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Autore: Usamljeni Vuk    22/09/2018    1 recensioni
Racconto vagamente horror. Tratta di amore, tradimenti e estrema paranoia.
Genere: Angst, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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LA RAGAZZA DELLA NEBBIA

 

1.

Iniziavi a preoccuparti perché la tua bella Giò non ti aveva ancora scritto che stava tornando a casa.

Era andata ad una serata di beneficenza per ragazzi disabili con la sua associazione di volontariato o almeno così ti aveva detto.

Era quasi mezzanotte di una martedì sera e non si era ancora fatta sentire. Forse erano ancora presi con una interminabile riunione post serata, come ultimamente erano soliti fare. O almeno, così ti diceva.

Però di solito quando questo accadeva, lei non ti avvisava mai che faceva tardi. Succedeva che ti scrivesse a tarda notte quando già tutto era concluso e lei era a casa che si preparava per andare a dormire.

Era fatta così; quando si dedicava alle sue passioni, al suo lavoro e ai suoi vari interessi rimaneva concentrata su di essi e si dimenticava di tutto il resto, te compreso.

Già, perché lei non stava sprecando la sua vita come stavi facendo te.

Lei aveva un lavoro, si dedicava al volontariato, stava terminando gli studi universitari e stava cercando di costruire un futuro per voi due, anche su tu non facevi niente per renderlo concreto.

Già, era così.

Tu non lavoravi, eri un disoccupato cronico, passavi ore ed ore davanti al computer a cercare siti delle tue band musicali preferite, ad ascoltare musica e a leggere riviste d’arte.

Già, era così.

Forse l’arte era l’unica passione che avevi avuto fin da quando eri bambino, ma non avevi mai fatto niente per sviluppare questo hobby e magari provare a renderlo una professione, o almeno, tentare di farlo.

Già, era così.

Eri sempre stato apatico, ultimamente te ne stavi rendendo conto.

Avevi interrotto gli studi al secondo anno di liceo, avevi trovato una lavoro come operaio in una bella azienda americana ma, dopo qualche anno ti eri licenziato e avevi iniziato a trascorrere le giornate facendoti trascinare dagli eventi e dalla noia.

Passavi i pomeriggi davanti al PC, ascoltavi musica, ti allenavi e cambiavi spesso così spesso fidanzate da non riuscire a ricordare i loro nomi.

Già, era così.

Dopo la perdita del lavoro eri caduto in un vortice di torpore apatico dove non riuscivi a concludere più nulla, non riuscivi più a vivere.

Ti interessavano poche cose, ma solo ad un livello effimero, freddo, distaccato.

Avevi perso interesse nella vita.

Certo, ti allenavi ancora con i pesi, ti piaceva tenerti in forma, ma avevi smesso di fare tutto il resto.

Di trovarti un nuovo lavoro non ne avevi voglia, di rischiare a metterti in proprio per lavorare in modo autonomo credevi di non esserne capace, ne eri semplicemente terrorizzato al solo pensiero.

Cambiavi spesso anche amici, perché dicevi di odiare tutti e di non fidarti di nessuno. Forse l’unico amico che ti era rimasto era Michele, però non vi vedevate spesso e ultimamente non scorreva buon sangue tra di voi.

Il vortice di passività nel quale eri precipitato ti aveva reso anche tremendamente paranoico ed estremamente geloso.

Credevi che tutti i tuoi amici ci provassero con Giò.

Per questo motivo non uscivi spesso, volevi vivere in solitudine e isolato dal mondo.

Ma a 25 anni vivevi ancora a casa con i tuoi genitori.

Già, senza un lavoro non si può ottenere una casa, una sicurezza o un’indipendenza economica; però speravi che quando i tuoi sarebbero andati in pensione ti avrebbero lasciato l’appartamentino che avevano in montagna, così finalmente potevi andare a convivere con la tua bella Giò, appartati dal resto mondo.

Ormai a loro mancava poco ad arrivare alla pensione; stavano diventando anziani.

Tuo fratello si era sposato ed era andato a vivere in Francia con sua moglie, quindi la casa in montagna sarebbe andata sicuramente a te.

O almeno così speravi.

