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Autore: inunotaishobae    17/09/2018    1 recensioni
Dopo aver vissuto per tutta la sua vita nella sua città natale, Rin trova finalmente il coraggio di raccogliere le sue poche cianfrusaglie e trasferirsi a Shibuya, quartiere di Tokyo, per raggiungere Kohaku, Sango e Miroku, amici di vecchia data. Ormai la sua casa è diventata dimora di fantasmi del passato che sembrano non volerle lasciare spazio per volgere lo sguardo al futuro, dunque allontanarsi sembra l'unica soluzione per trovare, dopo momenti oscuri, giorni più luminosi e floridi. Il suo carattere gioviale e affabile le servirà ad affrontare la sua nuova vita con coraggio e grande volontà.
Nel frattempo, un misterioso e meticoloso Sesshomaru si prende cura del suo giardino nella sua abitazione a Shibuya, in un vicinato tranquillo e silenzioso che sembra quasi assecondare la sua natura, così distante e apparentemente parallela a quella della giovane dal fare espansivo - o forse no?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rin, Sesshoumaru | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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“Si può sapere dove diamine è tuo fratello?”

Sesshomaru voltò appena lo sguardo, quel tanto necessario per incontrare gli occhi di sua madre, in piedi vicino al divano con le mani serrate in due pugni posizionati sui fianchi.  Con una scrollata di spalle tornò poi a leggere il suo libro, rendendo l’idea che lui, o perché non volesse saperlo o perché non lo sapeva davvero, non era assolutamente a conoscenza di dove si trovasse. Eppure una piccola, piccolissima vocina dentro la sua testa continuava a ripetergli che c’era qualcosa che avrebbe dovuto ricordare – ma a quel punto, non vi diede troppa importanza.

Quando ebbe l’impressione che le pagine sfogliate erano diventate più che sufficienti, e leggermente deconcentrato dal brusio di fondo in casa, si alzò dopo appena qualche minuto da quel breve scambio di sguardi; raggiunse sua madre, in cucina, ascoltandola parlare al telefono – e intuì dovesse trattarsi proprio di quel degenerato di suo fratello. Proprio mentre sentiva la sua voce provenire dall’altra parte del ripetitore qualcosa lo colpì come un proiettile sulla fronte: gli aveva detto che non sarebbe stato presente. E mentre tentava di gesticolare a sua madre che effettivamente aveva avvisato che non avrebbe preso parte alla cena di famiglia. Capì che sua madre avesse afferrato il concetto quando la vide riprendere la sua conversazione più animatamente di prima, blaterando ossessivamente rimproveri di ogni tipo.

La telefonata si concluse in malo-modo, inoltre Izayoi non era mai stata capace di farsi ascoltare dal suo figlio minore – Sesshomaru invece aveva sempre avuto un carattere mite ed obbediente, ma molto serio e poco incline all’eloquenza.

“Cos’è successo?” – Toga fece il suo ingresso nella sala da pranzo. Si guardò attorno per un attimo, poco dopo corrugò la fronte, come smarrito. “E dov’è InuYasha?”
Izayoi scosse la testa, iraconda e quasi fuori di sé, afferrando un mestolo da cucina. “Non me ne importa un accidenti, può anche non tornare in questa casa, per quanto mi riguarda” – era ovviamente una bugia; per quanto potesse arrabbiarsi, Izayoi amava i suoi figli più di qualsiasi altra cosa, e non sarebbe mai stata capace di tener loro il broncio per più di qualche ora. Ma era indubbiamente ferita da quel comportamento.
Sesshomaru non tornava spesso a casa, per via del suo lavoro e dei suoi studi, e quando accadeva sua madre pretendeva che almeno per una sera tutta la famiglia si riunisse per cena o per pranzo, avvisando con abbondante anticipo. InuYasha, difatti, era sempre stata una gran carogna in situazioni simili.

Toga rivolse un veloce sguardo a Sesshomaru, come a chiedergli cosa fosse successo. Il ragazzo fece spallucce, socchiuse gli occhi e cominciò a passare i piatti ai vari commensali. “Ha deciso di non presentarsi” – fece, e un grugnito di disappunto lasciò la bocca di sua madre.
Toga sospirò, scosse la testa per qualche secondo e raggiunse con la mano destra il mobile alle sue spalle, afferrò il suo cellulare e dopo qualche attimo la voce di InuYasha si rifece sentire.

