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Autore: inunotaishobae    13/09/2018    5 recensioni
“In me hai una confidente, se lo vorrai” – sussurrò di nuovo lei.
Sesshomaru sorrise, perché lei non sapeva che l’aveva cercata per così tanto, e averla trovata si era rivelato semplicemente meraviglioso.
E trovarsi solo, in quel momento, dopo aver rispolverato un ricordo a lui così caro, gli parve più doloroso che altro. Non riusciva quasi più a darsi pace, camminava angustiato per le strade, rivedendola in ogni creatura e oggetto grazioso.
disclaimer: i personaggi presenti in questa storia non appartengono a me, ma all'opera InuYasha, di Rumiko Takahashi.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rin, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome, Rin/Sesshoumaru
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Teneri raggi di un sole caldo e più forte di quello che di solito lo svegliavano al mattino si fecero sentire, quasi a voler far rinvenire il suo corpo spossato. Era riuscito a dormire per appena due ore consecutive, scoprendo il proprio corpo indolenzito e privo di quelle braccia sottili a cinge il proprio busto. Al loro posto, una camicia sgualcita. Sospirò malinconico; a quanto pare nemmeno dormire aveva alleviato il suo senso di colpa. Si alzò lentamente, sgusciando via dal letto riluttante, perché il cuscino di lei aveva ancora quel dolce profumo e a lui di lasciarlo proprio non andava. Difatti lo trascinò con sé fino alla cucina, pensando come un demone della sua stazza e nobiltà potesse essere caduto così in basso: così innamorato da aver perso la ragione. Si fece coraggio ed afferrò una mela, divorandone solo metà prima di lasciarla per rinchiudersi in bagno.

Non che andare al mare fosse tra le sue attività preferite, ma a quel punto, mentre sprofondava col viso nella federa del cuscino per recuperare ancora quel profumo, farlo gli parve la cosa più normale e necessaria del mondo tutto. Si affrettò, preso da un impeto di grande ira - chiamiamola così; che quell’esserino inutile avesse osato toccare la sua Rin? Avrebbe sgozzato Kohaku a mani nude se avesse sentito anche solo la più piccola traccia del suo odore su di lei.

Ah, questo era il giusto ed ennesimo incentivo per darsi una mossa. Uscì di casa appena qualche minuto più tardi, seguendo la traccia distinguibile di acqua salata che proveniva dal piccolo paesino di villeggiatura che Sango aveva reputato perfetto per trascorrere le vacanze tutti assieme – e a Sesshomaru non andava nemmeno bene tutta quella folla, avrebbe voluto trascorrere le sue meritate ferie assieme a sua moglie da solo. Tutto ciò che aveva ottenuto era un appartamento da condividere solo con lei. Meglio di niente – sì,  ma se lei nemmeno c’era in quella casa! Accidenti.
L’accento pesante della gente originaria del paese gli parve quasi musicale – erano tutti così presi dalla propria vita da non accorgersi dei suoi tratti orientali e dell’insolito colore dei suoi capelli. Possibile che nessuno vi facesse caso? Era vero che il ventunesimo secolo gli era sempre parso ricco di stranezze e ragazzini dalle chiome verdi e blu, pur essendo semplici cuccioli d’uomo. Sesshomaru si guardò attorno un po’, i palazzi ancora di stampo antico, di epoche che lui aveva visto nascere e morire; odori tradizionali, che in Giappone non sentiva ormai da decenni; le voci che si sovrapponevano caoticamente, e il suono ben distinguibile delle onde scrosciare sulla sabbia umida.

Ma del suo profumo nessuna traccia. Sentiva l’odore di Kagome, mischiato appena a quello del suo fratellastro, e gli venne in mente che l’unica cosa plausibilmente logica da fare era andar loro incontro per avere informazioni – di certo Rin non era con loro, altrimenti ne avrebbe percepito l’odore.