Prima di conoscere Giò avevi la nomea del seduttore bello e dannato; di quelli che sembrano uomini vissuti che piacciono tanto alle donne.

Ti piacevano le ragazze e il sesso ti faceva impazzire, in tutte le sue forme, in particolare quelle più estreme. Credevi di esserne dipendente, di soffrire di qualche disturbo mentale, ma alla fine non te ne fregava niente perché non avevi mai commesso nulla di male.

Facevi il cascamorto con tutte le ragazze che incontravi e quando riuscivi a portartele a letto subito dopo perdevi interesse in quella fortunata che eri riuscito a farti; la scaricavi e ne cercavi subito un’ altra.

Con un paio di loro c’era stato qualcosa di più intenso, di più cerebrale, ma sempre della durata di qualche mese e non di più. Una si era anche innamorata di brutto di te, tanto da tentare il suicidio dopo che tu l’avevi abbandonata.

Ma a te non importava nulla; tanto te la eri fatta.

Ci sapevi fare con il gentile sesso e sapevi anche come manipolarle e plasmarle a tuo piacimento.

Avevi carisma con loro. Oltre ad essere un bel ragazzo sapevi atteggiarti da uomo duro e tenebroso, di quelli che non chiedono mai niente, non soffrono e non piangono davanti agli altri.

Solo da poche avevi ricevuto un due di picche ma alla fine non te ne importava più di tanto.

Riuscivi sempre ad avere un freddo distacco anche sulle tue delusioni.

Avevi imparato a rendere insensibile il tuo cuore e a costruirti un muro invisibile tra te e tutti quelli che ti stavano intorno.

Quando rimanevi a cazzo asciutto le davi delle puttane o delle lesbiche represse.

Dicevi che ci provavano loro e poi quando si stava per arrivare al bacio si tiravano in dietro.

Erano così le donne, dovevano provocare per forza, per sentirsi attraenti.

O almeno, così pensavi. A livello di relazioni umane eri un fottuto nichilista insensibile.

Poi era arrivata Giò ed insieme avevate raggiunto la soglia dei cinque anni di fidanzamento.

Si, te ne eri innamorato. Forse era stata l’unica ragazza con cui sei andato oltre la semplice infatuazione.

Rimembravi spesso quel giorno che vi eravate incontrati.

All’inizio non ti aveva preso molto, ma dopo qualche giorno di frequentazione avevi pensato che fosse quella giusta per te.

Lei non era assolutamente come tutte le altre.

Era una donna forte, combattiva, determinata ed emancipate; che riusciva sempre ad ottenere ciò che desiderava. Una donna di una volta, una con gli attributi.

Assorto in questi pensieri ti stava afferrando un senso di sconfitta morale.

Una foschia fredda come il ghiaccio brinò il tuo cervello impregnando il tuo subconscio in un forte senso di inettitudine psichica.

La tua mente stava elaborando la consapevolezza del tuo tracollo interiore e della tua limitatezza intellettuale.

Nefandi pensieri stavano facendo vacillare le tue effimere certezze; ottenebrando tutto quello che credevi di aver costruito e vissuto.

Non stavi vivendo, stavi semplicemente sopravvivendo, cullandoti e compatendoti nella tua solitaria inerzia sociale e morale.

Che cazzo ci faceva Giò con te?

Cosa ci trovava di così attraente in te?

Questi laconici pensieri fecero nascere in te questi inquieti interrogativi.

Non le avevi mai dato nulla di certo.

Certo, l’amavi e la rispettavi, non alzavi quasi mai la voce con lei e cercavi di non farle mancare niente.

Però eri geloso e non la portavi mai fuori quelle poche volte che uscivi con i tuoi amici, non andavate spesso in vacanza perché eri perennemente senza soldi e non volevi che lei frequentasse i suoi amici uomini o andasse per locali con le sue amiche.

Forse eri troppo duro con lei.

Era ormai da un po’ di tempo che stavi pensando di lasciarle un po’ di libertà ma, nel fondo del tuo animo, avevi paura che ti tradisse.

Giò era una bellissima ragazza e prima di te altre persone avevano tentato di sedurla e pensavi che le stesse avrebbero tentanto di portartela via.

