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Autore: _BlueLady_    19/09/2018    3 recensioni
[Dalla storia]
"Si dice che le coccinelle siano insetti fortunati.
I gatti neri, invece, portano sfortuna.
Può una coccinella rendere un gatto nero fortunato?
Può un gatto nero portare sfortuna alla coccinella?"
- One-shot in due atti -
Genere: Azione, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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~ 2. MA PETITE COCCINELLE – LE MIRACLE ~
 
 
Un altro battito d’ali, delicato, discreto.
Solletica l’orecchio, come un sussurro di vento.
 
Possibile che io sia morta veramente?
 
Qui tutto è così intoccabile, inafferrabile.
Le voci del mondo paiono intrappolate in un’atmosfera ovattata.
 
Sto sognando, o tutto questo è reale?
 
Possibile che in tutto questo spazio, ci sia soltanto io, e nessun altro?
Fa freddo qui.
 
- Tikki, dove sei?-
 
Chat Noir mi sta aspettando.
Devo andare.
O forse no…
 
A pensarci meglio, si sta bene qui.
È tutto così silenzioso, pacifico. Come quando non si ha voglia di tornare dopo un lungo viaggio.
Tornare…
 
Perché devo tornare?
È davvero così importante?
Starò meglio qui, dove nessuno potrà ferirmi di nuovo.
 
- Marinette –
Qualcuno mi chiama.
Mi volto. Allibisco.
 
Quella… sono io?
 
Assottiglio le palpebre. Focalizzo.
 
No, non sono io.
Quella che ho di fronte, è LadyBug.
Ma se lei è LadyBug, e LadyBug è Marinette, allora io chi sono?
 
- Marinette – torna a chiamarmi, più decisa.
- Chi sei?- domando titubante, dubbiosa, schiva.
Lei sospira. Ha l’aria di chi è delusa dalla vita.
- Marinette, cosa ci fai qui? Ti aspettano a casa, lo sai –
 
Sei il mio subconscio?
O sei frutto di un’illusione?
 
- Non ci torno a casa. Rimango qui. Staranno meglio, senza di me –
 
Qualsiasi cosa tu sia, il dolore che provo mi sembra così reale.
 
Lei mi guarda incredula, ferita, sconcertata.
- Marinette, ma che stai dicendo? Hai una famiglia che ti aspetta, degli amici. Davvero sei disposta a deluderli così?-
- Li ho già delusi – rispondo, con un nodo alla gola – Non so fare altro –
Stringo i pugni. Cominciano a pungermi gli occhi.
LadyBug mi sfiora la spalla, un tocco delicato come ali di farfalla.
- Marinette, non puoi stare qui – sussurra.
- Sì che posso. Vacci tu, là fuori, a prenderti gli applausi, le grida di ammirazione, a prenderti Adrien. Prenditi Alya, i miei genitori, prenditi tutto quanto. Li renderai felici, molto più di me – singhiozzo, non posso evitare di farlo.
Fa così male sentirsi niente.
LadyBug sospira. Mi guarda negli occhi, affranta.
- Perché dici simili sciocchezze? I tuoi amici ti adorano, e hai dei genitori premurosi che ti vogliono bene. Cosa ti manca?- mi domanda, premurosa.
- Mi manca l’amore – gli soffio velenosa, scostando la sua mano precipitosamente. Quasi non mi riconosco. Da dove viene tutta questa rabbia? Da dove viene tutto questo rimorso?
- Non capisco – dice lei – Hai tutto l’amore che vuoi davanti agli occhi, e non vuoi vederlo –
- Ma non ho l’amore di Adrien – sbotto spazientita, ferita, disillusa – Tu ce l’hai, non io. Credi che non me ne sia accorta? Adrien ama te. Chat Noir ama te. Io non potrò mai competere. Ci ho provato, ad essere forte. Ad essere coraggiosa. Pur sapendo che sarebbe stata una causa persa. Ma per quanto mi sforzi, sono e sarò sempre troppo debole. Io, senza quella maschera… non sono niente – deglutisco. Fa così male ingoiare il proprio dolore. Gratta la gola. Sembra di mandare giù una manciata di sassi.
- Parigi ha più bisogno di te che di me. Adrien ha più bisogno di te che di me. Tu sei perfetta, onesta, coraggiosa. Io… sono soltanto Marinette. L’inutile Marinette –
LadyBug ascolta, sgrana gli occhi, sorride materna.
Allunga le mani, mi cerca, mi abbraccia. Ridacchia premurosa, come si rimprovera una bambina piccola.
- LadyBug non è forse Marinette? - mormora, tenendomi il volto tra le mani, e guardandomi negli occhi.
– Se Adrien si è innamorato di me, è perché tu mi hai resa forte, onesta e coraggiosa. Se Chat Noir mi ammira, è perché tu gli hai dato prova di essere una partner affidabile, su cui poter contare. Senza di te, LadyBug non esisterebbe. Io sono soltanto un riflesso di quello che tu già sei. Smettila di sminuirti, di pensare di non essere abbastanza. Tu sei molto di più. Sei generosa, sei altruista. Se un’eroina, nella vita di tutti i giorni, ancor prima che vestendoti nei miei panni. Osserva tutte le persone che hai la fortuna di avere accanto: certamente saprebbero fare a meno di un’eroina, ma non saprebbero fare a meno di te. Marinette… - mi stringe a sé – è grazie a te, se io sono così. Perché io sono te. Ed Adrien e Chat Noir hanno soltanto bisogno di tempo per rendersene conto. Non abbatterti –
 
