questi le aveva semplicemente risposto che sarebbe stato con il capitano Rogers e che si sarebbero incontrati sul helicarrier.

“Sarà un onore averla con noi, signorina.”

Odiava quella frase. Era una delle frasi che più le davano sui nervi. Non era mai un onore averla lì. Era solo una frase fatta che aveva sentito un miliardo di volte e che le dava sempre più fastidio. Soprattutto quando era qualcuno dello S.H.I.E.L.D. a pronunciarla.

“Sì, sì, ovvio. Tanto non ho avuto voce in capitolo.” Gli aveva tuttavia stretto la mano quando l’agente gliel’aveva porta. Poteva essere civile anche se non voleva assolutamente partecipare a tutto quello. Non voleva lavorare per Fury. Non voleva dover stare sospesa in aria con Steve così vicino. Non era sicura che avrebbe mantenuto l’autocontrollo. Sarebbe bastata una parola di troppo. Un solo gesto. E qualcosa si sarebbe rotto di nuovo e loro avrebbero urlato. Perché facevano così.

“Mi permetta di aiutarla.”

“Aiutami con quella.” Aveva fatto un gesto con la mano, indicando la custodia in metallo alle sue spalle. Aveva notato l’agente fare una smorfia. E lei aveva sorriso perché quell’uomo non sapeva come dirle che non poteva portarsi dietro un’armatura. Perché era chiaro che quella fosse una delle sue armature. Non poteva essere diversamente.

Senza aggiungere una parola era salita sul quinjet. Aveva lasciato a terra il proprio borsone mentre si guardava attorno. Aveva lavorato lei stessa ad alcune parti di quel quinjet, ma era la prima volta che ci saliva. Di solito Coulson la veniva a prendere con dei SUV di dubbio aspetto. A volte le sembrava quasi la stessero per rapire.

“Abbiamo recuperato Stark. Ora vi raggiungiamo.”

Aveva guardato il pilota che non l’aveva degnata di uno sguardo. Almeno lui sembrava non sopportarla dal principio, non come quel poveretto che aveva spinto l’armatura sul quinjet e ora la guardava. Doveva dirle qualcosa, ma con molta probabilità non sapeva come fare. Spesso le persone non sapevano come dirle le cose, e ne era divertita visto che era solo una giovane donna.

“Credevo sarebbe venuto Coulson a recuperarmi.” Si era seduta e aveva guardato l’agente che era stato gentile con lei. Questi continuava a guardare la cassa metallica.

“E’ già sul Helicarrier. Doveva accompagnare il capitano Rogers.” L’aveva guardata allora, dopo aver pronunciato il nome di Steve. Sembrava volesse dirle qualcosa, ma gli mancavano le parole. O forse era qualche petegolezzo succoso.

“Cosa c’è, agente K? C’è qualcosa che devo sapere prima di salire sul quel Helicarrier?”

“Molto probabilmente ci sarà anche l’agente 13 a bordo.”

Questo non lo aveva previsto. Non ci aveva neppure pensato, neanche per un attimo se doveva essere sincera con sé stessa. Ma era abbastanza logico.

“Agente, io devo solo chiudermi in un laboratorio e rintracciare il Tesseract. Poi me ne potrò tornare nella mia bella torre e continuare a giocare ad essere Iron Woman.” Aveva recuperato il tablet dal proprio borsone e avrebbe fatto finta di lavorare. Doveva fare qualcosa. Tutto pur di non continuare a parlare con quell’agente. Non voleva pensare al fatto che avrebbe dovuto lavorare accanto a Steve e alla sua nuova ragazza. Questo era troppo per lei.

Era entrata nel database dello S.H.I.E.L.D., ma non riusciva a trovare nulla di anomalo nel mondo. Chiunque avesse rubato il Tesseract, stava mantenendo un profilo basso dopo aver attaccato la base in cui era custodito. Erano svaniti nell’ombra. Questo sconosciuto di nome Loki, il dottor Selvig, e diversi agenti dello S.H.I.E.L.D..

