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Autore: littlegiulyy    18/09/2018    2 recensioni
Ashley Rivera, dopo una vita passata nella sua riserva Navajo tra lupi, vampiri e continui problemi, sentendosi troppo stretta in quella vita, decide trasferirsi a Seattle per specializzarsi in chirurgia.
Tuttavia forse la sua vecchia vita un po' le manca, o forse no; forse le sembra tutto uguale o forse tutto cambierà.
Tratto dalla storia:
"“Tu saresti il chirurgo?” mi chiese con voce rotta da dolore e ansimante, accennando un sorriso forzato.
“Eh si sono proprio io” risposi guardando la sua gamba ridotta decisamente male.
Rise “Quanti anni hai? 18?”
Lo guardai meglio, e per la prima volta lo guardai in faccia.
Era decisamente un bel ragazzo, ogni cosa a suo posto e con un sorriso quasi abbagliante.
Sorrisi “Sei simpatico… mi dispiace deluderti, ne ho 23”
“Come me, piacere, Jacob Black” mi tese la mano destra, l’unica che poteva muovere
“Ashley Rivera” dopo qualche momento di indecisione gli strinsi la mano."
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Embry Call, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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Ciao a tutti! Sono felice di essere tornata con una nuova storia...
Non riesco proprio ad abbandonare il personaggio di Embry, alla quale secondo me è dato spesso poco spazio.
Spero che l'inizio di questa nuova storia vi piaccia; fatemi sapere cosa ne pensate! Ci conto
Buona lettura


Tolsi i guanti gettandoli nel bidone e uscii dalla sala operatoria richiudendo la porta dietro di me.
Dopo sette ore passate lì dentro l’unica cosa che desideravo era un buon caffè che, probabilmente, se fossi stata fortunata,  mi avrebbe tenuto sveglia fino alla fine di questa nottata oscena e terribilmente lunga.
Guardai l’orologio. Le 2.15 am.
Sospirai. La notte sarebbe stata ancora molto lunga e la caffetteria di sicuro a quest’ora aveva già chiuso da un pezzo.
Scesi le scale dirigendomi verso il pronto soccorso. L’unica mia salvezza in questo momento sarebbero potute essere le macchinette della sala d’aspetto del pronto soccorso, aperto 24h su 24.
Cercai di non badare al sonno e agli occhi che sentivo terribilmente pesanti, meno di sette ore e il mio turno di guardia sarebbe finito.
Le porte automatiche si aprirono e non appena vidi la macchinetta del caffè si fece largo un po’ di speranza. Mi misi in coda dietro ad un ragazzo. Possibile che ci fosse coda alle macchinette anche alle due di notte?
Sospirai strofinandomi gli occhi.
La specializzazione in chirurgia prima o poi mi avrebbe uccisa, ne ero certa.
“Mi dispiace ma la macchinetta ci mette un po’” osservai il ragazzo davanti a me che mi aveva appena parlato. Sorrisi “Non c’è problema” risposi distogliendo subito lo sguardo.
Una volta giratosi verso la macchinetta lo guardai meglio, impossibile non notarlo data la quantità di muscoli presenti e la pelle ambrata, il fisico e tante altre cose mi fecero subito pensare ad un modello.
Si, probabilmente questo ragazzo faceva il modello.
E probabilmente era della riserva.
Prese il suo caffè e con un sorriso tornò a sedersi, lo seguii con lo sguardo e mi resi conto che di ragazzi come lui lì, proprio in quel momento, ce n’erano altri cinque, insieme ad un signore più anziano e ad una ragazza decisamente bellissima ma con una grande cicatrice sul volto. Come se fosse stata assalita da…
Distolsi lo sguardo e inserii le monetine nella macchinetta.
Caffè lungo.
Ok.
60 secondi di attesa.
Sospirai guardandomi attorno nuovamente.
Il pronto soccorso era decisamente troppo calmo questa notte.