Siamo un’unica persona.
Siamo uno.
Sono io.
 
- Perciò svegliati, Marinette. C’è chi ha bisogno di te -
 
***
A chi non piacciono le coccinelle?
Mettono così allegria, vestite di rosso e pois.
Paiono Pin Up degli anni Cinquanta, ferme in un’epoca fatta di musica e di sorrisi.
Chi le trova, vuole sentirsele correre sulla mano. Non importa quanto tempo ci metterà per convincerle a salire su un dito.
Le coccinelle sono discrete.
Passano inosservate, finché non noti un piccolo barlume scarlatto risplendere tra i fili d’erba di un prato.
Le coccinelle sanno di primavera.
Hanno i colori dei fiori.
Eppure, sotto il loro aspetto fragile e buffo, anche loro nascondono uno spirito da guerriere.
La coccinella…
Perfino il più onesto tra i gatti, verrebbe biasimato se facesse lei del male.
Ma il gatto caccia, e la coccinella è preda.
Come si può remare contro le leggi della natura?
 
***
 
- Chat, che ti è successo? Perché ti comporti così?-
Marinette si scostò bruscamente dall’artiglio del compagno, che non cessava di osservarla con quel ghigno beffardo dipinto in volto.
“Che diamine è successo?” provò a ricordare in un barlume di lucidità, ma i ricordi le apparivano sfocati nella mente, come fotogrammi ancora in attesa di essere impressi sulla pellicola.
Ricordava soltanto l’Akuma, e Chat Noir correrle accanto, in attesa di un suo segnale per colpirlo.
Ricordava i suoi occhi, e gli artigli saturi del suo Cataclisma crepitare in attesa di un suo cenno.
Ricordava un dolore lancinante all’altezza del petto, come uno squarcio su un cielo di carta.
Ricordò di aver sentito caldo, e subito dopo freddo.
Poi il buio.
Sussultò.
Possibile che l’Akuma avesse fatto si che Chat Noir colpisse lei, anziché lui?
Ma se così fosse stato, dov’era in quel momento? Si era nascosto? Non aveva nemmeno tentato di sottrarre i Miracoulous a lei e Chat Noir?
Si tastò tempestivamente il costume, convinta di ritrovarselo lacero e ancora incrostato di sangue.
Sgranò gli occhi, disorientata.
Della ferita di Chat Noir non restava che la sensazione di un ricordo pulsante a graffiarle la pelle. Eppure non le sembrava di sentirsi compromessa, o di avvertire il sangue colarle da sotto i vestiti.
- Com’è possibile?- si disse sconcertata, mentre Chat Noir, o quello che all’apparenza sembrava lui, scoppiava in una risata sguaiata, fredda, che metteva i brividi.
- Principessa, allora sei viva! Giusto in tempo. Ci tenevo a non farti perdere lo spettacolo – sibilò beffardo, leccando con la punta della lingua un artiglio affilato.
Marinette si mise sulla difensiva, guardinga.
- Chat Noir, che fine ha fatto l’Akuma contro cui stavamo combattendo poco fa?- gli domandò, ma lui non parve far caso alle sue parole, troppo concentrato ad osservare dal tetto la Parigi sottostante per prestarle attenzione.
- Deve per forza nascondersi nei dintorni…- sussurrò concentrato, rizzando le orecchie.
- Chat Noir!- lo chiamò di nuovo lei, con la punta di un presentimento sulla lingua.
Il gatto bianco posò lo sguardo su di lei, schioccando la lingua soddisfatto.
- E’ giunto il nostro momento, Principessa – esclamò, euforico – So dove si trova – le disse poi all’orecchio, facendola rabbrividire di sconcerto e paura.
Lei si sciolse dalla sua presa, guardandolo fisso negli occhi.
- Di cosa stai parlando, Chat? – gli domandò, severa.
Lui schioccò ancora la lingua, felino.
- Papillon – disse solo.
- Come?-
Un guizzo veloce alle loro spalle attirò l’attenzione del gatto, che subito ringhiò di rabbia non appena riconobbe chi stava tentando di fuggire inosservato.
- Tu!- sibilò, raggiungendo in un balzo la povera vittima dell’Akuma di poco prima, appena ripresasi e ancora stordita dall’essere stata posseduta, che si raggomitolò su se stesso non appena se lo vide arrivare contro così minaccioso. Il ragazzo lo afferrò per il collo, grattando con forza gli artigli sulla sua pelle. Lo sollevò, portandolo a ciondolare penzoloni dal tetto dell’edificio sul quale si trovavano, mentre quello si dimenava supplicando e tentando in tutti i modi di allentare la presa del gatto bianco sulla trachea.
- Chat, fermo!- provò ad intimargli la supereroina, colta da un’improvvisa ondata di panico.
- Lui è quello che ha cercato di ucciderti!- ringhiò il biondo, con gli occhi iniettati di sangue, pronto a gettarlo nel vuoto.
- E ucciderlo a tua volta ti pare la giusta soluzione? È soltanto una vittima degli Akuma!-