C’era qualcosa di strano. Non stava succedendo nulla. Non un morto. Non un attacco a qualche sede diplomatica in giro per il mondo. Non un solo massacro. Per cosa diavolo avevano rubato il Tesseract? E per cosa lo stava usando lo S.H.I.E.L.D.? Erano dati così criptati che non riusciva ad accedervi e questo la innervosiva. Non le piaceva lavorare con così tanti punti di domanda in testa. Aveva bisogno di avere quasi tutti i dati di fronte agli occhi per poter lavorare e giungere velocemente alla soluzione. Aveva bisogno di farlo velocemente. Voleva solo tornare nella sua bella torre e chiamare Johnny Storm per passare un weekend piacevole. Nulla di più.

“Il dottor Banner è già arrivato?” Non aveva spostato lo sguardo dal file che stava leggendo. Nulla. Non c’erano notizie di alcun tipo. Sperava davvero che Bruce Banner riuscisse a localizzare il Tesseract anche senza il suo aiuto. E lei si sarebbe solo nascosta da qualche parte cercando di evitare tutti.

“Sì, signorina Stark. E’ arrivato stamattina assieme all’agente Romanoff.”

“Questo lavoro sarà come una gita all’inferno.” Aveva chiuso gli occhi facendo un lungo sospiro. Non doveva accettare. Non doveva affatto accettare tutta questa messinscena lavoro di consulente. Doveva tenersene il più lontano possibile.

Solo che non aveva potuto. Aveva accettato anche per Steve, per poterlo aiutare quando serviva. Per essere sempre sul pezzo e non essere lasciata in disparte. E aveva funzionato all’inizio. Aveva funzionato sul serio e le cose erano andate bene.

Aveva sospirato quando il silenzio appena creatosi era stato interrotto da una comunicazione dal Helicarrier. Qualcosa stava succedendo a Stoccarda, in Germania. Rogers e Romanoff erano diretti lì, aveva sentito. E la cosa non la doveva toccare minimamente. Lei era lì solo per essere consultata e per dare fastidio a tutti. Non doveva interessarle nulla di più.

Salire sul Helicarrier. Localizzare il cubo. E tornare a casa.

Il piano era semplice e molto lineare. Per questo si stava maledicendo per essersi alzata dal sedile e aver aperto la cassa con l’armatura.

“Signorina Stark, cosa crede di fare?” La voce allertata dell’agente che l’aveva accolta la raggiunge subito. Lo aveva sentito alzarsi e avvicinarsi a lei, ma lo ignorava. In questo era sempre stata brava.

“Vado a Stoccarda, no? Potrebbero avere bisogno di una mano.” L’armatura aveva iniziato a comporsi attorno a lei e l’interfaccia si era subito acceso.

“Non credevo di rivederla così presto, signorina. Come posso aiutarla?”

“Anch’io speravo di liberarmi un po’ più a lungo di te, J.”Aveva sorriso, quasi confortata, quando J.A.R.V.I.S. aveva parlato. “Ho bisogno di un piano di volo per Stoccarda subito.”

“Signorina Stark! Lei non è autorizzata a scendere in missione! Dobbiamo portarla sul Helicarrier e sottostare agli ordini del colonnello Fury!”

Si era voltata quando l’agente le aveva messo una mano sul braccio, per cercare inutilmente di fermarla. E il pilota la stava guardando malissimo. Ancora.

“Da quello che mi risulta Natasha Stark non è autorizzata. Ma a me non piace essere  un burattino nelle mani di Fury e Iron Woman è una donna libera che Fury voleva nella sua squadra e che ora uscirà da questo coso con o senza il vostro aiuto. Quindi vi pregherei di aprire lo sportello posteriore in modo che io possa raggiungere la Germania il prima possibile e sistemare il cattivo di turno.”

“Non è autorizzata! Sul luogo sono stati mandati degli uomini. Lei si tolga l’armatura e torni a sedersi subito.”