Li vide in lontananza, fermi davanti ad una caffetteria mentre ne ammiravano la vetrina ben fornita, le cui prelibatezze avevano un odore semplicemente sublime – per Sesshomaru, appena mediocre. Preferiva quando Rin preparava per lui il suo fantomatico tortino al cioccolato dal cuore caldo, forse unico dolce di natura umana che davvero gradisse; la casa intera profumava di cioccolato ogni qualvolta lei decidesse di farne uno, e tornato da lavoro capitava almeno tre volte al mese che questo accadesse. La trovava in cucina tutta speranzosa nell’attesa che si cuocesse, tirando lo fuori per scoprire se il cuore caldo ci fosse davvero. Prendeva un cucchiaino e picchiettando la superficie morbida del soufflé ne rompeva il tenero guscio, per rivelare una cascata fumante di dolcissimo cioccolato, che poi raccoglieva attentamente fino a portarlo alla bocca del demone per domandargli cosa ne pensasse. E lui si beava di quelle dolci attenzioni, che non avrebbe mai e poi mai pensato di apprezzare – ma col passare del tempo aveva capito che il suo animo si era ammorbidito sufficientemente, almeno abbastanza da rendersi conto che le numerose parole che suo padre aveva speso riguardo gli umani e che lui non aveva mai compreso erano chiare: era vero che la differenza tra un demone e un umano era abissale, eppure aveva visto suo padre cadere vittima del fascino di una donna mortale, la cui esistenza sarebbe appassita come un fiore prima che lui potesse accorgersene. E quando aveva domandato a suo padre il motivo di quella relazione, il vecchio non era stato capace di dar lui una risposta delle solite, pronunciandosi appena in un perché adesso me lo chiede il cuore, non l’istinto di sopravvivenza. Izayoi somigliava davvero poco a Rin: non era testarda, né aveva poi così tanto carattere, ma era estremamente innamorata di Toga, e lo amò fino al suo ultimo respiro, amò il frutto della loro unione, un mezzo-demone, che Sesshomaru, col passare dei secoli, aveva visto cambiare e maturare, sospendere quell’atteggiamento egoistico dettato dalla necessità di proteggersi dal mondo, che pareva non avere un posto per lui.

Rin era audace, sicura, saggia, attenta ai particolari e amante delle cose semplici, una creatura felice, che con un demone del calibro di Sesshomaru non c’entrava assolutamente nulla. Eppure lei era innamorata di lui tanto quanto lui lo era di lei. E Sesshomaru aveva trovato in quella dolce donna il suo succulento e pacifico luogo di sostentamento, tranquillità e amore, una casa, un’anima grande capace di placare il suo spirito in costante agitazione, alla ricerca di chissà chi e che cosa.
InuYasha si voltò a guardarlo qualche attimo più tardi mentre si avvicinava, avendo fiutato il suo odore.
Lo guardò. “Sesshomaru” – fece, aggrottando le sopracciglia. “Spero tu abbia una spiegazione per cui quella ragazza ieri sera è venuta da noi piangendo a dirotto” – ringhiò, sporgendosi in avanti minacciosamente.

“Non devo spiegazioni, non a te, e soprattutto non riguardo me e la mia compagna” – fece serio, le braccia conserte vicine al petto. “Lei dov’è” – fece suonare la sua domanda più come un’intimazione, stringendo gli occhi in due fessure.
“Suppongo si trovi nel mio appartamento, Kohaku era con lei per tenerle compagnia-”

Un forte tonfo gli bloccò il respiro, la sua schiena era schiacciata contro il muro e delle dita dotate di artigli gli avevano afferrato il colletto della camicia. Osservò gli occhi di Sesshomaru spalancarsi e le sclere sfumare in un rosso terrificante.
“Maledetto mezzo demone” – mugugnò, serrando la mandibola prima di spingerlo maggiormente contro il muro. “Hai avuto il coraggio di lasciarla da sola con quello squallido essere umano, cosa ti è passato per quella testa sudicia e malata?” – ringhiò, un suono sinistro, quasi un rantolìo profondo, proveniva dal profondo dalla sua gola, rendendolo, se possibile, ancor più spaventoso.

InuYasha aveva avuto in diverse occasioni la possibilità di vedere il suo fratellastro innervosirsi, ma mai in quell’epoca: scomporsi così tanto davanti ad un gruppo di umani abbastanza vasto non era da lui. Lo guardò per un attimo quasi destabilizzato, non sapendo come reagire ad una folla così grande e soprattutto straniera: non aveva idea di come avrebbe potuto spiegare cosa stesse accadendo, né avrebbe avuto modo di tranquillizzare i passanti più spaventati dallo sguardo intimidatorio di Sesshomaru.

“Togli subito i tuoi artigli da me e va’ da lei, piuttosto. Stai dando spettacolo” – mormorò dopo aver ripreso un po’ il controllo della situazione, osservando – segretamente sollevato – lo sguardo di Sesshomaru tornare alla normalità, con le solite striature magenta sugli zigomi e gli occhi sottili e taglienti nel loro solito cruccio.

Venne abbandonato con freddezza dalla mano del demone, cadendo al suolo inerme. Lo vide appena volatilizzarsi per recarsi probabilmente nell’appartamento dove Rin, attanagliata dalle provocazioni di un Kohaku che non mollava la presa nemmeno per idea, lo aspettava ormai da ore.
Kagome lo guardò sospirare mentre si tirava su, ridacchiando un po’. “Sembravi così smarrito, per un attimo” – lo canzonò, per poi afferrargli la mano per continuare la loro passeggiata mattutina.

InuYasha corrugò la fronte, come sorpreso dalla reazione della sua compagna. “E tu non hai fatto assolutamente niente per darmi una mano, sei davvero di grande aiuto!” – la ammonì, terminando la sua frase con uno sbuffo infastidito.

