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Autore: Flos Ignis    18/09/2018    2 recensioni
‘‘Seconda classificata al ‘Contest… fastidioso’ indetto da Emanuela.Emy79 ”.
Tratto dal testo:
Non si era più trattato di sfogare la sua rabbia su di lui, ma di affidargliela, pur inconsapevolmente, sapendo che l'altro era l'unica persona al mondo in grado di gestirla e sopportarla. Sembrava nato apposta per questo, per fargli da ancora e trampolino, per smaltire gli eccessi del suo carattere con la sua pacatezza e al tempo stesso spingerlo a migliorarsi con la sua determinazione incrollabile e i suoi spaventosi progressi.
Sembrava nato per lui, per completarlo in una maniera così perfetta da dare i brividi. Prima di quel momento era stato solo troppo presto perché questo fatto fosse evidente, ma a conti fatti sembrava proprio un destino tanto ineluttabile che Katsuki non si sarebbe sorpreso se lo avesse trovato tatuato all'interno della propria pelle, tra le fibre dei muscoli e giù, ancora più a fondo, nel midollo delle sue ossa, fino a raggiungere il suo stesso DNA.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dawn's wake up




Svegliarsi é la prima azione che viene compiuta nel corso della giornata: affinché essa inizi, le dolci maglie del sonno devono essere abbandonate, volenti o nolenti.

A volte, per riuscire a rendere meno difficoltoso il distacco da quello stato di quiete assoluta, Midoriya Izuku, aspirante eroe residente ai dormitori della prestigiosa scuola Yuuei, espletava una serie di rituali mattutini appena il sole iniziava a spuntare all'orizzonte.

Da quando aveva ereditato il prezioso potere di All Might aveva cominciato ad allenare costantemente il suo corpo, nella speranza di arrivare il prima possibile a padroneggiare il cento per cento di quella forza che gli era stata trasmessa per uno scopo più grande di lui: essere l'erede del Simbolo della Pace.

Diventare degno di tale onore era diventata quasi un'ossessione per il ragazzo da folti ricci verdi, tanto che senza accorgersene aveva iniziato a indossare un velo di serietà oscura sui grandi occhi fanciulleschi che lo avevano sempre caratterizzato. La genuina dolcezza e l'acuta intelligenza si potevano ancora scorgere in quelle iridi dalle tinte boschive, ma la determinazione adamantina che aveva sempre cercato di nascondere, più o meno bene nel corso degli anni, adesso si mostrava in tutta la sua forza.

Non aveva smesso di ridere e scherzare, né di passare del tempo di qualità con i suoi amici, ma l'urgenza di migliorare sempre di più era diventata quasi insopportabile, al punto che faticava a prendere sonno la sera se prima non si dedicava seriamente ad allenamenti extra che aveva programmato personalmente.

E all'alba del giorno successivo era già pronto a ricominciare il suo intenso training psico-fisico per poter reggere il peso del titolo che il suo mentore si aspettava da lui.

Le poche ore di sonno che aveva accumulato in quelle settimane dal ritiro ufficiale di All Might iniziavano a pesargli, quindi ogni mattina, prima di dedicare un paio d'ore all'allenamento del suo potere, si concedeva una serie di piccoli rituali che potessero riattivargli correttamente mente e corpo.



Come tutte le mattine da un po' di tempo a quella parte, Izuku si alzò dal letto al buio per evitare di infastidire i suoi occhi ancora sensibili alla luce, per poi mettersi a fare un po' di stretching leggero. 

Appena si ritenne soddisfatto della risposta muscolare, si avviò verso il bagno, dimenticandosi però come ogni volta che quella non era la stanza di casa sua, ma quella del nuovo dormitorio della Yuuei, per cui prese male le misure e sbatté il mignolo del piede contro l'angolo del letto. Ormai aveva un livido perenne in quel punto del piede sinistro, perciò gli venne istintivo soffocare delle imprecazioni poco eleganti per evitare di svegliare il suo vicino di stanza Aoyama, aspettò che le stelline smettessero di girargli davanti agli occhi e, quando fu relativamente sicuro di potersi muovere senza ritrovarsele nuovamente a danzare vicino alla nuvola di ricci annodati che erano i suoi capelli, riprese il suo persorso a ostacoli per andare a rinfrescarsi.

