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Autore: Nocturnia    18/09/2018    1 recensioni
La ragazzina lo fissa senza paura, una statua bianca e oro.
"Jake Muller." lo chiama - una tonalità priva di sfumature, fredda.
"Chi lo vuole sapere?"
La ragazzina ha sedici anni, non di più; anfibi neri, occhi trasparenti - denti snudati in una smorfia contrariata.
"Eve." gli dice, e qualcosa vibra dentro Jake - un filo tira, e sprofonda nella carne tenera della memoria.
Genere: Angst, Azione, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albert Wesker, Alex Wesker, Chris Redfield, Claire Redfield, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
- Questa storia fa parte della serie 'Broken inside'
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Warborn Disclaimer: Albert Wesker, Alex Wesker, Chris Redfield, Claire Redfield e tutti gli altri personaggi appartengono a Shinji Mikami, alla Capcom e a chi detiene i diritti sull'opera. Eve è invece una mia creazione personale. Questa storia è stata scritta per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine lucrativo. Nessun copyright si ritiene leso. L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell'autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto.


"Every generation wants to be the last."
- Chuck Palahniuk -





Warborn




1.

Suo padre è un figura sfocata e nerissima - un profilo in continuo movimento, un virus denso, caldo.
Eve si guarda intorno incerta, studia le alte pareti bianche e lucide - annusa l'odore asettico del disinfettante, ascolta il quieto ronzio di sottofondo delle macchine nei laboratori.
"Non c'è nulla di cui aver paura." la rassicura sua madre, ma è diverso ora il suo viso - più giovane, più libero.
Eve annuisce, si stringe al petto una spelacchiata pantera senza un orecchio - percepisce il Progenitore di suo padre alzarsi, enorme (mostruoso).
"Tuo padre è sempre stato un tipo... teatrale."
Eve annuisce, si rilassa sotto le dita di sua madre - tiepide, rassicuranti.
L'uomo che l'accoglie dietro le doppie porte rinforzate in acciaio ha i suoi stessi occhi.


Aprile, 2023

La Saurian ha un logo carino, accattivante.
Un piccolo dinosauro racchiuso in un cerchio azzurro e bianco - le unghie che ne stringono il bordo, gli occhi docili, sfumati in un marrone castagna.
Chris aggrotta le sopracciglia alle parole del loro amministratore delegato, spegne la televisione.

Noi pensiamo alla vostra salute.

Al suo fianco il simbolo della Blue Umbrella è un monito spietato.


2.

Lo sguardo di Eve viene catturato dalla testa del serpente che sormonta il suo bastone - enorme, argentata.
Ha le fauci spalancate, gli occhi rossi - rubini, le dirà poi sua madre - e con il tempo imparerà che suo padre ha una passione viscerale per le cose belle e costose.
Eve sbatte le palpebre una, due volte: deglutisce, conficcando le unghie in Roscoe e alzando lo sguardo verso quell'uomo leggermente inclinato a sinistra - la gamba piegata in una posizione innaturale, stanca.
La mano di sua madre le scivola lungo la nuca, la spalla - l'abbandona, lasciandola sola di fronte all'immensità di un uomo - un virus - che ricorda a malapena.
Eve si umetta le labbra, lo fissa in silenzio - sorride.
"Papà?"
Il Progenitore di Wesker striscia verso il suo e stringe.


Maggio, 2023

Alcune volte è una ragazzina di quasi sedici anni come tante: anfibi ai piedi, una passione insana per i giubbotti di pelle, occhi truccati di nero e rosso.
Alex si chiede se questo non sia solo il modo di Eve per aderire all'idea del villain da comic book con cui ogni tanto insulta suo padre - senza successo, peraltro.
Lo sono, le aveva risposto una volta, continuando ad analizzare i dati del nuovo batterio in lavorazione, stai solo dicendo la verità.
Ed è come tutti gli adolescenti, Eve: grida e urla e si guadagna il suo spazio in un mondo diverso - uno in cui è possibile avere un cerbero come animale da compagnia e un infetto da Las Plagas come servo personale.
"Stuart era meglio." borbotta, buttando nell'inceneritore Connor - così almeno l'aveva chiamato Eve.
"Che palle."
Alex alza un sopracciglio, si chiede se questa sia la massima curva evolutiva dei tyrant - uno zoppo, una donna sull'orlo di una crisi di nervi e una ragazzina petulante e arrogante.
Eve si pulisce le mani sui pantaloni, accende la fiamma - incrocia poi le braccia al petto, annuendo soddisfatta.
Alex sospira e ride.


3.

Eve incrocia le gambe sotto al corpo, Roscoe tra le braccia, la treccia bionda che comincia a sciogliersi sul finale.
Lo studio di suo padre è bello; una scrivania in legno massiccio, librerie a ogni parete, persino un tappeto rosso e oro in cui poter affondare i piedi.
Eve si perde a studiare il fuoco che ondeggia pigro nel camino, il mappamondo grande come la sua faccia che troneggia in un angolo della stanza.
Alle sue spalle riesce a percepire la voce di sua madre, il quieto mormorio di suo padre - chiude gli occhi, e attraverso il virus riesce a ricostruire la stessa sensazione di quando era bambina e ancora sull'isola.
"Hai fame?"
Eve alza lo sguardo su sua madre, annuisce.
Alex si volta, fissa Albert.
"Le mense sono al piano -4; potete prendere qualcosa da lì."
Alex aggrotta le sopracciglia, apre le mani davanti a sé in un gesto eloquente.
Wesker non cambia espressione, rimane immobile - una statua nerissima e spigolosa.
"Non puoi ordinare un take-away e farlo consegnare ai piani inferiori della Red Umbrella, Alex."
Sua madre si passa le dita tra i capelli, piega le labbra in una smorfia.
Eve si alza, affiancandola: le tira la manica della camicia, scocca un'occhiata in tralice a suo padre.
"Mamma?"
Alex la fissa, dubbiosa.
"La mensa andrà benissimo, mamma. Allison non sapeva neppure cuocere un uovo."
Il virus di Wesker non smette per un secondo di studiarla.


Giugno, 2023

Eve compie oggi sedici anni; si siede sul tappeto dello studio di suo padre, comincia a scartare quello che Wesker presuppone sia un vassoio da pasticceria.
Lo apre, gettando il fiocco rosso di lato - ne estrae una manciata di Madeleine, il suo dolce preferito.
L'odore della vaniglia si espande nell'aria, coprendo quello del cuoio e del legno.
"Eve." le dice solamente, e lei lo ignora, masticando.
Wesker alza un sopracciglio, avvicina il Progenitore - sottolinea come il suo atteggiamento lo stia irritando.
"Eve." ripete, e Eve si alza, porgendogli un gateau Opera.
Wesker fissa il rettangolo di mandorle e glassa di cioccolato, sposta lo sguardo su Eve; ha le dita sporche di zucchero a velo, i capelli raccolti in un nodo disordinato, quasi bianchi sulle punte.
"Avanti." lo esorta, appoggiando il dolce su un tovagliolo "È il mio compleanno, in fondo, no? E poi è il tuo preferito."
Si indica il petto, fa un movimento rotatorio con l'indice.
"Me l'ha detto lui."

Il virus.

Wesker accetta il tovagliolo su cui il gateau va perdendo liquore al caffè, annuisce bruscamente.
Eve torna a sedersi sul tappeto in silenzio.


4.

Eve li ricorda diversi - sempre uguali.
Socchiude gli occhi, sbadiglia: il Progenitore fa quasi le fusa - un verso gutturale e vibrante che le ha tenuto compagnia ogni notte.
Si raggomitola sotto la coperta, Roscoe stretto al petto.
Sei a casa, le mormora il virus.
Sei dove dovresti essere, la rassicura.
Eve percepisce la presenza di suo padre alle spalle - le dita allungarsi verso la sua fronte, ritrarsi.
Sotto la pelle il Progenitore srotola le sue spire e mormora.


Luglio, 2023


I suoi genitori non sono brave persone; questo l'ha capito fin dall'inizio.
Per i canoni umani, Alexandra e Albert Wesker sono due bioterroristi la cui morte è stata una benedizione; Glenn Arias, al confronto, un principiante.
Suo padre è stato molte cose - troppe.
Eve sfoglia i documenti riservati che è riuscita a procurarsi, si gratta una tempia, concentrata.
"Non è tutto vero quello che si dice in quei fogli."
Eve solleva appena lo sguardo, incrocia quello di sua madre.
"No?"
"No."
"C'è di peggio?"
Alex inclina il mento verso di lei, aggrotta le sopracciglia.
"Dove li hai presi, Eve?"
Eve passa alla pagina successiva, si scrolla nelle spalle.
"Il BSAA. La sua sicurezza interna fa schifo."
"Hai rovistato ancora nel computer di tuo padre?"
"Non è colpa mia se lo lascia sempre acceso."
"E non è colpa sua se ogni santissima volta glielo fai saltare per aria nel tentativo d'entrarci."
"Uhm." ribatte Eve, abbozzando un sorriso.
Alex si avvicina, appoggiando entrambe le mani sul bordo della scrivania.
"La verità non la troverai in quei documenti, Eve."
Eve chiude il plico di scatto, la fissa.
"No, ma è un inizio. Se mio padre non vuole parlarmi, tanto vale che faccia da sola."
Silenzio.
Eve inspira con forza, si reclina all'indietro.
"1960, eh? Vecchio."
"Sono nata tre anni dopo, Eve."
Eve la squadra da capo a piedi - il corpo di Natalia ormai completamente plasmato dal virus, sempre più simile a quello che ricorda di sua madre.
"Non si direbbe."
"Eve."
"Capitano della S.T.A.R.S."
"Tra le altre cose."
"Collega di William Birkin."
"Un amico."
"Oh, a proposito: carina la figlia. Quanti anni ha, trentasette?"
Alex si protende in avanti, snuda i denti.
"Non farlo."
Eve incrocia le braccia al petto, alza il mento in segno di sfida.
"Notevole anche l'uomo che l'accompagna spesso nelle foto: come si chiama?"
La pupilla di Alex si restringe - diventa una fessura nerissima e grondante sangue.
"Jake. Jake Muller, se non sbaglio."
"Non ha nulla a che fare con noi, Eve."
Gli occhi di Eve bruciano - l'azzurro artico viene sostituito da un rosso violento, vorace.
 
Che consuma
 
"È mio fratello."
"Fratellastro."
"Un indegno."
E non è la prima volta che Alex sente pronunciare quelle parole da sua figlia - stessa inflessione, stessa curva spietata.
"Non ti riguarda, Eve."
La rabbia di Eve è un veleno più potente di ogni altra parola.


5.

Aggiustarsi non è mai una cosa facile.
"Non può più andare a scuola."
"Lo so."
"Dovrà essere seguita da insegnanti privati: qualcuno fedele alla tua azienda."
Wesker tamburella con le dita sulla scrivania, annuisce.
Alex si umetta le labbra, si lascia sfuggire una risatina nervosa.
"Io... io non ho la più pallida idea di cosa fare."
"Hai scelto tu d'andare a riprenderla."
Alex indurisce lo sguardo, stringe le labbra in una linea sottile, pallida.
"Non potevo lasciarla dov'era; al di là dei miei sentimenti per lei, c'era il serio rischio che non contenesse più il virus un giorno."
Wesker le rivolge un'occhiata obliqua, scettica.
"Non sappiamo neppure come funzioni la sua fisiologia. È la prima bambina tyrant mai nata, Albert. E non in un laboratorio. Non da matrice umana."
Wesker tace, sembra soppesare la notizia.
Alex si passa le mani tra i capelli, china il capo.
"Merda."
Alle loro spalle Eve continua a dormire, ignara.