“Ti rendi conto che questo tipo di comportamento non è affatto accettabile?” – fece subito lui, rilassando le spalle contro la sedia in legno di ciliegio, massiccia e laccata.
Lo scambio di battute tra i due andò avanti per quelli che parvero cinque minuti abbondanti, ma Sesshomaru intervenne poco dopo, mostrando il palmo della mano al padre come per fargli intendere di dovergli passare il telefono. Se lo portò vicino all’orecchio. “Sei davvero una disgrazia” – lo canzonò, inumidendosi poco dopo le labbra nel bicchiere d’acqua colma fino a metà.

“Sesshomaru” – ringhiò lui dall’altra parte. “Mi spieghi che cazzo hai combinato? Ti chiedo un favore, per una volta!”
“Forse dovresti imparare a sbrigare le tue faccende da solo, piuttosto che lasciare il lavoro sporco agli altri” – lo riprese, il suo tono pacato. “A volte le persone possono dimenticare”

InuYasha imprecò nuovamente, mischiando versi a parole di frustrazione. “Preparati a cambiare indirizzo di studi, perché un chirurgo mutilato non si è ancora mai visto” – e la telefonata terminò lì, secca.

Sesshomaru sorrise appena, passando il telefono a suo padre prima di riprendere la cena, che si rivelò essere molto tranquilla, la solita: i suoi genitori che non facevano altro che domandargli come i suoi studi stessero procedendo e se avesse qualche aneddoto interessante sulla specialistica che stava frequentando. Sesshomaru rispondeva abbastanza seccamente, non per qualche motivo in particolare, ma semplicemente perché i suoi genitori erano sempre molto presenti, e non mancavano mai di chiamarlo almeno una volta al giorno per sapere se tutto fosse regolare e se stesse andando tutto come doveva procedere.
Era un ragazzo abbastanza giovane per essere già emancipato, ma era sempre stato precoce, in ogni campo, e soprattutto nello studio.

Dopo quasi un’ora la cena era già finita, e dopo aver aiutato sua madre con la tavola da liberare, fece per accomodarsi sul divano in salotto, col suo fidato libro tra le mani. Ma la sua lettura fu interrotta nuovamente da una nuova figura, che era entrata in casa solo a quel punto, all’improvviso, con un cipiglio pesante sul viso e i denti digrignati come se fosse pronto ad attaccare da un momento all’altro.

“Oh, ben tornato” – Sesshomaru esclamò, chiudendo il libro che poggiò poco dopo sul tavolino da caffè che campeggiava nel centro della grande sala.
“Mi spieghi che cazzo ti è passato per la testa?” – lo incalzò subito InuYasha, affiancato da una Kagome visibilmente angosciata, che aveva tutta l’aria di voler scappare da lì. Sesshomaru scosse la testa come per rassicurarla – in fin dei conti, era sempre stata un’ottima amica per lui, e non aveva alcun motivo per darle addosso. Suo fratello, piuttosto, era alquanto irrequieto.

“Non fare il bambino come tuo solito e ragiona una buona volta” – sospirò il fratello maggiore, mettendosi in piedi con una mano infilata in tasca. “Ho tante cose a cui pensare, e sinceramente tu non rientri in nessuna di esse. La prossima volta sbriga le tue faccende per conto tuo, non sono il tuo referente” – completò, infilando anche l’altra mano nella corrispettiva tasca.

“Non ti chiedo mai niente proprio perché tu hai la tua stramaledetta vita a cui pensare, e non ci credo che un bastardo come te abbia dimenticato una cosa del genere” – ringhiò in tutta risposta InuYasha, avvicinandosi minaccioso al fratello. “Tu lo hai fatto di proposito” – un tono truce gli fece stringere gli occhi in due fessure. “Perché volevi che quei due ce l’avessero con me. Questo ti diverte, ti ha sempre divertito, perché non sei altro che un povero stronzo”

“Adesso è davvero troppo” – Izayoi interruppe la conversazione, afferrando InuYasha per un braccio per trascinarlo in cucina con lei, dove Toga lo attendeva impaziente di parlargli.

Sesshomaru osservò la scena e poi sospirò ancora, scosse la testa e tornò ad accomodarsi sul divano dove fu raggiunto da Kagome poco dopo. Sembrava incredibilmente mortificata e non aveva idea di cosa dire o fare, conosceva Sesshomaru ed era consapevole al cento per cento che lui non sarebbe mai stato capace di fare una cosa del genere. InuYasha, al contrario, era sempre sul piede di guerra, convinto che suo fratello fosse lì solo per mettergli il bastone tra le ruote ed infastidirlo.
A Sesshomaru, comunque, non era mai importato più di tanto.
“So che lui non lo farà, quindi ti chiedo scusa da parte sua” – mormorò Kagome, gli occhi bassi e le mani appoggiate sul proprio grembo.