Dopo una rigenerante doccia fredda, indossò una tuta larga e aprì il terzo cassetto della sua scrivania, in cui aveva riposto tutti gli appunti sugli eroi che aveva raccolto nel corso degli anni.

Ormai aveva creato un compendio ben strutturato di tutte le unicità di cui era venuto a conoscenza, riunendole per tipologia e applicazioni pratiche, ma era rimasto affezionato ai primi scarabocchi del bambino che era stato e a quei quaderni dai bordi ormai consunti. Ne aveva scritti più di una quindicina, ma quello che gli interessava era quello posto proprio in cima, il numero "uno".

Sorrise automaticamente non appena lo aprì, trovando la dedica incoraggiante di sua madre alla sua passione per gli eroi, scritta poco prima che gli fosse diagnosticata la mancanza di Unicità.

Scorrendo le prime pagine, in cui aveva raccolto le impressioni sui poteri dei suoi genitori, con gli occhi grandi di meraviglia di un bambino che pensa sempre e comunque che la sua mamma e il suo papà siano i migliori al mondo, arrivò al punto che davvero gli interessava.

Kacchan.

Quel nome, anzi... quel nomignolo con cui solo lui aveva il permesso di chiamare il suo amico d'infanzia era stato scritto con i tratti tremolanti di un bambino che aveva imparato a scrivere molto presto, ma di seguito poteva trovare le annotazioni che aveva raccolto nel corso degli anni. Il resto del quaderno era dedicato unicamente al suo amico, ricordava come fosse il giorno prima di aver pensato: "staremo insieme per sempre e imparerò tante cose su di lui, voglio scrivermele tutte per non dimenticarle mai".

Quanto era stato ingenuo, quanto aveva avuto torto...

Kacchan... 

Eppure, aveva anche avuto maledettamente ragione fino a quel momento: perché per quanto le loro esistenze potessero essersi scontrate in termini tutt'altro che amichevoli, i fili dei loro destini non si erano mai allontanati.

Anzi, essi si erano intrecciati sempre di più formando un'intricata serie di nodi ingarbugliati in cui erano rimasti avvinghiati insieme, lontani appena il necessario perché non si sfiorassero, ma abbastanza vicini perché fosse loro impossibile non percepire la presenza dell'altro. Sempre ai margini del loro campo visivo, ma mai uno di fronte all'altro.

E più loro due tiravano per liberarsene più quei nodi si stringevano e la fitta trama del filo lasciava tracce ustionanti sulle loro pelli. 

A volte Izuku si sorprendeva a cercare quei segni, scoprendo con uno stupore immotivato di non trovare traccia di irritazione sulle sue braccia e di avere ancora il collo integro, senza il principio di soffocamento che i suoi incubi su Kacchan gli lasciavano come sensazione fin dentro le ossa.

Forse, a ben pensarci, erano anche quegli incubi il motivo per cui la sera si sfiniva tanto prima di andare a letto. Esauriva tutte le sue energie di proposito, sperando di cadere in un sonno profondo e senza incubi fatti di esplosioni, occhi rossi perennemente arrabbiati e il profumo di zucchero bruciato che emanava il ragazzo biondo che affollava la maggior parte dei suoi pensieri fin da quando aveva memoria.

Deku accarezzò alcune delle sue note, emettendo un sospiro tremolante e insicuro, come sempre più spesso gli capitava di fare quando si ritrovava a pensare al suo rapporto con il suo vecchio amico, o ai suoi sentimenti per lui, o anche solo a Kacchan in sé.

Come per farsi maggiormente del male, ogni mattina rileggeva ognuna delle parole che aveva scritto su di lui, fino a quando il peso sul cuore si faceva talmente opprimente che il bisogno di uscire dalla sua stanza per far tacere la sua mente con del sano esercizio fisico diventava una necessità improrogabile.