- È un nemico! E i nemici vanno puniti!- continuò ancora lui, con il braccio ancora sospeso nel vuoto.
- Non è questo il modo, Chat!- gli intimò lei, cercando ancora di farlo ragionare.
- Sì, invece! – ruggì di nuovo lui, accecato dall’ira. Poi si rivolse al povero malcapitato singhiozzante che implorava di lasciarlo libero – Ora saprai cosa significa il vero dolore. Mi hai portato via LadyBug, ed ora pagherai con la vita! – sibilò maligno, allentando gli artigli, e lasciandolo cadere nel vuoto.
- Chat Noir, NO!- strillò Marinette, fiondandosi a capofitto a recuperare l’ostaggio, ed assestando un colpo deciso sullo stomaco del compagno col tentativo di tramortirlo.
Dopo essersi assicurata di aver portato l’ostaggio al sicuro dalle grinfie di Chat Noir ed avergli intimato di fuggire il più lontano possibile, LadyBug si appollaiò su un tetto poco distante dal supereroe in bianco, osservandolo contorcersi e sputare saliva in seguito al colpo ricevuto, mentre dentro si sentiva implodere.
- Davvero non riesco a capire…- si disse tra sé e sé, ma fu subito distratta da una vocina che la chiamava in lontananza, e che riuscì a focalizzare in un esserino nero fluttuante a pochi centimetri da lei.
- LadyBug!- disse quello che assomigliava ad un piccolo gatto in miniatura.
- Un Kwami?- mormorò quella sconcertata, mentre quello si fiondava su di lei disperato e con le lacrime agli occhi.
- LadyBug, ti prego, aiutaci! Chat Noir è stato akumizzato ed io non ho potuto fare niente per fermarlo!- le disse tra i singhiozzi, in preda all’agitazione.
- Come hai detto?-
- Sono Plagg, il Miracoulous del gatto nero. Quando ti ha colpita, poco fa, Chat Noir ha perso la testa! Ti credeva morta! Ed un’Akuma si è impossessato di lui, proprio mentre si stava ritrasformando. Ho tentato di rientrare nell’anello, ma ormai era troppo tardi! Adrien è posseduto! Quello che tu vedi non è più lo Chat Noir che conosci! – le spiegò affranto, con la disperazione negli occhi – Solo tu puoi salvarlo, LadyBug!-
Marinette accolse la notizia come un pugno in pieno stomaco.
Ma se sapere che il suo fidato compagno era stato akumizzato per colpa sua le aveva provocato una fitta lancinante nel petto, realizzare attentamente cosa si era lasciato davvero sfuggire Plagg nel mezzo della sua agitazione le pugnalò il cuore come un fulmine a ciel sereno.
Si sentì mancare il respiro, mentre una voragine le squarciò lo stomaco in due.
- C-Chat Noir è…- balbettò, ma non fece in tempo a dire altro, che il gatto bianco subito le fu addosso cogliendola alle spalle, e gettandola con un solo colpo a decine di metri da dove si trovava.
Batté violentemente la schiena contro un muro, ed il contraccolpo le tolse ogni briciolo d’aria dai polmoni.
- Che delusione, Principessa – le disse il gatto, mentre avanzava a passo lento verso di lei, ormai in trappola – Ero convinto fossi dalla mia parte, e invece scopro che vuoi tradirmi anche tu –
- Uccidere non è la risposta giusta, Chat – balbettò lei, tentando di rimettersi in piedi anche se sentiva ormai mancarsi le forze – Le persone non diventano Akuma per loro scelta. Non è colpa loro – disse, reggendosi un braccio malandato e dolorante.
- Sono dei deboli – sibilò lui, piantando le sue iridi smeraldo e gelide nei suoi occhi.
- Sono persone, come me e te! Con le loro paure, i loro errori, le loro insicurezze!-
- Carne fresca per un essere spregevole come Papillon!-
- Non hanno scelta, Chat!- gli sputò in faccia, ormai braccata contro il muro – Ma noi sì –
Il ragazzo per un attimo si immobilizzò, quasi colpito dalle sue parole. Per un istante a Marinette parve vederglisi accendere un barlume di lucidità nello sguardo.
- Un eroe può scegliere se diventarlo o meno, e per farlo non deve necessariamente trasformarsi in un assassino –
L’ormai ex Chat Noir la braccò al muro, di nuovo le passò un artiglio sulla guancia, le soffiò all’orecchio.
- Ucciderò Papillon – disse solo.
- E dopo che lo avrai ucciso davvero non avrai rimpianti né sensi di colpa?- gli domandò lei, guardandolo negli occhi.
- Smettila! – ruggì lui, accecato di rabbia, scostandosi da lei in un impeto d’ira – Tu non puoi capire! Non puoi capire cosa si prova vedersi portare via tutto!-
- Ma posso capire cosa si prova quando ti portano via un amico! – rispose lei di rimando. Lui tentennò, e Marinette provo ad approfittarne per scovare uno spiraglio da cui recuperare il suo fidato compagno - Io sono qui, Chat – sussurrò - E sconfiggeremo Papillon. Insieme. Ma non così –