Agosto, 2023

Eve è una ragazzina sola: non c'è bisogno di un genio per capirlo.
Alex la osserva parlare con un infetto da virus T - uno dei pochi rimasti - ridere.
L'infetto dondola sul posto, sembra seguire la sua voce - ascoltarla, persino.
"È l'unica in grado di farlo."
Alex solleva lo sguardo, borbotta qualcosa sottovoce.
"A quanto pare persino gli infetti di quel genere mantengono una qualche sorta d'abilità intellettiva."
"I loro centri nervosi non sono del tutto deteriorati, Albert: come noi possiamo spostarli, e percepirli, è altrettanto probabile che Eve riesca addirittura a parlarci."
Eve annuisce dall'altra parte del vetro, alza le mani al cielo in un gesto teatrale.
"Uhm."
Alex torna a guardare sua figlia, esibisce un'espressione interdetta - preoccupata.
"È sola, Albert."
Silenzio.
"Nemmeno noi lo siamo stati così tanto."
"Tu sì."
E non c'è cattiveria nella sua voce - voglia di ferire: solo una desolante verità.
Alex annuisce, sospira.
"Non ho mai pensato di poter essere madre: non so cosa voglia dire."
Wesker tace, studia sua figlia con un'intensità quasi dolorosa - è uguale a lui, Eve: occhi artici, da lupo. Lo stesso naso dritto, gli zigomi alti, fili d'oro tra i capelli, sulle ciglia.
Solo le labbra sono di Alex - e l'ironia: una lingua tagliente e che non gli ha mai risparmiato nulla.
Eve batte il cinque con l'infetto, gli racconta quello che ha studiato - i suoi risultati.
L'immagine di Eveline è un riflesso spietato.


6.

I primi tempi sono relativamente facili: Eve si adatta a quell'ambiente come se vi appartenesse da sempre - segue suo padre come un'ombra.
Il Progenitore di Albert è una massa nerastra e quieta - un mostro saziato.
Eve si siede sul tappeto vicino alla sua scrivania, lo fissa.
Wesker continua a scrivere qualcosa sul suo laptop - la ignora.
Eve si perde nel seguire le intricate decorazioni del tappeto, vi passa le mani in mezzo e tira - lascia che la lana le scorra tra le dita, sotto le unghie.
Qualcosa di caldo le tocca la spalla - la sposta.
"È Bukhara." le dice suo padre "Nodo simmetrico, turkibaft, lana di cammello. Non è fatto per essere rotto, Eve."
Eve annuisce, distende le gambe davanti a sé - il virus verso suo padre.
Anni dopo Eve capirà che la natura di suo padre è invece quella di spezzare ogni cosa che ama.


Settembre, 2023

I ricercatori hanno cominciato a guardarla con sospetto.
Quella ragazzina di appena tredici anni che era comparsa improvvisamente nei loro laboratori si era trasformata in una ragazza dagli occhi vuoti e la pelle fredda.
"È figlia del capo." ribatte Kate "Toglile pure gli occhi di dosso."
Sam si sfila la mascherina, i guanti.
"Dici?"
"Che altro?" continua Kate, controllando d'aver impostato correttamente la centrifuga "L'ho sentita chiamarlo papà, una volta."
Sam annuisce, cerca d'aprire il rubinetto con il gomito.
"E l'altra?" replica, masticando un insulto a mezza bocca "Quanti anni ha? Venti? Venticinque?"
Kate si scrolla nelle spalle, sospira.
"Non lo so, e nemmeno m'interessa. Da quanto c'è lei il lavoro sul batterio D - 4 ha subito una notevole spinta in avanti, per cui non me lamento."
Sam viene inondato da un getto d'acqua - arretra istintivamente.
"Giovani."
Kate segue il suo esempio - si lava le mani, il viso: cerca una caramella alla nicotina nella tasca del camice.
"Pensa a fare il tuo lavoro e basta, Sam; chissà che non ti spedisca dritto nella bocca del Monte Fato se continui a fare domande in giro."
Il viso di Eve è una maschera di rabbia e delusione.


7.

Se la guarda da un'altra prospettiva la sua famiglia non è poi così anomala.

Una che magari non coinvolga sperimentazioni illegali e virus mutageni.

Alex  l'ha portata in Francia per Natale - a Parigi.
Eve ha quattordici anni, le mani incollate alla vetrina di una pasticceria, una sciarpa verde e bianca attorno al collo.
"Ti piace qualcosa, Eve?" le chiede sua madre, ed Eve ricorda ancora il sapore dei biscotti di Stuart - annuisce.
Indica un vassoio di petit beurre ricoperti di cioccolato fondente, sopra la Torre Eiffel - intorno un velo di zucchero.
Alex intreccia le dita alle sue, l'accompagna all'interno del negozio - le lascia scegliere tutto quello che vuole, ogni cosa.
Eve cerca il Progenitore di suo padre - lontano, ancora in America - sorride quando comincia a nevicare.
Entrambi le regalano l'assurda convinzione d'essere degna d'afferrare il mondo nel suo pugno e poter stringere senza pietà alcuna.


Ottobre, 2023

 "Non puoi impedirmi d'uscire."
Wesker percepisce il ridicolo di quella conversazione - la sua oscena normalità.
Eve gli dà le spalle, si allaccia il giubbotto.
"Potrebbero catturarti."
"Mi guarderò bene dal farmi rubare il mio preziosissimo sangue."
Wesker tace - il Progenitore un ringhio sommesso e minaccioso.
Eve lo fissa da sopra una spalla, piena di parole non dette - urlate dal virus.
Wesker le riserva uno sguardo privo d'ogni sentimento.


8.

La prima volta che succede nessuno dei due è in grado di controllarlo.  
Eve estroflette il virus, lo distende attorno a sé come la corolla velenosa di un fiore.
Grida, Eve, e con lei i loro virus.
Wesker avanza, l'afferra per un braccio - guadagna un pugno in piena faccia che lo colpisce più per la sorpresa che per altro.
"Piantala."
Eve snuda i denti, si arcua di lato - ringhia.
"No."
"Eve." l'ammonisce sua madre, protendendosi in avanti.
Gli occhi di Eve la cercano - pupille sottili, sclera infiammata di nero.
"Voglio andarmene."
"Non puoi." ribatte Wesker, granitico.
Eve scrolla il braccio fin quasi farselo uscire dalla spalla, urla più forte - cerca di colpirlo al ginocchio sinistro (quello deforme) viene bloccata.
Gli occhiali di Wesker gli scivolano sulla punta del naso, mostrano iridi che sanguinano a ogni respiro.
"Piantala." ripete, ed Eve gli si avvicina fin quasi sfiorarlo, indurisce lo sguardo.
"No."
Per un attimo - un tremendo istante - Alex è sicura che Albert la colpirà: che inizierà uno scontro che non finirà bene per nessuno di loro.
Wesker le lascia andare invece il polso all'improvviso, sbilanciandola all'indietro.
Eve inciampa nei suoi stessi piedi, recupera l'equilibrio.
"Fai come ti pare." e cade la sua voce - un grumo nerastro e pesante.
"Vai dove vuoi; non m'interessa."
Il Progenitore di Wesker conferma ogni singola, tragica, parola.


Ottobre, 2023

Una strada vuota, silenziosa.
Una città che dorme, pigramente adagiata sulle sue stesse miserie.
Povertà negli angoli degli edifici, odore di vino scadente e bar malati di tristezza.
La ragazzina lo fissa senza paura, una statua bianca e oro.
"Jake Muller." lo chiama - una tonalità priva di sfumature, fredda.
"Chi lo vuole sapere?"
La ragazzina ha sedici anni, non di più; anfibi neri, occhi trasparenti - denti snudati in una smorfia contrariata.
"Eve." gli dice, e qualcosa vibra dentro Jake - un filo tira, e sprofonda nella carne tenera della memoria.
"Non ti conosco."
La ragazzina avanza, scivola sul cemento bagnato - taglia, e Jake deve imporsi di mantenere la posizione.
Si alza sulla punta dei piedi, gli cerca gli occhi, gli zigomi.
"Gli somigli." replica, e piega le labbra verso il basso "Ma non sei degno."
Jake si scosta bruscamente, indurisce lo sguardo - le punta l'indice contro.
"Non so chi tu sia, o cosa voglia, ma se stai cercando guai..."
La ragazzina ride: rovescia la testa all'indietro, si preme una mano sull'addome come se avesse detto la cosa più divertente del mondo.
"Guai?" ripete, e l'aria brucia - una voce grida, e lo scuote dall'interno, frustandolo con una forza sconosciuta.
"Oh, Jake." e c'è una nota malevola sul fondo delle sue parole, crudele "Tu non ne hai la minima idea, vero?"
Jake irrigidisce la mandibola, corre con le dita al calcio della pistola.
"Cosa sei?" sibila, e la ragazzina sorride.
"Finalmente una domanda corretta."
Jake protende la schiena in avanti, flette i muscoli delle cosce - quella voce che adesso sovrasta ogni cosa, ogni pensiero.
Un taxi passa loro vicino, sobbalza in una buca del terreno.
La ragazzina sembra distrarsi all'improvviso, alza il mento verso l'alto.
Jake ne segue lo sguardo, non vede nulla - ombre e nuvole.
"Non avresti dovuto nascere, Jake Wesker" gli dice poi, il naso ben piantato all'insù e un fremito alla mano destra.
"Non sei stato scelto."

Disgusto, irritazione.

"Io non ti volevo."
"Piantala con le stronzate."
La ragazzina riabbassa il capo di colpo, un gesto meccanico - una bambola rotta.
"Hai mai conosciuto tuo padre?"
Jake alza un sopracciglio, la pistola quasi del tutto fuori dalla fondina.
"No, ma mi hanno detto fosse un figlio di puttana che voleva distruggere il mondo."
La ragazzina inclina il viso nella sua direzione, sembra soppesare le sue parole.
Jake estrae l'arma, gliela punta contro.
"Oh." mormora la ragazzina, e alza le mani in un gesto fasullo, beffardo "Quella non mi farà niente, Jake."
"Un proiettile fa sempre qualcosa, Eve."
La ragazzina sorride - di nuovo - e sposta il peso da un piede all'altro.
"Non a me. Non ai degni."
Jake toglie la sicura, la ragazzina si abbassa di colpo - esce dal suo capo visivo e...

Non è possibile.

Afferra la canna della pistola, la spezza in due - lo disarma.
Jake apre la bocca, la richiude - carica un montante sinistro che viene bloccato dal suo ginocchio.
La ragazzina è a pochi centimetri dal suo volto e gli mostra i denti nella parodia di un sorriso - una lama che squarcia quel viso pallido e giovane.
Ruota su se stessa, lo colpisce al fianco, poi al plesso solare - si esibisce in un uppercut che lo stordisce per diversi secondi.
Jake cade - fa leva sui gomiti, si asciuga un filo rossastro dal mento.
"Chi diavolo sei?"
"Te l'ho già detto." e sotto la luce del lampione i suoi capelli sono una corona d'oro e sangue "Sono Eve."

La prima. L'unica.

La pupilla della ragazzina si restringe - brucia - e un lampo cremisi infrange tutto quell'azzurro artico.
Jake si rialza, salta in avanti e...