Nel freddo dell'alba iniziava così la giornata dell'aspirante eroe Deku, che mentre concentrava la sua considerevole intelligenza nella gestione di una Unicità tanto pericolosa per il suo stesso corpo riusciva a scordarsi, almeno per un po', di quanto fosse sbagliato tutto ciò che era e provava.




Se Katsuki Bakugou o chi per lui avesse deciso di fare una lista di tutto ciò che lo faceva infuriare, probabilmente ci avrebbe impiegato un mese solo per iniziare a stilarla.

A posteriori, non avrebbe saputo di preciso a quale postazione classificare quella particolare giornata, ma sicuramente rientrava nella sua personalissima top ten di mattinate più fastidiose di sempre.

Già la sveglia all'alba non fu un buon principio, proprio per niente.

Perché nonostante le apparenze, il ragazzo con la voglia perenne di far esplodere qualunque cosa gli intralciasse la strada amava poltrire a letto il più a lungo possibile. Durante il giorno non stava mai fermo, infilava un'imprecazione dietro un'esplosione dietro un'altra sequenza di frasi irripetibili, ma nella solitudine della sua stanza e soprattutto nel silenzio che avvolge un luogo quando la giornata non é ancora iniziata... beh, poteva anche permettersi di rilassarsi nel suo ambiente personale, in cui nessuno sano di mente avrebbe mai messo piede senza il suo consenso - che, per amor di sincerità, lui di certo non si sarebbe sognato mai di dare a nessuno.

Era quindi sveglio da almeno un'ora, Katsuki, ma non aveva la minima intenzione di abbandonare le coltri morbide e calde per via della sua elevata temperatura corporea. Nonostante ciò, non riusciva a godersi la pace del momento come avrebbe desiderato.

Se il buongiorno di vede dal mattino, pensò lui, oggi sarà una fottuta giornata di merda.

In primo luogo, era stato svegliato da un raggio di sole dritto in faccia. Le tende non erano ben tirate, la sera prima le aveva accostate di fretta per cui non ci aveva fatto caso, ma il risultato era stato che quell'improvvisa fonte di luce lo aveva destato in un lampo, facendogli saltare i nervi già appena sveglio. Odiava la luce diretta del sole negli occhi di prima mattina. Già solo quello bastava a classificare quel dì come una giornata da far esplodere sul calendario.

Ad aggiungere la beffa al danno non era nemmeno riuscito a riaddormentarsi dopo aver chiuso per bene i tendaggi bordeaux, perché sapeva che se lo avesse fatto avrebbe ricominciato con gli incubi. 

Katsuki sbuffò, fortemente irritato con se stesso, cercando invano una posizione più comoda sul suo letto per sfuggire a certi pensieri, ma proprio non gli riuscì di sottrarsi all'ennesima analisi di coscienza che svolgeva nel giro di poche settimane.

Da quando la forma reale di All Might era stata resa pubblica sentiva addosso una colpa incredibile, una frustrazione annicchilente che fiaccava persino le sue esplosioni, aumentando di conseguenza la sua rabbia e azzerando la sua già scarsa pazienza.

Era caduto in un vortice di silenzio scorbutico e profonda sofferenza che lo avvolgevano nelle loro oscure spire e per quanto lui avesse urlato dentro di sé, da quello nessuno poteva salvarlo. 

Non stavolta, non dal senso di colpa, non dalle torture che la sua mente stronza si divertiva a propinargli tramite i ricordi dell'incidente di Kamino.
Però poi il suo continuo rimuginare aveva trovato uno sfogo.

Nulla di nuovo, in verità: cercare la rissa con Deku era quasi un'abitudine, un rituale che lo aiutava a superare i momenti di noia. Non solo però, stavolta non si era trattata di mediocre routine.

Bakugou si alzò di scatto a quel pensiero, gettando le coperte in fondo al letto, ma non poté sfuggire alla sua mente semplicemente iniziando a correre all'impazzata verso il bosco che circondava l'Accademia.

Era l'istinto a portarlo da Deku, ogni singola volta. Era stato l'istinto a fargli trovare nel ragazzo dai capelli verdi una valvola di sfogo per la colpa che aveva provato nel cuore fin dalla notte in cui era stato salvato ad un prezzo tutt'altro che equo, perché il mondo aveva perso il suo Eroe della Pace.