Il gatto bianco ruggì, roteò il bastone, la colpì senza preavviso. Marinette riuscì a schivare il colpo all’ultimo, evitando di venire gettata nel vuoto, ma l’arma la colpì di striscio, facendola barcollare.
- Papillon è un nemico, ma c’è pur sempre una persona sotto quella maschera! Con dei sentimenti, delle paure, una famiglia! Come me e te – tentò ancora di farlo ragionare, stremata dal combattimento.
- Papillon è un demonio!- ruggì lui, assestando un colpo
- Rimane un essere umano!- ribadì lei, e colpendolo a sua volta con scarsi risultati, senza riuscire a schivare il suo fendente.
- Noi non trasformiamo le persone in mostri!-
- Ma nemmeno li uccidiamo perché lo sono diventati!-
Ancora una volta, una scintilla di lucidità parve brillargli negli occhi.
Marinette era ormai allo stremo delle forze. Si sentiva svenire, la vista appannata.
- Chat - lo chiamò ancora, col fiatone - Tu sei un eroe non perché indossi la maschera ed un costume. La compassione per le persone, anche verso i nemici, fa di te un eroe. Non dimenticarlo –
Il gatto bianco parve per un attimo soffermarsi sulle sue parole, come se finalmente fosse riuscita ad accendergli una scintilla nella sua coscienza assopita. Marinette lo vide prendersi la testa tra le mani, ululare, barcollare in ogni direzione, tirare graffi al vento, quasi stesse combattendo contro un nemico invisibile.
Poi cessò di dimenarsi, si piegò in due, col fiatone, esausto.
- Chat…- si avvicinò piano lei, allungando titubante una mano verso di lui, desiderosa di aiutarlo.
Quello alzò la testa di scatto, fulminandola con il suo sguardo glaciale.
- O sei con me, o sei contro di me – ringhiò, e senza darle il tempo di realizzare, la afferrò per un braccio, scaraventandola a terra, togliendole il fiato.
Marinette si rese conto di essere a terra non appena percepì la sagoma del gatto bianco incombere su di lei con un balzo, il bastone puntatole contro, pronto a colpire.
Chiuse gli occhi, attese, fino a ritrovarselo a pochi centimetri di distanza. Con uno scatto fulmineo gli afferrò il bastone, si rialzò, glielo strappò dalle mani, lo piegò in due, convinta che l’Akuma si trovasse lì dentro. Ma non appena le due estremità del bastone caddero a terra con un tonfo metallico, nessuna farfalla dai colori cupi uscì da esso.
Chat Noir, poco distante, ruggì, caricò il braccio, chiamò a sé il Cataclisma, pronto a colpirla.
- Se soltanto sapessi dove si trova l’Akuma…- ragionò tra sé e sé Marinette con un nodo alla gola, mentre tentava in tutti i modi di sfuggire alla furia del compagno, ormai privo di qualsiasi ragione.
- Ti sconfiggerò, LadyBug, e prenderò il tuo Miracoulous! Dopodiché troverò Papillon, e lo ucciderò una volta per tutte! – ringhiava quello, standole alle calcagna.
- LadyBug, il campanellino!- si sentì chiamare all’orecchio, mentre una sagoma scura prese a fluttuarle accanto, visibile di sfuggita con la coda dell’occhio.
- Cosa?-
- Il campanellino che Chat Noir porta al collo!- le suggerì di nuovo Plagg – è lì che si trova l’Akuma!-
Marinette focalizzò, ragionò, frenò di colpo, fronteggiando quello che al momento era il nemico.
Chat Noir le si scagliò addosso, caricò il Cataclisma.
Lei si lasciò raggiungere, rovinarono a terra insieme, gli afferrò il polso.
In un istante che le parve durare un secolo, Marinette riuscì a direzionare l’arma distruttiva del gatto contro di lui, proprio nel punto in cui le aveva suggerito Plagg.
Il campanello crepitò, si rigò, si ruppe.
Dallo squarcio riuscì ad intravedere l’ala dell’Akuma che faceva capolino, pronta a fuggire per cercare un nuovo rifugio.
In un attimo la catturò e la purificò, mentre alle sue spalle l’artificio che aveva intrappolato Chat Noir cominciava a cedere, e Plagg venne immediatamente risucchiato all’interno dell’anello che il ragazzo portava al dito.
Il gatto bianco ululò mentre la maschera si dissolveva, e tornava a poco a poco a tingersi di nero.
Marinette, mentre i vestiti da supereroina cominciavano a svanire, si voltò verso di lui giusto il tempo di vedere completa la sua trasformazione, poi Chat Noir tornò ad essere come era sempre stato, poco prima che l’anello che portava al dito cominciasse a pigolare con tono insistente, annunciando che ormai il tempo della trasformazione era terminato.