“Non vi era alcun bisogno di fare qualcosa” – gli rispose, mantenendo la sua borsa saldamente sulla spalla. Gli occhiali da sole mantenevano alcuni ciuffi di capelli lontani dal suo viso.

“Ma dico, lo hai visto? Era completamente impazzito, stava per staccarmi la testa a morsi!” – fece, gesticolando con una mano.
Kagome scosse la testa, sorridendo. “Beh, a volte è anche giusto che lui se la prenda un po’. Altrimenti come potrebbe rendersi conto di quanto è davvero innamorato?”

InuYasha si ammutolì, riflettendo sulle parole di Kagome per un bel po’, prima di rinunciare all’ardua impresa e continuare ad assecondare i crucci della ragazza riguardo ogni singola vetrina passasse sotto il suo sguardo.

Nel frattempo, un Sesshomaru tremante dall’ira inspirava vorace il profumo di Rin nell’aria salmastra del piccolo paesino, notando con disgusto l’odore pessimo di quella maledetta feccia umana. Si fece spazio tra la folla, e prima di bussare alla porta dell’appartamento al cui interno lei si nascondeva da lui, fece presto a trovare la finestra che affacciava proprio sulla stanza dove lei, con gli occhi gonfi, le labbra pulsanti e il naso arrossato, se ne stava rannicchiata sul divano, le braccia ad avvolgere le gambe. Il cuore del demone non poté fare a meno di stringersi alla visione di quella che aveva sempre considerato essere la donna più forte e sicura di sé che avesse mai conosciuto struggersi per colpa sua. E la rabbia che provava poco prima per la scelta discutibile del mezzo-demone di lasciarla sola in compagnia di un simile soggetto, che la guardava come fosse una preda dall’altra parte della stanza, sicuramente cercando di approfittare di quel momento di vulnerabilità, fu sostituita da quel ormai ben noto senso di colpa che mai e poi mai sarebbe stato capace di scrollarsi di dosso.

Lei non si era accorta della sua presenza, e dunque si prese un po’ di tempo per riflettere su quali parole usare per cominciare una conversazione con quella che solo ventiquattr’ore prima era la sua più grande confidente, con cui non aveva mai calibrato i termini, né usato giri di parole di alcun genere.

Sesshomaru si fece forza – una cosa che non avrebbe mai pensato di necessitare, un giorno – e con pochi passi raggiunse l’entrata, bussò un paio di volte sulla porta d’ingresso e fu accolto da una faccia disgustosa. “Sesshomaru” – fece solo il ragazzo, dopo aver alzato leggermente il capo per incontrare gli occhi del demone.

“Togliti di mezzo” – fece schietto, cercando di entrare senza dover interagire ulteriormente con persone particolarmente indesiderate.

Ma Kohaku non era poi così astuto, e pensò bene di fermare i suoi passi poggiando una mano sull’ampio e robusto petto di Sesshomaru. “Non credo sia una buona idea, Rin non vuole vederti-”

Fu fermato immediatamente da uno strattone, e Sesshomaru in appena tre falcate si trovava già nella stanza dove Rin, ancora accucciata su se stessa, lo guardava insofferente, impietosa. La fissò per svariati attimi, prima che Kohaku irrompesse nuovamente blaterando sciocchezze su come lui avrebbe dovuto lasciare subito l’appartamento, e prima che Sesshomaru potesse agire d’istinto ci pensò Rin a congedarlo.

“Kohaku, va’ a fare due passi, io e Sesshomaru dobbiamo parlare” – fece, aggiustandosi più tesa sul divano.
Kohaku a quel punto decise di interrompere le sue filippiche – vane in ogni caso – e di dare ascolto alla ragazza; uscì silenziosamente, col viso cupo e le spalle basse.

Sesshomaru a quel punto tornò a guardarla, restando in piedi, immobile. Non sapeva se avvicinarsi a lei o se restare lì, e purtroppo non sapeva nemmeno più quali fossero le parole che poco prima aveva pensato e messo insieme; vederla era stato quasi destabilizzante, perché aveva sempre pensato che lui sarebbe stato colui che l’avrebbe protetta da chiunque e da qualsiasi cosa, ma l’unica persona che davvero le stava dando pena era lui.

“Speravi di cogliermi in flagrante mentre ti tradivo con Kohaku quando appena cinque minuti fa mi stavi fissando dalla finestra?” – gli domandò freddamente. “Cercavi forse un motivo per odiarmi?”