“Non mi piace ricevere ordini. E’ una cosa che sopporto davvero male.” J.A.R.V.I.S. si era introdotto nel sistema operativo del quinjet e aveva aperto il portellone per lei. Copiando il miglior saluto militare che aveva visto fare a Rhodes aveva saltato dal velivolo. L’intelligenza artificiale aveva già impostato il percorso per la Germania e lei doveva solo godersi il viaggio, cercando di non pensare troppo.

Era una missione. Come quelle che aveva fatto in medioriente. Arrivare, colpire, tornare a casa. Era molto semplice ciò che doveva fare. Davvero molto semplice anche se il nemico, secondo Fury, non era di questo mondo.

“Signorina, stiamo per giungere a Stoccarda. Il capitano Rogers ha ingaggiato una battaglia con il nemico e l’agente Romanoff controlla la situazione da un quinjet.”

Aveva ascoltato J.A.R.V.I.S. darle tutte le informazioni che le servivano. Un morto. Qualche ferito. Steve e la Romanoff già sul posto. Altri agenti dello S.H.I.E.L.D. erano diretti sul posto.

“Oh, non mi dire che ha quella tutina imbarazzante addosso?” Aveva sorriso mentre J.A.R.V.I.S. proiettava il filmato di ciò che stava succedendo a Stoccarda.

“Se avesse ascoltato l’agente Coulson, il mese scorso le aveva detto che avevano intenzione di far tornare Capitan America alla ribalta alla prima occasione utile.”

“No, non lo stavo proprio ascoltando. Sai che ho un filtro quando si parla di Steve.” Non riusciva però a non sorridere mentre lo guardava combattere con la sua bella tutina bianca rossa e blu e lanciare il suo scudo contro il nemico. Si sentiva di nuovo come la bambina che aveva passato troppe ore a guardare vecchi filmati in bianco e nero. “J., metti su un po’ di musica e facciamo sapere a tutti che sono arrivata.”

“Il direttore Fury non ne sarà molto felice, me lo lasci dire.”

J.A.R.V.I.S. era entrato nel sistema operativo del quinjet senza alcun problema. Del resto li aveva progettati lei stessa e nessun altro ci aveva messo sopra le mani.

“Ma che diavolo…?”

Aveva sentito mormorare Natasha Romanoff e aveva sorriso. Le piaceva fare entrate ad effetto quando nessuno se lo aspettava.

“Agente Romanoff, hai sentito la mia mancanza?”

“Se le dicessi di sì, mi crederebbe?”

Aveva sorriso di più e avrebbe davvero voluto crederle. Natasha Romanoff era quello che più si avvicinava ad una amica. Pepper non valeva. Pepper, come Rhodes, avevano superato il concetto di semplice amicizia.

“Forse.”

Capitan America combatteva sotto di lei con un essere dalle lunga corna dorate e non voleva chiedersi cosa fosse. Credeva di aver visto abbastanza cose strane negli ultimi anni. Aveva avuto a che fare con diversi tipi di criminali. Alcuni dei quali palesemente degli psicopatici. Come Victor von Doom che aveva deciso di schierarsi dalla parte dei cattivi e cercare di distruggere i Fantastici 4.

Aveva osservato Steve per un attimo ancora prima di dare il proprio supporto bellico e attaccare. E stranamente non era stato affatto difficile. L’aveva stupita il modo in cui il nemico avesse fatto scomparire la propria armatura, come se fosse olografica. Ma non sembrava avere dispositivi tecnologici addosso. Almeno J.A.R.V.I.S. non li aveva rilevati.

Era rimasta in piedi, puntando ancora i propulsori e qualche razzo contro il tizio seduto per terra, quando Steve Rogers l’aveva affiancata. Aveva l’istinto di voltarsi subito verso di lui. Una volta lo avrebbe fatto. Avrebbe cercato subito i suoi occhi.

Questa volta era rimasta ferma. Immobile come una statua anche se non era affatto tranquilla.

Quella era la prima volta in cui si trovavano così vicini da quando avevano rotto, e lei non era brava in questo tipo di situazioni.

“Signorina Stark.”

“Capitano.”

 
   
 
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