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Autore: DARKOS    05/09/2018    2 recensioni
Il ritorno della mia storia ambientata in un ipotetico futuro rispetto alla saga principale, dove i vecchi personaggi ormai cresciuti fanno da guida ai nuovi, mie creazioni. Decenni dopo la battaglia finale, un nuovo Ordine del Keyblade è sorto e starà alle nuove generazioni muoversi al suo interno, e sostenerlo contro le nuove minacce che incontreranno.
Già tentata in passato, spero adesso di renderle più giustizia e portarla a compimento.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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Per chi avesse letto la prima versione: salvo qualche leggera modifica ai dialoghi e qualche descrizione in più, la storia procede pressapoco come nella versione precedente fino al capitolo 9 escluso.

1) Episodio Zero


Anno 2613, Quinto Periodo

Questo fu l’anno durante il quale ebbe luogo la battaglia finale tra i Guerrieri della Luce e i Cercatori Oscuri. Molte verità e molti segreti vennero alla luce in quei giorni turbolenti, ma è una storia da riservare per un altro momento. Il giorno della disfatta del vecchio Maestro Xehanort fu in seguito segnato come l’inizio del Sesto Periodo, e il numero degli anni si azzerò.
[Storia dell’Ordine, capitolo XXV]

Anno XX18, Sesto Periodo

Le urla strazianti di Kairi si facevano sentire per tutto il castello. Sora passeggiava irrequieto, e perfino Riku non conservava la sua solita calma.
“Starà bene?” Chiese Sora per l’ennesima volta. Terra sorrise: l’amico poteva anche essere cresciuto esteriormente, ma dentro di sé conservava sempre il solito cuore premuroso e l’animo inquieto. Comunque, stavolta poteva capirlo.
“Aqua è con lei. Se la caverà, vedrai. Se andrà storto qualcosa, la sua magia rimedierà.”
Sora annuì, per nulla rincuorato, e continuò la sua ansiosa marcia.
Un altro urlo lacerò l’aria. Ventus sobbalzò, prima di rimettersi a sedere e riprendere la lettura del suo libro, simulando indifferenza: cercava sempre di comportarsi da adulto in presenza dei suoi colleghi “più giovani”.

Ma la tensione era comprensibile: gli eventi passati avevano annullato le differenze di età fra di loro e Terra era l’unico ad essere già passato per questo faticoso rito, eccetto Aqua che oltre al saperlo l’aveva anche sperimentato sulla propria pelle. Ragione di più per averla accanto a Kairi in un momento simile.
Un altro grido, e poi silenzio prolungato. Una pausa così lunga non si era mai sentita fino a quel momento.
Nessuno osava anche solo pensare lo scenario peggiore. Sora era fermo e immobile come una delle statue della sala.
Dopo quella che parve un’eternità, Naminé scese dalla scalinata principale, il vestito macchiato di sangue, ma un enorme sorriso stampato sul volto.
“Siete qui! Venite su, presto!”
Gli uomini salirono i gradini ed entrarono nella sala. Kairi si trovava abbandonata sul letto, madida di sudore e con una grande chiazza rossa tra le lenzuola all’altezza delle gambe. Aveva gli occhi chiusi e respirava leggermente.
“Il parto l’ha stremata, ma c’era da aspettarselo.” Aqua sostava a un tavolinetto accanto a lei, serena, reggendo in mano un fagotto.
Sora fece un timido passo verso di lei. “Aqua… quello… è lui?”
Lei gli sorrise. “Lui” e scostò un lembo del fagotto “O meglio, loro.”
Davanti al Maestro stavano due bambini quasi perfettamente identici, tranne che nell’atteggiamento. Uno piangeva come tutti i neonati, l’altro guardava il papà con uno sguardo attento e indagatore, quasi stesse valutando se il suo genitore fosse alla sua altezza.
“Il frignone è un maschio, la scrutatrice una femmina” rise la Maestra che li teneva. “Sono gemelli eterozigoti, un caso davvero raro.”
“I miei figli…” Sora si girò verso gli amici. “I miei figli!”
Lea lo sostenne per un braccio. “Complimenti, vecchio mio. Ora però tirati su: non vorrai che il primo ricordo dei bambini sia il loro padre in lacrime, no?”
Sora annuì, e tutti si strinsero per osservare meglio questi due nuovi doni della natura. Riku però partecipò poco alle feste, e scuro in volto prese il neo-papà per un braccio, portandolo in un angolo della sala.
“Congratulazioni, Sora. Questo è il tuo- il giorno tuo e di Kairi e non vorrei rovinarlo per nulla al mondo. Ma…”
“Me ne sono accorto, Riku.” Sora era ancora palesemente agitato, ma non gli era sfuggito il tremendo dettaglio appena aveva posato lo sguardo sulle due creature. “Ma non è il caso di farsi prendere dal panico. Non credo siamo in una situazione che richieda intervento immediato, e poi… magari non significa niente? Io non sono certo un esperto di gemelli, e tu?” Si esibì in una smorfia tirata che voleva essere un sorriso.
Riku decise di non obiettare. La semplicità e l’ottimismo del suo migliore amico si erano rivelati corretti in passato, e sperava con tutto il cuore che fosse lo stesso anche per quella volta. “Va bene. E riguardo alla casa natale, immagino tu sia ancora deciso.”
Sora annuì. “Hanno diritto ad un’infanzia, anche se la propensione per il dono è già presente in loro.”