Sesshomaru sentì un calore sgradevole avvolgergli lo stomaco: non gli era mai piaciuto quel tono accusatorio, né aveva mai particolarmente prediletto quel tipo di insinuazione – specialmente da parte di Rin. Sospirò pesantemente, avanzando qualche passo nella sua direzione; non l’affiancò, si posizionò proprio davanti a lei, seduto con le gambe incrociate sul tappeto steso sul pavimento del salotto. “Non potrei mai odiarti, non dire sciocchezze”

“E allora perché non sei entrato e basta? Cosa stavi cercando di fare?” – lo incalzò, fissandolo truce.
Sesshomaru si sentì improvvisamente spogliato di quell’armatura lucente da grande demone, e pensate un po’, solo per una sciocca e semplice umana! Quale delusione, quale atrocità! Ma Sesshomaru non poteva farne a meno: anche lui era deluso di se stesso.

“Volevo vederti prima di doverti affrontare faccia a faccia” – fece con tono basso ma relativamente tranquillo, osservandola stropicciare tra le dita un fazzoletto usato. “Non avrei mai voluto farti sentire in questo modo” – aggiunse, incapace di reggere lo sguardo della ragazza mentre pronunciava le parole seguenti. “Sono dispiaciuto da morire, Rin” – soffiò con voce incrinata, avvertendo la gola stringersi e la bocca dello stomaco bruciare, le sclere degli occhi inumidirsi, le dita tremare e i suoi polmoni implorare per aria mentre si affaticavano in pesanti sospiri.

Non piangeva ormai da secoli, e sentirsi così debole e fragile era una sensazione estremamente scomoda per lui; inoltre non gli era mai successo di versare una lacrima davanti a qualcuno, e non avrebbe mai pensato che un giorno sarebbe capitato.

Il viso di Rin, poco prima contratto in un cipiglio appena pronunciato, si ammorbidì alla visione di quella scena che nemmeno nei suoi sogni più selvaggi avrebbe mai potuto immaginare. Si sentì quasi in dovere di accoglierlo tra le proprie braccia, perché sembrava realmente dispiaciuto di ciò che aveva fatto, e non era da lui mostrarsi così sensibile ai dispiaceri altrui. Inoltre, non lo amava meno di prima, né lo odiava, non era nemmeno arrabbiata. Lui rimaneva l’uomo più importante della sua vita, era impossibile costringerlo fuori dal suo cuore, e in tutta onestà, pensò lei, non avrebbe mai voluto che lui vi uscisse.

Scese dal divano, posizionandosi con le ginocchia sul pavimento per restare più sollevata, e circondò poco dopo le spalle di Sesshomaru con le proprie braccia, lo tirò a sé e solo a quel punto lo sentì scoppiare in mille e mille lacrime. La strinse a sua volta, barricando il proprio viso sulla spalla di lei, soffocando profondi singhiozzi su quella splendida e morbida pelle, il cui profumo gli era mancato da matti.

Pianse come un disperato per quelli che parvero lunghissimi minuti, non mancando di biascicare scuse a destra e manca, intervallati da dichiarazioni d’amore e ossequi di ogni genere, stringendo il corpo gracile della donna tra le sue braccia con maggior vigore ogni minuto che passava.

Quando ormai tutte le lacrime che aveva furono esaurite lei lo guardò, gli circondò il viso con le mani e con i pollici gli asciugò le guance, poi gli sorrise dolcemente. Vederlo così debole ed insicuro le fu sufficiente per capire che aveva imparato la lezione. Inoltre, non avrebbe mai pensato che un giorno lo avrebbe visto piangere, nemmeno per lei. Piacevolmente sorpresa, gli posò un dolce bacio sulla fronte, proprio sulla luna crescente che lei aveva sempre orgogliosamente evidenziato, successivamente lo sentì sprofondare sul suo petto mentre l’avvolgeva di nuovo con entrambe le braccia, come se avesse avuto paura che lei lo avrebbe lasciato di lì a poco.

“Sei la cosa più importante che io abbia mai avuto, non sarai mai al di sotto di nulla. Mi impegnerò a dimostrartelo più spesso” – sussurrò lui, lasciandosi cullare dai movimenti materni che lei stava utilizzando per calmarlo, chiudendo gli occhi per bearsi del tocco dell’unica donna che avrebbe mai desiderato.  

“Ne sono certa” – sorrise lei, posando altri baci tra i capelli del demone, prima che lui si sollevasse per schiudere quelle stesse labbra morbide tra le proprie, scoprendosi sempre più perdutamente, profondamente ed irrimediabilmente innamorato di lei.


A\N: ed eccomi di nuovo! Questa breve, brevissima storia si è conclusa così, come avevo già detto prediligo molto il romanticismo e il sentimentale come genere letterario quando scrivo, e credo che qui sia non evidente, evidentissimo! Spero che questi due brevi capitoli vi siano piaciuti e soprattutto che non siano stati troppo noiosi. Fatemi sapere il vostro parere, se vi va, con una recensione; leggere i vostri pensieri è sempre un piacere, per me. 
Un bacio e alla prossima! x
   
 
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