Katsuki corse a lungo, quella mattina, ma il suono del suo respiro accelerato non coprì il rumore assordante dei ricordi della notte in cui tutto era stato finalmente chiaro davanti ai suoi occhi. Aveva pensato e ripensato alle parole che Deku gli aveva detto all'inizio dell'anno scolastico sul fatto di aver ricevuto la sua Unicità da qualcuno, lo aveva osservato e studiato di nascosto. Gli era mancato gran parte del quadro generale e questo lo aveva fatto incazzare, tanto e a lungo, ma dopo il suo rapimento tutto aveva assunto improvvisamente senso: i poteri dell'uomo che All Might aveva battuto mettendoci tutto se stesso, la vera forma di quest'ultimo, le parole che aveva prununciato alla fine di tutto e le lacrime amare di Deku, che non aveva iniziato ad esultare come il resto della folla attorno a loro.

Perché il ragazzo dai capelli verdi aveva compreso che quelle parole avevano ben altro significato rispetto a quello che tutti gli altri vi avevano attribuito.

Il prossimo sei tu.

E se solo lui le aveva diversamente interpretate, se aveva capito il loro reale valore come gli era sembrato stesse facendo, se quella frase era stata l'origine di un pianto tanto straziante... allora tutto acquisiva improvvisamente senso.

Il silenzio di Deku di fronte a tutte le sue spiegazioni, quando il suo istinto - traditore - lo aveva portato a cercarlo, anche se non solo per sfidarlo come aveva dato a intendere, era stato solo la conferma di tutto.

A quel punto, l'unica cosa che gli era rimasta da fare era stata la stessa di sempre: sfogare la sua rabbia su Deku, ma molte cose erano cambiate nel corso degli ultimi mesi e solo in quel momento se ne era reso conto.

Non voleva solo sfogare la sua rabbia sul suo amico d'infanzia, i suoi pugni non dicevano "ti odio" come un tempo, le sue esplosioni avevano una voce incredibilmente sottile che chiedeva "aiuto" per non lasciarlo solo ad affogare nelle sue stesse emozioni.

La sua corsa si interruppe all'improvviso, perché in mezzo al verde del bosco i suoi occhi rossi ne avevano incontrato un altro paio che, pur potendo mimetizzarsi in quell'ambiente, spiccavano per la loro brillantezza.

-Kacchan?-

Gli si mozzò il respiro in gola, il panico prese a salire alla velocità della luce dentro di lui mentre capiva cosa era successo di diverso in quello scontro.
Lo comprese grazie allo sguardo limpido che il ragazzo gli lanciò, lo stesso che aveva avuto in volto quel giorno della loro infanzia in cui tutto era cambiato, quando si era avvicinato per aiutarlo a rialzarsi dopo che era caduto nel fiume. 

Non si era più trattato di sfogare la sua rabbia su di lui, ma di affidargliela, pur inconsapevolmente, sapendo che l'altro era l'unica persona al mondo in grado di gestirla e sopportarla. Sembrava nato apposta per questo, per fargli da ancora e trampolino, per smaltire gli eccessi del suo carattere con la sua pacatezza e al tempo stesso spingerlo a migliorarsi con la sua fottuta determinazione incrollabile e i suoi spaventosi progressi.

Sembrava nato per lui, per completarlo in una maniera così perfetta da dare i brividi. Prima di quel momento era stato solo troppo presto perché questo fatto fosse evidente, ma a conti fatti sembrava proprio un destino tanto ineluttabile che Katsuki non si sarebbe sorpreso se lo avesse trovato tatuato all'interno della propria pelle, tra le fibre dei muscoli e giù, ancora più a fondo, nel midollo delle sue ossa, fino a raggiungere il suo stesso DNA.

-Kacchan? Va... t-tutto bene?-

Al diavolo, no che non andava tutto bene, nulla andava bene!

Si era innamorato di quel dannato nerd e questo poteva solo significare che Bakugou Katsuki era maledettamente fottuto.


 
  
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