Anno XX28, Sesto Periodo

“Ahahahah! Ho vinto di nuovo!”
Mizumi si ergeva sopra Kazeshi, riverso nella sabbia. La sua spada di legno era a pezzi, spaccata a metà dopo un gioco particolarmente violento.
“Non è giusto, Mizu! Avevo il sole negli occhi!”
“Non vedo come sia colpa mia se sei uno scarso combattente, Kaze. E poi davvero cerchi pretesti quando perdi contro tua sorella? Sii uomo!”
Una mano si posò sulla bambina, scompigliandole i capelli con fermezza ma senza farle male.
“Ahi, mamma!”
“Quante volte ti ho detto di essere gentile con tuo fratello?”
Kairi indossava un completo bianco, che però catturava i riflessi del sole e assumeva tinte rosate. I capelli normalmente sciolti erano raccolti in una crocchia per non crearle problemi mentre si destreggiava tra la vegetazione dell’isola. I piedi nudi, come li portava chi in luoghi simili era nato e cresciuto e non aveva paura della sabbia cocente. Sarebbe potuta passare per una popolana come le altre, se non fosse per lo scintillante anello che portava all’anulare, anello che nessun orefice di villaggio poteva riprodurre. Ma non avrebbe mai potuto rinunciare ad esso.
Poggiò il cesto pieno di conchiglie a terra e aiutò Kazeshi a rialzarsi, e ammonì entrambi i suoi figli fingendo irritazione.
“E avete di nuovo rotto una spada? Così vi farete male! Vi ho detto di andarci piano! Vostro padre e vostro zio Riku se le suonavano, ma non cercavano di uccidersi.” ‘Non da piccoli, almeno.’
“Io le ho detto di aspettare un attimo, ma non ha voluto darmi retta…”
“Chi mai si fermerebbe in battaglia solo perché l’avversario ha detto ‘Tregua!’?”
“Ma noi non siamo in battaglia!”
“Sì, invece!”
Kairi capì cosa intendeva dire la figlia. “A quanto è arrivato il vostro punteggio?”
“Siamo ventitré a ventuno per me. Sulla corsa invece, trenta pari.”
“Solo perché mi trattengo, o tu non la finiresti di lamentarti.”
“Sbruffone. Dimostramelo! Possiamo mamma?” Mizumi la guardò con due occhi da cucciolo abbandonato.
‘Ma che attrice.’ pensò Kairi divertita. “Beh, non me ne voglio andare subito. Immagino che potrei godermi un po’ le onde mentre arrivano a prenderci.”
I due monelli erano già corsi via, diretti alle piattaforme di legno per mettersi alla prova.