Improvvisamente le porte si riaprirono e una ragazza si precipitò dal gruppo di ragazzi correndo, seguita da un altro ragazzo e da un uomo decisamente più grande.
Gli ultimi arrivati di sicuro non erano Quileute. Pelle chiarissima e occhi dorati, bellezza quasi sovraumana.
Per qualche attimo il mio sguardo si fissò sulla chioma scura della ragazza appena entrata, il mio sguardo rimase fisso a guardare i suoi capelli lisci ondeggiare sulle spalle… bella velocità per un umano…
Improvvisamente un odore fin troppo familiare invase le mie narici facendomi spalancare gli occhi…
Vampiri!
Cosa diavolo ci facevano tre vampiri qui?
Sentii il mio lupo agitarsi dentro di me dopo tanto, tantissimo tempo.
Trattenni il respiro per non sentire questa puzza, era quasi insopportabile.
Cosa ci facevano i Quileute con dei vampiri?
“Ragazzi si sa qualcosa di Jake?” chiese la ragazza vampiro decisamente scossa.
Tesi meglio l’orecchio per capirci qualcosa di più. Questa notte si stava facendo decisamente interessante.
“Ancora niente Bella… l’hanno portato subito dentro per visitarlo ma non sappiamo ancora niente”
“Avreste dovuto aspettarci! Carlisle avrebbe potuto fare qualcosa senza venire in ospedale forse! Vi rendete conto che qualcuno potrebbe accorgersi di qualcosa?” sbottò la ragazza.
Guardai gli altri ragazzi, erano decisamente preoccupati.
Il vampiro dai capelli biondi fece un passo in avanti “il fatto è che per quello che ne sappiamo, potreste avere delle alterazioni e una velocità di guarigione che potrebbero insospettire un qualsiasi medico…”disse con voce estremamente calma e bassa. Ma non abbastanza bassa per il mio super udito.
Improvvisamente capii tutto.
Erano loro!
Loro erano il branco di Quileute di cui ci aveva parlato Jamie, il nostro Alpha.
La macchinetta iniziò a suonare e subito presi in mano il mio caffè senza dare troppo nell’occhio.
Bevvi su sorso lentamente, cosa ci facevano dei lupi con dei vampiri?
Questa era decisamente un’accoppiata strana.
Le storie della nostra tribù ci avevano sempre reso consapevoli del fatto che esistessero diversi branchi di diverse tribù, ma mai mi era capitato di trovarmi faccia a faccia con uno di loro.
In un certo senso mi faceva strano pensare che questi ragazzi in fin dei conti fossero proprio come me e i miei fratelli che ormai non vedevo da qualche mese.
“Dottoressa Rivera” la voce dell’infermiera dall’altra parte della stanza attirò la mia attenzione distogliendomi dai miei pensieri, e tutti i presenti improvvisamente fissarono il loro sguardo su di me, accorgendosi improvvisamente della mia presenza.
Notai qualche scambio di sguardi frettoloso.
“Si?”
“Deve venire in sala trauma 2, ci serve un consulto chirurgico per Jacob Black e il chirurgo di guardia è lei”
“Arrivo subito” bevvi in un unico sorso il caffè e gettai il bicchiere nel cestino.
Sentii lo sguardo di tutti fisso su di me. Ancora.
Non ci feci caso e mi diressi verso la porta.
“Dottoressa scusi!” la voce incredibilmente calma e pacata del vampiro biondo attirò la mia attenzione, mi voltai forzando un sorriso cortese per non destare sospetti “Ha bisogno di qualcosa?” chiesi gentilmente guardando per un attimo tutte le persone alle sue spalle.
Incrociai solo per un attimo lo sguardo di uno di loro.
Un po’ più magrolino rispetto agli altri, ma il suo sguardo decisamente diverso da tutti gli altri.
“Sono il dottor Cullen buonasera, il suo paziente, Jacob Black, è un nostro caro amico… non appena sa qualcosa sarebbe così gentile da aggiornarci?”
Dal suo tono sembrava quasi sincero, e anche la preoccupazione sul volto di tutti.