Dove...?

Davanti a lui nulla più che pioggia e polvere.


9.

"È tua figlia."
"Sottolinei l'ovvio."
"Pare che tu ne abbia bisogno, Albert."
Tra le dita gin e ghiaccio - sotto la lingua l'amaro della sconfitta.
"Non l'ho mai voluta."
"Sì, beh, anche io non volevo morire. Non volevo essere parte di un progetto sperimentale di eugenetica e crepare come un cane da sola. Anche io non volevo essere toccata da Spencer, anche io non volevo tante cose, Albert, eppure le ho avute comunque."
Wesker le rivolge uno sguardo in tralice, la luce del laptop che illumina i suoi zigomi d'azzurro e bianco.
"Tranne te."
Silenzio.
"E non ti ho mai avuto. Non davvero."
Alex china il capo, tace.
Il passato è una malattia che non conosce cura.


Ottobre, 2023

Una foto a colori - due sbiadite, dimenticate.
Josh le sovrappone con calma, beve un sorso di caffè - tiepido, poco zuccherato.
Il sistema comincia ad analizzare i visi inseriti nel database - processa la struttura ossea, la prossemica del corpo, la proporzione facciale.

Compatibilità 38%

Infila un dito nella ciambella glassata al burro vicino, ne strappa un pezzo - lo schiaccia contro il palato, gustandone il sapore pesante, intenso.

Compatibilità 56%

Albert Wesker lo fissa con occhi morti, vuoti.
Il logo della Tricell marchia l'angolo in alto a destra - linee verdi e fluorescenti analizzano la linea degli zigomi, quella del naso, la piega intransigente delle labbra.

Compatibilità 78%

Josh inspira, si strofina il dorso della mano sotto il mento - attende.

Compatibilità 87%

Alexandra Wesker potrebbe essere sua sorella; e forse lo è, per quel che ne sanno.
Non che gli interessi se il buon vecchio Wesker si fotteva davvero la sua sorellina, ma non lo stupirebbe più di tanto.
Abbozza un sorriso derisorio da una foto in cui il logo dell'Umbrella sfregia invece l'angolo sinistro - labbra piene, rosse.
Il programma scivola tra i suoi capelli biondi, gli occhi artici, il profilo aristocratico del viso.

Compatibilità 99,9%

Josh s'inclina in avanti, finisce il suo caffè in un sorso solo.

Bingo.

"Ti abbiamo trovata, signorina bella."
Il volto di Eve si sovrappone senza pietà a quello dei suoi genitori.


10.

Eve a volte si spegne.
Qualcosa prende il sopravvento sulla sua mente e tutto diventa rosso e rosso - una nebbia umida e sfocata.
La prima volta che succede si risveglia con le unghie sporche di sangue, sua madre che la fissa confusa - sorpresa.
La seconda ha quindici anni - secondo gli esami a cui suo padre l'ha sottoposta la colpa sarebbe di qualche picco ormonale non ben identificato: ferormoni impazziti ed estrogeni fuori controllo.
Stava lanciando una pallina da tennis a un licker quando click - il mondo si era spento.
Le luci si erano riaccese in un colpo solo, accecandola: riflessa sulle pareti asettiche della gabbia se stessa e la sua orribile bocca deforme e irta di denti.
Aveva urlato, Eve.
Aveva urlato fin quando non aveva perso la voce, la coscienza.
Suo padre non era arretrato, non aveva mostrato alcuna paura - né davanti a lei né al licker masticato.
Eve l'aveva fissato da dietro mani tremanti e scorticate - occhi grandi, pieni di lacrime.
"Cosa mi sta succedendo?" aveva chiesto in un pigolio sfiatato.
Suo padre si era chinato alla sua altezza - la pupilla ristretta a un filo nerastro, le narici dilatate ad annusare l'aria attorno a lei.
Le aveva allontanato le mani dal viso, mostrandole una bocca nuovamente normale - labbra piene, sporche di sangue e filamenti di carne.
Eve si era voltata di lato, vomitando.
Sotto la pelle il Progenitore è un virus senza più controllo.


Ottobre, 2023

"Ti ho sentita."
"Non era mia intenzione nascondermi."
Eve sovrasta la città dal palazzo su cui si è seduta, le gambe che ciondolano oltre il cornicione.
Alex l'affianca, lascia che il vento s'intrecci ai suoi capelli, scosti i lembi del suo cappotto.
"Quindi quello è mio fratello."
"Fratellastro."
"Non ne cambia la sostanza."
"Per me sì."
Eve studia sua madre di sottecchi, dondola i piedi nel vuoto.
"Non ha il virus. Non è degno."
Alex alza un sopracciglio, si umetta le labbra.
"Tuo padre non era nel suo pieno potenziale quando è stato concepito. E sua madre non era infetta."
Eve tace, fissa le luci azzurre e rosse di un'ambulanza, quelle piccole e calde degli appartamenti ancora svegli.
"È morta quando aveva la tua età."
"Non mi fa pena."
"Lo so."
"Voi siete morti quando ero una bambina, per cui non me ne frega un cazzo di quello che ha passato."
"Ma siamo tornati."
Silenzio.
Alex inclina il mento verso di lei, attorno al collo una sciarpa di seta rossa d'Hermès.
"Lascialo stare, Eve: come ti ho già detto, Jake Muller non ti riguarda."
"Come tutto il resto, a quanto pare."
Alex sposta il peso da un piede all'altro, ignora il suono stridulo dei freni di una macchina poco distante.
"Eve."
Eve sospira, si alza.
"Andiamo a casa, mamma." mormora poi, improvvisamente piccola - indifesa "Sono stanca."
Il destino ha appena tessuto il suo primo, tremendo, filo.


11.

Alex si allontana dal microscopio, occhi vacui, senza espressione.
"Non è possibile." dice solo, e si porta una mano chiusa a pugno sotto il mento.
Wesker sottolinea una riga dei risultati di Eve, la circoletta in rosso.
"Non è possibile." ripete, e torna a guardare nel microscopio, interdetta.
Alex sposta la sua attenzione sugli schermi che illuminano il laboratorio, scorre con l'indice lungo una fila di cellule - piega le labbra in una smorfia.
"Eve possiede ancora delle cellule totipotenti?"
"Esatto."
Alex preme il pulsante sinistro del mouse, passa alla slide successiva.
"Questa." e indica una cellula dal nucleo nerastro e in continuo movimento "Questa cellula si comporta come una totipotente vegetale: è capace di rigenerare un intero individuo autonomamente."
"Non è poi molto diverso da quello che è successo a me con un costola."
Alex si morde l'unghia del pollice, annuisce.
"Sì, ma... Eve possiede una nutrita schiera di queste cellule e ognuna, all'occorrenza, esplica il potenziale di uno dei virus derivati dal Progenitore: T, G, T- Abyss, C, persino l'Uroboros, Albert."
Wesker si alza, affiancandola.
Alex si aggrappa al bordo del bancone in acciaio, snuda i denti.
"È una bomba pronta a esplodere."
Wesker tace, aspetta.
"Se il suo sistema ormonale si altera una qualsiasi di queste cellule riceve un feedback dal sistema nervoso e si attiva. O viceversa."
Alex rialza il capo, si raccoglie i capelli sulla spalla destra.
"L'ipotalamo modifica il senso di fame, l'espressione degli stati emotivi."
"Virus T." replica Wesker.
"L'adenoipofisi rilascia la somatropina, le gonadotropine."
"Virus G."
"E potremmo andare avanti così per ore."
Il bastone di Wesker produce un suono ritmico -  cupo; un battito che si sovrappone a quello frenetico del cuore di Alex.

Tum. Tum. Tum. Tum.

"Che cosa ne faresti?"
Alex si volta di scatto, lo fissa con occhi sgranati - enormi.
Wesker la fissa negli occhi, sotto la mandibola un nervo teso - che protunde dalla pelle come una cicatrice.
"Se non fosse Eve. Se non fosse tua figlia..."
"Nostra." gli ricorda Alex, contrita.
"Cosa faresti? Quale sarebbe il protocollo?"
"Eve non è una cavia."
Wesker appoggia entrambe le mani sulla testa del serpente, s'inclina in avanti - la studia.
Alex inspira con forza, chiude gli occhi.
"Dovrei disporre di lei."
Silenzio.
"Dovrei applicare la stessa procedura che fu usata con Lisa Trevor prima, Eveline dopo."
"Ma Eve non è come loro."
Alex lo fissa, fruga nei suoi occhi - un quieto rosso che s'intensifica intorno all'iride da rettile.
"No." conferma poi "Eve non è come loro."
Wesker annuisce e torna a esaminare i risultati della risonanza magnetica di Eve.


Novembre, 2023

L'amministratore delegato della Saurian è un uomo alto, dalla pancia prominente e gli occhi nascosti dietro due sopracciglia folte e bianche.

La brutta copia di Babbo Natale.

Redfield osserva la sua squadra esaminare ogni centimetro libero del suo studio, ribaltare come un calzino l'azienda - Dino, il sauro amichevole e che vuole bene ai bambini.
Certo, come no, pensa fra sé e sé Chris, soppesando un fermacarte a forma di conchiglia, almeno con l'Umbrella  e la Tricell non ho dovuto sorbirmi queste mascotte di merda.
"Trovato nulla, agente Redfield?"
Chris lo ignora, appoggia i fianchi contro la sua scrivania.
"Non ancora."
Bill - questo il suo nome - ha una maglietta dei Toronto Raptors autografata appesa sopra la porta, una serie di dottorati e master in economia e marketing aziendale che sfila alla sua sinistra come tanti soldatini di latta.
Bill sta cominciando a perdere i capelli sulle tempie, ha i pomelli delle guance troppo rossi e il colletto della camicia sudato.
Chris rimette al suo posto il fermacarte, solleva lo sguardo verso le finestre che descrivono il perimetro della stanza - vetro antiproiettile e antisfondamento rinforzato.
"Una bella vista."
"La migliore."
Chris annuisce, si tocca istintivamente il braccio destro, dove il simbolo della Blue Umbrella brucia.
Bill segue il movimento con lo sguardo, abbozza un sorriso sgradevole - untuoso.
"Sa, noi del settore siamo rimasti sorpresi dalla sua scelta."
Chris gli offre un profilo indifferente - asciutto di parole e sentimenti.
"Il famoso Chris Redfield che accetta la proposta della Blue Umbrella di lavorare prima per loro, poi con loro: karmico, oserei dire."
Uno dei suoi uomini fa cadere un paio di libri di biologia, li raccoglie con un cenno di scuse del capo.
"Potrebbe essere persino visto come un segno - una profezia: tutto è iniziato con l'Umbrella; tutto finisce con lei."
Chris si volta, gli offre un viso privo di sfumature - una maschera che ogni sera lo aspetta davanti allo specchio e non lo abbandona mai.
"O tutto continua con lei, signor. Zimmer."
Silenzio.
Bill si tormenta l'anello che porta all'anulare destro - oro giallo e un quadrante in lapislazzuli.
Chris incrocia le braccia al petto e attende.


12.

Sono arrivati alle mani.
Alex sapeva - sentiva - che un giorno sarebbe successo.

Ma non per il motivo che si era immaginata.