Tu in passato lo facevi senza pensarci, anche con quelli che dicevi essere tuoi amici; magari loro avrebbero fatto la stessa cosa con te, cercando di vendicare la tua impudenza.

Non potevi permetterlo, lei era troppo importante per te.

Assorto in questi reconditi pensieri non ti eri accorto del trascorrere del tempo; l’orologio sullo schermo del tuo PC segnava le tre del mattino.

Non faceva mai così tardi. Le sarà successo qualcosa, pensavi.

Stavi iniziando a preoccuparti.

Avevi preso il cellulare per provare a chiamarla.

Il telefono squillava a vuoto, nessuna risposta da parte sua.

Allora le mandasti un messaggio: “Amore? Sei a casa? E’ successo qualcosa? Devo venire a prenderti?”.

Aspettasti ancora qualche minuto ma nulla, ancora nessun cenno di risposta da parte sua.

Preoccupato che le fosse accaduto qualcosa ti stavi decidendo ad andarla a cercare.

Mentre ti stavi per mettere la giacca il cellulare iniziò a vibrare.

La tua bella aveva ricevuto e risposto al tuo messaggio.

“Non preoccuparti, non è successo niente. E non chiamarmi più amore, io e te abbiamo chiuso. Mi spiace ma per te non provo più niente. E’ da un po’ che mi sono stancata. Ora sto iniziando a vivere per davvero”.

Non ci stavi capendo nulla, eri rimasto basito da quella risposta, ti stava venendo l’amaro in bocca.

Avevi provato di nuovo a chiamarla ma niente, non rispose ancora.

Allora le scrivesti: “Scusa? Che è successo? Perchè dici così? Che hai? Dai, rispondimi che ne parliamo al telefono.”

Di tutta risposta ti aveva mandato un altro messaggio. Era una foto che ritraeva lei con la testa appoggiata sul petto nudo di Michele.

Tu eri rimasto come di pietra, completamente esterrefatto.

Non volevi credere a quello che stavano vedendo i tuoi occhi.

La rabbia stava crescendo esponenzialmente dentro di te, non riuscivi a controllarla.

Non sapevi che fare, cosa scriverle. Eri come paralizzato dalla rabbia, dall’amarezza e dall’incredulità che ti avesse scritto davvero quelle parole e ti avesse mandato quella foto.

Perchè comportarsi così?

Perchè non te ne aveva mai parlato prima di arrivare a fare ciò?

Speravi fosse uno scherzo, ma in fondo eri perfettamente consapevole che così non era.

Subito dopo quella foto ne avevi ricevuta un’altra la quale ritraeva il suo sesso e il messaggio seguente ti fece impazzire, ti rese letteralmente iracondo.

“L’hai vista bene la mia patata? Ora non la rivedrai mai più, sfigato!”

Non ci vedevi più dalla rabbia, ti stava mandando fuori di testa.

“Io lo ammazzo quello stronzo”.

“Deve morire!”.

Avevi preso il tuo coltello militare dal cassetto dove tenevi la tua piccola collezione di armi bianche, ti infilasti velocemente la giacca e ti precipitasti in strada a prendere la macchina.

La follia aveva preso il sopravvento su di te, facendo perdere completamene il controllo delle tue azioni e delle tue emozioni.

Volevi ammazzare Michele, quello che fino a poco fa credevi fosse il tuo migliore amico.

Appena sceso in strada una coltre di nebbia fitta e densa come la fuliggine ti inghiottì completamente nel suo manto umido, gelido e scuro come la vita, facendoti rabbrividire, ma non raffreddando il tuo bollore di violenta collera omicida.

Salito in macchina con malsani istinti vendicativi, partisti a folle velocità per andare a prendere Giò e vedertela con il tuo oramai peggior nemico, Michele.

 

2.

“Forse è arrivato il momento di dirglielo, ormai sono quasi due mesi che ci frequentiamo. Non possiamo continuare a vederci di nascosto. Io voglio stare con te; con Fabrizio non ho più un futuro, lo sai bene ormai; tu mi hai fatto rinascere”

“Sei sicura? Non la prenderebbe bene… Lascialo senza raccontarli della nostra storia.” rispose Michele.