A poco a poco, anche le vesti nere cominciarono a dissolversi, rivelando sotto di esse un volto che alla ragazza era fin troppo familiare, e che non appena riconobbe le bloccò il respiro in gola, facendole perdere un battito di cuore.
Davanti a lei, c’era lui.
- A-adrien…?- sussurrò, mentre quello tornava a poco a poco a prendere coscienza di se stesso, e sgranava gli occhi incredulo nel ritrovarsela di fronte, a volto scoperto.
Pensava di aver capito male prima, quando Plagg si era abbandonato a quella confessione affrettata. Invece Adrien era lì di fronte a lei, che l’osservava altrettanto incredulo e smarrito.
-Marinette…?- balbettò spaesato, cercando di ricollegare i fatti.
Le lacrime cominciarono a bruciarle gli occhi, mentre ogni cellula del suo corpo vibrava di emozione e di stanchezza.
- Adrien!- ripeté tra le lacrime, fiondandosi su di lui singhiozzando di sollievo, d’impulso, d’istinto.
- Marinette… sei viva? Com’è possibile?- domandò lui ancora incerto, accogliendola sul suo petto, mentre quella sussultava in preda a singhiozzi sempre più forti.
- Sei tu… sei sempre stato tu…- mormorava nascosta nel suo petto, lasciandosi inebriare dal suo odore che sapeva di casa
- Marinette – la chiamò ancora lui – Cosa è successo? Perché siamo ridotti così?- chiese, alludendo ai loro volti stremati, le membra stanche, la pelle graffiata e sporca di polvere.
Gli raccontò ogni cosa, con l’aiuto di Plagg e Tikki, felicemente sollevati che entrambi fossero sani e salvi, e stessero bene.
Non appena ebbero terminato di raccontargli, sul volto di Adrien si dipinse un’espressione di rimprovero, dura, colpevole. Ricordi sfocati presero a vorticargli in testa ad ogni parola. Ricordava il sangue, le lacrime, la luce. Ricordava le parole di LadyBug, ovattate, un sussurro, rimbombanti come un’eco lontana. Ricordava di essersi sentito in trappola, senza via di fuga. E subito dopo di aver lottato con tutte le sue forze.
Era come essersi appena risvegliati da un incubo. Di quelli concreti, reali, che ti fanno urlare nel sonno, e destarsi bagnati di sudore freddo.
- Non posso credere di essermi lasciato sopraffare così da un’Akuma- asserì affranto, profondamente in collera con se stesso.
- Non lasciare che altre emozioni negative oscurino il tuo cuore. State bene, è questo quello che conta – lo consolò Tikki, premurosa e comprensiva.
- Piuttosto, come ha fatto Marinette a salvarsi da quella profonda ferita causata dal Cataclisma di Chat Noir?- domandò Plagg, portando alla luce una curiosità comune a tutti.
Marinette e Adrien si osservarono negli occhi, senza sapere cosa rispondere.
- Non so spiegare come – prese parola Tikki – ma in qualche modo il Miracoulous ha protetto Marinette. Non era mai successa una cosa simile prima d’ora –
Adrien l’osservo colpevole, con un nodo alla gola.
- Perdonami – le disse - Non avevo intenzione di farti soffrire- e con quelle parole non si riferiva soltanto al fatto che avesse per ben due volte tentato di ucciderla. Nelle sue parole di scuse c’era molto più di quello che voleva dirle in realtà. Si riferivano ad un pomeriggio di confessioni non dette e verità nascoste.
- È tutto finito ora. Stiamo bene entrambi – asserì lei premurosa, sorridendogli incoraggiante.
Lui d’impulso la strinse a sé, affondando il volto tra i suoi capelli, facendole perdere un battito di cuore.
- Temevo di averti persa per sempre – le sussurrò, la voce che si incrinava a poco a poco.
Dopo un primo momento di sconcerto, lei sorrise mandando giù a forza un groviglio di lacrime che avevano preso ad annodarle la gola, e lo abbracciò a sua volta.
- È tutto a posto. Sono qui. Sei qui – disse solo.
- MyLady…- sussurrò lui, inspirando a pieni polmoni il suo profumo, cercando il suo sguardo.
Per un istante soltanto restarono fermi a fissarsi negli occhi, nell’aria il desiderio vibrante di sfiorarsi le labbra, toccandosi il cuore.
Poi Marinette, come risvegliatasi in seguito al nomignolo affettuoso con cui lui l’aveva appena chiamata, realizzò quanto il viso del biondo fosse vicino al suo, e si ritrasse imbarazzata, disperdendo lo sguardo, rossa in viso.
- Ah! I-io… ecco… d-devo…- balbettò, facendo per alzarsi e andarsene.
- Tutto a posto?- le domandò lui, allarmato dal suo cambiamento repentino.
- S-sì, c-cioè, n-no… insomma… - biascicò lei.
Lui l’osservò senza capire.
Marinette deglutì, prendendo coraggio.