Eve snuda i denti, sotto la pelle serpenti nerastri e gonfi - che spaccano la cute e ne fuoriescono come osceni tentacoli luminescenti.
Wesker para il primo colpo con il bastone, lo osserva spezzarsi sotto la forza delle dita di Eve.
Alza il ginocchio - crack - la mandibola di Eve si disloca con un suono secco, umido poi di sangue e saliva.
Eve arretra leggermente, si afferra i bordi della mandibola - clack - la rimette in sede senza emettere neppure un lamento.
"Eve."
Il Progenitore di Wesker si raggomitola in posizione difensiva, quello di Alex ondeggia - incerto.
"Eve." riprova, ma è tutto inutile - sordo alle sue richieste, al suo virus.
Eve scatta in avanti, gli assesta un montante al fianco sinistro, uno al destro - Wesker si chiude su di lei come una tenaglia, colpendola prima allo stomaco, poi alla schiena.
La lancia contro il muro, afferra uno dei tentacoli e tira - glielo avvolge attorno al collo e stringe, fino a quando non si accascia tra le sue braccia, inerme.
Alex apre la bocca, la richiude.
Wesker si volta, la guarda.

Le braccia lungo i fianchi, gli occhi persi - confusi.

Il silenzio è pesante come un sudario di morte.


Dicembre, 2023

"L'ha trovato."
Wesker sfrega i denti lungo la curva pulsante della carotide - morde.
"L'ha visto."
Alex schiude le cosce, Albert preme - le ossa del bacino che scricchiolano sotto le sue mani.
Umida, morbida: Alex è un profilo languido nel buio della stanza, una bocca che lo cerca senza vergogna.
Geme il suo nome, intreccia le dita nei suoi capelli - tra il complicato intrico in ferro battuto della testata del letto.
Le solleva i fianchi tra i suoi - affonda, e studia affascinato come il corpo di Natalia Alex si pieghi alle sue voglie nello stesso modo di sempre.
Si inarca contro il suo petto, stringe - unghie rosse che lacerano, e soffocano.
Wesker dilata la pupilla, snuda i denti - le intrappola i polsi in una morsa quasi dolorosa, rovesciandola poi tra le lenzuola.
Alex ride - si perde quel suono nel cuscino sul quale libera poi un ansito spezzato.
E non conosce pace - requie - Wesker; si muove tra le sue cosce con un abbandono totale, assoluto.

Senza maschere.

Segue la curva della sua schiena in punta di lingua, inspira tra i suoi capelli - mormora sulla sua pelle, madida di sudore e altro.
Alex socchiude un occhio, si umetta le labbra: da quella posizione riesce a intravedere le cicatrici che ancora gli deturpano il ginocchio sinistro, cordoli biancastri che corrono attorno ai muscoli del polpaccio, quelli della coscia.
Artiglia un lembo della coperta con le dita, la fede in oro bianco e ossidiana che brucia - ricorda.
L'orgasmo è uno strappo liquido e improvviso a basso ventre che la lascia senza fiato e senza voce.


13.

Il controllo è tutto, Eve: questo il primo insegnamento di suo padre.
"Senza di quello non sei nulla." le ripete, piedi nudi, addosso solo una camicia bianca un po' troppo grande e un paio di pantaloni neri.
Eve scivola con lo sguardo lungo le pareti della palestra in cui l'ha portata - si tormenta l'unghia del pollice, il polso.
"Devi imparare domarlo."
"Cosa?" gli chiede Eve, sinceramente stupita.
"Il virus."
Eve sgrana gli occhi, il Progenitore che gratta - non è per nulla d'accordo.
"Non è tuo amico." le ribatte Wesker, indicandole il petto.
"C'è sempre stato." risponde Eve, testarda.
Wesker scuote la testa, compie un gesto di diniego con la mano.
"Non importa. Devi controllarlo: nel tuo caso più che mai."
Gli occhi di Eve si rabbuiano, si tingono di una sfumatura rossastra, quasi nera.
"E se non volessi?"
Wesker la osserva per alcuni minuti - la studia.
Eve sostiene il suo sguardo, lo abbassa solo quando le sembra troppo - mai abbastanza.
"Allora non posso aiutarti."
Silenzio.
"C'è sempre stato." ripete Eve, fragile "Anche quando voi eravate morti."
"Ed è per questo che hai eviscerato tre tuoi compagni di scuola all'età di otto anni."
"Mi avevano preso in giro!" si difende Eve, ma comprende anche quanto sia debole la sua replica.
Wesker inclina il mento verso di lei, aspetta.
Eve si morde il labbro inferiore, sospira.
"Tu non sai come ci si sente."
"A fare cosa?" le ribatte suo padre, freddo - distante.
"A uccidere? A sentire il sangue delle tue vittime scorrerti lungo le braccia,  sotto la lingua? Come sia quella fame che spegne ogni altro riflesso se non mordere, e masticare masticare e e  ingoiare, e poi ricominciare tutto daccapo? Come sia bruciare, e non distinguere più le persone dalle prede - te stesso dal virus?"
Eve rialza lo sguardo, lo fissa - incerta.
Suo padre vibra - emana una forza brutale, nerissima e senza fondo.

Crudele.

"Oh, Eve." mormora, e la sua voce le fa venir voglia di strapparsi le orecchie pur di non sentirla "Io e tua madre sappiamo benissimo di cosa tu stia parlando."
Il Progenitore di suo padre si estende verso il suo - Wesker allarga le gambe, raddrizza la schiena, chiude a pugno la mano sinistra, stende davanti a sé la destra.
"Cominciamo, Eve?"
Il primo, vero, contatto che ha con suo padre è un pugno dritto al plesso solare che le toglie il respiro.


Dicembre, 2023

"Dove vuoi andare quest'anno?"
Eve guarda la cartina geografica che sua madre le ha messo davanti, indica la Francia.
Alex alza un sopracciglio, le pone una muta domanda.
"Mi piace." le dice solo, e Alex ha l'impressione che il motivo sia un altro.
"Va bene." replica poi, alzandosi "Parigi sia."
"Viene anche papà?"
Silenzio.
Eve continua a fissare la cartina aperta, le mani in grembo, al collo un gufo in argento e onice.
"Non lo so, Eve. Forse."
Eve annuisce e chiude gli occhi.


14.

Tra le sue stesse macerie il BSAA non è più nulla.
Chris fissa la scrivania del suo ufficio invasa da documenti contabili, denunce e altri atti di cui neppure ricorda il nome.
Sospira, sfregandosi entrambe le mani sul viso stanco.
"Di male in peggio, uhm?"
Si volta, abbozzando una risata.
"Abbastanza."
Claire ha in mano due caffè caldi, una busta di plastica con dentro ciambelle e cornetti.
"Tieni." gli dice, appoggiando tutto sull'unica poltrona rimasta libera "Saranno giorni che mangi solo panini del distributore e merendine."
"E indubbiamente una ciambella ipercalorica e un caffè con la panna sono meglio, giusto?"
Claire si stringe nelle spalle, sorride.
"Almeno sono freschi."
Chris le restituisce il sorriso, attorno agli occhi una piccola rete di rughe nuove e vecchie.
"Come vanno le cose, Chris?"
"Male." le ribatte senza esitare lui "Dopo una New York infettata dal virus A di Arias e la fuga di materiale virale da ogni laboratorio conosciuto la credibilità del BSAA è scesa sotto i tacchi."
Claire annuisce, si porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
"Inoltre tutte queste corporazioni che sfruttano squadre di mercenari per reperire ciò che noi non abbiamo raccolto o sigillato bene dai precedenti siti d'infezione è snervante. E pericoloso."
"So persino l'Africa non è stata risparmiata."
Chris libera una risata aspra, asciutta.
"Stai scherzando? Il Kijuju  è diventato una sorta di meta del pellegrinaggio dei fanatici dei virus e delle cospirazioni: merda, abbiamo persino arrestato un paio di groupie."
Claire sgrana gli occhi, si ferma a metà del gesto d'addentare un cornetto alla marmellata d'albicocche.
Chris le punta l'indice contro, annuisce con tono solenne.
"Esatto, groupie."
"Ho paura a chiederti di chi."
Chris ridacchia, sventola una mano in aria.
"Non certo di Excella o Irving, Claire."
Claire libera un fischio basso, sconsolato.
"Comunque sia, la situazione sta peggiorando, e rapidamente."
Chris si siede, annusa il suo caffè - apre la scatola delle ciambelle e mormora soddisfatto alla vista di quelle con la granella di nocciole e glassa al burro.
Claire raccoglie della marmellata dal pollice con la lingua, si schiarisce la voce.
"E Barry." la prende in contropiede Chris, dividendo in due la sua ciambella "Come sta?"
Claire sposta lo sguardo prima a sinistra, poi a destra - incerta.
"Non... non si è ancora ripreso dal tutto dalla sparizione di Natalia: la crede ancora viva."
Chris annuisce, lascia che il caffè gli scaldi le dita - il viso.
"Moira dice che ha trovato delle prove: foto di una donna che le assomiglia."
"Dove?"
"In Europa. Uno dei suoi contatti ha fotografato questa donna al Carette di Parigi."
Claire si pulisce gli angoli della bocca con un fazzoletto di carta, beve un sorso di caffè.
"È attendibile?"
Claire sembra pensarci su, scuote la testa.
"Non lo so. Cioè, la donna nella foto non le assomiglia poi così tanto: ed è accompagnata da una ragazzina adolescente sui quattordici anni, forse quindici."
"Età della donna?"
"A occhi e croce? Sui venticinque, ventisei anni."
Chris fa un paio di conti mentalmente, passa alla seconda ciambella.
"È compatibile con l'età che avrebbe Natalia."
"Sì, ma è bionda, e più alta. Di spalle. Vestita elegante - cappotto nero bordato di pelliccia, scarpe dalla suola rossa - Louboutin. Una borsa di Prada al braccio, persino un Cartier al polso. Che senso avrebbe? Ammettiamo che sia Natalia: il suo rapitore si premurerebbe tanto di farla andare in giro come una donna ricca e dell'alta borghesia?"
"Forse l'ha manipolata."
Claire alza un sopracciglio, scettica.
"Natalia. Stiamo parlando della stessa ragazzina, vero?"
Chris si gratta la punta del naso, schiaccia contro il palato un grumo di cioccolato e panna.
Claire scuote la testa, sospira.
"Non lo so, Chris: è più probabile che siano solo le false speranze di Barry ad alimentare la sua illusione. E un po' anche la mia."
Chris allunga una mano tra le scartoffie e le penne che invadono la sua scrivania, cerca le dita di Claire - stringe.
Il dolore è uno spettro contro al quale non esiste esorcismo alcuno.


Dicembre, 2023

Eve annusa la sua chausson aux pommes, vi affonda la forchetta - sorride, quieta.
Alex sposta con il cucchiaino la sua mille-feuille, picchietta con le dita sul bordo del tavolino.
"Non può farsi notare, lo sai questo, Eve, no?"
Eve si volta, la bocca piena - le guance gonfie.
"Uh?" mastica, e deglutisce in maniera ben poco elegante.
"Tuo padre." ripete Alex, raccogliendo un po' di zabaione con la punta del cucchiaino "Non può esporsi tanto."
"Perché è già morto due volte e tutti lo stanno cercando ed è un noto bioterrorista e bla bla bla." ribatte Eve, passando alla sua fromage blanc.
"Lo so, mamma."
Alex annuisce bruscamente, si stropiccia le palpebre senza trucco.
"E perché Chris Redfield è un palo in culo."
Alex alza un sopracciglio a quell'esclamazione, la fissa.
Eve continua a mangiare il suo dolce, lancia ogni tanto mugolii d'approvazione.
"A volte mi chiedo da chi tu abbia preso."
Eve sorride, le punta contro la forchetta.
"Da papà, ovviamente. Dico, l'hai mai visto mangiare?"
"Non negli ultimi anni. E comunque mai come te."
"Io devo crescere." ribatte Eve, melodrammatica "E il mio metabolismo ne ha bisogno."
"Tu avresti solo bisogno di un corso di buone maniere, Eve."
Eve si stringe nelle spalle, la ignora.
Fuori, Parigi è un pugno di luci e neve senza colore.