“Non mi importa, se ne farà una ragione prima o poi. E’ da tanto che ci penso. Ormai non provo più niente per lui, solo odio per non avermi dato mai niente, per non avermi mai trattato come una donna. Finalmente ho capito che stando con lui non mi porterebbe mai nulla di buono. Non voglio vivere tutta la mia vita da reclusa.”

Si avvicinò a Fabrizio e gli diede un bacio passionale.

Prese il cellulare, appoggiò la testa sul suo petto e lui la cinse con un braccio, dandole un altro bacio affettuoso sulla guancia.

“Ci facciamo un selfie?”. Disse Giò con un sorrisetto malizioso.

I suoi capelli erano sparsi sul petto virile di Michele il quale giocava dolcemente con i suoi sodi seni.

“Che palle! Mi ha chiamato e mi ha anche mandato una messaggio.” “Non ho mai avuto uno così geloso e appiccicoso. E’ una sanguisuga” Disse Giò guardando il telefonino. “Ora lo provoco un po’”. Disse con un sorriso maligno stampato in volto.

“Non preoccuparti, non è successo niente. E non chiamarmi più amore, io e te abbiamo chiuso. Mi spiace ma per te non provo più niente. E’ da un po’ che mi sono stancata. Ora sto iniziando a vivere per davvero”. Scrisse in risposta al messaggio di Fabrizio.

“Dai Micky, facciamoci una foto, così lo faccio prendere male”.

I due si fecero una foto con il cellulare, lei appoggiata dolcemente al petto nudo di lui.

“Sei sicura?” disse Michele?

“Certo! E guarda, ora faccio anche la stronza!” Si mise la fotocamera del cellulare davanti al suo sesso e scattò una foto.

“Ok, ora vediamo cosa mi risponde”, disse Giò sorridendo maliziosamente.

“Sei proprio una furbetta” disse Michele ridacchiando sarcasticamente.

“Io lo ammazzo quello stronzo. Deve morire”, rispose Fabrizio al messaggio.

“Ecco, come prevedevo. Sempre a fare il maschio alfa anche se non ha carattere.” Disse Giò.

“Tranquillo, non ti farà niente. Fa il duro con tutti ma poi ha paura anche della sua ombra.”

Giò diede un altro bacio a Michele. I due si abbracciarono e fecero ancora l’amore per l’ennesima volta quella sera. Ormai quando si vedevano fornicavano per quasi tutta la notte. L’amore passionale e il desiderio di possedersi a vicenda ormai si era impadronito dei loro corpi, dei loro cuori colmi di gaudente anelito di desiderio reciproco.

Con Michele si sentiva una vera donna, realizzata, emancipata e soddisfatta. Lui non sembrava essere geloso e non le stava addosso ossessivamente come invece faceva Fabrizio.

Certo, quello che stavano facendo era un tradire, un sfregiare in modo ingiusto il sentimento di una persona, l’ormai ex fidanzato e il migliore amico di Michele.

Però l’amore si sa; nasce così, senza volerlo né programmarlo. Un alto sentimento che nasce da cuori colmi di cicatrici che la vita lascia impresse e pronte a richiudersi quando si incontra un individuo con lo stesso vissuto, la stessa sintonia che si crea tra persone che hanno sofferto, pronte ad amarsi e a colmare il vuoto tra queste cicatrici.

Amarsi alle spalle del proprio fidanzato era come una prova di passaggio tra due relazioni diverse. Ormai con Fabrizio non stava più bene, non era più felice, non vedeva più nessun futuro.

Dopo essere finita a letto con Michele aveva ritrovato la soddisfazione nel vivere appeno la sua vita, portando finalmente alla sua crescita nella vita adulta, senza dover mantenere un buono a nulla per tutta la sua esistenza.

Ma avrebbe dovuto lasciarlo subito, già dalla prima volta che si era vista con Michele.

Però doveva essere sicura che Micky non fosse solo una scusa per mollarlo, non fosse solo un passatempo portato avanti da una donna annoiata e morta dentro nel profondo del suo animo.

Doveva essere sicura di non provare più nulla per Fabrizio, né amore né pena nei suoi confronti.