Mi guardai per un attimo intorno, guardandoli uno per uno spaesata.
Ma cosa ci facevano vampiri e lupi insieme? Questo domanda mi tormentava.
Vampiri e lupi, rivali per natura, insieme.
“Certamente, adesso lo visto e poi vi aggiornerò sul da farsi”tirai un sorriso forzatissimo
“Grazie mille, buon lavoro”
Sorrisi un ultima volta e mi voltai dirigendomi verso la sala traumi 2.
Tutto questo aveva dell’incredibile.
Decisi di tenere tutto per me per ora e di avvisare i miei fratelli di tutto questo non appena ci avrei capito qualcosa di più.
Sospirai nuovamente… avevo deciso di fare la specializzazione a Seattle in uno degli ospedali migliori del paese dato che presentava uno dei programmi chirurgici migliori, e mi avrebbe finalmente permesso di allontanarmi dalla riserva in cui ero cresciuta. Posto odiato e amato allo stesso tempo.
Ma tutto ciò che faceva parte della mia adolescenza come lupi, vampiri, muscoli e problemi, a quanto pare mi aveva seguita fino a qui.
Non me ne sarei mai liberata definitivamente.
Gettai via il camice chirurgico decisamente scocciata e mi tolsi la cuffietta, indossando infine il mio camice bianco. Mi guardai un attimo allo specchio sistemando i miei boccoli neri legati da troppe ore.
 Delle profonde occhiaie solcavano il mio viso, e non avrei visto un letto per non so ancora quante ore.
 Mi sistemai alla bene meglio e mi diressi  verso la sala trauma 2.
Entrai guardando subito il mio paziente.
Si, era decisamente un licantropo anche lui.
“Mi potete dare la sua cartella per favore?”
“Si certo dottoressa gliela portiamo subito… gli abbiamo fatto degli antidolorifici ma non fanno niente”
Guardai l’infermiera uscire dalla stanza e mi avvicinai al letto indossando i guanti.
Analizzai meglio la frattura. Ovviamente gli antidolorifici non gli avrebbero fatto niente, avrebbe bruciato qualsiasi cosa gli fosse stata messa in circolo in poche ore, se non minuti.
“Tu saresti il chirurgo?” mi chiese con voce rotta da dolore e ansimante, accennando un sorriso forzato.
“Eh si sono proprio io” risposi guardando la sua gamba ridotta decisamente male.
Rise “Quanti anni hai? 18?”
Lo guardai meglio, e per la prima volta lo guardai in faccia.
Era decisamente un bel ragazzo, ogni cosa a suo posto e con un sorriso quasi abbagliante.
Sorrisi “Sei simpatico… mi dispiace deluderti, ne ho 23”
“Come me, piacere, Jacob Black” mi tese la mano destra, l’unica che poteva muovere
“Ashley Rivera” dopo qualche momento di indecisione gli strinsi la mano.
Per un attimo la sua presa si fece leggermente più forte, particolari che ad un licantropo non sfuggono.
Lo vidi socchiudere leggermente gli occhi “Non sei di Seattle vero?”
“No…”
“E di dove sei?”
“Le domande qui dovrei farle io” dissi prendendo in mano la sua cartella e iniziando a leggerla scrupolosamente
“Dove hai studiato?”
Sospirai “Stanford…dubiti delle mie abilità mediche?” chiesi continuando a leggere
“No… sei una Navajo vero?”
Smisi di leggere immediatamente e alzai lo sguardo su di lui.
“Oh andiamo, sei una nativa americana e si vede lontano un miglio… e poi… tu bruci”
Trattenni il respiro “non so di cosa tu stia parlando” riportai subito il mio sguardo sulla cartella.
Il ragazzo era sveglio, fin troppo sveglio.
“Oh io penso di si…”
“Io penso che sia stato abbastanza stupido da parte tua venire in ospedale, e anche piuttosto pericoloso se devo dirla tutta” dissi richiudendo definitivamente la cartella e appoggiandola sul tavolino.