15.

"È lei. È la ragazzina che stiamo cercando."
Bill fissa lo schermo ad alta definizione che riflette da ogni lato l'immagine di Eve - un profilo piegato in una posa aggressiva, vestito di cuoio e rabbia.
"Sei sicuro?"
Josh rompe la caramella al miele che sta masticando con i denti, annuisce.
"Il database di riconoscimento facciale la colloca come la figlia di Albert Wesker e Alexandra Wesker al 99,9%."
"L'azienda non si accontenterà di questo, signor. Forest. Vorranno delle prove più concrete: un campione di sangue, oppure un capello. Qualcosa con cui confrontare il DNA."
Josh annuisce ancora, si mette le mani nelle tasche del giubbotto invernale.
"Come fu per Jake Muller."
"Esattamente."
"Non abbiamo alcun materiale genetico di Alexandra Wesker, però: tutto è andato distrutto sull'isola, da quel che so."
Zimmer si volta, lo squadra in tralice.
"Questo non le riguarda, signor. Forest. Lei faccia il suo lavoro, noi faremo il nostro."
"Che sarebbe?"
Bill si avvicina ulteriormente al volto di Eve - davanti a lei un Jake invecchiato e dai capelli più lunghi.
"Assicurare un futuro migliore a tutti noi, ovviamente, signor Forest."
Josh accetta la sua risposta per quello che è; l'ennesima scusa che l'avidità mette in bocca alle persone come Zimmer.


Gennaio, 2024

"Sta succedendo qqualcosa, Leon."
Kennedy si volta, le regala uno sguardo stanco - obliquo.
Ada lo fissa in silenzio, pallida: una curva rossa e bianca contro la notte buia di Washington.
"E non mi piace per niente."
Leon continua a guardarla - sul petto una nuova ferita di guerra, negli occhi un sentimento mai spento.
Ada gli porge una foto da cui un uomo morto ride di tutti loro.


16.

"Non è morta." ripete Burton.
"Non può essere morta." afferma, e s'inginocchia davanti a una tomba vuota - arida.
Claire gli appoggia una mano sulla spalla, china il capo.
"Sono passati sei anni, Barry."
"Lo so."
"Se anche fosse viva..."
"Nat non è morta." ripete Barry, testardo.
Claire tace, socchiude gli occhi sotto il sole di giugno.
"Lo pensavamo anche di Jill."
È come se lo fosse, riflette Claire, ricordando il volto stravolto della Valentine - le sue grida senza forma, la pelle che andava squamandosi giorno dopo giorno senza il P30, il suo nome sulle labbra, sotto la lingua, ovunque.
"Forse hai ragione, Barry." gli concede Claire "Forse hai ragione."
A volte le illusioni sono tutto ciò che ci resta.


Febbraio, 2024

Eve fissa una scatola a forma di cuore rosa e bianca: la prende tra le mani, girandola a faccia in giù - la scuote, aprendola.
"Cioccolatini."
Alex incrocia le braccia al petto, piega le labbra una smorfia.
"Che cosa patetica." replica Alex, schioccando la lingua contro il palato.
Eve ne tocca uno con la punta del dito, legge il cartellino affisso all'interno - Domori: Javagrey.
"Sembrano buoni."
"Uhm."
Eve ne solleva uno tondo con una pallina rosa sopra, lo squadra in tralice.
"Un regalo di San Valentino."
Si volta, regala a sua madre uno sguardo confuso, esterrefatto.
"Impossibile."
Alex si stringe nelle spalle, avvicinandosi.
"A quanto pare sì: ed è pure firmato."

Jack.

Alex aggrotta le sopracciglia, ci riflette sopra - abbozza poi un sorriso a mezza bocca.
"Oh." dice solo.
Eve la esorta a continuare, irritata.
Alex emette un suono strano - soffocato.
"Jack chi?" prova Eve, ma sua madre ha cominciato a farsi vento con una mano, il viso leggermente arrossato.
Eve chiude la scatola, mettendosela sotto braccio e uscendo dalla stanza con passo deciso - frustrato.
Alex si piega sul tavolo del laboratorio e pensa che Jack Clutterbuck del piano - 6 è decisamente fottuto.


17.

A terra un simbolo per il quale aveva sacrificato tutto - persino se stesso.
Tra gli abiti sporchi e i cartoni della pizza giace il monogramma del BSAA - un'idea per la quale Piers era morto senza possibilità di ritorno.
"La Blue Umbrella."
Chris annuisce, contratto. Rigido.
"È... un nome altisonante. E strano, se associato a te."
"Lo è stato anche sperimentare le armi che ci hanno fornito in questi anni."
Claire annuisce, massaggiandosi i capelli umidi.
"Albert Wesker." dice, e cade quel nome tra di loro - divora.
"Dicevano di aver trovato i progetti in vecchie facility abbandonate dell'Umbrella."
Claire si asciuga un piede, poi l'altro.
"Però hanno funzionato, no?"
Chris fissa la nuova arma che ha in dotazione fissa ormai dall'incidente in Lousiana - una  Samurai Edge dal calcio in rivestito in legno e la guancia in argento; sull'impugnatura l'emblema della S.T.A.R.S sembra quasi prendersi gioco di lui.
"Sì."

Purtroppo.

Claire segue il suo sguardo, assottiglia le labbra.
"Non ti fa bene tutto questo, Chris."
"Lo so."
"Certe cose vanno lasciate riposare dove sono: indisturbate."
Chris prende in mano la pistola, la valuta - pesante, densa.
Claire sospira, si gratta un lato del braccio.
"A volte mi sembra di non essermene mai andata davvero da Raccoon City; che tutto questo sia solo un sogno, e noi siamo ancora intrappolati in quell'inferno."
L'orologio del corridoio batte le sette di sera, fuori la città va animandosi - luci e colori di una New York che danza sul ciglio della fine ogni notte.
Tra le sue dita la Samurai Edge brucia e lascia solo cenere e rimpianto.


Marzo, 2024

Jake studia il volto di suo padre con sguardo distante - morto.
"Non è lui."
Leon picchietta due volte sulla foto che giace sul tavolo, scuote la testa.
"È vivo." ribatte, deciso "Ne sono sicuro."
Chris rimane immobile, apatico: una statua di sale e confusione.
"Qual è la tua fonte?" lo incalza Jake, irritato "La puttana in rosso?"
Sherry gli assesta una gomitata nel fianco, viene ignorata.
Leon indurisce lo sguardo, assottiglia le labbra.
"È una pista sicura."
Sherry si avvicina ulteriormente alla foto, unisce le mani chiuse a pugno sotto il mento.
"È un po' sfocata, Leon: ne sei certo?"
Leon punta l'indice sull'uomo che si vede al fianco di una donna vestita di nero, snuda i denti.
"Guardalo: guardalo bene, Sherry; puoi, in coscienza, dire che quello non è Albert Wesker tornato dal regno dei morti?"
Sherry appare titubante, si mordicchia una pellicina.
"Io... non so. Leon, sono passati tanti anni: quindici. E per tutto questo tempo ci stai dicendo che Albert Wesker è stato vivo e vegeto ed è passato sotto il radar di ogni agenzia governativa?"
"Esatto."
"Perché adesso?" s'intromette Jake, sbattendo un pugno sulla scrivania "Cos'è: si è per caso rotto i coglioni di nascondersi come un ratto?"
"No." s'intromette la voce di Chris, fredda.
Leon si volta, Jake e Sherry con lui.
"No." ripete Chris, senza distogliere gli occhi dalla foto "Qualcuno vuole farci sapere che Albert Wesker è vivo."
Leon alza un sopracciglio, sembra valutare quella possibilità.
"E avrebbe usato Ada come messaggero?"
Chris annuisce, rigido.
"Non c'è mai stata una fottuta volta in cui Albert Wesker si sia palesato di sua spontanea volontà."
Chris si avvicina, la pistola improvvisamente pesante nella fondina - piena.
"Mai." ribadisce, il viso teso - reso ancora più duro dalle luci arancioni dell'ufficio.
"Anche in Africa, con Excella: è stato per puro caso che abbiamo intercettato una telefonata tra lui e la Gionne. Prima non era neanche stato valutato il suo coinvolgimento."
"Questo porta a un'altra domanda." prosegue Leon, fissandolo "Chi?"
Chris sposta la foto verso di sé - la studia con un'intensità quasi spaventosa.
"E la donna al suo fianco?"
"Un'altra Excella." liquida Jake, lasciandosi andare sulla poltrona vicina "L'ennesima puttana innamorata del villain della storia."
Sherry si siede al suo fianco, cerca la sua mano - la sua fragilità.
Leon lo fissa scettico - dubbioso.
Chris osserva la stessa donna che Barry insisteva fosse Natalia camminare al fianco di un uomo morto e ridere.


18.

Eve chiude gli occhi, inspira - scatta in avanti, il palmo della mano destra aperto.

Cobra strike.

Colpisce, Eve, torna in posizione - si lancia contro la cavia successiva, affondando il tallone nel fianco e spostandolo di diversi metri.

Mustang kick.

Si volta, avverte le fauci dell'infetto da Las Plagas prima - lo stordisce con un colpo netto alla tempia, alza la gamba verso l'alto, calandola poi di peso e riducendogli il cranio a una poltiglia informe d'ossa e carne.

Windfall.

Corre verso il muro, lo usa come piano d'appoggio - si rovescia all'indietro, comparendo poi alle spalle del secondo infetto e attraversandogli il petto fino al gomito - strappa, tra le dita sangue e visceri.

Rhino charge.

Eve riapre gli occhi, espira - sotto la pelle un battito quieto, regolare.

Il controllo è tutto, Eve.

Il Progenitore scivola tra le sue sinapsi e mormora.