La fiamma della voluttà tra i due vibranti spasimanti si era accesa per puro caso.

Una sera Giò e Michele si erano incontrati nel locale dove lei lavorava. Michele si era recato lì per affogare le sue delusioni amorose nei fumi dell’alcool.

Una volta sedutosi al bancone, iniziò a confidarsi con Giò delle sue fallimentari esperienze relazionali.

In particolare le raccontò della sua ex morosa la quale non voleva più vederlo e delle sue varie travagliate conquiste sfociate nel nulla. Lui desiderava una relazione stabile, ma non riusciva a trovare la donna giusta, non riusciva a farsi apprezzare e farsi volere bene per quello che era, per come era.

Tutti i suoi amici si pavoneggiavano e si mostravano per quello che in verità non erano nei confronti del gentile sesso. Ma lui non ci riusciva; non era così e odiava quelli che cambiavano modo di essere e di comportarsi per attirare attenzioni e riuscire a cavarne una bella chiavata.

Lui era un romanticone, uno che riempie le donne di regali e attenzioni, che le porta a vedere i tramonti, ad assaporare buon cibo, per poi amarle e possederle con tutto il proprio corpo, le proprie energie, la propria voluttà.

Giò ascoltava ogni sua parola con profondo interesse nonostante stesse lavorando e tra un cliente e l’altro, cercava di elargire qualche consiglio per spronarlo a non arrendersi mai e a continuare ad ambire a cercare la dolce metà giusta per sè.

Alla fine del turno di lavoro lui si propose di accompagnarla a casa.

Lei accettò senza battere ciglio, sia perché altrimenti sarebbe tornata a piedi o perché avrebbe dovuto chiedere un passaggio al suo collega inoltre, non ci vedeva nulla di malizioso nella gentilezza di Micky; ormai si conoscevano da un sacco di anni.

Nel tragitto di ritorno verso casa di Giò, i due parlarono del più e del meno, anche di lavoro, delle loro rispettive esperienze nel volontariato e di università.

Erano sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda.

Arrivati sotto casa di Giò rimasero un po’ in auto a conversare. Anche Giò si stava aprendo e iniziava a raccontargli di lei e Fabrizio, del loro rapporto che secondo lei era triste, malato, incrinato e che non era più certa di essere innamora. Forse stava perdendo interesse nell’amore.

A quelle parole Michele le volle raccontare che quando loro due non stavano ancora insieme, lui non poteva frequentarsi con una ragazza che subito ci doveva provava anche Fabrizio. E ovviamente lui era quello che ci sapeva fare di più ed era più affascinante e di conseguenza lo faceva rimanere sempre a bocca asciutta.

Le raccontò anche di quella volta che avevano litigato, sempre per colpa di una ragazza.

Lui si stava frequentando con una ragazza e sembrava che la relazione stesse portando ad uno sviluppo positivo, visto che si vedevano e andavano a letto già da qualche mese; però, per puro caso, aveva scoperto che quella ragazza si stava frequentando anche con Fabry.

I due litigarono per colpa di questa situazione ma dopo qualche tempo ci misero una pietra sopra e tornarono ad essere amici, anche se non fu più un’amicizia come lo era stata prima di quel momento.

Questo racconto convinse ancor di più Giò che forse non era più amore quello che provava per Fabrizio. Si stava accorgendo che il suo amato in fondo era una persona disonesta, malfida, infame. Come poteva trattare così le persone che diceva di amare?

Come riusciva ad apparire una persona bella, equilibrata, gentile e nel suo profondo nascondere un putridume così amorale?

Più i minuti trascorrevano a confidarsi con Michele, più lei si sentiva attratta in qualche modo dalla sua personalità, dal suo viso, dalle sue movenze e dalle sue oneste parole che come un fiume in piena traboccavano dalla sua mascolina bocca.

Alla fine lei lo baciò e i due si appartarono in vicinanza di una zona per godere dell’effimero amore carnale.

Giò rimase subito colpita perché le sembrava in sintonia con il suo modo d’ essere.

Michy lavorava da sempre, studiava all’università ed era più propenso a portare a conclusione qualcosa su cui si era buttato rispetto a Fabrizio.