La diagnosi era fatta.
“Perché mai?” sorrise in mia direzione, in modo forse un po’ troppo sexy.
“Perché qualche medico potrebbe capire che sei diverso, che la tua fisiologia corporea è diversa da quella umana e che le reazioni nel tuo corpo avvengono in modo diverso”
Fissai il mio sguardo deciso nel suo.
Per un attimo lo vidi sgranare gli occhi, sorpreso delle cose di cui ero a conoscenza.
“Ti mando dall’ortopedico perché ti sistemi quella brutta frattura alla tibia, mentre per quanto riguarda la spalla hai una lieve lussazione, niente di grave. Considerando le tue tempistiche di guarigione in un paio di giorni sarai come nuovo. Faccio entrare i tuoi amici, sono molto preoccupati. E’ stato un piacere Jacob” conclusi sicura prima di voltarmi ed uscire dalla stanza senza dargli possibilità di risposta.
 
Qualche giorno dopo…
Erano ormai passati quattro giorni da quando quel ragazzo, Jacob Black, era stato dimesso; ma io non avevo fatto altro che pensarci.
In una sola notte, tutta la felicità dei mesi precedenti per essermi allontanata da casa e aver abbandonato la vita del branco, era scomparsa miseramente, lasciando spazio ad un’assurda voglia di correre tra i boschi come una volta. E proprio per questo avevo preso la macchina e avevo guidato a caso e adesso mi ritrovavo in mezzo ad un bosco, in una zona totalmente sconosciuta, senza neanche ricordarmi come ci si trasforma quasie ricoperta totalmente di  fango.
 Mi sembrò impossibile non riuscire più ad acquisire la mia forma animale.
Sospirai continuando a camminare.
Ricordavo ancora la prima volta che mi ero trasformata, l’esperienza più bella e più brutta della mia vita.
Se non fosse stato per l’aiuto di Jamie, Jason e mio fratello Alex, già trasformati da tempo, probabilmente avrei perso la testa. Ricordavo ancora lo spavento e allo stesso tempo l’emozione di poter vedere e sentire tutto. Tutto ciò che si poteva avvertire io lo avvertivo dieci volte di più.
Chiusi gli occhi inspirando a fondo con il naso l’aria fresca e muschiata della mattina presto. Il rumore delle foglie si impossessò delle mie orecchie e per un attimo tutto vibrò intorno a me.
Riconobbi questa sensazione terribilmente familiare…
Mi ritrovai su quattro zampe dopo un incredibile sforzo e mi sembrò tutto così normale… come se non fosse cambiato niente.
Erano mesi che non provavo queste sensazioni.
Nessuna voce dentro la mia testa, nessun membro del mio branco doveva essere trasformato.
Tirai un sospiro di sollievo, avrei avuto un po’ di pace per un po’.
Iniziai a correre in una direzione a caso, la terra aderiva sotto le mie zampe che correvano veloci con il vento sferzante tra il pelo. Per un attimo mi sentii libera.
Per un attimo mi sentii a casa.
Chiusi gli occhi e continuai a correre.
Non vedevo i miei fratelli da mesi e, nonostante fosse stata una liberazione andarsene dalla Riserva, mi mancavano, tantissimo e ogni giorno.
I turni di lavoro erano talmente massacranti che non avevo neanche il tempo per pensarci, ma la verità in fin dei conti era proprio questa.
Improvvisamente un rumore improvviso dietro di me attirò la mia attenzione.
Mi resi conto che un altro lupo mi stava alle calcagna.
E questo chi era?
Doveva essere per forza uno dei Quileute, non ci potevano essere altre soluzioni, ma io non sarei dovuta essere qui. E soprattutto, loro non avrebbero dovuto sapere di me.
Accelerai la corsa cercando di seminarlo, con un balzo attraversai un torrente e ripresi la mia corsa volando veloce come il vento.
