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Autore: Miwako_chan    23/09/2018    2 recensioni
Naruto, un ragazzetto nel pieno dell’adolescenza, vive all’Isola Yonaguni dove il clima è mite e le giornate trascorrono lente. Un giorno farà un incontro del tutto inaspettato.
Questa storia partecipa alla Challenge estiva indetta dal gruppo Facebook SASUNARU FanFiction Italia.
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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ultimo cap tritone



Il tempo era sereno e il cielo era scalfito da sporadiche nuvole bianche. Naruto stava costruendo una trappola in corda intrecciata per polipi, malgrado le dita tozze aveva una grande manualità .

“Allora sei buono in qualcosa.”

Sobbalzò appena. Si era ormai abituato allo sguardo di Sasuke fisso su di lui e al silenzio leggero sceso tra loro.
“Ah! Ma sta zitto!” Gli tirò una spallata e Sasuke rispose spingendolo con altrettanta forza. Naruto si sbilanciò e rischiò di perdere la cesta in mare.
Il tritone scese in acqua. Si erano messi seduti sul culmine di un molo di legno dall’aspetto dimesso, in quel modo Sasuke in caso di necessità avrebbe potuto nascondersi sott’acqua rapidamente.
“Lasciami finire in pace!” Sbraitò Naruto e allungò un piede per colpirlo, ma Sasuke lo bloccò per la caviglia.
“Mi sto annoiando.” Dichiarò scrutandolo con quei suoi occhi neri.
“E io che posso farci?”
“Vorrei vedere casa tua.”
Naruto si grattò la nuca in preda all’imbarazzo, era la prima volta che Sasuke mostrava in modo così palese curiosità nei suoi confronti.
“Non è…” Tentennò un attimo. “non è niente di speciale.”
“Non avrò molte altre occasioni di vedere dove vivete voi umani, ma se non vuoi—”
“Certo che voglio!”
Qualcosa cambiò sul volto di Sasuke, un angolo della bocca appena spostato. Naruto colse al volo quel particolare. “Abito pure qui vicino, da casa mia si vede il mare.” Disse d’istinto con entusiasmo, avrebbe pensato dopo alle conseguenze.
“Ottimo.” Sasuke galleggiò sulla schiena e riversò il capo all'indietro, chiudendo gli occhi. Il sole batteva forte contro il suo viso. “Agiremo col favore delle tenebre.”
“Un appuntamento notturno.” Mugugnò Naruto legando le corde di coir.
Con un colpo di reni Sasuke si rigirò nell’acqua. “Che hai detto?”
“Che va bene! Verrò a prenderti questa sera, verso la piana dove pascolano i cavalli. Casa mia è giù di lì.” Gli indicò la zona con un vago gesto della mano.
Sasuke non lo guardò nemmeno, s’incassò nelle spalle e sbatté la coda. “Non so che intendi per appuntamento, idiota, ma la mia è semplice curiosità.” Disse così serio che Naruto non poté trattenersi dallo scoppiare a ridere.