Aprile, 2024

"Non mi piace essere ingannata."
Ada studia con la coda dell'occhio la finestra dalla quale era entrata, la figura di Chris davanti alla porta.
"Dobbiamo parlare."
Alza un sopracciglio, inclina appena il mento verso di lui.
"E che cosa vuole il grande Chris Redfield da me?"
Leon si avvicina al tavolo, sfila tre foto da sotto il giubbotto.
Ada le fissa a malapena, il viso un ovale pallido e senza espressione nel buio della stanza.
"Chi sono?" le domanda, indicando con l'indice le due donne nella prima immagine.
Ada tace, assottiglia le labbra.
Leon passa alla foto successiva, punta il dito contro la stessa donna della precedente - una Jaguar XE nera ad aspettarla fuori da un albergo di Venezia.
Silenzio.
Chris incrocia le braccia al petto, non cambia posizione.
Dalla finestra socchiusa proviene l'odore acre dell'aglio del ristorante thailandese sotto il motel, quello speziato dell'indiano all'angolo.
Leon schiude le foto davanti sé come una mano vincente di poker - divarica le dita sul tavolo scheggiato.
"Questa è la foto che mi hai dato due mesi fa." comincia, accennando con lo sguardo alla sua destra.
"Albert Wesker e una donna. Giovane. Venticinque, ventisei anni al massimo."
Ada corruga le sopracciglia, irrigidisce la schiena.
"Questa..." prosegue Leon, sollevando la seconda foto "La foto che l'agente Burton ha fornito a Chris."
La solleva, mettendogliela davanti al viso.
"La stessa donna di prima, seduta in un café di Parigi con un'adolescente di quindici anni."
Ada contrae appena un muscolo sotto la mandibola, tace - ancora.  
"È convinto sia Natalia." s'intromette Chris, fissandola "Che la donna nella foto sia sua figlia scomparsa."
Ada lo guarda a malapena, si umetta le labbra.
Leon sospira, inclina poi il mento verso l'ultima foto - gliela porge.
"Duemiladiciannove. Venezia. Il Gritti Palace. Sempre lei. Più giovane. Meno bionda. Sola. Forse."
Ada deglutisce, posa lo sguardo sugli occhi trasparenti di Natalia Alex, lo sposta infine su Leon, Chris.
"Non sapete di cosa state parlando." e gratta la sua voce - si scioglie.
Chris si stacca dallo stipite contro il quale era appoggiato, accorcia la distanza che li separa.
"Non mi sei mai piaciuta."
"Reciproco."
Chris s'inclina verso di lei, e Ada può cogliere i primi fili bianchi tra i capelli, lungo le basette.
"Sei una spia ladra e doppiogiochista. Finché ti ha fatto comodo hai coperto il culo di Wesker come se fosse stato il tuo, l'hai poi venduto alla prima occasione utile."
"Ripeto: non sai di cosa stai parlando. Aveva perso la ragione. Ogni senso logico."
Chris sorride, ed è una smorfia sgradevole - tutta denti e disprezzo.
"Oh certo: adesso vuoi venirmi a dire che non organizzasti tu l'incontro con Spencer nel 2006."
Ada preme le labbra tra loro, presa in contropiede.
"Che non sapevi dell'Uroboros. Della Tricell. Di Irving. Di Sushestvovanie. "
Qualcosa attraversa gli occhi nerissimi di Ada - una scintilla offesa, oltraggiata.
"No." ribatte, sporgendosi in avanti "Alexandra Wesker non è mai stata nel mio libro paga."
"Troppo tirchia?"
"Troppo pericolosa. Con lei non si poteva discutere, contrattare. Mai."
"E il sesso non era certo una valida moneta di scambio, eh Ada?" la canzona Chris, brusco.
Leon si morde l'unghia del pollice, ascolta.
"No." conferma poi Ada "Con lei nulla bastava mai: per questo non ho mai fatto affari con lei."
"Non prendermi per il culo."
"Chiedilo a tua sorella."
Chris batte il pugno chiuso sul legno, scuote la testa.
"Come hai avuto quella foto, Ada?" mormora Leon, e lo sguardo che gli rivolge è di pura delusione.
"Non è falsa."
"Lo so: l'abbiamo fatta esaminare."
"Albert Wesker è vivo."
"E per adesso siamo solo in cinque a saperlo."
Ada annuisce, sposta il peso da un piede all'altro.
"Meglio."
Leon spinge nuovamente in avanti le foto, le cerca la mano - trova solo un vuoto gelido e ferito.
"Ada. Se sai chi è questa donna devi dircelo. Potrebbe essere la nuova collaboratrice di Wesker: l'attuale Excella Gionne."
"Oh, è molto peggio, Leon." sibila Ada, arricciando le labbra sui denti "Non avete alcuna idea di quello che state andando a svegliare."
Chris raddrizza le spalle, indurisce lo sguardo.
"Un nome, Ada: è tutto quello che mi serve."
"Non ce l'ho." ribatte, alzando la mano verso di lui quando vede la sua espressione irritata "Ma posso darvi quello della ragazzina. La Saurian è sulle sue tracce e ha incaricato uno del giro - un certo Josh Forest - di cercare informazioni su di lei."
Ada si aggiusta il colletto della camicia rossa, gli regala uno sguardo obliquo - discreto.
"Informazioni genetiche."
Leon si passa una mano tra i capelli, Chris non molla la presa.
"Un nome, Ada."
"Eve." dice poi - mormora "Eve; così si chiama la ragazzina che vedete nelle foto. Ed è la figlia della defunta Alex Wesker."
Le parole di Ada rotolano tra di loro e tagliano senza pietà alcuna.


19.

"Collaboratore."
"Solo per un po'; fintanto che la situazione non migliora."
Jake raccoglie il gelato che va sciogliendosi con un cucchiaino azzurro e bianco, sospira.
"Sherry, non credo sia una buona idea. Pensavo che il mio contributo fosse finito con il mio sangue."
Sherry distende le gambe davanti a sé, mette in bocca un grumo di Nutella e fiordilatte.
"Il BSAA è alle strette, Jake: una mano non farebbe male."
"Dal figlio di Albert Wesker."
Sherry si stringe nella spalle, cattura al volo un tovagliolo strappato dal vento.
"Usano già da mesi le sue armi, i suoi progetti anti - B.O.W. Non vedo come la tua presenza possa cambiare in peggio le cose."
"Redfield ha mollato: perché dovrei essere proprio io a prendere il suo posto?"
"Oh, non t'illudere: non sarai capitano e non così presto, ma è un inizio. Chris ha dovuto lasciare - la Blue Umbrella l'ha fortemente voluto, e per lui si è rivelata un'ottima occasione per spiarli da vicino."
Jake raschia il fondo della coppetta, la butta poi nel cestino vicino.
"Uhm. Ci penserò sopra."
Sherry si scherma dal sole di luglio, sorride.
"Il mio eroe."
"Al tuo servizio, Supergirl."
La risata di Sherry è un suono che si perde nell'aria calda di un'estate senza pioggia.


Maggio, 2024

"Prenderla non sarà facile."
"No." concorda Josh "Ma la Saurian è stata così gentile da fornirci questo." e solleva verso i suoi uomini proiettili trasparenti al cui interno ondeggia un liquido rosso, denso.
Mark alza un sopracciglio, scettico.
"Che sarebbero?"
"Proiettili anti - B.O.W, specifici per il soggetto in questione."
"Uhm."
Josh lo fissa, piega appena un angolo delle labbra.
"Fidatevi: sanno quello che fanno."
"Se non funzionano siamo tutti uomini morti."
"Lo sarete comunque se non portate a termine la missione." ribatte Josh, serafico "Per cui, tanto vale ballare."
I mercenari si guardano tra di loro, interdetti; Mark è il primo a infilarsi il casco di protezione, il fucile oltre la spalla.
"Dammeli." dice, allungando la mano verso Josh "Ho sempre odiato quelle cose; farle esplodere è l'unico motivo per il quale mi sono arruolato."
Josh gli afferra il polso, lo attira a sé in un movimento brusco - improvviso.
"Non devi farla esplodere, cretino: dovete catturarla viva, mi sono spiegato? Altrimenti provvederò personalmente a schiacciarvi i testicoli e a buttarvi in pasto a una di quelle cose, uhm? Vi alletta l'idea?"
Mark annuisce, si sottrae alla sua presa - infuriato.
Tra le sue dita il  PG67A/W diventa il veleno di una giovane e innocente Ebe.


20.

"Dovrei ucciderla."
"Attirerebbe solo di più l'attenzione."
Alex accartoccia la foto tra le dita, la strappa - fili in cui lei e Albert salgono le scale di un teatro a Mosca.
"Quella troia." mastica, e i suoi occhi bruciano - rosso e rosso.
"È stata colpa mia." mormora Eve, il Progenitore inquieto - agitato.
Alex la ignora, suo padre le rivolge un sguardo vacuo - neutro.
"Io... se non ti avessi chiesto..." comincia, allungandosi verso sua madre "Se non..."
Alex alza la mano verso Eve, la ferma.
"Non ha alcuna importanza: non adesso."
Eve aggrotta le sopracciglia, si morde il labbro inferiore.
"Io..."
"Piantala di scusarti." sibila Alex, sotto la rabbia un'inflessione preoccupata e spaventata "Piantala, Eve."
Eve trattiene il respiro, le lacrime.
Scivola verso il Progenitore di sua madre, trova solo un grumo nerissimo e teso - che l'allontana con la forza di una scossa elettrica.
Eve si ritrae, prova poi quello di suo padre - apatico, arrotolato tra le sue spire indolenti.
Non capisce.

Non può.

Suo padre non smette un istante di fissarla, sua madre di darle le spalle: la colpa un mostro che divora ogni altra cosa.


Giugno, 2024

Eve compie oggi diciassette anni.
Wesker la trova seduta sul tappeto del suo studio come quando era più piccola - tra le gambe piegate nessun vassoio di pasticceria questa volta, nemmeno quella stupida pantera spelacchiata.
E ha ragione Alex; Eve è sola.
Sola come tutte le cose uniche e rare che esistono a questo mondo - piena di quel vuoto che la rende ancora più brillante, appariscente.
Alza appena lo sguardo, ritrae il proprio virus - nasconde la propria vergogna.
Wesker la supera, si siede alla scrivania - apre il laptop, comincia a lavorare sugli ultimi trial del virus E.
Eve si avvicina un po' di più, appoggia la testa al suo ginocchio.
Il virus di Alex è una bestia che non conosce pace.


21.

Eve l'ha seguito: l'ha osservato fare la spesa, scegliere tra il pane di segale e quello d'avena.
L'ha studiato rientrare nel suo piccolo appartamento a New York - gentile concessione del BSAA - e comprare un set di lenzuola nuove. Blu Dodger, nello specifico.
Ha riso quando Sherry gli ha macchiato la faccia di gelato, e quel suono le è sembrato profondamente fuori posto - sbagliato.
Ha stornato lo sguardo invece quando Jake l'ha baciata, cercandole la bocca in un movimento lento, morbido.
Il Progenitore picchietta contro le sue ossa, irritato: non vuole stare lì. Non gli interessa l'indegno e la figlia di Birkin, proprio no.
Eve strappa un ciuffo d'erba, fissa un passero saltellare qua e là in mezzo ai cespugli.
Trova un pugno di briciole lasciate da qualche passante, comincia a mangiarle, litigandosele con un merlo.
Eve sospira, torna a guardare Jake - il suo profilo, orrendamente simile a quello di suo padre, Sherry che gli assesta una gomitata tra le costole, un calcio sulla coscia.
Sembrano... felici.
Un bambino urla in lontananza - ridammi la palla! Ridammela! - nell'aria zucchero filato e croccante.
Gioca per un po' con la busta piena di caramelle che ha comprato, e si sente piccola - una bambina. Una stupida, bambina piagnucolona.
Si alza, pulendosi i pantaloni dall'erba - volge un ultimo sguardo a Jake.

Al suo sorriso a mezza bocca, alle piccole rughe d'espressione attorno agli occhi.

Dovrebbe essere lui l'indegno, quello sbagliato: l'aborto, il non-voluto.

Dovrebbe.

Jake ride, Sherry con lui: Eve nasconde le lacrime dietro una maschera che perde pezzi a ogni respiro.