“Non mi interessa” – Sesshomaru fece conciso, mantenendo gli occhi fissi sulle pagine del libro che probabilmente non sarebbe mai stato capace di completare per via di tutte le interruzioni.

Kagome sorrise appena. “Lo so” – ridacchiò. “Però a me sì, perciò…”
“A volte è davvero immaturo”

Sesshomaru ghignò. “A volte? Non l’ho mai visto cambiare da quando aveva otto anni”

Kagome sghignazzò appena, appoggiando le spalle al divano. “Già, è davvero un disastro” – concordò. Rimase in silenzio per quelli che parvero due minuti, e poi parlo di nuovo. “Senti un po’” – fece, voltandosi appena verso il ragazzo ancora assorto. “Che ne dici se domani vieni a cena da me? C’è questa amica di Sango che frequenta un tirocinio di infermieristica con cui potresti andare davvero d’accordo, è molto gentile, sono sicura che voi due potreste avere molto in comune” – disse tutto in un respiro solo, un volto speranzoso.

Sesshomaru non si mosse neanche di un millimetro. “Cosa ti fa pensare che io voglia conoscere questa persona?” – un tono piatto e lascivo fu tutto quello che riuscì ad emettere.

“Beh… Uh… Sarebbe un’occasione per te di fare amicizia con qualcuno che ha qualcosa di molto importante in comune con il tuo lavoro, i tuoi studi” – cercò di improvvisare Kagome, continuando a guardarlo in atteggiamento di supplica.

“Non sono interessato” – una risposta tipica delle sue, schietta e sicura.

Kagome, però, non era affatto facile da dissuadere. “Ma andiamo, è una cena! Non vieni a trovarmi da mesi, ti sei comportato come un pessimo, pessimo amico!” – lo incalzò, cercando di far leva sul suo senso di colpa.

“Una cena è una cosa, ma quello a cui mi stai invitando è un appuntamento al buio” – fece lui, chiudendo il libro tra le sue mani, ormai rassegnato all’idea che non avrebbe trovato pace in quel luogo. Si preparava dunque ad andare a casa.

“Non lo è, giuro! Magari potreste conoscervi e diventare buoni amici, che c’è di male in questo? E poi potrebbe essere già impegnata” – mentì spudoratamente, cercando di convincerlo in ogni modo. “E’ una ragazza molto attraente, ottima personalità, molto molto educata” – continuò, seguendolo fino all’attaccapanni dove stava afferrando la sua giacca. “Andiamo” – lo pregò ancora.

Sesshomaru sospirò sconfitto, limitandosi a mormorare un non ti prometto niente, prima di raggiungere i suoi genitori per salutarli e tornare a casa, nel suo appartamento silenzioso e tranquillo, lontano da distrazioni di qualsiasi tipo. Non era mai stato un tipo “adatto” alle cene finalizzate alla socializzazione, né tantomeno aveva mai provato gusto o desiderio di compiacere qualcuno in qualsiasi modo – eppure quel giorno ebbe il coraggio e la malsana idea di accettare quell’invito, sconsideratamente.
Dopo aver parcheggiato la sua auto sul viale adiacente al marciapiedi che fungeva anche da perimetro per la sua casa fece attenzione a dare un’occhiata al suo giardino, non mancando di esaminarne lo stato e la ben tenuta, non volendo che un lavoro così ben fatto si rovinasse semplicemente per mancanza di attenzione. Aprì il cancello di legno per accedere al giardino ed entrarvi definitivamente, e solo a quel punto si accorse di non essere solo; una ragazza, in divisa e coi capelli legati confusamente in cima alla nuca, se ne stava ferma a guardare i suoi cespugli di rose.

Quando avvertì il suono del cancello aprirsi probabilmente doveva aver interrotto la sua contemplazione, perché i suoi occhi scuri, a quel punto, erano affogati in quelli di Sesshomaru, che reggeva il suo sguardo curioso, in un naufragare dolcissimo di occhiate colme di timore.

Prima che potesse fare o dire o soltanto pensare qualcosa, lei lo distrasse, rifugiandosi dietro alla porta del suo appartamento, quasi per sfuggirgli.
Quando la sera dopo prese parte alla cena a cui era stato invitato, la rivide.  


A\N: chiedo solennemente perdono per tutto il tempo che ho impiegato a postare questo capitolo, ma ho avuto problemi su problemi riguardo al pc e alle cartelle dove avevo salvato i file e ora è tornato tutto alla normalità. Sono mooolto fiduciosa riguardo al fatto che riprenderò ad aggiornare con molta più puntualità - si spera, almeno. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che la storia cominci ad incuriosirvi, fatemelo sapere, se vi va, con una recensione!
Un bacio e a prestissimo! x
   
 
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