- O-ora che entrambi sappiamo la verità, ecco… i-io credo che dovremmo…- accennò, e subito Adrien capì, non potendo evitare di mordersi la lingua per quanto fosse stato stupido e cieco.
- Perdonami – le disse, prima che lei potesse aggiungere altro – Sono stato un completo idiota. Un vero stupido. Ero così cieco da non riuscire a vedere la verità. Ma ora che entrambi siamo a conoscenza di come stanno le cose, potremmo…-
- Tu sei innamorato di LadyBug – lo interruppe lei, con un magone in gola – E LadyBug senza maschera è completamente diversa da quella che è quando affronta i nemici. Ho le mie debolezze, le mie paure… Non sono perfetta quanto lei. Senza maschera, io… sono soltanto Marinette. La goffa, timida, imbranata Marinette – deglutì - Probabilmente non sono la persona che ti aspettavi di trovarti di fronte –
Adrien l’osservò farsi piccola piccola nelle sue insicurezze, poi sorrise, prendendole il volto tra le mani.
- LadyBug e Chat Noir sono persone, no? Come me e te. Con le loro paure, i loro errori, le loro insicurezze - le disse, recitando a memoria la frase che poco prima aveva pronunciato lei stessa, quando cercava di riportarlo in sé.
Erano parole capaci di bucare il cielo.
E lui le aveva udite, al di là del muro, percepite sulla pelle, rabbrividendo. Erano talmente confortanti, da fargli lacrimare gli occhi. Erano ciò che gli aveva dato la forza necessaria per continuare a lottare.
Marinette sgranò gli occhi, sentendoseli pungere.
- Adrien…-
- Lo hai detto tu stessa, no? Sotto la maschera, c’è pur sempre una persona. E tu resti sempre tu, sia che porti una divisa a pois o un vestito coi fiori. Indipendentemente da ciò che indossi, io vedo una ragazza dal cuore grande, intelligente e coraggiosa. LadyBug altri non è che una piccola parte di quello che è Marinette. E mi piaci, proprio perché sei quello che sei – le sorrise, mentre lei lottava con tutta se stessa per trattenere lacrime capricciose che invece sfuggivano al suo controllo.
Il volto parve rabbuiarglisi per un istante.
- Anche Chat Noir è diverso da come è Adrien. Anzi, forse nel mio caso è Adrien Agreste ad essere la maschera, mentre Chat Noir esprime tratti del mio carattere che difficilmente lascio trapelare, quando non sono lui. Spero di non averti deluso in merito –
- Tu mi piaci! Mi sei sempre piaciuto, e sempre mi piacerai!- esclamò lei, quasi senza accorgersene.
Adrien ridacchiò, osservandola arrossire di colpo dopo quello che si era appena lasciata sfuggire di bocca.
- Posso confessarti un segreto?- le disse, facendosi più vicino.
- Q-quale?- balbettò lei.
- Ho sempre sperato che fossi tu – le sussurrò all’orecchio, prima di catturare le sue labbra in un bacio che aspettava di darle da fin troppo tempo.
Marinette in un primo istante si irrigidì, colta alla provvista, ma a poco a poco si sciolse nella dolcezza di quel bacio che tante volte aveva immaginato, ma che mai si sarebbe aspettata di vivere così intensamente sulla propria pelle.
Trovare dietro la maschera una persona amica, familiare, amata, era la fortuna più grande che poteva capitare loro. D’improvviso compresero entrambi la complicità che aleggiava così forte tra loro, anche se troppo ciechi per riconoscere in quel sentimento, la chiave per riassestare tutto quanto.
Si baciarono, sotto lo sguardo commosso di Tikki e l’apparente indifferenza di Plagg – in realtà altrettanto commosso e leggermente imbarazzato – toccandosi il cuore, togliendosi il fiato.
Si erano cercati, aspettandosi così a lungo, che quasi ancora non sembrava loro vero di essersi finalmente trovati a vicenda.
Si baciarono quando ormai il sole stava tramontando, e Parigi tornava a precipitare nella placida tranquillità della sera, rasserenata, come la quiete che si respira dopo un giorno di tempesta.
Adrien la baciò ancora, stringendola a sé, grato al mondo di avergli concesso, dopo tanti sbagli, il suo piccolo miracolo.
Osservò Marinette arrossire a seguito del commento punzecchiante di Plagg sulle loro smancerie, messo subito a tacere da Tikki, e pensò a quanto fosse bella, nella sua semplicità.
Per fortuna che sei tu, si disse.
- Abbiamo molto da raccontarci, io e te – annunciò poi ad alta voce.
Marinette ridacchiò maliziosa, birichina.
- Hai tempo, micetto?- lo stuzzicò.
Lui le sorrise ancora, a un soffio dalle sue labbra.
- Tutto il tempo del mondo, mia piccola coccinella –
 