Anche lui aveva molti interessi, si dedicava al volontariato, studiava, leggeva e godeva dei terreni piaceri della vita, senza mai sprofondare nella bassezza culturale.

In più non era interessato a portarsi a letto tutte le ragazze che conosceva o incontrava nel percorso della sua esistenza. Aveva tante amiche e con loro non aveva doppi fini, non giocava a sedurle o ad usarle solo per i suoi scopi individuali. Da quello che aveva capito e dava a vedere era l’opposto del suo ragazzo.

Dopo quella sera si vedevano di sfuggita per consumare la loro passione carnale, fino a quella sera in cui Giò si decise a lasciarlo.

Dopo lo scambio di messaggi tra i due ex amanti, Giò si rimise addosso i suoi vestiti e salutò il suo nuovo fidanzatino.

La mattina sarebbe dovuta andare ad una lezione in università e la sera avrebbe avuto il turno di lavoro, era già tardi per lei, non poteva trattenersi di più a consumare la passione.

“Finalmente ora siamo una coppia a tutti gli effetti.” Disse con un gaio sorriso stampato in volto.

“Non ti preoccupare per Fabry, gli passerà.”

“Non credo gli passi; prima o poi me la farà pagare.” Rispose Michele. “E’ fatto così, lo conosco bene. E’ molto vendicativo”:

“Non credo. Magari per i primi tempi continuerà a chiamarmi, poi gli passerà”.

“Dai, se ti rompe fammi sapere. Ora vai altrimenti domani rimarrai rincoglionita tutti il giorno”, le disse affettuosamente.

I due si diedero un tenero bacio di affettuoso commiato.

Appena fuori casa, una coltre di caligine nebbiosa plumbea e densa come il catrame avvolse completamente il corpo e le membra di Giò.

Non riusciva a vedere aldilà di un palmo dalla sua mano, non riusciva a vedere la strada, le viette che si diramavano davanti a sè.

Mentre si dirigeva cautamente verso la sua automobile pensò che forse sarebbe stato il caso che sarebbe rimasta a dormire da Michy; non si fidava a guidare fino a casa con quel muro brumoso più buio della notte stessa.

Mentre la sua mente stava formulando questi pensieri sentì un brutale e doloroso colpo sulla schiena, un pesante macigno che sembrava mandarle in frantumi la spina dorsale.

Poi più nulla, percepiva solo tenebra e calmo vuoto tutt’intorno.

Forse si era spenta?

La vita vita aveva abbandonato il suo corpo?

La sua giovane esistenza aveva raggiunto il capolinea?

 

3.

Ti stavi dirigendo a folle velocità verso casa di Michele.

Assorto nelle tue angosciose riflessioni di odio, compianto e della tua consapevolezza tormentosa che forse, inconsciamente avevi fatto anche te la tua parte nel fare del male alle persone che ti stavano vicine, non facevi caso al muro di nebbia che ottenebrava e inghiottiva tutta la città, la tua esistenza.

Il silenzio era tale da far sentire tutti i rumori come provenire da altri piani dimensionali; surreale, ovattato, inquietante, sconfortante...

Non te ne fregava niente, volevi solo parlare con Giò e dare una lezione a quello stronzo di Michele.

Come si era permesso sedurre la tua bella?

Perché ti stavano facendo questo?

Perché ti avevano tradito tutte e due?

Da quanto andava avanti questa folle storia?

Non riuscivi a capirlo. Più pensavi a trovare una soluzione, più le sinapsi del tuo cervello sembravano non funzionare più, come congelate, annebbiate da quella paradossale situazione, da quell’irrazionale istante.

Forse Michele era riuscito a mettertela contro per vendicarsi del tuo viscido comportamento quando si stava frequentando con Elena.

“Che stronzo!”, pensavi.

“Se è davvero per quello non ha capito nulla”.

“Avevamo chiarito. E poi non stavano nemmeno insieme, non mi sarei mai permesso di fottere la sua fidanzata, se appunto fosse stato fidanzato”.

Per te una frequentazione voleva dire vedersi solo per andare a letto; di conseguenza se lei avesse voluto fare l’amore con un altro non sarebbe stato tradimento.