La notte era limpida e tirava un leggero maestrale. Naruto per qualche ragione sentiva che Sasuke questa volta sarebbe stato puntuale. Avanzò faticosamente con la carriola sulla spiaggia, non era riuscito a pensare a nulla di meglio per trasportare il tritone sino a casa.
Vide la coda guizzare fuori dall’acqua e brillare riflettendo la luce della luna.
Naruto appoggiò sulla sabbia la lanterna a olio e si accovacciò, le onde che s’infrangevano placide sulla riva gli sfioravano i piedi.
“Ehi! Sasuke!” Disse a voce bassa.
Il tritone emerse dall’acqua e si fece più vicino. Teneva per la coda una sogliola di modeste dimensioni. “Non urlare, idiota.”
“Io…” Naruto strinse i denti. “Io non stavo urlando! Ci stavo facendo attenzione!”
Sasuke ghignò e Naruto capì di essere cascato in pieno nelle sue stupide provocazioni.
Il tritone gli porse il pesce. Sanguinava ancora dalle branchie e il ventre biancastro riluceva a tratti nell’oscurità.
Naruto accettò felice l’offerta. “Wow! Che bell’esemplare.” Osservò accuratamente la sogliola e l'agitò  un paio di volte davanti al viso per vedere se reagiva ancora.
“È per sdebitarmi dell’ospitalità.” Disse e facendo leva sulle braccia iniziò a trascinarsi fuori dall’acqua. “Dai, andiamo.”
Naruto fece un mezzo sorriso stupito. Raccolse la lanterna, illuminando il corpo del tritone. “Così non ce la faremo mai.”
“Che intendi?” Si girò di scatto e dovette schermarsi gli occhi con una mano a causa della luce intensa prodotta dalla lampadina. “Hai detto che casa tua è vicina al mare... e levami questa luce dalla faccia!”
Naruto alzò lo sguardo. “Ho detto che si vede il mare, non mi ascolti allora. Dista mezzo chilometro.”
Vide le spalle di Sasuke fremere e pensò fosse rabbia, ma forse era semplicemente molto dispiaciuto.
“Finiremo per farci scoprire…“
“Per questo ho portato una carriola!” Disse battendosi il palmo aperto sul petto.
Sasuke guardò il mezzo di trasporto sconfortato: una stupida carriola verde mezza arrugginita. Aggrottò la fronte, si sentiva preso in giro ma si rendeva conto che mancavano alternative valide.
Naruto lo aiutò a salirci sopra, ovvero lo scaraventò dentro a fatica. Il tritone ci stava a malapena e la lunga coda quasi toccava terra.
Naruto afferrò i manici e spinse. Anche se l’aria era fresca dopo poco tempo iniziò a grondare sudore e la canottiera gli si appiccò alla schiena madida.
Appena imboccato il sentiero di sassi, Sasuke spense il fuoco della lanterna che Naruto gli aveva affidato per illuminare il cammino.
“Che diavolo fai? Non si vede più niente!”
“Era troppo rischioso, avrebbero potuto scoprirci.” Disse. “Stai calmo ci vedo bene al buio.”
“Ma non sai la strada.” Replicò Naruto, facendo attenzione a parlare a bassa voce.
“Anche i tuoi occhi si abitueranno presto all’oscurità.”
Il sentiero attraversava campi brulli, l’erba era rada e bruciata dal sole, sparsi qua e là c’erano dei piccoli arbusti tra i cui rami i piccoli uccellini trovavano rifugio.
Un fruscio di sterpaglie e il rintocco di zoccoli sul terreno segnalarono la presenza di un branco di cavallini dell’Isola. Alcuni pascolavano spostandosi con passo lento e cadenzato, altri invece si fermavano a osservarli incuriositi. I loro grandi occhi scuri brillavano nella notte.
Sasuke li osservò in silenzio, era diventato più taciturno del solito. “Quanto puoi resistere fuori dall’acqua?” Disse Naruto sperando di spostare l’attenzione su di sé.
“I miei polmoni sono più piccoli di quelli di voi umani, quindi faccio solo un po’ più di fatica a respirare e non posso fare grossi sforzi sulla terra ferma. Tutto qui.”
“Volevi farti la strada a piedi! Cioè, a mani, trascinandoti in giro! Sei un pazzo!”
“Ti ho detto di non urlare!”
“Chi vuoi che ci senta? Non c’è nessuno qui!”
“Chiudi il becco e spingi.”
“Perché?” Disse Naruto, fingendosi tranquillo. “Stiamo andando troppo piano?”
“Già.”
Naruto si asciugò il sudore dalla fronte e strinse la presa sui manici. “Ora ti faccio vedere!”
Si mise a correre, anche se con le infradito ai piedi faceva una fatica immane. Il terreno era sconnesso e più di una volta rischiò di finire a terra e ribaltare la carriola. Sasuke gli inveì contro inutilmente e quando arrivarono alla discesa Naruto alzò un urlo di felicità. L’irta salita poco dopo però gli stroncò il fiato e verso metà dovette arrendersi e riprendere a camminare.
“Se mi facevi cadere non ne uscivi vivo.” Sibilò cercando di sgranchirsi la schiena che aveva accusato diversi colpi a causa della guida folle del ragazzo.
“Non mi sarei pentito di nulla.” Esclamò Naruto ansando. “Siamo quasi arrivati.”

La casa era piccola, in stile occidentale e dall’intonaco bianco. Il giardino sul davanti era soggetto all’incuria, l’erba era alta e gli alberi di limone mai potati innalzavano al cielo i loro rami sparuti carichi di frutti. Lo steccato basso che circondava la casa s’interrompeva al livello di un vialetto in ghiaia che conduceva all’ingresso. Accatastate alla parete c’erano diverse attrezzature per la pesca, una spessa corda faceva capolino da sotto un telone di plastica che sembrava celare una piccola barca.
Naruto tirò giù Sasuke di peso, anche se fu per un breve istante dovette prenderlo in braccio e sentì qualcosa di strano, un dolore piacevole forse, all’altezza dello stomaco. Una volta messo a terra il tritone si sollevò facendo forza sulle braccia, mentre Naruto gli sorreggeva la coda con qualche difficoltà dato che era grossa, scivolosa e pesava moltissimo.