Luglio, 2024

"Verranno a prenderla."
"Non succederà."
Alex è un profilo tremendo contro le fiamme - Era e tutta la sua cieca rabbia.
"Non puoi saperlo."
Wesker l'affianca, la fissa.
Alex ha occhi solo per il fuoco - l'osserva dimenarsi nel camino, e lungo il suo corpo descrive marchi di guerra.
"Nessuno sa della Red Umbrella."
"Ne sei certo?"
Silenzio.
Alex inclina il mento verso di lui, la vestaglia nera che le scivola lungo una spalla.
"Il fatto che non abbiano ancora colpito non significa che non sappiano, Albert."
"No." concorda "Ma è difficile..."
"Ma non impossibile."
"Tu mi hai chiesto d'accompagnarvi a..."
"Lo so!" bercia Alex, sbattendo il pugno contro il bordo del camino - incrinando il marmo bianco.
"Lo so." ripete, digrignando i denti.
"Cos'altro potevo fare, uhm? Dirle sempre di no? Vivere come una fottuta cavia in un fottuto laboratorio?"
Wesker non cambia espressione, le prende una ciocca di capelli tra il pollice e l'indice, arrotolandosela poi intorno al dito.
"Potevi sempre rimanere Natalia Burton. Finire l'università. Trovarti un lavoro ben remunerato."
Wesker tira - la invita.
Alex segue il movimento del suo polso, accoglie le sue mani sotto la vestaglia - morbide, voraci.
Si flette all'indietro, socchiude le palpebre - libera un ansito improvviso, delicato.
"E poi cosa, uhm? Un buon partito e una villetta in periferia con lo steccato bianco? Magari anche un cane, di quelli meticci raccolti per strada."
Wesker snuda i denti in un sorriso beffardo, segue la linea piena del seno con bocca - la lingua.
"Forse." ribatte, e Alex gli artiglia i capelli della nuca - strattona,  riportandolo all'altezza del suo viso.
La verità è la storia non regala mai alcuna pace a chi ha deciso d'impugnarne il calamo e riscriverne l'epilogo.


22.

Jack Clutterbuck deglutisce, si gratta insistentemente un lato della testa - là, dove lo stress ha già prodotto una leggera alopecia.
"Io... non so se posso..."
L'uomo in nero non si sposta, non dà alcun segno d'averlo sentito.
Jack inspira con forza, si passa il dorso della mano sulla fronte.
"So che l'avevo promesso e che abbiamo un accordo, ma..."
L'uomo si sposta in avanti, minaccioso; Jack arretra, un istinto.
"Non è nella posizione di cambiare idea, dottor. Clutterbuck."
L'uomo in nero estrae una siringa piena di un liquido rosso, denso - in cui galleggiano particelle nerastre e asimmetriche.
"Lo faccia. Glielo inietti e poi ci penseremo noi. Non dovrà fare nient'altro."
Jack prende la siringa, se la rigira tra dita umide e fredde di adrenalina.
"Dopo sarà libero come un fringuello. Cinque milioni di dollari in più nel conto e nessun'altro esperimento per tutta la vita, che ne dice, uhm? Mi pare un accordo equo."
Jack rialza lo sguardo, titubante.
"Potreste uccidermi."
L'uomo in nero tace, potrebbe fissarlo, ma tutto quello che Jack riesce a vedere è solo il proprio riflesso nella visiera protettiva del casco militare.
"Dottor. Clutterbuck. Jack. Jack è meglio, vero? Jack, lavori per la Red Umbrella."
L'uomo in nero si avvicina ulteriormente, ormai gli è quasi addosso.
"Lavori per Albert Wesker, un'arma terroristica vivente. Un fottuto non-morto che cammina."
Jack si umetta le labbra, strappandosi una pellicina con l'incisivo.
L'uomo in nero torna ad allontanarsi, distende una mano davanti a sé.
"Credo che l'essere ammazzato da noi sia il tuo problema minore, al momento."
Jack stringe la siringa al fianco, la fa scivolare nella tasca del camice: sotto la maschera Josh Forest sorride senza alcuna allegria.


Agosto, 2024

Non lo può dire a Claire.

Non vuole.

Chris mescola e smazza quelle tre foto come se potessero dargli una Scala Reale da un momento all'altro - le studia.

E la risposta che ha ottenuto non gli piace per niente.

"Non la racconti giusta."
Chris solleva appena lo sguardo, tace.
Jake sposta una delle sedie del suo nuovo ufficio, la rovescia, sedendocisi a cavalcioni.
"È mio padre, vero?"
"Sì."
"Non c'è alcun dubbio, uhm?"
Chris ruota lo schermo del computer, gli mostra il programma di riconoscimento facciale - 99,8%.
Jake piega le labbra in una smorfia, libera un fischio lungo, acuto.
"Figlio di puttana."
Chris intreccia le dita tra loro, posa nuovamente lo sguardo su quelle tre foto.
Jake s'inclina in avanti, facendo scricchiolare il cuoio della sedia.
"Cosa stiamo cercando?"
"Lei." indica Chris, puntando l'indice sulla donna.
Jake annuisce, prende la prima foto - quella con la Jaguar scattata a Venezia.
"Da dove viene?"
"L'abbiamo trovata nascosta dentro la cassaforte dell'amministratore delegato della Saurian."
"E non avete detto niente?"
Chris inclina il mento verso il petto, grugnisce.
"Io non ho detto nulla: mi sono limitato a farne una copia digitale sul posto. Pensavo che prima o poi mi sarebbe tornata utile."
Jake ridacchia, tamburella con il piede sull'impiantito.
"E bravo il nostro Redfield."
Chris lo ignora, si stropiccia le palpebre pesanti - stanche.
"C'è dell'altro."
Jake tace, coglie la nota ferita nella voce di Redfield - esausta.
"Ho usato lo stesso software per sovrapporre Natalia alla donna nelle foto."
Silenzio.
"C'è una leggera compatibilità."
"Di quanto stiamo parlando?"
"34%."
Jake alza un sopracciglio, annuisce.
"Non è moltissimo. Meno della metà."
"No." concorda Chris "Ma poi vi ho aggiunto un secondo profilo - uno che all'inizio non avevo valutato."
Jake si umetta le labbra, per nulla tranquillo.
Chris prende il tablet, digita una password - glielo porge.

Soggetto #1; Jane Doe.
Soggetto #2; Alexandra Wesker.

Jake sgrana gli occhi, libera un'imprecazione in russo.
"Non è possibile."
"Sono compatibili al 66%."
Jake rialza lo sguardo, il tablet sulle ginocchia, gli occhi socchiusi.
"Come... no, non è possibile." ripete.
Chris incrocia le braccia al petto, i muscoli dell'addome che si tendono sotto la maglia sportiva.
"Invece lo è: l'esatta percentuale mancante di Natalia."
Jake deglutisce, torna a fissare il tablet - il volto di Alexandra Wesker un piega pallida e crudele.
"E si scopava mio padre."
"Supponiamo."
"Che novità."
"E la ragazzina sarebbe sua figlia."
"Stando ad Ada, sì."
Jake avvicina il tablet al viso, si gratta la cicatrice sulla guancia.
"Io... ho come l'impressione di averla già vista."
Chris si fa improvvisamente attento, alzandosi e facendo il giro della scrivania.
"Come?"
"Io... una sera, una delle prime che ero arrivato a New York. Mi sono ubriacato in un piccolo locale giù nel mio quartiere e... sì, forse mi ha avvicinato. Mi ha parlato."
Jake scosta poi il tablet dal naso, scuote la testa.
"Non lo so... è tutto abbastanza confuso. Era una ragazza bionda, giovane: giubbotto in pelle, anfibi ai piedi. Piegava leggermente la voce quando parlava, un'inflessione che trovai strana per una della sua età. Troppo profonda. E motteggiava di cose come degni e non degni - lo sproloquio di una pazza."
Chris cerca gli occhi di Jake - un azzurro artico, da lupo.

Come lui.

"Stai dicendo che mio padre è vivo e che quella donna è Alexandra Wesker e anche Natalia?"
"Detta così sembra una stronzata da videogioco."
Jake libera una risata aspra, secca.
"E che questa ragazzina - questa Eve - è la figlia di Alex Wesker. Che sarebbe la donna nella foto. Che è anche Natalia. Che, sorpresa sorpresa, si scopa mio padre. Ritornato dal mondo dei morti dopo un bagno nella lava e due missili in faccia."
Chris comprende l'entità di quello che Jake ha appena detto - la sua assurdità.
"Più o meno."
Jake si massaggia i muscoli del collo, lo fissa.
"Ma non può essere sua madre la donna nella foto: avrà sì e no dieci anni in più. E se lei non è la madre questo ci porta a due naturali conseguenze: o non è Alex Wesker - e questo spiegherebbe la differenza d'età, ma non la compatibilità rilevata dal programma - oppure la ragazzina non è Eve - e dobbiamo quindi presupporre che Ada ci abbia mentito."
Chris tace, si appoggia con entrambe le mani alla scrivania.
"E poi..." conclude Jake, guardandolo "Chi diavolo sarebbe il padre?"
Albert Wesker li fissa entrambi da una foto in cui i suoi occhi grondano sangue e verità crudeli.


23

Eve non sente il colpo arrivare.

Non può.

Quando il Progenitore urla è già troppo tardi - le membrane cellulari che esplodono, il sistema nervoso che collassa.
Cade, Eve, e il mondo diventa bianco e rosso.

Un pavimento freddo, gli allarmi di contenimento dei laboratori che cominciano a suonare.

Qualcuno spara - fai una serena ninna, Jack bello - la solleva di peso.

Mamma!

Il Progenitore cerca di contrastare il siero - non ci riesce - lotta - perde.

Papà!

Eve chiude gli occhi e lancia il suo ultimo, disperato grido.


Settembre, 2024

Alex è immobile nel mezzo di una poltiglia di sangue e visceri umani.
Gocciola dalle dita, sotto le unghie: affonda con le eleganti scarpe nere in camoscio nel torace di uno dei mercenari, preme.
"Dove l'avete portata?"
L'uomo urla - cerca di spostarle il piede, Alex si allunga verso di lui e con un colpo secco del polso gli strappa il fegato, lanciandolo contro il muro.
"Dove?" ruggisce, e gli infetti alle sue spalle si agitano, sbattono contro i vetri di contenimento, si divorano a vicenda.
L'uomo rompe qualcosa tra i denti - cianuro - Alex si avventa sul suo viso, dividendo la mandibola dalla mascella con un schiocco secco, osceno.
"No, nonononono!" grida, e libera poi un verso orribile - gutturale, frustrato.
Wesker la osserva sollevare l'uomo di peso, scaraventarlo lungo l'impiantito con una tale forza da schiacciargli il naso, la bocca - il volto una scia di sangue e ossa frammentate.
Alex respira in fretta, senza controllo: piega le dita ad artiglio, si volta.
"L'hanno presa." bercia, e ha dei residui rossastri tra i capelli aggrovigliati.
"Hanno preso mia figlia." latra, una bestia libera dalle sue catene - infuriata.
Wesker inclina il mento verso di lei - sangue lungo gli zigomi, nella piega tra il collo e la spalla.
Il virus di Alex esplode - si schiude davanti al suo come una marea nerastra e senza fine.

Una vescica gonfia d'odio e rabbia.

Gli pianta davanti al viso una siringa vuota, la scuote.
"Il tuo siero. Modificato. Lo riconosco dall'odore. Un inibitore del Progenitore."
Wesker tace, lascia che Alex bruci.
"L'hanno presa, Albert." ripete, e si spegne all'improvviso Alex - si piega in se stessa, su di lui.
"L'hanno presa."

E mai il passato è stato più vivo - presente.