Proprio non riuscivi a capire i sentimenti umani.

“Siete tutte uguali. Troie! Troie! Troie!”, continuavi a ripetere a te stesso a denti stretti.

“Dovevo capirlo prima che c’era qualcosa tra quei due. Non è possibile che quel mezzo alcolista fallito sia riuscito a portarmela via”.

Mentre guidavi continuavi a lambiccarti il cervello del motivo perché lei ti avesse tradito.

Sicuramente la colpa era di Michele che aveva approfittato della bontà di animo di Giò, lei era sempre disponibile e gentile con tutti, anche con chi non se lo meritava.

Non riuscivi a stare calmo; sentivi l’adrenalina scorrere nelle tue vene. Eri rosso in faccia e la testa ti stava per esplodere dall’iraconda rabbia. Anche se il freddo era intenso stavi sudando copiosamente.

Col piede premuto sull’acceleratore continuavi a rimuginare sui tuoi incontrollati pensieri di ostilità verso Michele, Giò, l’esistenza stessa, tutto quello che ti circondava.

Un odio totale su tutto il genere umano.

Dovevi fargliela pagare a quella testa di cazzo che ti aveva fatto questo.

Nessuna pietà, anche se era il tuo migliore amico da più di quindici anni.

Certo, avevate passato l’infanzia e l’adolescenza insieme, avevate fatto le prime cazzate che fanno tutti i ragazzini insieme, le prime esperienze ai concerti e con le ragazze, le prime sbronze e i primi litigi e vi coprivate le spalle a vicenda con i vostri genitori; insomma, quello che fanno di solito tutti gli amici di lunga data.

La tua mente aveva rievocato quei reconditi ricordi, quei momenti di felicità ormai perduti, forse per sempre.

Probabilmente era vero quello che molti dicono; le amicizie non esistono, sono solo rapporti di comodo.

Ti crucciava esserti fidato dell’unica persona che reputavi ancora sincera, vicina, amica.

“Fanculo! Sono tutti ipocriti approfittatori”.

“Odio l’umanità intera. Tutti subumani viscidi!”.

Mentre eri immerso in questi pensieri di ripugnanza, rancore e vendetta assassina, un colpo improvviso ti aveva fatto sbattere violentemente la faccia sul volante dell’auto, procurandoti un taglio zampillante di sangue sulla fronte. Al colpo si era udito un fragore assordante come di uno sferragliare di lamiere e dal parabrezza avevi visto come un’ombra accasciata sul cofano della macchina.

Sceso dall’auto in fretta e furia, un brivido ti corse lungo la schiena e rimanesti come paralizzato, incapace di muoverti e reagire.

I tuoi occhi avevano visto la tua bella Giò in una pozza di sangue; le gambe completamente maciullate incastrate tra le lamiere della tua auto e di quella che avevi tamponato, il suo corpo esanime sdraiato prono sul cofano della tua utilitaria e la sua testa tumefatta grondante un purpureo sangue.

Il terrore e il senso di colpa presero il sopravvento su di te.

“Giò. Giò. Giò”.

Non riuscivi a pronunciare altre parole.

La cingesti tra le tue braccia, chiamandola con voce flebile.

Piano piano sentivi cederti le ginocchia, le forze ti mancarono e iniziavi a vedere tutto nero, tutto tenebra intorno a te.

 

4.

Eri rinvenuto ancora abbracciato al corpo esanime della tua bella Giò.

L’avevi uccisa!

Per quanto tempo eri rimasto privo di coscienza?

Tutto questo era solo un sogno?

No, il cadavere esangue era sempre di Giò, la tua bella Giò.

Lacrime di desolante dolore scorrevano copiose sulle tue guance, inumidendo il viso tumefatto di quella che doveva essere la tua compagna per tutta la vita, per tutta la tua esistenza, per tutta la vostra esistenza.

Dovevi raggiungerla, pensavi.

Solo così le vostre anime si sarebbero ricongiunte per l’eternità e avrebste saputo perdonare voi stessi, il vostro passato, quello che non vi eravate mai detto.

Però prima dovevi uccidere Michele.