“Benvenuto a casa!”
L’anticamera era divisa dalla stanza centrale con cucina annessa da un gradino. La sala di appena otto tatami era arredata da un divano, un tavolino basso e un mobile con sopra un televisore. In un angolo troneggiava una pianta di pandanus dalle lunghe foglie impolverate. La stanza era illuminata da un’ampia portafinestra che incorniciava una bella vista sui prati, i boschi di pini e infine un pezzetto di mare. Lo squarcio di cielo visibile era luminoso di stelle.
Stretta tra il divano e il kotatsu c’era una piscinetta per bambini di plastica arancione trasparente decorata con disegni di pesci farfalla.
Sasuke sollevò un sopracciglio.
“Pensavo fossi più comodo in qualcosa che ti ricordasse il tuo ambiente.” Disse Naruto.
Il tritone commentò con qualcosa d’incomprensibile a denti stretti e nascose il viso dietro i lunghi capelli. Non l’avrebbe mai confessato a voce alta ma aveva apprezzato il gesto.
Si accomodò nell’acqua tiepidina della piscina. La coda rimaneva per metà fuori adagiata sul pavimento, ma rispetto al viaggio ora stava decisamente più comodo.
“Pensavo di portarti nella vasca da bagno, ma poi ci saremmo annoiati dovendo passare tutta la serata lì dentro.” Naruto lo scavalcò per recuperare il telecomando sul divano. “Toh, guardati qualcosa.” Disse accendendo la tv su un canale a caso.
Sasuke dovette strizzare gli occhi, la luce del televisore era davvero fastidiosa nella penombra.