La velocità era sempre stata una delle mie caratteristiche principali, ma questo lupo ci sapeva fare dannazione. Fece un balzo in avanti, ma lo schivai muovendo sempre più veloci le mie zampe.
Cazzo. Cazzo. Cazzo.
Non sarei dovuta venire. Non ero neanche nel mio territorio, mi trovavo nel territorio di un altro branco, cosa mi era saltato in testa?Cosa avrei detto se mi avessero presa?
Aguzzai i miei sensi per capire se fosse da solo o in compagnia, ma c’eravamo solo io e lui.
La stanchezza iniziava a farsi sentire, non ero più abituata a certe cose.
Mi maledii con tutta me stessa per la brutta idea che avevo avuto quella mattina.
Non erano ancora le 6 probabilmente, ma la giornata era iniziata decisamente male.
Improvvisamente mi sentii afferrare e i suoi artigli affondarono nella mia pelle cogliendomi di sorpresa.
Non riuscii a trattenere un gemito di dolore. In un attimo sentii la terra sotto il mio pelo e mi resi conto che stavo rotolando per terra avvinghiata a quel lupo. Cercai di arrestare la nostra caduta inutilmente.
Dovevo fare qualcosa o sarebbe finita male.
Con una zampata cercai di colpirlo ma per tutta risposta affondò i suoi canini nella mia pelle. Un dolore lancinante mi prese tutto il fianco destro, non riuscii più a sostenere il peso della trasformazione e lentamente riacquistai la mia forma umana sopraffatta dal dolore.
Come diavolo avevo fatto a cacciarmi in questa situazione.
Sentii il peso del lupo sopra di me e il dolore dei sassi per terra che graffiavano  la mia pelle.
Non riuscii a trattenere le lacrime dal dolore, chiusi gli occhi aspettando la mia fine. Ma improvvisamente il peso sopra di me svanì lasciando posto a pelle. Pelle decisamente umana e decisamente calda.
Non appena la terra sotto la mia schiena smise di girare aprii gli occhi.
Due immensi occhi verdi a pochissima distanza.
Potevo avvertire il suo respiro accelerato per lo sforzo sulle mie labbra, contro la mia pelle.
Con un piccolo movimento della testa spostò il ciuffo di capelli che gli ricadeva sulla fronte dagli occhi.
Misi a fuoco meglio il suo viso e… cazzo.
Trattenni il respiro.
Questo era decisamente il ragazzo più bello che avessi mai visto. E lo avevo già visto!
Il dolore al fianco fece sfuggire una lacrima dal mio occhio destro. Merda.
Muovendomi leggermente mi resi conto improvvisamente di essere distesa sotto di lui, con niente addosso.
Arrossii di botto.
Il mio braccio sinistro scivolò subito sul mio seno abbondante per coprirlo e girai la testa dall’altra parte.
Perché succedevano sempre tutte a me?
Volevo solo fare una corsa nel bosco, come non facevo da tanto tempo!
E invece mi ritrovavo nuda, distesa sotto un ragazzo della quale non conoscevo minimamente il nome e che per di più sembrava anche un modello uscito da non so quale rivista con due occhi che avrebbero fatto invidia anche al colore del mare.
Notai il suo colorito ambrato in viso farsi leggermente più scuro “Scusa… io… mi… mi dispiace…ti ho fatto male?”
Improvvisamente una fitta terribile al fianco mi ricordò cosa aveva appena fatto.
Portai la mano destra sul fianco e la guardai, era piena di sangue.
“Direi di sì” dissi guardando altrove
“Scusami io non pensavo che tu fossi… si insomma ehm…”
“Che fossi cosa? Una ragazza?” lo guardai stizzita.
Mi aveva appena infilato le sue zanne nel fianco e questo era tutto quello che aveva da dire?
“No… cioè si insomma… si ma mi dispiace, non volevo farti del male, è tanto grande il morso?”
“Se ti sposti magari riesco a guardare” dissi rendendomi conto solo dopo di averlo messo in imbarazzo più totale. Con un balzo velocissimo, facendo leva sulle braccia appoggiate affianco alla mia testa,  si spostò dal mio corpo girandosi di spalle per non guardare.