***
 
Quella sera, pareva piuttosto euforico nonostante la giornata appena trascorsa fosse stata estenuante per entrambi.
Passeggiava avanti e indietro sul cornicione del palazzo, osservando i tetti della Parigi sottostante.
- Attento a non cadere, micetto – lo stuzzicò lei, osservandolo da poco lontano.
- Lo sai che i gatti atterrano sempre sulle zampe – le rispose, gli occhi smeraldo che sorridevano sotto la maschera color pece.
Le ridacchiò, ormai abituata ai suoi giochi maliziosi.
- Non dovrebbe dispiacerti se mi preoccupo per te-
- Al contrario- disse lui -Soltanto una volta sono caduto, senza più riuscire ad alzarmi –
- E quando sarebbe successo?- chiese lei, divertita.
- Quando sono inciampato nei tuoi occhi – confessò lui, a un soffio dalle sue labbra.
- Sei proprio uno stupido gatto – rise lei, dandogli un buffetto affettuoso sulla guancia, sfuggendo al bacio.
- Non mi credi?- chiese lui, fintamente offeso.
Lei alzò le spalle.
- Forse –
- Allora te lo dimostrerò. Sono pronto ad urlarlo al mondo intero!- asserì lui euforico, balzando sul cornicione che dava sulla città, a braccia aperte.
- Lo faresti davvero, gattino? – lo sfidò.
Lui le sorrise birichino. Prese un profondo respiro. Aprì la bocca, senza dire nulla. Poi balzò giù dal cornicione, e le arrivò di fronte, guardandola negli occhi.
- Ti amo – disse sottovoce.
Lei rise.
- Perché sussurri?-
Lui fece altrettanto.
- Perché sei tutto il mio mondo –