Alex china il capo, allunga il Progenitore verso uno spazio vuoto - muto.
Wesker ascolta quel silenzio risuonare delle ultime, spaventate, richieste d'aiuto di Eve.


24.

Zimmer ordina che le catene vengano fissate ai polsi, attorno alle caviglie - persino lungo i fianchi.
Controlla personalmente che l'infusore sottocutaneo sia inserito correttamente - il PG67A/W  una corrente continua e che tinge le sue vene di scuro.
Tira le catene una, due, tre volte: si assicura che siano ben salde, fissate alle pareti e al pavimento con due strati di cemento armato.
Arretra leggermente, la fissa.
Pallida, con il dorso dei piedi piegato verso l'impiantito: Eve Wesker non è molto diversa dalle tante adolescenti che vanno a ballare il sabato sera o si ritrovano a flirtare con il quarterback della scuola.  

Peccato solo che sotto la pelle strisci un virus selvatico e brutale - che gocciola dalla bocca socchiusa, filtra dalle palpebre abbassate.

Zimmer le solleva il viso, lo sposta prima a destra, poi a sinistra.
Zigomi alti, labbra piene - esangui.
Eve Wesker è la copia sputata dei suoi genitori; potrebbe persino essere scambiata per loro sorella se non sapessero che ne è invece la figlia.
Bill lascia andare la presa sul suo mento - sorride.
Dietro una cortina di capelli biondi e spettinati il virus di Eve grida e grida - inascoltato.


Settembre, 2024

Anderson schiaccia il pacchetto di sigarette tra le mani - Gauloises, rosse - mastica nervosamente una caramella alla liquirizia.
"Quando?"
"Due ore fa."
Annuisce, preme i molari sulla superficie dura della caramella - la rompe.
"Danni?"
"Attrezzature distrutte, cinque guardie morte; un ricercatore ferito, un altro deceduto."
Anderson scivola con le mani lungo la superficie lucida della sua scrivania, si umetta le labbra.
"E il dottor. Wesker cosa dice di tutto questo?"
La guardia - Ray - si sposta inquieta, la tenuta da combattimento che scricchiola.
"Non si è ancora espresso."
Anderson rialza lo sguardo - piccole gocce di sudore sotto al naso, sulla fronte.
"Merda."
Si alza, inspirando con forza.
"Merda, merda, merda!" continua, portandosi una mano alla gola.
Si volta, torna a fissare Ray - occhi spaventati, enormi.
"Come è potuto succedere?"
"Jack Clutterbuck, del piano di ricerca meno sei. A quanto pare è sua la colpa."
"E dov'è adesso il signor. Clutterbuck?"
Ray apre le dita attorno all'impugnatura del fucile, le richiude.
"Morto, signor. Anderson. Era tra le vittime."
Chissà perché la cosa non mi stupisce per niente, si ritrova a pensare Anderson, il cuore un rullio furioso nel petto.
"Come?"
"Un colpo alla nuca."
"Un'esecuzione."
"Esattamente."
Anderson posa lo sguardo su New York - il suo autunno precoce, Central Park una distesa rossa e arancione.
"Idee su chi sia stato?"
"Al momento no: abbiamo esteso la ricerca a tutte le aziende presenti durante la fase sperimentale nel 2012 e 2013."
Un taxi supera un ciclista sulla destra, lo manda a fare in culo - una città che brulica di vita, morte.
"Voglio tutti gli esiti della ricerca preliminare sulla mia scrivania appena disponibili."
"Purtroppo non credo sia possibile, signore."
Anderson si volta di scatto, lo fissa.
Ray gli restituisce lo sguardo con occhi lontani, neutri.
"Il dottor. Wesker ha richiesto espressamente che tutte le ricerche facciano capo a lui. Nessuna esclusa."
Anderson cerca d'inghiottire il grumo di saliva e ansia che gli si è formato in gola, non ci riesce - tossisce.
Ray flette un ginocchio, rilassa le spalle.
"Per lei ha detto che non ci sarà alcun cambio di direzione: continui a fare quello che sta facendo."
Mentire, pensa Anderson, ma tace, perché non è certo la coscienza il suo problema.
"Quello che è successo ai pieni inferiori rimane ai piani inferiori: la Blue Umbrella non deve esserne intaccata."
"Perfetto." riesce a esalare Anderson, i polpastrelli freddi, umidi d'adrenalina e paura.
Ray china poi il capo in un veloce cenno di saluto, viene congedato.
Anderson si lascia andare contro la vetrata del suo studio e crolla.


25.

È successo qualcosa.
Non ha ancora ben capito cosa, ma il suo istinto gli dice che oggi è un giorno diverso alla Blue Umbrella.
Chris nota un soldato della milizia di sicurezza uscire dall'ufficio di Anderson, alza un sopracciglio.
Ray lo saluta con uno scatto secco del mento, prosegue - entra nell'ascensore del personale e si tocca l'orecchio, dove l'auricolare ha cominciato a fischiare, fastidioso.
Si volta, non riesce a vedere la figura di Anderson dietro le veneziane abbassate.
Sospira, scaldandosi le mani attorno al caffè appena comprato; venti piani sotto di lui giacciono tutte le risposte che ha sempre cercato.




****


Underneath the eyes,
under every guise,
hold on to my name.

Eve fissa negli occhi l'uomo che è appena entrato nella stanza  - un buco sperduto chissà dove di quattro metri per quattro.
Ha le mani in tasca, un completo elegante - teso sulla pancia prominente.
Le sorride, cercando di mostrarsi amichevole - una farsa mal riuscita.
"Eve." la chiama, e il virus si raggomitola tra le sue cellule, denso.
Dietro di lui una squadra di contenimento - giubbotti antiproiettile e anti - B.O.W: Kriss Vector e FN Five-seven nelle fondine al fianco - una medica - tute protettive per rischio biologico di livello quattro, respiratori autonomi.
"Eve." ripete, e il virus si chiude ancora più in se stesso - un grumo nerastro e impenetrabile.
La studia con occhi avidi - voraci: sta già calcolando mentalmente cosa potrà ricavare da lei e dal suo sangue.

Dal suo corpo.

Eve affonda alle radici più profonde del suo essere - Progenitore - e snuda i denti in una silente promessa.


We must never look to war;
look to vengeance, look to blood,
after every honest thing they take from us.

Alex osserva i ripulitori cancellare ogni traccia - occhi rossastri e che si aprono sul viso come ferite infette.
Tende un muscolo sotto la mandibola, irrigidisce la linea delle spalle - sangue secco sotto le unghie, sulla camicia azzurra.
"Chi?"
"Abbiamo ristretto il campo a tre aziende: la Akembe Chemical, la Shéng-Yā Pharmaceutical e la Saurian Corporation."
Tra i capelli frammenti d'osso e tessuto umano, una nube d'oro e bianco.
Alex annuisce, un profilo che si distende lungo le luci soffuse del suo studio - vibra, e sembra ruggire a ogni respiro.
Si volta, studiando il logo delle tre aziende - due leoni e un sole nero; un dragone bianco in campo rosso, uno stupido dinosauro racchiuso in un cerchio celeste.
"Li conosco." dice Alex, indicando il simbolo della Shéng-Yā "Hanno cercato di prendere le mie ricerche sull'isola di Sonido de Tortuga."
Wesker sposta il foglio verso di lui, annuisce.
Alex punta l'indice sui leoni, scuote la testa.
"No: non la Akembe. Non ne hanno i mezzi, la possibilità. Non secondo i nostri contatti."
Wesker accartoccia la prima foto, buttandola nel cestino.
Alex s'inclina in avanti, e Albert nota che le manca un orecchino - diamanti neri e oro rosa.
Fissa Dino, il dinosauro amico dei bambini, con un'insistenza turbata - sospettosa.
"La Saurian."
"Bill Zimmer."
"Oh, lui." mormora Alex, assorta.
Wesker l'affianca, percepisce il metallico del sangue sotto la lingua, l'acido dell'adrenalina sulla pelle - tra le cosce.

Un odore che lo stordisce - lo eccita.

"Potrebbe."
Alex inclina il capo verso destra, assottiglia gli occhi.
"Potrebbe."
La pupilla di Wesker si restringe - esplode l'iride, espandendosi nell'orbita come la corolla di un fiore.
La Red Umbrella torna operativa meno di un'ora dopo: il corpo di Jack Clutterbuck portato nei suoi laboratori personali - trascinato come il sacco d'immondizia che è.

La sua vita spogliata, tagliata, aperta e vivisezionata senza riguardo alcuno.

Albert accoglie la rabbia di Alex tra le mani - nel cuore - e ne fa la sua arma più spietata.


So death is coming to purge this town.
I know your name
and I'm gonna hunt you down.

"L'hanno presa."
"Chi?"
"La ragazzina. Eve."
"Quando?"
"Non lo so."
"Come?"
"Con un siero."
Leon le rivolge un'espressione interdetta, Chris comprende.
"È una B.O.W."
Ada annuisce, rigida.
"Perché?"
Ada torna a guardare Leon, si stringe nelle spalle.
"Forest era a capo dell'operazione."
"E dove possiamo trovarlo?"
Ada gli porge una foto in bianco e nero, ingrandisce l'immagine - scuote la testa.
"Non potete. Non più."
Josh Forest fissa l'obiettivo della telecamera con occhi lattiginosi e morti.




****


Gennaio, 2025.

I'll search the shadows.
You'll wear back the crown, you know it's coming,
and I'm gonna hunt you down.

Un elicottero, due squadre.
Alex si allaccia la cinghia dell'elmetto protettivo, imbraccia l'arma - libera il Progenitore e tutto il suo osceno potere.  
Apre il portellone, aspetta - lo guarda.
Un FN F2000 sulle spalle, occhi vuoti - nascosti dalla pesante attrezzatura da combattimento.

Un virus che scivola vicino al suo, rassicurante - tremendo.

"È qui." le conferma, ed è attutita la sua voce - modificata dal distorsore che ha indossato sotto il giubbotto.
Alex si lancia sul tetto dell'edificio, distende le dita davanti a sé - percepisce un filo sottile e viscoso arrotolarsi attorno al polso, tirare.

Eve e tutto ciò che resta.

Davanti a lei la Saurian Corporation non è altro che un ammasso di uomini già morti.


0

"Perché ridi?"
Sangue tra i denti, lungo il mento - in gola, a formare un grumo catarroso e duro.
"Ehi, ragazzina, parlo con te! Perché ridi?"
Eve solleva appena lo sguardo, socchiude l'occhio ancora sano - quello che non le hanno strappato per verificare le sue capacità rigenerative.

Ride, e le fa male il petto, l'addome.

Il silenzio possiede ora la voce d'entrambi.





"The ending is nearer than you think, and it is already written.
All that we have left to choose is the correct moment to begin."
- Alan Moore -




Note dell'autrice: Albert Wesker e Alex Wesker non sono fratello e sorella. Non hanno nessun legame di sangue e non sono stati cresciuti nella stessa famiglia come tali (ne hanno avute due ben diverse e distinte) per cui non ritengo che questa storia richieda l'avvertimento incest. Appartengono allo stesso progetto scientifico di selezione genetica (Project W.) e per questo si definiscono "fratello" e "sorella" e possiedono lo stesso cognome (in onore del creatore del progetto), ma nei fatti non lo sono e non hanno mai avuto l'occasione di comportarsi come tali.
Secondo la legge italiana non sono né discendenti né ascendenti, e neppure affini in linea retta, per cui il reato d'incesto non sussiste.










   
 
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