Apprezzai.
Mi guardai il fianco, il morso per fortuna non era tanto esteso, sarebbe guarito in poco tempo.
“Allora?” chiese impaziente. Lo guardai di spalle, tremava impercettibilmente e mi venne da sorridere.
Non so perché.
“Tutto ok, più o meno. Guarirò presto”
“Ho una maglietta se vuoi… si insomma per coprirti… io abito qui vicino, se vuoi posso prestarti qualcosa e insomma darti un passaggio a casa o offrirti qualcosa da bere… mi dispiace da morire te lo giuro”
“Grazie, ma posso tornare anche da sola”
“Ma sei ferita non puoi trasformarti”
Ci pensai un attimo su, non aveva tutti i torti… e solo dio poteva immaginare dove mi trovassi e quanto distante fossi da Seattle.
“Ok, dammi la tua maglietta”
Si slego i pantaloncini dalla caviglia e la maglietta. Me la porse immediatamente senza girarsi.
Il mio sguardo cadde un po’ in basso, involontariamente mentre era di spalle.
Però, niente male.
Infilai la maglietta velocemente mentre lui indossava i pantaloncini e finalmente si voltò.
Vidi il suo sguardo analizzare la mia figura, soffermandosi sulla chiazza rossa che stava inzuppando la maglietta proprio in corrispondenza del suo morso.
Si avvicinò lentamente a me “mi chiamo Embry” disse tendendo la mano verso di me “Embry Call”
Lo guardai per un attimo, il suo sorriso era davvero stupendo…
“Ashley Rivera” strinsi la sua mano velocemente riportandola subito lungo i fianchi.
“Ma tua sei il medico che ha visitato il mio amico! Jacob Black! Mi ricordo di te, ti ho vista in pronto soccorso l’altra notte”
Annuisco spostando lo sguardo altrove “si sono proprio io…”
“Ma tu sei…ma come è possibile?” mi chiese guardandomi decisamente perplesso alludendo al mio lupo, sospirai “questa è una lunga storia, comunque sono una Navajo”
“California?”
“Si”
“Allora sei nuova di qui” mi sorrise gentile “dai vieni, andiamo a casa mia, ti offro del the e ti porto a casa, anche perché sta per iniziare a diluviare” disse guardando il cielo.
Non aveva tutti i torti…
Annuii e iniziammo a camminare apparentemente a caso nel bosco.
Mi stavo fidando di un ragazzo, un lupo, sconosciuto appena trovato nel bosco e che per di più mi aveva appena azzannato e se la faceva con i vampiri… cosa diavolo stavo combinando?
Un dolore al fianco mi fece rallentare decisamente, portai una mano sulla ferita.
“Ti fa male? Riesci a camminare?” mi chiese apparentemente preoccupato
“Sisi ce la faccio, andiamo avanti” risposi a denti stretti continuando a comprimere la ferita.
Mi guardò poco convinto, ma cercai di continuare a camminare senza mostrarmi debole.
Mai mostrarsi deboli con i nemici.
Lo guardai meglio… che poi lui era da considerare un nemico?
“Vieni qui… ti fa male lo so” prima che io potessi controbattere le sue braccia mi sollevarono come se fossi una piuma, senza il minimo sforzo.
“Non serve posso camminare da sola”
“Non fare la dura, non serve”
Rimasi zitta… così andava decisamente meglio.
Il calore del suo corpo era quasi confortante “perché eravate con dei vampiri l’altra sera?” chiesi improvvisamente guardandolo negli occhi. Dopo qualche attimo mi resi conto di quanto fossimo effettivamente vicini. Tanto vicini, troppo vicini.
Il suo sguardo tuttavia, rimase incatenato nel mio “questa è una lunga storia” sorrise e il mio cuore fece un balzo. Ma cosa diavolo mi stava succedendo?
Adesso iniziavo ad avere anche le palpitazioni come una ragazzina?