Dovevi fargliela pagare a quel farabutto; farlo soffrire come un cane randagio per poi sgozzarlo come un porco.

Quale lui era. Si, un porco!

Mentre pianificavi tremenda vendetta un bagliore accecante seguito da un fragoroso tuono, una saetta di luce bluastra venuta dal cielo, si era schiantato su una macchina parcheggiata non troppo lontano da te, non troppo lontana da voi.

La scarica elettrica ti aveva scaraventato indietro di qualche metro, andando a farti sbattere contro la macchina che avevi tamponato, facendoti perdere ancora i sensi.

Al tuo risveglio avevi visto una figura avvicinarsi come fluttuando verso di te.

A nemmeno un metro di distanza la figura si fermò. Un sorriso malizioso si delineò sul suo volto.

“Te lo sei meritato”, disse la figura. “Tu mi hai ucciso e hai annientato la mia anima. Ti ricordi, Fabry?”.

Tu eri rimasto completamente di sasso, basito. Non capivi chi o cosa fosse, cosa volesse e da dove venisse.

Era la rabbia che ti faceva brutti scherzi?

Era il colpo incassato da quel fulmine che ti aveva colpito che ti faceva provare allucinazioni?

Eri ancora svenuto e stavi semplicemente sognando?

Oppure tutto questo che ti stava accadendo era semplicemente frutto della tua attività onirica?

In verità eri a casa e ti eri semplicemente addormentato?

No, sembrava troppo reale per essere frutto di una perversa e delirante immaginazione.

“Chi sei? Chi cazzo sei?”. Dicesti a gran voce. “Che cazzo vuoi da me?”.

Stavi esplodendo. Il cuore ti ballava in gola, le tempie ti dolevano e le membra ti tremavano come fatte di gelatina.

“Davvero non mi riconosci?”

“Non ricordi chi sono? O meglio, chi ero?”

Non sapevi cosa rispondere, eri completamente paralizzato, incapace di ogni movimento e di modulare parole di senso compiuto.

“Chi… Chi s-sei?” Le parole ora ti uscivano flebili.

“Bene, come immaginavo...”

“Io sono la troia che hai raccontato in giro che io fossi. La troia che è morta per averti. La troia che ti amava per davvero.”

“Dopo che tu mi avevi usato solo per divertirti, fingendoti innamorato e poi quando ti eri stufato mi avevi scaricato, io avevo sempre continuato ad amarti. Ti continuavo a cercare, a scrivere a pensare che un giorno saresti tornato da me o semplicemente mi avessi chiesto scusa. Ma tu niente, hai raccontato in giro, nella nostra cerchia di conoscenze, solo falsità, solo la tua versione dei fatti. Sei tu quello che mi aveva scaricato, non io che ho fatto la puttana con un altro, come tu hai raccontato . Questa cosa mi ha segnato per la vita. Ormai in giro avevo la nomea della puttana e tutti mi trattavano come tale. Non ne potevo più e per questo mi sono uccisa.”

Tu stavi iniziando a ricordare.

Si, era una che ti eri portata a letto anni fa, prima di Giò.

Non ti eri comportato bene con lei, ma era diventata una cozza, non si staccava più; dovevi inventarti qualcosa per farle capire che era tutto finito, non pensavi minimamente che sarebbe arrivato a tanto.

“E finalmente ora sono tornata dall’ade per vendicarmi. Per uccidere l’unica persona che amavi veramente e per farti impazzire e vivere nel rimorso, Fabry”.

“No, ascolta...”. Le tue parole uscivano spezzate, cariche di dolore e pianto; si, stavi piangendo per la prima volta dopo tanti, troppi anni.

“Non me ne frega niente di quello che vuoi dirmi, ormai è troppo tardi per fare il bimbo che chiede perdono.”

“Io sono la troia tornata dal’inferno per portarti via l’unica cosa che hai avuto, io sono la forza vendicativa di tutte le entità scomparse come me, io sono la fuliggine che ricoprirà il tuo corpo, io sono la tenebra che ti inghiottirà per l’eternità, io sono la nebbia che velerà la tua mente, io sono… la ragazza della nebbia”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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