Le Isole erano davvero il posto migliore per far crescere un bambino, pensò la donna. Sora aveva insistito tanto per quella sistemazione, e d’altronde lei era d’accordo. Purtroppo questo significava che non potevano stare sempre assieme, visti i suoi impegni nel resto del cosmo, ma per i loro tesori era un sacrificio tollerabile. Era solo preoccupata che Kaze e Mizu non avessero passato abbastanza tempo col loro papà, e che questo possa aver avuto ripercussioni sulla loro crescita, ma sapeva di non poterli proteggere in eterno, specie da un destino come il loro. E ormai era giunto il momento…
Quasi a leggerle nel pensiero, un portale oscuro si aprì alle sue spalle. Lei percepì il suo cuore anche senza voltarsi.
“Non pensavo saresti venuto tu. Odi avere a che fare con i bambini.”
Vanitas incrociò le braccia dietro la testa. “Ordini dall’alto, quando il grande capo chiede c’è poco da fare. I nanerottoli dove sono?”
“Stanno giocando. Arriveranno a breve, credo.”
“Mh. Beh, sarà la loro ultima vacanza qui, quindi immagino posso chiudere un occhio.”
Vanitas si distese sulla spiaggia, vicino alla riva. Kairi lo guardò: era passato così tanto tempo, eppure a volte ancora rivedeva in lui il loro vecchio avversario. Trovarselo davanti dopo la battaglia fu una sorpresa per tutti. Aqua, e in seguito anche Sora, avevano deciso che meritava un’altra opportunità a una vita che non aveva mai avuto e lo accolsero nei loro ranghi. E visto quanto era successo con la stessa cerulea, ci fu ben poco spazio per recriminare.
Non sarebbe neanche servito: Vanitas si era integrato bene, sopportando ostilità e diffidenze con la forza interiore che lo contraddistingueva, e il suo operato così come la sua natura risultarono efficaci in più di un’occasione. Più sorprendente fu la sua scelta in materie più personali, ma a pensarci poi molto azzeccata secondo Kairi.
I gemelli tornarono presto, ansimanti e un po’ sudati. A giudicare dal broncio di Mizumi, Kazeshi non si era vantato a vuoto prima.
“Bambini, siete pronti? Vanitas è venuto a prenderci. Vi ricordate di lui, no?”
I suoi figli rimasero in silenzio: evidentemente l’adulto silenzioso e dallo sguardo cupo li spaventava ancora un po’. Mizumi mantenne lo sguardo, Kazeshi si mise dietro le sottane della madre.
Kairi prese entrambi i pargoli e li voltò verso l’oceano, lì dove si intravedeva anche la sagoma dell’isola principale e del villaggio. “Abbiamo passato molto tempo qui, e sebbene avete dimostrato molta fretta nel partire, imprimete questa visione nei vostri cuori. Questa è casa, e lo sarà sempre quando vorrete farvi ritorno.” Kazeshi tirò su col naso, Mizumi celò le sue emozioni dietro una maschera impassibile.
“Per il momento però, andrete altrove,  e io mi concentrerei più su quello.” Vanitas riaprì il portale, allargandolo secondo le esigenze del gruppetto. “Coraggio, dentro.”

Il portale li avvolse nelle tenebre più profonde. Tentacoli di Oscurità si dipanarono in mezzo a loro, tastando l’aria. Kairi ci era già passata e si fidava dell’amico, ma le brutte esperienze passate le provocarono comunque dei brividi: non amava l’Oscurità, anche quando c’era un Manipolatore a plasmarla e a renderla inoffensiva.
Fortunatamente, il viaggio fu breve e dinanzi a loro si materializzarono le torri familiari dell’Accademia. Beh, familiari per quasi tutti.
“Mizu, guarda! Un castello! È più grande perfino del municipio!”
“Non lo so se è più grande. Ma è di sicuro più bello.”
“Non farti sentire da Topolino o dallo zio Paperino, amore. Anche loro hanno un castello, e un giorno potresti voler fare attenzione a quale loderai di più.” Commentò Kairi divertita.
In quel momento si aprirono le porte e emerse un’alta figura, con alcune parti di armatura addosso.
“Riku.”
“Kairi. Che bello rivederti. E anche a voi due monelli, ovviamente.”
I gemelli salutarono Riku con molta più confidenza. Mizumi specialmente, lo abbracciò forte circondando la gamba dell’uomo, mentre Kazeshi si limitò ad un sonoro saluto.
“Ne è passato di tempo, ma ora eccovi qui. Benvenuti nella vostra nuova casa.” 
   
 
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