Sentii sotto la mia pelle tutti i suoi muscoli ben definiti e arrossii imbarazzata spostando lo sguardo.
“E adesso cos’hai?” mi chiese scoppiando a ridere
“Niente”
Per fortuna dicono che i chirurghi siano freddi, insensibili e di ghiaccio… io stavo andando a fuoco.
Il bosco iniziò a farsi più rado, e improvvisamente una piccola casetta decisamente graziosa fece capolino all’orizzonte. Aveva i muri azzurro cielo e dei fiori colorati decoravano le finestre.
Tutti questi colori caldi, così in contrasto con il freddo e il brutto tempo che caratterizzavano questo posto.
Arrivammo al sottoportico, fino alla porta di casa e dolcemente mi mise giù.
Per un attimo ebbi un giramento di testa, con una mano mi afferrai il suo braccio guardando davanti a me per ristabilire la mia vista.
“Tutto ok?” mi chiese voltandosi verso di me e afferrando le mie braccia delicatamente.
I suoi occhi si puntarono nei miei, annuii debolmente “ si, ho perso abbastanza sangue, è solo un calo di pressione”
“Mi fido di te, sei tu il medico” con uno scatto aprì la porta “vieni entriamo, ti stendi un po’, forse è meglio”
Annuii seguendolo dentro sempre sostenuta dalle sue braccia e crollai sul divano terribilmente affaticata.
Chiusi gli occhi per qualche attimo.
Quando li riaprii, Embry era in piedi davanti a me che mi porgeva una tazza “E’ the, bevine un po’”
“Grazie…” presi la tazza e iniziai a sorseggiare la bevanda lentamente appoggiando la schiena allo schienale.
In che casino mi ero cacciata.
Non sarei mai dovuta andare a correre questa mattina, cosa mi era saltato in testa?
“Corri veloce” disse all’improvviso ridacchiando e prendendo posto affianco a me
Sorrisi “si, è sempre stata una delle mie doti… ma sono decisamente fuori allenamento…”
“Da quanto non ti trasformavi?”
“Da un po’ di mesi…mi sono trasferita qui circa sei mesi fa”
“E come mai sei venuta qui?”
Mi sistemai meglio sul divano “Seattle ha uno dei programmi di chirurgia migliori del paese… ho studiato medicina a Stanford, vicino casa… e le cose alla riserva non andavano più tanto bene da tempo… questo posto era la soluzione migliore a tutti i miei problemi” sospirai.
Ero venuta qui credendo di fare la cosa giusta, ma non ne ero più così sicura.
“Quanti anni hai?” mi voltai verso di lui guardandolo ancora una volta, era decisamente un bel ragazzo, e fino ad ora anche gentile… escludendo il morso.
“23”
“Come me… qualche volta potremmo vederci se ti va! Insomma, tu sei lontana da casa, non hai nessuno con cui correre, passi tutto il tuo tempo in ospedale e quando non sei lì cosa fai?”
“Beh… sto a casa, non conosco tanta gente qui, se non i miei colleghi”
“Sei ancora giovane Ashley dai” rise facendo ridere anche me, questo ragazzo aveva una risata contagiosa “la prossima volta che sei libera allora ti porto a fare un giro della zona… questa volta senza morderti, lo giuro!” disse alzando le mani ridendo.
Risi con lui e gli diedi una leggera spintarella sulla spalla “E va bene, mi hai convinta”
“Va meglio?”
Sorrisi “si decisamente”
Era tanto tempo che non sorridevo. Era tanto tempo che non mi sentivo così bene “grazie Embry”
“Non devi ringraziarmi, ti ho morsa e ti ho anche fatta piangere”
Lo guardai sorridendo “questo però non dovrai mai dirlo a nessuno eh” risi seguita ruota da lui “direi che ho qualcosa con cui ricattarti doc” scoppiammo a ridere insieme.
Forse la giornata non era iniziata poi così male.