 

Angolo Autrice:

Ed ecco,  dopo qualche giorno di attesa, la seconda parte della one-shot! Mi sono presa un pò di tempo per rileggerla e correggere alcune parti che scritte di getto non mi piacevano.
Niente da dire, se non che spero il finale non sia stato deludente nè scontato.
Avevo voglia di inscenare qualcosa all'apparenza tragico, ma che si conclude con un lieto fine (non è da me, di solito nelle one-shot non so perchè propendo per il drammatico, ma oggi va così).
Spero che anche in questo caso gli eventi si siano capiti bene.
Per chi avesse letto, in sostanza, il primo capitolo fatta eccezione della prima scena, che si ricollega alla parte centrale di questo, non è altro che un antefatto della storia. La scena finale di questo capitolo è un post di tutti gli eventi, e spero sia stata apprezzata a dovere. è decisamente sdolcinata e romantica, lo so, ma ogni tanto ci vuole. Senza contare il fatto che mi dispiaceva concludere in tragedia, almeno in questo caso.
Diciamo che ho dato una mia personale interpretazione su come questi due potrebbero scoprire le reciproche identità xD
Altro appunto: so che l'ipotesi di un Adrien akumizzato che si trasforma in Chat Blanc è un cliché ormai visto e rivisto, ma personalmente come ipotesi non mi dispiace affatto. Ho letto e visto immagini anche di una Marinette akumizzata, ed anche lì le ipotesi del perchè possa essere accaduto sono varie. Io ho voluto dare una mia personale interpretazione, lasciando che un Adrien distrutto dai sensi di colpa venisse posseduto, per poi essere salvato da Marinette. Ho voluto far combattere i due per metterci un pò di adrenalina, e non ho optato, come ho visto in molte versioni, per  il "bacio del vero amore capace di vincere sul male" per far redimere Chat posseduto, perchè decisamente non ci sta. Volevo più che altro concentrare il tutto sulle parole di Marinette. Poi non potevo lasciare i due separati, e ho voluto farli ricongiungere alla fine <3
Per Marinette che resuscita, beh... la mia risposta è: perchè no? Chiariamoci: Marinette non è ancora morta, o almeno spero si sia capito, ma gravemente ferita, ed in stato incosciente. Certo, lo sarebbe stata presto. Ma alla fine i Miracoulous sono magici, dunque ho voluto creare una "scissione" nel suo personaggio con il suo alterego nel momento in cui viene rifiutata da Adrien, ma poi sarà LadyBug stessa, intrappolata in una sorta di "limbo" quando Marinette viene ferita da Chat, a ricucire le due metà, e a rendere possibile "il Miracolo".
Ok, mi rendo conto solo adesso di essere stata abbastanza criptica (e questo indica che devo assumere meno sostanze psicotrope xD), ma questo alla fine è ciò che la mia mente ha partorito, e spero nonostante la complicatezza, alcuni clichè e (spero) qualche colpo di scena, di avervi regalato una lettura piacevole.
La frase finale di Adrien che conclude la shot, è quella che dà il titolo alla storia :) (mi scuso dell'errore iniziale nel titolo, e ringrazio infinitamente chi me lo ha fatto notare, ho provveduto a correggere. Anzi, se dovessi aver fatto altri Orrori, ringrazierò infinitamente chi mi correggerà. *Che imbambita*).
Con questo concludo il mio sproloquio, ringraziando infinitamente chi ha recensito, chi leggerà, e chi (forse) recensirà. Se vorrete lasciarmi un parere, sarò ben lieta di leggervi ;)
Chissà che non torni presto a bazzicare da queste parti... intanto, è stato un piacere. 
Grazie

Baci sparsi


_BlueLady_
 
  
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