Naruto si mise ai fornelli, intento a cucinare la sogliola gentilmente offerta dall'amico. Non era molto bravo in cucina, sapeva giusto grigliare e miscelare qualche condimento. Aveva l’abitudine di fare le cose di fretta e anche questa volta non pulì accuratamente il pesce cosicché quando lo mangiarono si ritrovarono dei granelli di sabbia sotto i denti.
“Com’è? Non male l’invenzione del fuoco.”
Vide Sasuke accigliarsi. “È buono.” Acconsentì alla fine.
Naruto gli lasciò metà del suo piatto.
Il pesce cotto aveva un sapore delizioso e molto delicato. Il profumo sprigionato dal succo di limone e la sapidità della salsa di soya risvegliarono i suoi sensi. Sasuke era certo che non avrebbe mai dimenticato quei sapori e odori.
In tv davano la replica della partita di baseball del mercoledì, gli Indians contro i Minnesota Twins. Nonostante sapesse già i risultati Naruto non riuscì a trattenersi dall'esultare per una valida della sua squadra preferita.
Sasuke lo fissò perplesso, non capiva tanto entusiasmo per... per qualunque cosa fosse quello che stavano guardando.
Naruto intercettò il suo sguardo e gli accennò un sorriso.
“Si chiama baseball, è un gioco di squadra molto famoso e divertente. Ci sono nove giocatori per squadra e nove fasi chiamate inning in cui ogni squadra ha un turno di battuta. Quello lì con la mazza in mano è il battitore, chiaro? E deve tentare di segnare.”
Sasuke inclinò il viso e storse la bocca. “Non ho capito, come diavolo dovrebbero segnare? Non c’è nemmeno una porta.”
A Naruto s’illuminarono gli occhi, le parti si erano ribaltate e per una volta era Sasuke quello completamente ignaro, si sentì particolarmente utile. Spiegò in modo semplice, ma senza omettere particolari, e ogni tanto si faceva prendere dall’entusiasmo raccontandogli qualche aneddoto sui suoi compagni di squadra.
Sasuke rimase stupito da quanta sicurezza dimostrasse Naruto in quel momento, non sembrava più il solito ragazzo imbranato e un po’ superficiale. Il baseball sembrava stargli veramente a cuore.
“Sakura è pazzesca, lei batte più forte di qualsiasi giocatore io abbia mai incontrato. Purtroppo il prossimo anno dovremmo dividerci in squadre diverse.”
“Perché mai?”
“Maschi e femmine non giocano insieme a livello agonistico. Potremmo continuare ad allenarci insieme ma non sarà più la stessa cosa.”
“Ti dispiace così tanto?”
“Beh, sì.” Naruto si passò una mano dietro la nuca. Spense il televisore e la sala illuminata solo dalla luce della luna sembrò sprofondare nelle acque quiete e misteriose dell’oceano.
“Si vede la via lattea.” Sasuke lo invitò a guardare attraverso la finestra il drappo violetto di stelle avvolto da un pallido chiarore.
“Già. Le stelle sembrano così vicine questa notte.”
“Naruto.”
Il ragazzo si girò guardandolo in viso.
“Vivi qui da solo?”
“Vivevo insieme a mio zio Jiraiya fino a quando, un paio di mesi fa, non si è ammalato gravemente al cuore ed è stato ricoverato in ospedale.” Naruto rigirò le bacchette di legno tra le dita. “Stavamo così bene insieme. Non ricordo molto dei miei genitori e lui è la persona che si è sempre presa cura di me da quando ero piccolo. “
Sasuke sbarrò gli occhi. “Perché non me ne hai parlato?”
“Io…” Naruto distolse lo sguardo e tornò a osservare il cielo. “Io mi vergognavo.”
Sasuke sferrò un pugno nell’acqua, sollevando schizzi. “Di cosa dovresti vergognarti, dello zio che sta male? Idio—”
“Non sono più riuscito ad andare a trovarlo, capisci? Non ne ho più avuto la forza. È di questo che provo vergogna.” Naruto si guardò i palmi aperti, la sua voce era calma, inerme, e Sasuke capì che qualcosa era sfuggito completamente al suo controllo. Aveva sottovaluto quel ragazzo.
“Tuo zio… sta così male? Sono certo guarirà presto, me ne hai sempre parlato come un uomo forte.” Disse deciso.
Naruto si asciugò l’angolo dell’occhio. “I medici gli hanno dato pochi mesi. L’operazione che poteva salvarlo non è riuscita e ora è in coma.”
Sasuke rimase in silenzio, aspettando che fosse l’amico a rimettere in ordine i pensieri.
“Ogni volta che ne parlo, non va bene, perché sento il cuore stringersi.” Naruto si prese la canottiera e ne strizzò la stoffa. “È come se facesse freddo all’improvviso, inizio a piangere fissando questa finestra e non riesco più ad alzarmi per tutta la giornata. L’idea di restare da solo…” Si passò una mano sul collo come a svelare un senso di soffocamento. “questo senso di solitudine alle volte è insopportabile.”
“So bene di cosa parli.”
“Anche tu senti la mancanza di qualcuno?” Naruto si sporse verso la piscinetta.
“Di mio fratello, dei miei genitori e non solo. Di tutti, perché non è rimasto più nessuno della mia stirpe.”
“Vorresti dire—”
“Che sono l’ultimo tritone rimasto, non c’è più nessun altro come me.”
Lo stupore, la rabbia e la tristezza si susseguirono sul volto di Naruto in un goffo guazzabuglio. Sentì di aver sbagliato tutto perché aveva creduto fin dall’inizio che lui e Sasuke fossero simili, che potessero comprendersi a vicenda e invece non era affatto così. I ruoli al contrario di ogni aspettativa si erano invertiti ed era lui a non poter assolutamente comprendere Sasuke. Perché la sua solitudine era immensa come l’universo, incalcolabile come le stelle nel cielo di Yonaguni. Gli afferrò un braccio, anche se si sentiva un puntino insignificante non gli avrebbe permesso di portare quel peso da solo. Gli si buttò addosso, abbracciandolo. Il peso dei loro corpi schiacciò un lato della piscinetta e l’acqua si riversò lentamente sul pavimento.
“Che fai? Sei impazzito?” Sasuke oppose una debole resistenza che terminò non appena sentì le lacrime tiepide di Naruto bagnargli l’incavo del collo.
“Anche se siamo così diversi non ha importanza.” Mormorò Naruto stringendolo a sé.
Sasuke lo lasciò fare e inconsciamente regolò il ritmo del proprio respiro su quello dell’amico.
“Io non ti lascerò mai solo.”
Circondò a sua volta Naruto con un braccio e con le dita gli sfiorò i capelli morbidi. Socchiuse gli occhi e osservò il soffitto soffusamente illuminato.









  
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