“Raccontami un po’ di voi Quileute, sono curiosa… in quanti siete?E adesso me lo racconti perché girate con i vampiri? Non sono un’ottima compagnia, dovresti saperlo”
Sorrise sistemandosi meglio vicino a me “siamo un branco molto numeroso in realtà, il nostro Alpha è Jacob, quello che hai conosciuto in ospedale… prima il nostro Alpha era un altro, ma quando ha raggiunto l’età che dimostrava fisicamente ha deciso di smettere di trasformarsi e di mettere su famiglia con il suo imprinting…” lo ascoltai molto attentamente. Mi spiegò di come si erano conosciuto Jacob e Bella, e di tutti i legami strani che univano il branco Quileute alla vita di quei vampiri.
Era tutto così assurdo!
“Cioè Jacob ha avuto l’imprinting con la figlia di questa Bella che è stata trasformata dal vampiro di cui era innamorata subito dopo aver partorito la figlia? Da star male” chiesi sconvolta.
Scoppiò a ridere “si… questa riserva non è per niente banale e prevedibile”
“Direi proprio di no, e come si sarebbe procurato quelle fratture dell’altra sera Jacob?”
“Lui e Quil, uno dei miei fratelli, erano di ronda e al confine con il Canada sono stati attaccati da un vampiro della quale non sappiamo niente… adesso abbiamo intensificato le ronde ma era un po’ che non ci succedeva, e quando ci è successo in passato non è mai successo niente di buono dopo…”
Annuivo pensierosa guardando fuori dalla finestra le goccioline che lentamente iniziavano a cadere per terra. Chi poteva essere questo freddo?
Stando ai racconti di Embry questa sarebbe dovuta essere zona dei Cullen…
“Va meglio vero? Non sanguini più”
Scostai la maglietta per valutare la mia ferita; il primo strato di pelle si era già rimarginato, ancora qualche ora e sarebbe stato tutto come prima…le sue dita sfiorarono la mia pelle, per un attimo un brivido mi attraversò la schiena ma cercai di non badarci.
“Mi dispiace averti rovinato la maglietta” dissi guardando la chiazza rossa in corrispondenza del mio fianco destro “te la lavo e te la riporto”
“Non serve figurati… puoi anche tenerla, se vuoi te ne do una pulita”
“Oh nono grazie hai già fatto abbastanza, davvero”
Improvvisamente la suoneria del mio cerca persone attaccato alla mia caviglia attirò la mia attenzione.
Sbuffai alzandomi in piedi “mi chiamano, devo andare in ospedale”
“Ti do un passaggio” disse prendendo le chiavi della macchina appoggiate sul mobiletto.
Gli sorrisi seguendolo fuori “ha iniziato a piovere, strano oserei dire” commentai guardando il bosco.
Rise “qui piove sempre doc, ormai l’avrai capito! Vieni andiamo”
Corsi fino alla macchina e salii quasi inzuppa.
Ogni volta che pioveva qui sembrava venisse giù il mare, non poteva essere fisicamente possibile.
Mise in moto e iniziò a guidare verso Seattle.
Alla radio passavano “Do i wanna know” degli Artic Monkeys, chiusi gli occhi “adoro questa canzone”
“Anche io è una delle mie preferite”
In poco tempo arrivammo davanti all’ospedale e si fermò davanti all’entrata di servizio.
Mi voltai verso di lui guardandolo “beh… grazie per l’aiuto Embry, è stato un piacere, circa”ridacchiai
Mi sorrise e il mio cuore accelerò leggermente “figurati, mi dispiace per quello che è successo, non avrei mai voluto! Ci rivediamo presto Shay, mi farò perdonare… come posso contattarti?”
“Sai dove trovarmi” dissi facendogli l’occhiolino e facendo un cenno in direzione dell’ospedale.
Mi avvicinai per dargli un bacio sulla guancia, il suo colorito si fece più scuro, ricambiò il bacio sull’altra guancia  e dopo un ultimo sorriso corsi fuori dalla macchina entrando in ospedale.
 
 
 
  
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